#Scapole
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UN QUALCOSA DA NON CREDERE
Mi affaccio dal finestrino. Pur essendo un tardo autunno, l'aria non è ancora fredda e il sole sembra emanare un tiepido calore che filtra attraverso le nuvole.
Guardo alla mia destra; la massicciata della ferrovia taglia in due i campi, parallela alla strada che sto percorrendo con la mia macchina, ma nessun treno con cui perdere la gara di velocità. Pazienza. Improvvisamente i binari si inerpicano su un vecchio ponte di pietra e mi tagliano in due la strada. Io sono costretto a passarci sotto, meglio così che un palloso passaggio a livello. Però…
Aggrotto le sopracciglia ma un BIP mi segnala che ho finito il metano nel serbatoio.
Lo sapevo - penso - lo sapevo ed è per questo che ho preso questa strada invece della solita perché più avanti c'è un distributore di
METANO
recita il cartello, e più piccolo 50 METRI A DESTRA.
Percorro cinquanta metri - non uno di più - e poi svolto a destra.
Il distributore sembra uscito da un disegno di Richard Scarry, quello degli allegri animaletti antropomorfi che fanno cose da umani: stranamente pulito, quasi profumato, con le strisce verde pistacchio e celeste nautico che paiono appena pitturate e una signora sorridente che mi dice 'Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?'
Anche se non è più obbligatorio uscire dal veicolo durante il rifornimento, io preferisco sgranchirmi la schiena e prendere una boccata d'aria. C'è un piccolo giardinetto tra le pompe e l'ufficio e dalla panchina posizionata strategicamente sotto un acero campestre intuisco, sorridendo, che quello d'estate è sicuramente un bel rifugio dalla calura. Inoltre dietro alla panchina, appena oltre la recinzione, l'ombra è assicurata anche dagli alti steli del mais che col vento stanno sbattendo contro la rete di metallo.
L'occhio mi cade su un posacenere.
Non è proprio un posacenere ma immagino che venga utilizzato come tale dai clienti e dai gestori per spegnere le sigarette fumate di corsa mentre i serbatoi si riempono.
Nello specifico si tratta di una scatoletta di tonno appoggiata su un trespolo di metallo, forse un vecchio porta estintori.
Aggrotto le sopracciglia, a onor del vero non per la prima volta.
Il posacenere è in mezzo al prato, lontano dalla strada ma lontano anche dalla panchina sotto l'albero. Troppo lontano perché sia comodo e attorno alla panchina nessuna traccia di mozziconi buttati a terra. Avranno pulito - mi dico ma poi vedo che nel tragitto che va dalle pompe alla panchina l'erba è calpestata fino a mostrare il terriccio, mentre il trespolo del posacenere è in mezzo a erba intonsa.
Mi avvicino e prendo in mano la scatoletta: da lontano sembrava di tonno e lo è decisamente anche da vicino… ovviamente il tonno dentro non c'è ma l'etichetta serigrafata recita TONNO PYTHON IN OLIO DI OLIVA. La porto al naso e cerco di distinguere i vari odori - pesce, nicotina, metallo, olio - aggrotto ancora le sopracciglia, avvertendo un sottile mal di testa farsi largo tra gli occhi.
Questo non è l'odore di una lattina di tonno usata come posacenere - sussurro a mezze labbra - questa è una lista di odori, una lista precisa di odori separati
La volto e ne guardo il fondo... Prodotto in PBD - Sagan Industries, Lyssa Inc.
E poi capisco.
Guardo la panchina, l'acero, il campo di mais e, oltre, la ferrovia, su cui non passano treni.
Ma certo…
Mi dirigo verso la tipa del metano che sta aspettando davanti alla mia macchina: braccia lungo i fianchi, schiena dritta, immobile. Non la vedo in faccia perché è voltata ma posso immaginare la sua espressione.
Quando sono a un metro da lei prendo la rincorsa e poi sollevo la gamba, stampandole una pedata di piatto in mezzo alle scapole e lei vola via, andando a sbattere contro la pompa.
