#Lettera a un bambino mai nato
Explore tagged Tumblr posts
Text
Oriana Fallaci - La vita coraggiosa di una donna straordinaria
Mariella Gravinese è Oriana Fallaci La vita coraggiosa di una donna straordinaria. Irriverente e sempre attuale, così si potrebbe descrivere la grande personalità di Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice italiana, prima donna italiana ad andare al fronte in qualità di inviata. Riscoperta e profondamente amata dai giovani delle ultime generazioni che ne apprezzano oltre gli scritti anche le…
#LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO#Mariella Gravinese#NIENTE E COSÌ SIA#Oriana Fallaci - La vita coraggiosa di una donna straordinaria#SE IL SOLE MUORE#UN UOMO
0 notes
Text
Io ti perdono, mamma. Non piangere. Nascerò un'altra volta. Splendide parole, bambino, ma parole e basta. Tutti gli spermi e gli ovuli della terra uniti in tutte le possibili combinazioni non potrebbero mai creare di nuovo te, ciò che eri e che avresti potuto essere. Tu non rinascerai mai più. Non tornerai mai più.
Oriana Fallaci - Lettera ad un bambino mai nato
Ti voglio bene, sempre ❤️
#citazioni#frasi belle#frasi vere#frasi#citazioni belle#citazioni vere#frasi libri#citazioni libri#quotes
16 notes
·
View notes
Text
“L'amo con passione la vita, mi spiego? Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta, che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere: il regalo dei regali. Anche se si tratta d'un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso.”
dal libro "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci
19 notes
·
View notes
Text
Io, te lo ripeto, non temo il dolore. Esso nasce con noi, cresce con noi, ad esso ci si abitua come al fatto d'avere due braccia e due gambe. Io, in fondo, non temo neanche di morire: perché se uno muore vuol dire che è nato, che è uscito dal niente. Io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia pure per l'altrui distrazione. [...]
Ma il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente.
Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato
7 notes
·
View notes
Text
In fondo, per certa gente, la vera colpa di un uomo e di una donna consiste nell’amarsi in un letto.
|| Lettera a un bambino mai nato - Oriana Fallaci
8 notes
·
View notes
Text
"Una volta conobbi uno scrittore che diceva: ciascuno ha la vita che si merita. Come dire che un povero merita di essere povero, che un cieco merita d’essere cieco. Era un uomo stupido, sebbene fosse uno scrittore intelligente. Anche il filo che divide l’intelligenza dalla stupidità è un filo talmente sottile, te ne accorgerai."
~ Oriana Fallaci, "Lettera a un bambino mai nato"
141 notes
·
View notes
Text
"Io nell'Unione Sovietica ci sono stata una volta sola perché dopo non mi ci hanno voluto più. Anche quest'anno, l'anno delle Olimpiadi, mi hanno rifiutato il visto come a una criminale. Comunque quella volta vidi cose nient' affatto esaltanti, e non solo nel campo della libertà".
"Intervista con il Potere"
Mi sono sempre chiesta come sia successo che ho scoperto Oriana, così tardi, la risposta mi è stata data da Oriana stessa, nel mio paese è stata semplicemente bandita, è famosa in tutto il mondo, i suoi libri sono stati tradotti in numerose lingue, voi non ne troverò nemmeno uno in russo (Sono anche informata al "Fondo Oriana Fallaci", cercavo in internet, e non un solo libro è in russo.
la mia rabbia non è dovuta a opinioni politiche... ma a quanto sia ingiusto privare milioni di donne russe a conoscere ammirare i suoi capolavori. "Lettera a un bambino mai nato", "Un Uomo", "Un cappello pieno di ciliege", "Insciallah".
Conosciuta e amata in tutto Mondo. Una Donna straordinaria sconosciuta in Russia 😥😥😥❤️
11 notes
·
View notes
Text
La vita è una tale fatica, bambino. È una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele.
Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato, 1975
7 notes
·
View notes
Text
Oh, Madre!
