#Femminilizzazione Uomini
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cosa pensi della femminilizzazione?
Bhe raga, a certi uomini l’intimo in pizzo sta
✨D I V I N A M E N T E ✨
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mutuals (generic, not really exclusive) do this: andiamo tutt insieme alle nuove lezioni di barbero solo per il q&a al fine di domandargli:
alla luce delle sue più recenti osservazioni, non ritiene che la sua infelice uscita sia esattamente il frutto, più o meno intenzionale - e, se non intenzionale, proprio indicativo di quanto questo problema sia radicato nella nostra società - di quella cultura patriarcale che traccia una netta separazione binaria tra i generi, richiede agli uomini aggressività, spavalderia e sicurezza di sé per avere successo - pena esclusione e discriminazione basata sulla “femminilizzazione” - e costringe le donne a riproporre la stessa performance di aggressività tossica, salvo poi discriminarle doppiamente per non aver rispettato le aspettative di genere? e alla luce di ciò, non ritiene di aver detto una cazzata ;) ? (sì)
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Quante sono le strade intitolate a donne in Italia Giovedì il sindaco di Milano Beppe Sala ha pubblicato un post in cui ha annunciato l’installazione in città della prima statua dedicata a una donna, Cristina Trivulzio di Belgiojoso, una patriota risorgimentale. Ha poi scritto che nella primavera del 2022 sarà inaugurata una statua anche all’astrofisica Margherita Hack, aggiungendo che «l’assenza di monumenti dedicati alle tante donne protagoniste della nostra storia era una vergogna che andava sanata». (...) Dai dati raccolti risulta che nei 21 capoluoghi delle regioni e province autonome italiane ci siano 24.572 strade intitolate a persone (non a nomi comuni, a luoghi o a nomi collettivi): 1.626 di queste (cioè il 6,6 per cento) sono intitolate a donne. Escludendo le martiri o le sante (che rientrano in una narrazione tradizionale di donne spesso intese come vittime), le strade intitolate alle donne scendono a 959. Su Mapping Diversity è possibile anche consultare dati e mappe specifiche di ciascun capoluogo. Tra le città analizzate Bolzano è quella con la percentuale maggiore di strade intitolate a donne (13 per cento), mentre ad Aosta su 73 strade ce sono solo due dedicate a figure femminili. A Milano ci sono 2.593 vie e piazze intitolate a persone e 2.466 sono dedicate a uomini (95,1 per cento); 127 sono intitolate a donne e scendono a 95 se si considerano le donne non sante. A Roma ci sono 7.892 vie e piazze intitolate a persone: 7.364 sono uomini, cioè il 93,3 per cento, 528 sono donne, 391 delle quali non sante. Bologna e Torino, per fare altri due esempi, hanno dati molto simili: il 95 per cento delle vie e delle piazze ha il nome di un uomo, mentre sono rispettivamente 43 e 44 i nomi di donne non sante. (...) Come spiega Mapping Diversity, «la preponderanza di figure maschili nelle nostre strade non è solo testimonianza di un fatto storico e culturale, ma è allo stesso tempo una forza, subliminale ma costante, che contribuisce a perpetrare la marginalizzazione del contributo femminile». I nomi delle strade «non sono innocui elementi urbani», ma «hanno un forte potere simbolico, sono stati e continuano a essere frutto di processi decisionali legati alla legittimazione del passato, e alla costruzione della memoria storica collettiva su quel passato». (...) «Le strade intitolate a donne sono meno di quelle dedicate ai monti, ai fiori e agli arbusti. Così la città si fa specchio della tessitura narrativa della storia che ci hanno insegnato, una storia a metà»: piazzetta Maurilio Bossi è dunque diventata nella notte «piazzetta Sylvia Rivera, icona e militante per i diritti LGBTQIA+, 1951-2002»; Foro Bonaparte è stato ribattezzato «Foro Tina Modotti, fotografa, attrice, militante rivoluzionaria, 1896-1942» e via Mogadiscio invece si è trasformata in «piazza Isabella Marincola, attrice, italiana, nera, antifascista, 1925-2010». Negli ultimi anni la questione dei monumenti e della toponomastica è stata rilevata anche a livello istituzionale e alcune città hanno iniziato a porvi rimedio. Tra qualche settimana a Bruxelles sarà intitolata una strada a Eunice Osayande, una donna di 23 anni di origine nigeriana che si prostituiva e che fu uccisa nella notte tra il 4 e il 5 giugno 2018. La sua morte aveva causato diverse manifestazioni e proteste, anche perché Eunice Osayande si era rivolta a un’associazione denunciando che, mentre lavorava, stava subendo violenze e intimidazioni. L’assessora del comune di Bruxelles Ans Persoons, ha spiegato che la femminilizzazione dello spazio pubblico è un loro obiettivo e che diverse strade sono già state intitolate a donne importanti. Ma, ha aggiunto, «Il femminismo per noi non riguarda solo le donne che eccellono. Il femminismo riguarda tutte e comprende i diritti e le lotte delle donne a tutti i livelli sociali». Ha spiegato che il 42 per cento delle donne tra i 16 e i 69 anni ha subito una violenza o un abuso, nella sua vita: «Questa percentuale è molto più alta tra le lavoratrici del sesso. La lotta per abbattere questi numeri follemente alti merita più attenzione e urgenza. Ed è proprio per questo che dedichiamo questa strada a Eunice Osayande». Il Post
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Finalmente qualcuno si è svegliato, pare.
