#è una legge della fisica
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Buongiorno ser, sarei curiosa sul perché la contenzione provocherebbe le cadute? Mi esprimo in forma dubitativa perché non ho modo di verificare di prima mano le informazioni, non per sfiducia ideologica o altro, ma solo perché non essendo del settore avrò maggiore difficoltà nel valutare le informazioni che volesse darmi.
Uso il tuo ask perché sei persona 'neutra' ma citerò alcuni addetti ai lavori che hanno espresso dubbi e curiosità (lasciando anonimi quelli che mi hanno scritto in privato).
(frontespizio del corso che tengo... esagerato IRL come su tumblr)
Per entrare nello specifico LA CONTENZIONE (o in modo più corretto e in base alle varie asl di varie regioni 'mezzo di salvaguardia dell'integrità psicofisica' o 'mezzo di tutela fisica') è un atto
A VALUTAZIONE MULTIDISCIPLINARE
A PRESCRIZIONE MEDICA
La valutazione è fatta variabilmente da un team di professionisti (infermierə, raa, fisioterapistə, oss, terapista occupazionale etc) che valutano i pro e i contro dell'intervento, mentre il benestare e la prescrizione è sempre a carico del medico (atto sanitario) che conferma o revisiona i mezzi, i tempi e i modi.
La contenzione non è solo legare ma LIMITARE LA LIBERTA' DI MOVIMENTO E DI AZIONE DI UNA PERSONA e infatti gli addetti ai lavori sanno che esistono quattro tipi di contenzione:
fisica (polsiere, cinture pelviche, cavigliere, cinture inguinali, guanti, sponde a letto, tute chiuse etc)
chimica (tutti gli psicofarmaci)
ambientale (porte chiuse, allarmi, sensori, gps etc)
psicologica (la peggiore, poi vi dirò)
Il problema nasce tutto quando LA ROUTINE fa perdere di vista all'addetto ai lavori il fatto che limitare la libertà di una persona con una contenzione è UN ATTO GRAVE E SEMPRE PERSEGUIBILE A NORMA DI LEGGE COME REATO PENALE (è a questo punto che il brusio dei partecipanti ai miei corsi di formazione si trasforma in urla di panico misto a odio).
SEQUESTRO DI PERSONA Articolo 605 Codice Penale
Il delitto di sequestro di persona consiste nella privazione o restrizione volontaria della libertà personale fisica di una persona, quale illegittimo impedimento posto volontariamente ad una persona al fine di privarla delle sue possibilità di locomozione e movimento. Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni. La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso: 1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge; 2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
... però...
STATO DI NECESSITA’ Art 54 del Codice Penale
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Mi pregio, però, di dirvi che lo stato di necessità non lo decidete voi ma il collegio giudicante al vostro processo per sequestro di persona. Punto.
@blackmammaaa mi starà già sputando attraverso l'internet perché in quanto OSS (intuisco) è quella che si prende:
le botte dai pazienti
le denunce dai parenti
e infatti quando tengo i miei corsi premetto sempre che i maggiori sforzi per la decontenzione devono essere fatti da chi ha più potere decisionale, organizzativo e finanziario e non ricadere obtorto collo sugli operatori (è a quel punto che tutti ridono e purtroppo io sono costretto a ridere con loro perché Italia sì/Italia no/la terradeicachi).
Ma io non chiedo fiducia epistemica cioè che accettiate in modo acritico la mia parola divina, bensì cerco di portare tutti gli interessati ad arrivare a una conclusione ragionata sul rischio della contenzione e sul vantaggio della decontenzione.
Per quello faccio un piccolo passetto indietro e coinvolgo anonimamente una tamblera che più addetta ai lavori di così non si può (medico specialista che prescrive contenzioni) la quale, giustamente, mi dice che vive questo atto in modo contrastato, lacerata tra il desiderio di lasciare libertà di movimento e il terrore di un'emorragia cerebrale da trauma cranico per caduta in paziente scoagulato.