Il giorno in cui ho capito che non sarei mai diventata madre avrò avuto nove anni, quando per la prima volta ho tenuto aperto sulle ginocchia un libro di Oriana Fallaci.
Ero in bagno, intenta nel mio passatempo preferito per combattere la stitichezza: frugare nel cassetto della moglie di mio padre, l'unico a distanza ravvicinata dal gabinetto su cui trascorrevo ore e ore in attesa che qualcosa uscisse dal mio corpo.
In mezzo a pile di slip, riviste osé e reggiseni, quel giorno trovai il libriccino galeotto che avrebbe annientato il mio istinto materno: Lettera a un bambino mai nato.
La moglie di mio padre utilizzava il cassetto del bagno per nascondere i suoi segreti più intimi, forse credendo che il senso del pudore avrebbe trattenuto chiunque dal rovistare tra le sue mutande.
Ma io da bambina non sapevo dove il pudore stesse di casa. Vivevo confinata nei muri della mia camera, senza amici e senza infanzia, e il mio unico confronto con il mondo erano i romanzi di Isabelle Allende con descrizioni dettagliate di tutto ciò che accadeva in camera da letto.
La mia famiglia non ha mai amato la lettura, anzi direi proprio che al verbo detestare associassero la parola libro come complemento oggetto. Quindi loro non avevano la più pallida idea di cosa ci fosse tra le pagine di quei libercoli in cui annegavo le mie giornate.
Se un libro è letto da una bambina, significa che è adatto a una bambina, pensavano. E per vent'anni ne sono stata convinta anch'io.
Ma quel pomeriggio, seduta sul gabinetto, mi sorprese leggere il titolo "Lettera a un bambino mai nato" sulla copertina di un libro nascosto tra i calzini e una scatola di preservativi nel cassetto della moglie di mio padre incinta di sei mesi.
Divorai quel libro in una settimana, ringraziando la mia incapacità di andare di corpo come le persone normali per darmi la possibilità di trascorrere impunemente due ore seduta sulla ceramica fredda del cesso, fino a sentire le gambe addormentate e il bacino indolenzito.
Dopo ogni sessione di lettura, riponevo con cautela il libro nel cassetto della mia matrigna, facendo attenzione a incastrarlo perfettamente tra le pieghe dei reggiseni e dei pigiami.
Nessuno della mia famiglia ha mai saputo che a nove anni mi appassionai del racconto di una donna incinta che desiderava abortire, del suo calvario interiore e della lotta contro l'idea che un ammasso di cellule potesse essere ritenuta vita senziente.
A tredici anni mi trasformai in una paladina del diritto all'aborto. Lasciai di stucco la mia professoressa di Italiano quando le consegnai un pamphlet protofemminista sotto forma di foglio protocollo, spacciandolo per il mio elaborato del compito in classe sul testo argomentativo.
Gli altri miei compagni di classe non avevano mai sentito parlare di aborto, tantomeno di Oriana Fallaci, e forse erano fortunati nella loro ignoranza.
Ma io mi consideravo un'illuminata, una prescelta, una donna adulta, perché a tredici anni ero in grado di difendere con sforzi patetici e artefatti il mio sacrosanto diritto a non dare la vita.
Tanto ne ero convinta, che agli esami di licenza media dedicai il mio tema di italiano all'aborto, ancora una volta. Ero ossessionata, ero pazza, ero invasata: dovevo far sapere a tutti gli adulti che io a tredici anni sapevo di non volere figli, che non li avrei mai avuti, che avrei combattuto perché le donne come me potessero scegliere di non averli.
Quando, dieci anni dopo, la mia migliore amica mi informò di essere incinta, la prima cosa che le dissi fu: "Vuoi abortire, vero?".
E alle occhiate scettiche e divertite delle donne più grandi, che ridacchiavano sornione mentre mi ricordavano l'esistenza dell'orologio biologico, io ribattevo con rabbia di chiudere il becco.