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Giornata mondiale della carezza cuore-cervello-cuore: “vivi con il cuore”
“Infarto e malattie cardiovascolari al femminile” Una carezza può fare la differenza.
(di Nicola Simonetti) Il cuore ha una propria vita organica ma, soprattutto, simbolica. Lo stress, la depressione (nella donna due volte più frequente che nell’uomo) od altre offese sono “telefonati” dal cervello al cuore che ne risente e – recente caratterizzazione – si ammala di patologia esclusivamente femminile fino a giungere al “cuorinfranto” od alla cosiddetta “morte da crepacuore”. Ippocrate, diceva che ”da un sorriso nasce un altro sorriso e ti guarisce se vuoi”. La società italiana di cardiologia ed Abbott lanciano una campagna di informazione “Vivi con il Cuore” per riconoscere e prevenire l’infarto nella donna. All’interno del rinnovato sito web, le donne potranno trovare informazioni sulle malattie del cuore, riconoscere le differenze di genere, scoprire i sintomi dell’infarto e le specificità nella donna, tanti consigli per attuare efficaci strategie salva-cuore e un semplice test per valutare il proprio stile di vita. “Sebbene si pensi che le malattie cardiache non siano appannaggio del sesso femminile, queste - dice Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di cardiologia sono la prima causa di morte anche nelle donne. Il messaggio importante che i Cardiologi italiani vogliono diffondere riguarda anche la differenza dei sintomi dell’infarto che nelle donne sono frequentemente atipici. Campagne come Vivi con il Cuore hanno l’ambizioso obiettivo di prevenire morti premature e permettere la migliore cura per le donne colpite da infarto.” Ma quanto ne sanno gli italiani? Eikon Strategic Consulting ha intervistato un campione rappresentativo della popolazione italiana (40-70 anni), per comprendere la percezione maschile e femminile in relazione al rischio cardiovascolare: nell’immaginario collettivo, il cuore è considerato una vulnerabilità maschile, mentre il tumore un problema femminile. Il riferimento si collega bene con la Giornata della Donna e richiama a considerare di più il “cuora” (una femminilizzazione del “cuoro” della popolare canzone). Con un decesso ogni 10 minuti, le malattie cardiovascolari e l’infarto sono la prima causa di morte nelle donne, tuttavia la maggior parte di loro non ne è consapevole e spesso sottovaluta il rischio (non supposto neanche dall’uomo). L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre tre quarti (quasi 8 casi su 10) della mortalità cardiovascolare globale può essere prevenuta mediante l’attuazione di adeguate modifiche dello stile di vita. Nelle donne, le prime tre cause di morte sono rappresentate dalle malattie cerebrovascolari, dalle malattie ischemiche del cuore e da altre patologie cardiache. In Italia, una donna su tre (31,4%) muore a causa di una malattia cardio e cerebrovascolare. Molto più che per tutte le forme di cancro, compreso il tumore del seno. Secondo l’Istat, ogni anno si verificano 176.437 decessi per malattie del sistema circolatorio (79.353 negli uomini e 97.084 nelle donne). Dopo la menopausa il rischio cardiovascolare tende ad aumentare. Per quanto riguarda le malattie cardiovascolari è ormai assodato che vi sono differenze tra donne e uomini: sintomi, presentazione clinica, diagnosi, prognosi e terapia. La differenza più importante però è che le donne sono meno consapevoli del proprio rischio cardiovascolare e tendono a sottovalutarne i sintomi. Una donna su tre trascura i segni di malessere nei giorni precedenti l’infarto rivolgendosi ai medici più tardi rispetto agli uomini. Il fattore di rischio principale di mortalità per le donne è il ritardo pre-ospedaliero, cioè il tempo che passa tra primi sintomi ed il ricovero. La donna si allarma con più ritardo rispetto all’uomo ed i sintomi dell’infarto non la allarmano fino al punto di chiamare i soccorsi. Lo fanno in ritardo: in media 15 minuti dopo rispetto a quanto fa l’uomo. Tra sintomo e chiamata dell’emergenza, l’uomo fa passare un’ora, la donna 45 minuti. Ma la differenza non finisce con i 15 minuti di ritardo poiché più di 7 donne si 10 prima di lasciare casa, puliscono, adeguano l’ambiente per i familiari con cui essa convive, cercano di ritardare sperando che “passi com’è venuto” e questo le fa perdere un’altra ora (meno del 30% degli uomini ne perdono altrettanto). Differenze