Si volta veloce con un espressione di disappunto e mi dice HEY! poi l'espressione cambia ancora e sorridendo - Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?
Allora allungo una mano e le tolgo dal taschino un taccuino e un pennarello. Lei sorride, come se nulla fosse.
Mi avvicino al posacenere e intanto comincio a scrivere qualcosa su una pagina.
Sai - dico a voce alta ma con tono calmo - a volte se graffia e miagola non c'è nemmeno bisogno di guardare troppo per intuire che è un gatto e capisco che questo meccanismo ti sia stato molto comodo però… PERO'… il raggio minimo di curvatura per un binario ordinario si distribuisce perlomeno su 300 metri e la deviazione è solo di pochi gradi, NESSUN TRENO TI CORRE ACCANTO E POI DEVIA DI 90° A TAGLIARTI LA STRADA SU DI UN PONTE!
Poi, dimmi, quale contadino con un po' di cervello seminerebbe un filare di mais a pochi centimetri da una recinzione metallica senza lasciare lo spazio di 2 metri per il dente esterno della spannocchiatrice? E poi, dai… IL MAIS A NOVEMBRE?!
Ma il tuo errore più grosso è stata La Firma...
Potevi metterla ovunque, persino dentro lo sciacquone della toilette o anche tatuata sul culo della benzinaia, ma no, tu volevi che fosse ben visibile! E allora ricorda questo la prossima volta: la teoria del Desire Path ci insegna che un tragitto viene percorso solo se è comodo, altrimenti vengono scelte altre scorciatoie. Nessuno avrebbe usato mai quel posacenere perché troppo lontano dalla panchina ma non c'erano mozziconi in giro, da nessuna parte. Era pulito ma puzzava lo stesso di sigaretta, nonostante ci fosse una patina di olio… se pulisci la cenere pulisci anche l'olio ma la tua intenzione era solo metterti in mostra, non fare un lavoro preciso e professionale.
Adesso basta così ! - e sollevo verso il cielo il taccuino aperto su cui avevo appena finito di scrivere
raise exception ("wake up!")
L'ambiente circostante perde improvvisamente colore e luminosità, i contorni degli oggetti cominciano a sfumare e tutto viene avvolto da un grigio spento che infine diventa nero.
Mi sveglio.
Mi stacco dalle tempie gli elettrocateteri percutanei in silicone e guardo lo schermo del portatile, su cui svetta la riga di codice del taccuino.
Ancora non ci siamo, Lyssa - mi lamento in direzione della Vasca Axolotl in cui galleggiano i banchi proteici del Databurst Brain - non ho acconsentito ad addestrarti se poi commetti questi errori dettati dalla tracotanza e dal poco impegno. Ora devo andare ma la prossima volta esigo che da Intelligenza Artificiale Metagenerativa quale sei tu faccia un lavoro migliore!
Quando sto per uscire dal laboratorio, lo schermo vibra di un nero leggermente meno scuro Vedrai - sussurra una voce femminile dagli altoparlanti - ti prometto che la prossima volta non te ne accorgerai nemmeno.
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Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto.
Per la prima volta vedrai i pori schiudersi
come musi di pesce e potrai ascoltare
il mormorio del sangue nelle gallerie
e sentire la luce scivolarti sulle cornee
come lo strascico di un abito; per la prima volta
avvertirai la gravità pungerti
come una spina nel calcagno
e per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole.
Ti prometto di renderti talmente vivo che
la polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,
che le sopracciglia diventeranno due ferite fresche
e ti parrà che i tuoi ricordi inizino
con la creazione del mondo.
Nina Cassian, La tentazione, da C’è modo e modo di sparire
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L'autosabotaggio è un omuncolo dal corpo roseo e tremante. È talmente assuefatto alla vita di sempre da avvertire un mancamento al solo pensiero di cambiare qualcosa. Perciò conosce bene il nascondiglio in cui si annida il Desiderio guizzante: lo tiene d'occhio e si accerta che non possa fecondare la terra; se ciò accadesse, nuove piante e nuovi frutti ne sconvolgerebbero l'aspetto, rendendola irriconoscibile. Determinato a conservare un eterno presente, l'omuncolo si nasconde nell'ombra e si prepara a intralciare il cammino dell'Intraprendenza, a tirare le briglie del Talento, a schiacciare la crisalide del Cambiamento. Non è malvagio, ma ha la pessima abitudine di rendere infelici tutti coloro che gravitano intorno a lui.