Questo fino all'anno scorso, quando una seduta con la mia psicologa esperta di EMDR ha messo un po' di disordine tra i miei piani.
Non avevo mai riflettuto sulla possibile connessione tra il mio rifiuto della maternità e il suicidio di mia madre, ma quella tragica mattina di febbraio la mia terapeuta decise di spiattellarmelo in faccia senza troppi mezzi termini: il fatto che mia madre si fosse uccisa e mi avesse abbandonata non significava che io avrei fatto lo stesso con i miei figli.
Quella fu l'ultima seduta con la mia terapeuta, perché mal tollerai questa inferenza nelle mie decisioni sul mio utero. Non mi interessava sapere quale fosse la causa del mio odio verso la gravidanza e soprattutto non volevo ammettere che la morte di mia madre mi perseguitasse fino a quel punto.
Abbandonata la terapia e accolti gli antidepressivi, ho smesso di mettere in discussione il mio disprezzo per la maternità fino a quando a essersi suicidato non è stato un mio amico.
A quel punto mi sono resa conto che il mio bagaglio di affetti contava già due suicidi nell'arco di vent'anni, una percentuale non da poco considerando che la mia permanenza su questa terra non ha varcato ancora la soglia dei trent'anni.
La morte del mio amico è coincisa con la ricomparsa breve e fugace di mio padre.
Dopo cinque anni di ostinata assenza e disinteresse, mio padre aveva deciso di riallacciare i rapporti con me dopo la scoperta di un tradimento da parte di sua moglie.
Mio padre ritenne quel momento un'ottima occasione per mettermi a parte della storia del mio concepimento.
Così ho scoperto, davanti a un raffinato piatto di uramaki, di essere la classica figlia del "proviamo a fare funzionare questo matrimonio": mia madre aveva fallito il suo primo tentativo di suicidio e aveva confessato a mio padre che avere una figlia l'avrebbe aiutata.
Si vede che non ho svolto bene il mio compito, considerando che dopo sette anni dalla mia nascita la mia cara mamma si fece trovare morta in bagno con una calza di nylon legata al collo.
Mentre il peso di questa rivelazione si sedimentava tra la bocca dello stomaco e la gola, togliendomi la capacità di proferire parola e l'appetito, mio padre rincarava la dose lamentando il suo "non aver fatto nulla di male per meritarsi questa vita" da crocerossina, vedovo e cornuto.
La mia domanda, formulata silenziosamente nelle settimane successive, riguardava piuttosto cosa avessi fatto io di male per meritarmi di essere desiderata, partorita, traumatizzata e abbandonata da mia madre.
Con poca calma e tanta perizia, nei mesi ho messo insieme tutti i pezzi del puzzle che è la mia incapacità di vedermi madre: dal libro letto di nascosto sul cesso al tema sull'aborto, dal consiglio a denti stretti dato alla mia amica al rifiuto del parere della psicologa, fino alla confessione di mio padre.
Il risultato è stato un puzzle oscuro e strambo, in cui alcuni pezzi si incastrano a fatica con gli altri e restituiscono un'immagine grottesca e spezzata. Un'immagine di me che lotta tra l'odio per la mia famiglia, il desiderio di non essere mia madre, il determinismo di un patrimonio genetico malato.
Insomma, un'immagine non troppo lusinghiera. Ma che almeno mi dà ragione dell'irritazione e della saudade che provo quando ascolto le mie coinquiline scambiarsi ogni sera confidenze con le loro madri per telefono, tra risatine e battute.
Questo puzzle sgangherato è una prova ulteriore del mio non voler essere madre, del preferire crepare da sola piuttosto che correre il rischio di dare la vita a una persona solo per traumatizzarla.
Allo stesso tempo, quando guardo questo puzzle, mi rendo conto che il fervore di quella tredicenne che scriveva pagine e pagine sull'aborto era solo un tentativo di rispondere a quell'unica, atroce domanda:
"Oh, madre! Perché mi hai abbandonato?"