anche nella prevenzione. Le donne fanno meno movimento fisico, indulgono di più nell’alimentazione, hanno qualche chilo di ciccia in più. In proposito – dice Giorgio Berloffa – presidente unione nazionale chinesologi – sono sufficienti (salvo indicazioni individuali) 30 minuti al giorno di attività moderata (camminata). Ma “muoversi”, specie in soggetti con problemi o rischi, deve essere concordato con professionisti specializzati. L’alimentazione mediterranea autentica anche per quel che riguarda le giuste porzioni – suggerisce Evelina Flachi, presidente Fondazione italiana per l’educazione alimentare - resta regina. Le donne, in particolare (perché in questo sono le maggiori indiziate), non si lascino sedurre da diete “privative, restrittive”. Le sette ore di sonno divengano regola e, per questo, non va bene una cena ad ora tarda e, tanto meno, molto ricca; sì ai carboidrati, ma non oltre 70/80 grammi, con condimento salute-compatibile. Il buonumore è il condimento dei piatti che fanno bene. Dolore al petto. Quando allarmarsi e chiedere il soccorso del 118? Anche se il dolore toracico rimane un sintomo cruciale nell’infarto maschile e femminile, nella donna – dice Indolfi - esso può presentare caratteristiche differenti per sede e tipologia con una maggior presenza di sintomi non-specifici e spesso ignorati. Il dolore si estende oltre il petto alla spalla, braccio, schiena, e anche ai denti e alla mandibola. Dolore prolungato nella parte superiore dell’addome o bruciore di stomaco, nausea e vomito; mancanza di fiato, sudorazione, cute umida, incombente sensazione di affaticamento, svenimento, stordimento o capogiri. “EMERGENZA 112” Un numero telefonico unico cui confluiscono tutte le emergenze, qualsiasi numero di soccorso sia stato chiamato, compresi carabinieri, polizia di stato, vigili del fuoco, emergenza sanitaria (questi restano in funzione). Gli operatori del 112 smistano le chiamate all’Ente competente per la gestione, dopo aver localizzato il chiamante ed individuata l’esigenza di soccorso. Il progetto, partito da Varese, è attivo in Lombardia, Lazio, Liguria, Piemonte, provincia di Trento, Friuli, Venezia Giulia, Sicilia Orientale. Sarebbe auspicabile la sua utilizzazione per tutte le altre Regioni. Questi i risultati dell’indagine condotta dall’Istituto Eikon Strategic Consulting (febbraio 2019): LA PERCEZIONE DELLE CAUSE DI MORTE Il 78% delle donne non sa che le malattie cardiovascolari sono la loro prima causa di morte. Il 61% delle donne pensa che la prima causa sia il tumore. Solo il 22% pensa che le malattie cardiovascolari siano il killer nr. 1 delle donne. •Solo il 21% degli uomini pensa che le malattie cardiovascolari siano la prima causa di morte nelle donne. LA PERCEZIONE DEL RISCHIO E LE DIFFERENZE DI GENERE La metà delle donne intervistate ritiene che il rischio infarto sia maggiore negli uomini. Il 77% degli uomini ritiene che il rischio infarto sia maggiore nel sesso maschile. Il 54% degli uomini intervistati attribuisce a stili di vita e scelte alimentari non corrette il maggior rischio infarto nel sesso maschile. I SEGNALI DI ALLARME •Il sintomo cruciale dell’infarto, il dolore toracico, è correttamente indicato da più del 70% degli intervistati, mentre meno della metà è in grado di riconoscere gli altri sintomi non specifici come ad esempio difficoltà a respirare, malessere, senso di fatica, sudore freddo, nausea e debolezza. STRATEGIE DI PREVENZIONE Per gli intervistati l’attenzione ai fattori di rischio è molto alta quando si parla di ipertensione, colesterolo, fumo e alimentazione. Le difficoltà a mantenere uno stile di vita sano emergono soprattutto per gli aspetti psicologici, quali lo stress e l’ansia, e per la sedentarietà. Read the full article