Tuttavia, se viene preso per mano con un gesto sicuro e gentile, il suo tremore scema, i suoi propositi franano, le molte Paure che gli si aggrappavano alla schiena disserrano le chele e precipitano a terra. In un batter d'occhio i suoi lineamenti cambiano, si fanno più distesi, e dalle scapole ossute spuntano due piccole ali.
L'Autosabotaggio vola via, e già non è più la creatura che era, già il suo corpo rimpicciolisce, sulla pelle glabra spuntano delle piume: si sta trasformando in Coraggio.
Pagina Facebook, Bestiario delle emozioni
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“Ma tu cancelli le persone dalla tua vita così, senza dare una spiegazione?”
Si.
La risposta è un semplicissimo e freddissimo “Si”.
Perché se le cancello vuol dire che loro, prima, hanno cancellato me.
Con la cattiveria, con la falsità, con l’ipocrisia, con il falso perbenismo, con le lame conficcate tra le scapole della fiducia.
Perché ho un carattere strano, è vero, ma non riserva sorprese: se amo, lo dimostro, se disprezzo anche.
Può piacere o meno, ma è pulito.
Con me non ci si sporca.
Non tradisco. Non lo so fare, non voglio imparare a farlo.
E non perché sono santa tra i peccatori.
Non tradisco perché mi rispetto: dopo aver tradito qualcuno, che sia un amore o un amico o una semplice conoscenza, smetti di essere un essere umano e il solo pensiero mi fa venire la nausea.
Non perdono chi mi tradisce.
Non lo odio.
Ma lo sposto nell’oblìo della mia vita: non esiste, non fa male, diventa suppellettile inutile destinato alla discarica del passato.
Per e con le persone che amo io combatto, mi arrabbio, cerco confronti, assillo, annullo l’orgoglio, stringo la presa...a volte anche troppo...rispetto, ma non mollo.
Non ho mai imposto la mia presenza, ma ho preteso coerenza da chi voleva condividere il mio viaggio.
Io cancello senza spiegazioni, è vero: lo faccio nella vita quando l’indifferenza lascia spazio al disgusto.
E lo faccio sui social che per me sono solo un mezzo e non l’essenziale.
La critica se è costruttiva diventa acqua tra le dune arse della superficialità.
La critica diventa fumo tra le parole vuote di chi non guarda mai in faccia nessuno, nemmeno se stesso.
Ho imparato che il tempo è più caro dei diamanti, ed anche il silenzio ha un potere che prima non conoscevo: mi concedo il lusso di viverli, non di buttarli via con chi attribuisce un prezzo a tutto, ma non da valore a niente.
Sono considerazioni di un giorno di pioggia, quando tutto sembra surreale e ti accorgi di essere ormai dipendente solo dall’essenziale...
...come il cuore, come il mare.
Natascja Di Berardino
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Benché si legga con la mente, la sede del piacere artistico è tra le scapole; è quel piccolo brivido che sentiamo là dietro.
Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura
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TW: Discussion of Child Abuse and Suicide.
Just me theorizing about Arturo's past for a little bit. Normally I'd make this a proper post but Nico analysis work has drained me so y'all are getting bullets instead.
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- So I'm like 85% sure that Arturo probably came from an abusive background.
- Arturo secret puts importance on the idea that him leaving his former situation is what caused his sister's suicide. He brings up how he shouldn't have to be blamed for wanting to live his own life.
- (This is clearly being done to push him and J as foils to each other. Shocked how nobody has noticed that, but that idea is for a different post.)
- Clearly Arturo's home wasn't a good place to live. My guess is that Arturo's parents were some form of abusive and it negatively affected both Arturo and his sister.