10 notes
·
View notes
Text
Se nascerai uomo io sarò contenta lo stesso. E forse di più perché‚ ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo, di un bel corpo per nascondere la tua intelligenza. Non subirai giudizi malvagi quando dormirai con chi ti piace, non ti sentirai dire che il peccato nacque il giorno in cui cogliesti una mela.
Naturalmente ti toccheranno altre schiavitù, altre ingiustizie: neanche per un uomo la vita é facile, sai. Poiché‚ avrai la barba, rideranno se tu piangi e perfino se hai bisogno di tenerezza. Ti ordineranno di uccidere o essere ucciso alla guerra ed esigeranno la tua complicità per tramandare la tirannia che instaurarono nelle caverne. Eppure spero che sarai un uomo come io l’ho sempre sognato: dolce coi deboli, feroce coi prepotenti, generoso con chi ti vuol bene, spietato con chi ti comanda.
Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato
6 notes
·
View notes
Text
Ogni responsabilità è della donna, ogni sofferenza, ogni insulto. Puttana, le dite se ha fatto l'amore con voi. La parola puttano non esiste nel dizionario: usarla è un errore di glottologia. Sono millenni che ci imponete i vostri vocaboli, i vostri precetti, i vostri abusi. Sono millenni che usate il nostro corpo senza rimetterci nulla. Sono millenni che ci imponete il silenzio e ci relegate al compito di mamme. In qualsiasi donna cercate una mamma. A qualsiasi donna chiedete di farvi da mamma: perfino se è vostra figlia. Dite che non abbiamo i vostri muscoli e poi sfruttate la nostra fatica anche per farvi lucidare le scarpe. Dite che non abbiamo il vostro cervello e poi sfruttate la nostra intelligenza anche per farvi amministrare il salario. Eterni bambini, fino alla vecchiaia restate bambini da imboccare, pulire, servire, consigliare, consolare, proteggere nelle vostre debolezze e nelle vostre pigrizie. Io vi disprezzo. E disprezzo me stessa per non saper fare a meno di voi, per non gridarvi più spesso:siamo stanche d'esservi mamme. Siamo stanche di questa parola che avete santificata per il vostro interesse, il vostro egoismo.
— Lettera a un bambino mai nato, Oriana Fallaci
2 notes
·
View notes
Text
Oriana Fallaci - La vita coraggiosa di una donna straordinaria
Mariella Gravinese è Oriana Fallaci La vita coraggiosa di una donna straordinaria. Irriverente e sempre attuale, così si potrebbe descrivere la grande personalità di Oriana Fallaci, giornalista e scrittrice italiana, prima donna italiana ad andare al fronte in qualità di inviata. Riscoperta e profondamente amata dai giovani delle ultime generazioni che ne apprezzano oltre gli scritti anche le…
#LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO#Mariella Gravinese#NIENTE E COSÌ SIA#Oriana Fallaci - La vita coraggiosa di una donna straordinaria#SE IL SOLE MUORE#UN UOMO
0 notes
Text
☆ 𝒕𝒂𝒌𝒆𝒏,
☆ 𝒊𝒅𝒆𝒏𝒕𝒊𝒕𝒚 𝒄𝒂𝒓𝒅
☆ 𝒏𝒐𝒎𝒆: Yen'fay Jiang
☆ 𝒅𝒂𝒕𝒂 𝒅𝒊 𝒏𝒂𝒔𝒄𝒊𝒕𝒂: 21.12.2011
☆ 𝒔𝒆����𝒏𝒐 𝒛𝒐𝒅𝒊𝒂𝒄𝒂𝒍𝒆: Tritone
☆ 𝒍𝒖𝒐𝒈𝒐 𝒅𝒊 𝒏𝒂𝒔𝒄𝒊𝒕𝒂: Melody
☆ 𝒍𝒆𝒈𝒂𝒎𝒊: discendente di Musa e Riven.