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Cancelliera: Quello che non rischiamo è la femminilizzazione degli imputati. Nove imputati su dieci, sono uomini. Thérèse: Il pavimento che avevo appena lavato... Michel Racine: Mi dispiace, io non... Thérèse: Si vede che non pulisce lei. Michel Racine: A ognuno il suo lavoro. Marie-Jeanne Metzer: Ho 49, insomma quasi 50 anni. Rémi Kubiak: Non si direbbe. Marie-Jeanne Metzer: Beh inutile che ci provi, non funziona. Ditte Lorensen-Coteret: Si chiedeva appunto, come fanno le persone come lei a non farsi coinvolgere da... Michel Racine: Beh si, siamo vaccinati. Siamo vaccinati però io la sera stacco. E' chiaro. Perché lei pensa ancora ai suoi malati dopo il lavoro? Ditte Lorensen-Coteret: Oh si. Sempre. E se non ci penso io, ci pensano gli altri. L'ospedale mi chiama o chiamo io in rianimazione per sapere se tutto va bene. Michel Racine: A me grazie a Dio, gli imputati non mi chiamano mai dalle loro celle. Non perché non abbiano il cellulare eh, ce l'hanno tutti. No no è perché sono sulla loro lista rossa. Ditte Lorensen-Coteret: Era difficile per me, rispondere al tuo sms. Cosa volevi che ti rispondessi? Michel Racine: Che ti mancavo, credo. Che ti mancavo molto. Ditte Lorensen-Coteret: Per te conta soltanto questo, come si veste la gente? Ann Lorensen-Coteret: No! Ma la dice lunga, come uno si veste. Guarda te, ti sei messa la camicetta, una bella gonna, non mi dirai che vuoi fare colpo sui Giudici! Ditte Lorensen-Coteret: Oh, ma figurati. Tenente Massimet: E' l'imputato. Avvocato Jourd'hui: Eh, però non sono le sue parole. Tenente Massimet: Ho cercato di tradurre al meglio. Avvocato Jourd'hui: Ma nessuno le chiede di tradurre. Tradurre è tradire! Si puo' far dire qualsiasi cosa a chiunque. Michel Racine: Lo scopo della Giustizia non è acclarare la verità, lo scopo della Giustizia è riaffermare i principi della legge. Ricordarci ciò che è lecito e ciò che non è lecito e punire di conseguenza, ovviamente. Michel Racine: Ho bisogno di sentire la tua presenza, ho bisogno di sentire i tuoi occhi su di me. Ne avrei bisogno. Pauline: Lei no? Non è felice? Michel Racine: Felice? Accipicchia, non ho questa ambizione.
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"La schiavitù alla catena di montaggio non è la liberazione dalla schiavitù del lavandino di cucina. Quelli che lo negano negano anche la schiavitù della catena di montaggio, provando ancora una volta che se non si conosce quanto le donne sono sfruttate non si conosce realmente quanto gli uomini lo sono"
"Donne e sovversione sociale", Mariarosa Dalla Costa.
Nell'avvicinarci e costruire la data dell'otto marzo è stato prezioso il punto vista di alcune militanti operaiste, marxiste e femministe degli anni '70. Uno sguardo indirizzato verso la dimensione di classe all'interno della subordinazione femminile, distante da un'orizzontalismo delle rivendicazioni "di genere", soggette, in tanti casi, a un facile recupero nei processi di trasformazione capitalistica, capaci di tollerare e comprendere un'ampia differenziazione orizzontale della soggettività di classe senza però rincunciare un'alta gerarchizzazione verticale del comando su queste.
Di queste militanti è il merito di aver tematizzato il ruolo del conflitto nel lavoro riproduttivo e domestico analizzandolo all'interno dello scontro capitalistico in atto. Una lotta per il salario domestico, una lotta in cui produzione e riproduzione sociale venissero negate, in cui l'identità ed il ruolo sociale si ridiscutessero nel processi in divenire aperti sul conflitto del negarsi nella propria funzione-per. "Quando l'operaio salariato lotta per avere un aumento salariale attacca il suo ruolo sociale ma ne rimane all'interno. Quando noi lottiamo per il salario lottiamo direttamente e senza ambiguità contro il nostro ruolo sociale" (Mariarosa Dalla Costa, Potere femminile e sovversione sociale, Marsilio, Padova, 1972, p.35). È il "punto zero" della rivoluzione, quello più profondo: il porsi contro il proprio ruolo sociale, produttivo e riproduttivo, finanche simbolico, attraverso un conflitto per costruire una nuova identità nella cooperazione della lotta, "identità che appunto può consistere solo in un nuovo grado di potere sociale" (p. 32), perché è su questo nodo che uno scontro si apre.
Gli anni Settanta sono finiti, ma alcune contraddizioni rimangono e si approfondiscono nella nuova divisione internazionale del lavoro che ha ridisegnato centri e periferie del rapporto globale di capitale. In questra ristrutturazione è stata centrale la tendenza alla cosiddetta "femminilizzazione del lavoro": le caratteristiche dello sfruttamento prima riservate solo alle donne, a una determinazione storica, materiale e simbolica del femminile, nel loro lavoro domestico - in cui ad un'occultazione del valore del lavoro produttivo viene unita una naturalizzazione di quello riproduttivo, non considerandone la produttività - sono ora allargate ad una più ampia dimensione della subalternità proletaria, non solo in base al genere.