Allora io tiro fuori la carta PEG cioè la Percutaneous Endoscopic Gastrotomy...
il buco nella pancia che fanno alla gente che smette di mangiare dove poi inseriscono un tubo per l'alimentazione forzata
Che c'entra? Che una volta, appena un anziano smetteva di mangiare e bere in modo funzionale alla sopravvivenza, facevano un buco e poi ci pompavano dentro ogni giorno un litro di beverone iperproteico, ipervitaminico e iperschifoso. Se non che un giorno a qualcuno è venuto in mente di fare un bello studio peer reviewed mettendo a confronto la sopravvivenza con nutrizione enterale via PEG con tentativi di nutrizione classica per os.
E indovinate un po'... la qualità di vita, la misurazione del dolore e della depressione ma anche il tasso di sopravvivenza erano sovrapponibili, cioè l'anziano con PEG non campava di più o meglio di quello che si 'spegneva' mangiando sempre meno e infine morendo NON DI FAME O DI SETE ma di marasma cachettico cioè di azzeramento delle funzioni multiorgano.
E la contenzione?
IDEM
Studi recenti (che poi vi linko se volete approfondire) hanno controintuitivamente dimostrato che l'applicazione di contenzione fa
aumentare l'ansia e i disturbi depressivi
diminuire la fissazione di calcio sulle ossa
peggiorare lo stato cognitivo
affaticare il circolo ematico e respiratorio
peggiorare il rischio di insorgenza LDD (lesioni da decubito)
deprimere l'equilibrio statico e dinamico
accelerare la sarcopenia
quindi se una persona è a rischio cadute molto meglio 'ecologizzare l'ambiente' (una serie enorme di accortezze architettoniche che permettono il wandering in sicurezza), attuare strategie distrattive e devianti, monitorare in modo non oppressivo e poi la cosa più importante e la più controintuitiva di tutte:
LASCIARLI CADERE
mi spiace... sembra crudele, menefreghista e contrario a ogni tipo di accudimento ma se la contenzione ha senso in una persona giovane in delirium che altrimenti si ferirebbe, nella prospettiva di una restituzione delle autonomie, quando oramai si instaura la frailty (funzioni organiche al minimo e quando una scende sotto, tutte le altre crollano assieme) molto meglio affidarsi alla loro capacità di sopravvivere senza medicalizzazione forzata, piuttosto che lavarci la coscienza e la fedina penale tenendoli tutti bloccati e immobili in un limbo che non è vita.
I dati parlano chiaro:
l'anziano contenuto cade e si ferisce gravemente molto più che un anziano lasciato libero di muoversi
Se non avessi avuto i dati a disposizione, me ne sarei accorto lo stesso in modo empirico perché avevo notato che man mano che procedeva la decontenzione nella mia vecchia struttura, di pari passo diminuivano anche gli invii in pronto soccorso, le ferite lacero-contuse e le fratture.
Non diamo solo la colpa alla Chiesa se in Italia si cerca di far sopravvivere tutti a tutti i costi...
A volte siamo proprio noi che abbiamo disimparato il valore e l'importanza della morte che è quello di far concludere degnamente una vita vissuta in libertà e non nella mera sopravvivenza di un purgatorio fatto di decadimento della carne e spegnimento dello spirito.
Ok... basta così ché poi mi arrabbio.
Vi saluto sempre nel solito modo <3
P.S.
In calce link non troppo gonadofrangenti sull'argomento
https://associazionegeriatri.it/wp-content/uploads/2017/10/bonati_2017-modena-convegno-ottobre.pdf
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[...]
Finora il codice della strada prevedeva la sospensione della patente per chi viene trovato alla guida «in stato di alterazione psico-fisica». Quando le forze dell’ordine sospettavano che una persona avesse fatto uso di sostanze stupefacenti dovevano fare un test preliminare per confermare l’assunzione. Nel caso in cui il test fosse positivo, la persona doveva essere accompagnata in ospedale o in un ambulatorio per accertare lo stato di alterazione psico-fisica. Questo accertamento poteva essere fatto soltanto da un medico. In questo modo veniva preservato il principio per cui in Italia usare sostanze non è reato e veniva punita soltanto la guida in stato di alterazione, esattamente come accade per il consumo di alcol.