- When it comes to abusive households, many little siblings end up being left behind by older siblings the moment the older siblings find a chance to escape the household. Sometimes bringing the younger sibling along is too big of a risk.
- This was likey what Arturo ended up having to do. Sadly, doing so led to the worse outcome, her deciding to kill herself.
- For Arturo, who likey didn't have much of a choice in leaving her there, this has to be traumatizing in itself. The idea that it's all your fault that younger sister would kill herself because you were selfish enough to leave her there all alone. Guilt like that eats at you.
- Then (probably) years later, now that you've pushed that part of your past away, you're forced to have all that shit resurface in a killing game of all places.
- There is no escaping the guilt no matter how hard you deny the idea. It's especially difficult if everyone immediately agrees that you're the scum of the earth, no matter what you say.
- (I feel that the whole "Attacking Eden with a Scapole" thing was was likey because Arturo was triggered by having to hear about his secret. Him becoming angry and physically aggressive is one thing, but the instant sweating and the way he goes to try to gain control over the situation says a lot (not feeling in control is a sign of being triggered).
- (The way he acted seemed less like he was actually going to kill Eden and more that he was trying to scare her into keeping quiet. Less about actually hurting her for bringing it up his secret at all and more about keeping control over her so that she wouldn't dare try to reveal his secret to the others.)
- (That's just my thoughts tho. I could be wrong, who knows.)
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Also, I'm not trying to defend his actions or anything, just thought I'd give my thoughts and theories about him.
(Sorry this post is messy, might tidy it up later, might not.)
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E tu la prossima volta
prova a sentire
il bene di un bacio
scappa con me
dall'agonia delle pretese
abbracciami con furia
avanza a nuoto nella mia carne
mentre io prendo fuoco
sulle tue scapole.
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La sede del piacere è tra le scapole. Quel piccolo brivido che sentiamo là dietro è certamente la forma più alta di emozione.
Vladimir Nabokov
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«Ti penso vicina,
un grano chiaro,
un vento caldo che ti fa chiudere gli occhi,
ti metto le mani sulla scapole
e viene più luce, il cielo si avvicina,
gli uomini e le donne camminano gentili
e ogni vita diventa una preghiera.
non lo sanno ma festeggiano in silenzio
il nostro abbraccio»
(Franco Arminio)
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amour de l'après-midi
Oggi mi occupo di te. Quante volte lo ho voluto fare senza potertelo dire, quante volte ho sentito il desiderio di farti ascoltare la mia voce nel silenzio delle pareti nascoste dalle librerie di legno chiaro. Ascoltare, questo devi fare, sentire entrare nella testa le parole. Chiudere gli occhi e lasciare che io solo possa vedere la luce del sole del tardo pomeriggio entrare dalle tapparelle a metà. La polvere che si muove lenta, le mani che si occupano della tua pelle calda.
Oggi mi occupo dei tuoi pensieri, li prendo tra le dita e li muovo lenti, confondendoli, accarezzandoli, trasformandoli da sacri a profani, da disillusi a speranzosi. Oggi le mie mani ti prendono la carne, te la rendono morbida, te la rendono cambiata. Con il tempo che ci vuole a vivere il piacere, a farlo entrare dalla schiena, a farlo passare nelle scapole, sentirlo sfiorare il collo. Il tuo collo da scoprire, il tuo collo da annusare, da sfiorare con le dita e accompagnare con le mani aperte.