La crisi di valorizzazione del capitale cerca vie d'uscita nell'espropriazione di capacità umana vivente per rimercificarla dentro nuovi rapporti di sfruttamento: abbassandone il costo, trasformandone la soggettività. Il capitale accumula sulla distruzione dell'umano. È sulle spalle dei giovani e delle donne che quest'accumulazione affonda in questa fase della crisi alle nostre latitudini. La nevralgica contraddizione tra disoccupazione (considerata improduttiva, nella quale i costi della riproduzione sociale sono totalemtne scaricati verso il basso) e sfruttamento ottocentesco una volta trovato un lavoro descrive una parabola che forma una soggettività grata al padrone, disposta a tutto pur di avere un rinnovo contrattuale, ma sconvolta dal costo che questo ha per la propria vita. Si dà una dipendenza, un'assenza di autoderminazione alla quale sono però accompagnati comportamenti di rifiuto, per quanto nascosti, per quanto molte volte autodistruttivi.
"Il punto zero della rivoluzione è la trasformazione della nostra vita quotidiana e la creazione di nuove forme di solidarietà", scrive Silvia Federici. Solidarietà e cooperazione sociale antagonista nella lotta. Il punto zero, quello della quotidianità nei suoi più diversificati aspetti, è punto di partenza e di arrivo. Di partenza: dai quartieri popolari, dai posti di lavoro, dalla casa, dai rapporti con i servizi sociali e i lavori di cura. Di arrivo: perchè questi non sono ambiti a sé stanti ma si interconnettono nella vita come dimensioni dello sfruttamento (nella riproduzione sociale, nel consumo oltre che nella produzione) tra sé comprenetranti. Il punto zero perché nella lotta si mettono in discussione le contraddizioni che venano la nostra vita, i rapporti di potere tra i generi e nei generi, emergono una solidarietà e cooperazione antagoniste al sistema capitalistico.
Per questo l'8 marzo sarà una prima tappa, ma non un punto d'arrivo. Combattere la violenza di genere è un processo che passa per la riconquista del potere di contare, di valere, di rifiutare le imposizioni considerate "normali". Nella quotidianità – nella media della trasversalità di classe della condizione femminile - esser donne implica un'ulteriore violenza: parte delle attività che svolgiamo ogni giorno sono un carico solo nostro. Si tratta della cura della famiglia, delle preoccupazioni per l'affitto e le spese, delle visite mediche, dell'assenza di reddito che colpisce noi o il nostro compagno o compagna, quando lo abbiamo. È un ricatto a cui è considerato normale sottostare.
Nella questione abitativa possiamo trovare anche il fulcro dei diversi tipi di violenza a cui principalmente le donne (e le dimensioni femminilizzate dello sfruttamento) sono sottoposte. Per sostenere i costi di un affitto o di un mutuo, dunque per avere una casa, è necessario acconsentire a dei ritmi di lavoro massacranti. L'intermittenza o scarsità di reddito permettono un maggiore sfruttamento per la ricattabilità a cui si è sottoposti, per la paura di perdere il tetto sopra la testa.
Nel momento in cui il reddito a disposizione non basta per sostenere i costi di un mercato immobiliare inflazionato, la violenza (a volte anche fisica e ogni volta psicologica) viene perpetrata dai padroni di casa. Umiliazioni e giudizi nei confronti delle famiglie; violenze e minacce nei confronti delle donne. Di qui il tentativo di accedere a delle forme di welfare previste per l'emergenza abitativa. In questo caso la violenza è quella delle istituzioni e degli assistenti sociali: disciplinamento, colpevolizzazione e umiliazione.
Perché se lo stipendio misero che guadagni lavorando come una schiava non basta per comprare i libri a tua figlia E' COLPA TUA; perché se per pagare bollette e affitto non hai più i soldi per la spesa E' COLPA TUA e vieni mandata al supermercato della caritas in cui ci sono solo cibi scaduti. Perchè se per riuscire a portare a termine la quantità di lavoro che ti è assegnata ti fai male non c'è la malattia E' COLPA TUA. Perchè se vieni molestata mentre lavori da sola E' COLPA TUA.
Combattere la violenza di genere è individuare dei responsabili per le condizioni di ricattabilità lavorativa e abitativa; è pretendere dei servizi dignitosi e funzionanti per salute ed educazione; è costruire la sicurezza di attraversare i propri luoghi; è rifiutare ogni discriminazione.