☆ 𝒔𝒐𝒄𝒊𝒂𝒍𝒎𝒆𝒅𝒊𝒂: @/contr0mano
☆ 𝒂𝒕𝒕𝒊𝒗𝒊𝒕𝒂̀ 𝒆𝒙𝒕𝒓𝒂𝒄𝒖𝒓𝒓𝒊𝒄𝒐𝒍𝒂𝒓𝒆: club di filmografia e teatro, club di tiro con l'arco
☆ 𝒂𝒍𝒍𝒊𝒏𝒆𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐: Neutrale
☆ 𝒄𝒐𝒓𝒔𝒐: Fonterossa
☆ 𝒈𝒆𝒏𝒆𝒔: Umano
☆ 𝒈𝒖𝒊𝒅𝒆𝒍𝒊𝒏𝒆: Che sia per la dinamicità del suo carattere, o per le mille sfide che accetta di compiere pur di provare il suo punto, buona parte di Fonterossa ha un'opinione (negativa o positiva) riguardo Yen'fay Jiang, discendente di Musa, la fata della musica. Il 'problema' di fondo riguardo queste attenzioni, non sono tuttavia esse stesse... ma il modo in cui al ragazzo sembrano interessare davvero poco.
☆ 𝒔𝒕𝒐𝒓𝒚𝒍𝒊𝒏𝒆: Quando Tian MingXia annunciò al resto del mondo la sua gravidanza, tutti restarono sconvolti nello scoprire che il padre fosse il discendente diretto di Musa, la leggendaria fata della musica — messo in chiaro non ci fosse nessuna relazione fra i due, e altrettanto, nessuna intenzione di crearne una "per il bene del bambino", la teoria del rapporto occasionale si fece spazio fra le menti dei più, presto avvalorata dallo strano silenzio e dal velo di imbarazzo proveniente da entrambi. Yen'fay, nato allo scoccare della mezzanotte del ventuno dicembre duemilaundici, non ha mai realmente avvertito la stranezza del legame altalenante dei suoi genitori, poiché per lui quella è sempre stata la normalità. Fare avanti e indietro da casa di mamma a quella di papà non gli è mai pesato, ed è sempre stato in grado di comprendere che i loro "turni" non dipendessero dalla decisione di un giudice oppure da uno schema studiato, bensi da dove e per quanto tempo i loro turni lavorativi richiedessero la loro presenza. E ogni qualvolta nessuno dei suoi genitori fosse in casa, Yen visitava i nonni paterni, ai quali si affeziona davvero tanto. Riven e Musa - con loro passa gran parte dei suoi primi otto anni al mondo. Fra un allenamento di tiro con l'arco e l'altro, il primo anno a Fonterossa del ragazzo arriva e passa in men che non si dica. Non mente affatto quando afferma di avere ricordi neutrali e per nulla malinconici legati a quel periodo, proprio perché il primo anno nella scuola non gli ha mai fatto né caldo né freddo. Comprende ben poco l'entusiasmo che gira attorno alle prime battute dell'entrata in accademia, e le comprese ancor meno quando i compagni di corso rimasero quasi estasiati da fattori per lui "ordinari" come cerimonie d'apertura, e così via. "Perché tutti trattano questa cosa neanche fosse l'evento del secolo?" aveva posto questa domanda a suo padre nella prima lettera inviata dalla scuola, trasformando l'episodio in un aneddoto spesso raccontato dall'uomo... che conserva la lettera incorniciata, nel suo ufficio. Gli unici alti e bassi del suo primo anno furono relativi alla tendenza che il ragazzo aveva - e ha tutt'ora - verso l'atto di fuggire dalla scuola per avventurarsi nelle radure e nei boschi circostanti, alla ricerca di stimoli migliori di quanto le lezioni possano esserlo.