Senti il calore sui palmi, senti il calore negli occhi. Oggi lascia fare, lasciati fare, lasciati amare, lasciati toccare, lasciati baciare, lasciati accarezzare, lasciati prendere, lasciati andare. Oggi lascia le mie mani sui tuoi fianchi sinuosi, sui tuoi spigoli scoperti, lascia la tua pelle davanti ai miei occhi, preda del mio desiderio, oggetto delle mie dita. Lascia che il mio piacere di dare diventi il mio piacere di dire, che il tuo godere del desiderio diventi piacere delle parole ascoltate. Con cura, con delicatezza, con sfrontatezza. Oggi ti parlo dei segreti che ho custodito nella mia mente, ti confesso pensieri irrealizzati e sempre più forti, mentre ti scopro la pelle ambrata. Oggi ti dico tutti i miei veri desideri su di te, sulla tua bocca, sul tuo seno che ogni giorno è più bello, sui tuoi capezzoli che diventano ogni ora più invitanti. Oggi ti parlo della mia voglia con le mani ferme sul tuo culo nudo, così senti nelle orecchie e senti nella pelle. Oggi ti lecco la schiena e ti parlo di noi, dei giorni passati e di quelli futuri, delle idee più segrete, delle volte che mi hai fatto godere, delle volte in cui ti ho fatta godere, delle mille volte in cui ti farò godere solo entrandoti nei pensieri, nei momenti più improbabili. Senti la mia bocca come si occupa della tua tranquillità? Senti la mia lingua che ti lecca i brividi, che ti succhia le scapole? Pensa tutti i momenti in cui avresti voluto essere nuda davanti a me, esibire il tuo corpo erotico al mio sguardo estatico. Ricorda tutte le volte in cui hai voluto osare, in cui hai voluto superare il limite per vivere l’orgasmo che ti prende la testa, prima che il corpo. Ripensa ai giochi proibiti, voluti, preparati, dimenticati e poi vissuti, alle mani che hai desiderato addosso, tra le gambe, sulla fica, nella bocca aperta, con gli occhi fissi nei tuoi. Mani di un altro, mani di un’altra. Vivi le mie carezze che diventano strette, le mie mani dolci che diventano forti. Senti il piacere del sentirsi toccata, esplorata, avvinghiata. Girati, esponiti, apri il tuo desiderio segreto alle mie labbra. Fatti leccare la pelle, il calore, l’odore, fatti annusare il sapore, fammi succhiare il bisogno di sentirti amata, presa, desiderata, voluta come se fossi l’unica cosa al mondo, come se fossi la più attraente, desiderabile, invitante, eccitante, arrapante persona che c’è. Fammi prendere quello che sei per me, oggi, fattelo sentire addosso, piena di un desiderio senza confini, senza paure, senza freni. Riempi le mie mani, la mia bocca, le mie labbra, regalami tutta la tua passione. E io ti farò sentire l’amore sotto la pelle.
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Da qualche tempo ritorna il tema del rapporto con gli altri, e perché questo si deteriori sempre, continuamente, come una condanna.
Ho smesso di considerarla una condanna derivante da mie mancanze o da mancanze altrui ma più come una naturale conseguenza delle cose.
Quando una persona ha ricevuto amore nella sua vita, lo vedi: lo vedi da come cammina, come si muove nello spazio, lo vedi con la sicurezza che queste persone possiedono nel parlare con gli altri, nel raggiungere i propri obiettivi, nell’avere una solida autostima. E questo avviene perché è come se dietro di loro avessero una corazza di amore solido apposta tra le scapole.
Le persone che non sono state viste, non sono state amate, le riconosco: da come parlano, da come si muovono - è come se girassero scorticate a nudo.
Ormai posso dirlo con certezza, i miei genitori non mi hanno mai voluto autenticamente bene, perché a loro volta erano persone che non sono state amate e protette da chi era chiamato a farlo, e quando non ti viene insegnato e trasmesso l’amore non riesci neanche a provarlo, e se lo provi lo provi a condizioni, lo provi a fasi alterne, lo provi a intermittenza; generando, conseguentemente, una prole confusa, una prole che non capisce quando è amata se lo è davvero e in base a cosa.
Io penso che mio padre abbia cominciato a volermi autenticamente bene e dunque a stimarmi come essere umano quattro anni prima della sua morte. A quel punto ero ormai grande, si chiacchierava dei più svariati temi, riconosceva che avevo dell’intelletto, e forse anche dei valori, ci trovavamo sempre io e lui a parlare o in silenzio. Per questo, dopo il suo suicidio, la cosa straziante è stata dover accettare che lui avesse deciso di andarsene proprio quando avevamo appena cominciato a volerci bene davvero.