La condizione di indebitamento e impotenza in cui ci schiacciano come donne è direttamente proporzionale alla forza che possiamo esprimere, al male che possiamo fare negandoci nel nostro ruolo. Ogni volta ancora, quando la violenza dei rapporti sociali vorrebbe ricondurci a noi stesse, o meglio al nostro ruolo per la riproduzione dell'esistente a quel noi-per-loro. Il punto zero va ristabilito di continuo. È questa la natura di una battaglia su un rapporto dinamico e variabile e in quanto tale revocabile nei suoi termini. Risalire i diversi livelli di sfruttamento e violenza è un processo, ed è a partire dal conflitto e dalla riconquista di una quota di reddito nello scontro che si aprono nuovi spazi di lotta e di dignità. Come già visto nella partecipazione straordinaria alla giornata del 26 novembre, lo sciopero internazionale dell'8 marzo è un momento da attraversare in tutta la sua complessità e potenzialità: è la possibilità di aprire un ambito di conflitto strategico. Questa specificità ci parla delle forme della crisi e dell'attacco neoliberista in atto, ci interroga tutti e tutte sul come a nostra volta rispondere. Per questo, al di là delle bandiere già alzate sulla testa delle donne, nelle tante iniziative di natura istituzionale che vorrebbero normalizzare nel già noto un'istanza di sovversione e trasformazione, quello che è importante è non lasciar persistere una separazione tra campi aperti e chiusi, tra ciò che si è già dato e tutto quello che ancora deve emergere.
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Le donne nella telegrafia.
( Please click here, to translate in English this article with google service. Thanks! )
Oggi, in occasione della festa dedicata alle donne ho raccolto alcune testimonianze circa l’importanza del ruolo femminile in ambito telegrafico e postale, attività inscindibili per la natura del servizio in Italia. Nonostante oggi può risultare difficile immaginare il contrario, gli italiani conservano nel loro immaginario collettivo l’importanza del ruolo femminile nelle attività di impiegata pubblica e postale. Agli albori della telegrafia il lavoro femminile nell’amministrazione postale e telegrafica era stato sottovalutato, solo grazie al grande impegno e sacrifico le donne sono riuscite a farsi riconoscere, contribuendo fattivamente in termini modernizzazione ed evoluzione del Paese. Il personale femminile inizia ad essere utilizzato dall’Amministrazione Postale e telegrafica già prima dell’unità d’Italia. Nel 1863 l’allora Ministero dei Lavori Pubblici impiegò le donne vedove, orfane, o sorelle nubili, come naturale sostituzione degli impiegati deceduti. Le donne si rilevarono sin da subito capaci di far fronte alle attività lavorative al pari dei colleghi dell’altro sesso, e in determinati ruoli si rivelarono anche migliori di loro.
Litografia di una operatrice postale al lavoro - Italia 1883.
L’ingresso delle donne in ambito telegrafico è stato anche facilitato dalla novità del servizio. L’ambiente era ancora scevro da pregiudizi e libero da eventuali “mantenimenti” di posizioni acquisite da parte maschile. La telegrafia in quel momento era in piena espansione e richiedeva personale in quantità, il salario delle telegrafiste all’epoca era di 3 lire al giorno, talmente scarso, che ogni uomo dotato di istruzione elevata preferiva trovare lavori maggiormente remunerati. Le donne invece pur di lavorare accettavano queste ristrette condizioni economiche pur di poter diventare indipendenti.
Oltre la parte economica, la spinta all’ingresso delle donne era dettato anche dalle loro positive peculiarità di essere giovani, di avere un buona condotta e di essere rigorose nei costumi e sopratutto molto collaborative. Queste le doti richieste alle telegrafiste postali che riescono ad imporsi quasi come modello culturale e sociale per tutto il territorio del Regno d’Italia.
Con il Regolamento del 1865 anche il servizio postale consentì alle donne l’accesso ai propri uffici alle stesse condizioni previste per quelli telegrafici. Nel 1869 la forbice si allargò ulteriormente aprendo l’accesso a tutte le donne. Esse potevano accedere all’impiego come commesse postali negli uffici di seconda classe, con particolare preferenza per vedove, orfane e sorelle nubili di impiegati civili e militari, ed anche del personale appartenuto all’amministrazione delle Poste e telegrafi. L’impiego delle donne nel settore delle comunicazioni diventa massiccio, confermando sul finire dell’ottocento la più generale “femminilizzazione” dei luoghi di lavoro. Nonostante si lasci loro la disponibilità delle fasce più basse nei ruoli impiegatizi, confinate per lungo tempo a queste limitazioni. Nonostante questo però la cultura dell’epoca cambia completamente il concetto di occupazione femminile rispetto al passato e vengono individuate specifiche professioni per cui impiegare prevalentemente le donne, le telegrafiste, le telefoniste, le impiegate postali, la commessa ecc. Tutti impieghi in cui le donne vengono scelte per le particolari caratteristiche richieste, quali, la pazienza, l’operosità, il garbo e la meticolosità. Le donne fornirono un forte e costante contributo per la qualificazione dei servizi postali e telegrafici del Ragno d’Italia. Da poco più di 500 circa unità nel 1881 tra telefoniste e telegrafiste erano già diventate all’inizio del Novecento oltre 3.000 unità e nel 1911 il loro numero superava già le 8.000 unità. A cavallo tra Ottocento e Novecento cominciarono anche le prime proteste sindacali per rivendicare un miglior trattamento economico e per regolamentare l’orario di lavoro.