☆ 𝒑𝒆𝒓𝒔𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊𝒕𝒚: Yen'fay ha un carattere davvero complesso, così tanto che talvolta anche i suoi genitori affermanl di faticare a capire alcuni dei suoi atteggiamenti, o delle sue risposte. Dovendo descriverlo usando una sola parola, quella giusta sarebbe "imprevedibile"... perché questo è tutto ciò che è. Sebbene a primo acchito possa sembrare il classico ragazzo tranquillo, i suoi compagni di corso sono perfettamente a conoscenza di come proporgli qualunque cosa vada contro il regolamento scolastico sia una pessima idea, poiché tende sempre a prendere ogni sfida o scherzo come cosa da fare sul serio, e dunque, si cimenta sempre nelle imprese più assurde. Nel momento in cui viene richiamato dai professori o - ancor peggio, a detta sua - dai suoi genitori, cerca sempre di arrampicarsi su ogni specchio per mettere su una scusa, e alle volte risultano tanto assurde da riuscire a scagionarlo per la creatività. E una persona empatica, cosi tanto da trasferire il malessere degli altri su sé stesso inconsciamente, soltanto osservandoli troppo a lungo. Riesce a leggere gli altri senza particolare difficoltà, e proprio per questo risulta essere in grado di manipolarli o di metterli subito a proprio agio. Per quanto possa sembrarlo, è tutt'altro che impulsivo - prima di agire, pensa a tutti gli scenari che la sua azione potrebbe causare, finendo così per perdere ore e ore dietro alla decisione più sciocca al mondo. A causa di questa sua sciocca al mondo. A causa di questa sua innata prudenza passa una gran parte del suo tempo a perdersi nei suoi pensieri, fra i mille scenari che la sua mente genera pur di farlo, in qualche modo, preoccupare. Una volta ragionato uno scenario ideale e capito come arrivarci, è difficile togliergli dalla testa il suo obiettivo; è testardo e determinato.
☆ 𝒄𝒖𝒓𝒊𝒐𝒔𝒊𝒕𝒊𝒆𝒔 𝒂𝒏𝒅 𝒔𝒆𝒄𝒓𝒆𝒕𝒔:
Uno dei mille vanti di Yen'fay è quello di non avere - apparentemente - segreto alcuno. La voce è stata messa in discussione mille e più volte, ma lui pare non demordere. Certo, spesso viene da domandarsi se le sue fughe nei boschi siano dovute alla sua curiosità com'egli sostiene, o anche a qualcos'altro.
☆ 𝒑𝒐𝒘𝒆𝒓𝒔 𝒂𝒏𝒅 𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕𝒊𝒆𝒔: Yen'fay non ha mai manifestato poteri magici, ma compensa questa sua "mancanza" tramite le sue eccelse abilità da arciere. Pratica tiro con l'arco sin da bambino, e sebbene la sua tecnica non sia ancora perfetta, riceve sempre una miriade di complimenti da chiunque lo veda all'opera. Si porta spesso dietro un meraviglioso arco realizzato a mano appositamente per lui, a cui tuttavia non ha mai dato un nome.
0 notes
Text
"Lettera da un bambino mai nato" di Myriam Ambrosini
Come avevo premesso a inizio marzo, al rinnovo della rubrica dedicata alle donne, l’obiettivo precipuo della nostra rivista è quello di portare avanti riflessioni e approfondimenti relativi all’universo femminile, non relegando solo nel mese di marzo la condivisione di tematiche e argomentazioni volte a far conoscere il volto di tante donne. Tengo a sottolineare la permanenza della rubrica “A…
View On WordPress
0 notes
Text
Solo chi ha pianto molto può apprezzare la vita nelle sue bellezze, e ridere bene. Piangere è facile, ridere è difficile.
Oriana Fallaci, Lettera a un bambino mai nato
3 notes
·
View notes
Text
L’amo con passione la vita, mi spiego? Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta, che nascere sia il miracolo dei miracoli, vivere: il regalo dei regali. Anche se si tratta d’un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso.
|| Lettera ad un bambino mai nato - Oriana Fallaci
0 notes