Le mie storie sentimentali si infrangono sempre nello stesso punto: questo vuoto desertico che nessuno sente ma comprende solo per vie cognitive. Avendo avuto ormai la mia buona dose di esperienza nei rapporti umani posso dire con certezza che l’unica persona che nella mia vita ho autenticamente amato è stata mia sorella, perché il suo vuoto combacia col mio, abbiamo attraversato lo stesso inferno. È simile a quando due soldati che hanno passato la trincea assieme poi diventano inseparabili. Il motivo è semplice: solo loro due possono realmente capirsi. Ed è anche il motivo per cui i tossicodipendenti finiscono con i tossicodipendenti, i punk con i punk, i letterati con i letterati, non è semplice etichettismo egoico di appartenenza, il filo comune è sempre lo stesso: l’esigenza di sentirsi capiti e di capire veramente qualcuno.
Talvolta questo porta a dinamiche disastrose (vedi i tossicodipendenti), e infatti non ho alcuna intenzione di morire in due di overdose, (per ora), il punto è capire quanto questo vuoto interiore che mi porto dietro dalla nascita possa incastrarsi con quello di un’altra persona. Non è facile, non è impossibile, ma richiede una consapevole solitudine autoindotta. Il problema principale, credo, sia capire cosa sia l’amore per noi e cosa vogliamo ricavarne da questo sentimento sempre più astratto e confuso, ed io voglio ricavarne la comprensione autentica, sentita, sincera. Per farci che poi? Niente, tutto? Il punto è che non mi interessa il fine utilitaristico di questo processo, sono certa che potrebbe non portarmi necessariamente ad avere dei figli, una famiglia e una casa felice e accomodante; il punto essenziale è che se il discrimine è sentirsi capiti e capire l’altro anche solo nello spazio di un’ora, per alcune persone, vale più di cento case, cento bambini e cento cene; vale più di qualsiasi miraggio di felicità.
Non so dove mi porterà questa ostinata ricerca, probabilmente da nessuna parte, ma per la prima volta nella mia vita non ho più intenzione di cedere pezzi di me a favore di qualcuno, affinché sia più “adattabile” a non so quale schema sano e funzionale di coppia.
“La gente ti toglierebbe volentieri pezzi di te, se potesse; ma questo è Frankestein, non è amore”.
Ed io stavolta voglio tenermi tutta intera.
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Coco Chanel è rimasta orfana molto presto nella vita. Se pensiamo alla certezza dell’amore materno prima e paterno dopo come a delle ali che ci permettono il volo, potremmo dire che Coco è certamente il simbolo di un miracolo. Coco prima di essere Chanel, come dice il titolo di un film sulla sua vita, è stata una donna di servizio, una soubrette, e poi una sarta. Cosa quindi le ha permesso di volare e diventare chi desiderava essere? Potremmo fare molte ipotesi e nessuna ci potrebbe convincere fino in fondo. Quello che è certo è che Coco, come disse lei stessa, ha avuto la forza d’animo di accettare la sua realtà, la realtà di essere nata senza qualcosa, e proprio in virtù di questa accettazione ha saputo sfruttare ogni occasione che la vita le dava per costruire le ali di cui aveva bisogno. E questo è possibile proprio quando accettiamo di non essere stati amati senza scadere nel vittimismo, senza farlo diventare un alibi. Le ali germogliano dalle nostre scapole, quando iniziamo a credere fortemente che le nostre origini, né il nostro passato siano motivi validi per continuare a vivere nel disamore. Coco ha potuto diventare Chanel perché ha saputo amarsi fidandosi dell’unico timone che aveva per orientarsi. Il bene per sé stessa.
Gloria Volpato
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“Non mi manchi tu: mi manca un bacio. Il gesto di una mano intenta a dire le cose, le sue dita intirizzite, dritte. Una voce sonora, che riempie la stanza dov’è e quella accanto. Una mano fresca sulla pancia, qualcuno che mi afferri il grembo e me lo tenga stretto. Due labbra sulla tempia, un fiato caldo sulla palpebra, un ragno che corre per la schiena, tra le scapole e lungo la spina dorsale.”