Con l’entrata in guerra del Regno d’Italia nel primo conflitto mondiale, le donne hanno una nuova opportunità di migliorare il loro riconoscimento sociale. Vi era infatti l’esigenza impellente di sostituire ed integrare gli impiegati telegrafisti che partirono per il fronte. Aumentarono così i ruoli precari, gli agenti subalterni, gli ausiliari telegrafici e le supplenze.
Litografia donne impiegate nell’ufficio telegrafico di Milano
Alla fine del primo conflitto mondiale iniziò l’ovvia contrazione del lavoro, in quanto molti degli operatori rientrando dal fronte dovevano rioccupare il loro vecchio ruolo. Questo scatenò una battaglia tutta interna all’amministrazione postale e telegrafica, quando si decise di allontanare il personale “precario” assunto durante il conflitto. Nel 1919 un Regio decreto, sopperisce alla cosa avviando la richiesta in organico dei fuori ruolo e dei precari, recuperando l’intero comparto postale. Il decreto conteneva anche importanti novità per le donne in termini di inquadramento, crescita professionale e di riconoscimento dell’anzianità maturata. Con l’avvento del ventennio fascista già dal gennaio 1923 si decide una definitiva risistemazione del personale femminile nell’amministrazione postale e telegrafica autorizzando una revisione delle assunzioni e delle sistemazioni in ruolo. Con il successivo decreto del dicembre dello stesso anno, si diede avvio a nuove restrizioni alle conquiste raggiunte nei primi 20 anni del ‘900, ma nonostante la nuova politica vessatoria del regime,nel settore postelegrafonico l’occupazione femminile continuava inevitabilmente a cresce arrivando a contare ben oltre le 23.000 unità nell’anno 1936. Alla fine del secondo conflitto mondiale le condizioni di supplenti e portalettere erano davvero difficili, con retribuzioni mensili molto basse. Tra il 1946 e il 1948 il personale “allontanato durante il ventennio” ottiene un parziale riconoscimento e cosi molte riescono a ritornare al tanto agognato “impiego fisso” presso l’Amministrazione delle poste e telegrafi. Le donne al lavoro chiedono giustamente maggiori diritti in ambito lavorativo e una migliore retribuzione, ma sopratutto una diversa considerazione del loro doppio ruolo di donna e lavoratrice, così nell’agosto del 1950 una legge per la tutela delle madri lavoratrici introduce l’obbligo di apertura delle sale di allattamento e dei nidi d’infanzia. Ormai la percentuale delle donne nelle Poste avrà raggiunto il 40% del personale effettivo. Ci vorranno ancora molti anni per maturare l’affermazione delle donne in ruoli direttivi, quando non addirittura dirigenziali, ma questi riconoscimenti arriveranno con molto ritardo rispetto alle altre nazioni Europee. Il cambio di rapporto tra uomini e donne impiegate nell’Amministrazione Postale si ebbe nell’anno 2007, la percentuale di impiegate sarà pari al 52% del totale della forza lavoro, di cui oltre il 26% di donne impiegate in ruoli dirigenziali. Una piccola raccolta di notizie e dati in ambito postale e telegrafico per omaggiare l’importante ruolo femminile nella società Italiana.
Ariccia 08 Marzo 2018.
Bibliografia e riferimenti :
• Mestieri da donna “Le italiane al lavoro tra ‘800 e ‘900”
http://medea.provincia.venezia.it/est/frulli/impieg/imp2.htm
• Impiegate e professioniste, “temi e figure del lavoro femminile in Italia”
https://issuu.com/unionefemminile/docs/libro_impiegate_e_professioniste_in
• Il lavoro delle donne nell’amministrazione postale
http://www.fondazioneproposta.it/museo/la-posta/le-donne-in-poste/
• I ruoli della donna, telegrafista telefonista...
http://www.storiologia.it/donna/donna06.htm
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[Farsi donna][Irene Marzocchi]
«Farsi donna. Omosessualità, femminilizzazione e colpa nella cultura greca» di Irene Marzocchi
Il rapporto omosessuale fra due uomini, nella Grecia classica, appare accettato purché sussista tra un uomo adulto, cui compete un ruolo attivo, e un adolescente, cui compete un ruolo passivo. Al di fuori di uno schema del genere, il rapporto omosessuale tra due uomini suscita invece disapprovazione. Diversa la situazione a Roma, in cui il rapporto omosessuale è condannato in generale in tutte le…
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DAMIEN GIGOLO 5 STELLE PER UOMO, DONNA, COPPIE CUCKOLD E SCAMBISTE Cell. Whatsapp 338/1009959 WWW.DAMIENGIGOLO.IT FACEBOOK: Damien Accompagnatore Di Livello (Gigolo Italiano) FIRENZE BOLOGNA RIMINI PERUGIA ANCONA GENOVA ROMA MILANO TORINO BRESCIA MANTOVA PADOVA VENEZIA TRIESTE NAPOLI BARI PALERMO Damien Gigolo Italiano Stile ed eleganza Affidati ad un vero escort professionista Risparmierai tempo e denaro Sono DAMIEN dal 2008 gigolo italiano. Ho un corpo atletico e ben definito (1,80 X 84) dall’esercizio fisico. Capelli ed occhi scuri. Sono ben dotato 20 cm molto largo sempre in tiro con tanta sborra. Le foto che vedi sono recenti e, soprattutto, reali al 100%. Sono una persona educata, socievole, simpatica e solare. Godo di ottima salute e sono amante dell’igiene. Richiedo altrettanto. Posso trascorrere insieme a te anche un’intera notte. È mia abitudine concentrarmi sul piacere della persona senza tempi prestabiliti, senza alcuna fretta. Mi reputo un ottimo ascoltatore e, considerata la mia esperienza nel campo della sessualità, posso guidarti nel raggiungere una maggior confidenza col tuo corpo o su come accendere il desiderio nel tuo o nella tua partner. Ti posso accompagnare a cene, Conventions, appuntamenti d’affari, festa privata, disco, cinema, teatro, cerimonia, ricevimento, mostra, evento, Privè, centro Benessere, eventualmente seguiti da un piacevole incontro di sesso, anche tutta la notte Disponibile per: Momenti di svago e relax, Evasione dalla routine del quotidiano Spogliarello, Abbracci, bacio alla francese, boy friend experienced, Dilatazioni, Sex Toys, Anal Rimming, COB (venire sul corpo) CIM (venire in bocca) COF (venire sul viso) Fantasie di coppia; Massaggi tantrici Ioni con oli profumati, massaggi di coppia anche insieme a 4 mani sulla tua compagna, fidanzata, amica, massaggi Lingam, massaggi prostatici, massaggi sportivi Damien Regalo di laurea, regalo di compleanno, anniversario ecc. Il tuo amante di una notte; Sesso mordi e fuggi nelle tue pause dal lavoro; Trasgressivi incontri erotici senza tabu e limiti con caldi lunghi preliminari; Realizzazione Fantasie etero, fantasie gay; fantasie BDSM Master o Slave a tua scelta switch giochi di ruolo (fantasy ecc.) femminilizzazione forzata, pissing bondage dominazione o sottomissione Pratiche Fetish, Pratiche Clinical Sottomissione in ambito Medico, Tickling; Nuove esperienze erotiche; Istruttore sessuale per le tue prime esperienze o per migliorare le tue performance sessuali Terapista sessuale per risolvere le tue problematiche sul sesso PROVE DI FEDELTA’: PER DONNA metterò alla prova l’amante di tuo marito oppure la donna che tenta di approfittare della sua fluente situazione economica in modo che lui la lasci; posso mettere alla prova anche il tuo lui, scoprirò se cede alle varie tentazioni carnali PROVE DI FEDELTA’ PER UOMO tenterò di sedurre tua moglie o la tua fidanzata in modo che ogni tuo dubbio di fedeltà in proposito sia eliminato per sempre Interpretazione personaggi (Finto fidanzato, finto amante, finto amico del cuore, collega o datore di lavoro, socio d’affari, commercialista, avvocato, guardia del corpo ecc). Finto Fidanzato per far ingelosire uomini, donne o gruppi di persone Addio al celibato/nubilato Nottata, week-end, viaggio, vacanza Foto e video amatoriali e professionali Di base ospito a Pistoia (vicino Firenze) in appartamento accogliente e riservato con parcheggio, a soli 5 minuti dal casello autostradale e dalla Stazione. Oppure, con un giusto preavviso, ti raggiungo con la massima riservatezza in tutta Italia al tuo domicilio, hotel o altra location, in qualunque giorno dell’anno. Non fermarti qui, visita il mio sito: WWW.DAMIENGIGOLO.IT potrai conoscere meglio gli altri servizi che offro, troverai tutte le informazioni che cerchi. Non ti fidare di chi da poche informazioni di se, sarà sicuramente un Gigolò improvvisato. Chiamami al 338 1009959 oppure scrivimi a: [email protected] Un bacio Damien
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