(P. Loreto)
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Le cose che mi mancano di te :
i tuoi occhi scuri
La tua classidra in mezzo alle scapole
Vederti fumare sulla mia auto
Il tuo modo di ridere
La tua playlist preferita
La tua costante voglia di gelato
I tuoi discorsi filosofici sulla qualità estetica della crudeltà
I tuoi occhi scuri
Il tuo tatuaggio
" non fumare in macchina ti prego"
Il tuo modo di ridere
" non mi piacciono i placebo "
Cocco e amarena
" non puoi uccidere le formiche : uccideresti una coccinella tu?"
I tuoi occhi scuri
Il tuo modo di ridere
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è da ieri sera che ho un certo dolorino tra le scapole, e stanotte è arrivato al petto. in generale mi sento i muscoli indolenziti, poi bisogna dire che ho una tosse debole ma cronica che compare soprattutto mentre dormo. non vorrei che si trattasse di qualcosa di più grave...
#e visita dal medico sia. ma tipo al più presto#non sono mai stata ipocondriaca anzi. ma ho passato dei giorni infernali perché il mio gatto è stato male (ora si sta riprendendo)#e quindi vado in ansia per un nonnulla#premesso che ho fatto le analisi del sangue solo un paio di settimane fa ed erano perfette#quindi. boh??#non è un dolore molto forte. solo un fastidio#ma mi è venuto così all'improvviso e senza una ragione precisa. è strano#ah e non ho mai avuto il covid (che io sappia). altrimenti avrei pensato a dei sintomi postumi#non vorrei fosse bronchite o qualcosa di simile... ma sta tosse negli ultimi tempi è diventata leggermente preoccupante#vabbè si vedrà. speriamo bene#val speaks#txt
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Libero di tracciare un segno nel fango che dice: “Ho ballato, scritto, cantato, faticato, sudato, prodotto scartoffie, benessere e dolore. Vi ho amato e poi detestato. Ho provato commozione e gratitudine per aver conosciuto l’amore di mia sorella e delle grandi anime splendenti di chi mi ha concepito”.
Sono grato per ogni passo che posso ancora gettare e che getto come talleri su un tavolo verde, azzardando tutto, sulla grande fronte serena e microbica della Terra. Grato per ogni sillaba che riesco ad articolare, per ogni dito che riesco a piegare, per ogni pasto che riesco a guadagnare, masticare, digerire; per ogni pisciata che la mia uretra pervia, la mia vescica tonica e i miei reni sani mi permettono di fare ogni volta che ne sento il bisogno. Sono grato per ogni ondata di sangue che la mattina rende il mio sesso una freccia feroce puntata contro il cuore snudato delle stelle. Grato per ogni fotone che le mie retine riescono ancora a raccogliere dall’enorme bianco nutriente calderone magmatico del sole. E per tutte le forme che questi fotoni riescono ad assumere ed io a interpretare, quando si sfrangiano sulle nudità di una donna, oppure sulla corteccia di una betulla, in estate, o sulla turgida carne azzurra del mare, o sulle scapole stondate di un orizzonte brumoso e senza fine in un mattino d’inverno.
Però, mi si screpolano le vertebre e la mia anima si affloscia nel sapere che morirò. Ma la morte è una lupa feroce che inseguendoti dà un senso a quei tuoi muscoli che altrimenti terresti attaccati alle ossa come degli orpelli privi di significato. La morte pompa dentro i muscoli acido da batteria e gli consentono di creare, distruggere, correre e saccheggiare la grossa vulva succosa della vita. Sono grato del fatto che io abbia una scadenza scritta in qualche punto invisibile sulla parte posteriore del mio corpo e che, dunque non possa leggerla. Mi rende fragile, e perciò commovente. Sono una barca di carta sul punto di inzupparsi di mare e di affondare, ma che ancora - incredibile – non affonda; libero ancora di raggiungere porti segreti, porte segrete, dove si respirano lingue e odori diversi dai miei. Sono grato anche alla morte, dunque. Al regalo finale, alla bestemmia suprema rivolta da dio contro gli esseri umani
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