La riforma del codice della strada ha eliminato le parole “stato di alterazione psico-fisica” dalle regole e dalle sanzioni relative alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti. Di fatto, basterà un test positivo per la sospensione della patente.
Già nei mesi scorsi la nuova norma era stata contestata perché in molti casi le tracce di sostanze stupefacenti rimangono nell’organismo giorni o settimane dopo l’assunzione. Il THC, il componente psicoattivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana, può rimanere nell’organismo in concentrazioni molto basse e comunque rilevabili per diverso tempo: dipende dalla dose assunta, dalla frequenza d’uso e dal metabolismo individuale. Nella saliva può essere rilevato fino a tre giorni dopo l’ultima assunzione, nel sangue fino a tre settimane, nell’urina fino a un mese, nel capello fino a tre mesi. Le forze dell’ordine usano prevalentemente test salivari, mentre gli altri tipi di test vengono eseguiti nella maggior parte dei casi in ospedali o ambulatori.
[...]
Federica Valcauda, esponente del movimento politico Europa Radicale, sostiene che ci sia stata poca attenzione in merito a questa specifica norma, secondo lei approvata dai partiti senza avere consapevolezza delle conseguenze. «È una follia politica e una follia scientifica: se i politici leggessero di più cosa dice la scienza si accorgerebbero che l’effetto della cannabis svanisce poche ore dopo l’assunzione. Le nuove sanzioni non hanno senso». Secondo Valcauda è molto probabile che alle prime sanzioni seguano ricorsi perché la legge non rispetta la costituzione.
Molte associazioni che negli ultimi mesi si sono opposte alla nuova regola hanno sottolineato la differenza con il consumo di alcol, le cui tracce svaniscono poche ore dopo aver bevuto: è come se venisse sospesa la patente a una persona che ha bevuto mezza bottiglia di vino una settimana prima, è l’efficace paragone usato da alcune associazioni per dimostrare l’intento repressivo della norma.
Antonella Soldo, coordinatrice dell’associazione antiproibizionista Meglio Legale, spiega che le nuove norme non contengono nemmeno deroghe per le persone che assumono cannabis a usi terapeutici, con regolare prescrizione dei medici: «Queste persone affrontano già molti problemi quando devono rinnovare la patente, in questo caso rischiano la sospensione per un uso autorizzato dal medico. Si vuole punire esclusivamente il consumo di sostanze stupefacenti, che in Italia non è un reato».
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🇫🇷 FRANCIA. APPROVATO L'"EMENDAMENTO PFIZER" Silenziosamente, il Parlamento francese ha approvato mercoledì scorso un emendamento all'art. 4 della legge sulla "Lotta alle derive settarie", che introduce una pena fino a tre anni di reclusione e un'ammenda fino a 45.000 Euro per chiunque critichi i vaccini a mRNA o le terapie geniche. L'"emendamento Pfizer" come è stato ribattezzato dal deputato Florian Philippot, leader del partito Les Patriots, di fatto equipara la libera scelta di trattamento a una "deriva settaria" e criminalizza chiunque sconsigli trattamenti medici che siano "evidentemente idonei" sulla base delle attuali conoscenze mediche:
È punita con un anno di reclusione e un'ammenda di 15.000 euro la provocazione ad abbandonare o ad astenersi dal seguire un trattamento medico terapeutico o profilattico, allorché tale abbandono o astensione venga presentato come benefico per la salute delle persone interessate quando invece, allo stato delle conoscenze mediche, ciò sia chiaramente suscettibile di comportare gravi conseguenze per la loro salute fisica o psicologica, tenuto conto della patologia di cui soffrono.
È punibile con le stesse sanzioni la provocazione ad adottare pratiche presentate come aventi scopo terapeutico o profilattico nei confronti delle persone interessate allorché è evidente, allo stato delle conoscenze mediche, che tali pratiche espongono le stesse ad un rischio immediato di morte o di lesioni tali da comportare mutilazioni o invalidità permanente.
Quando alla provocazione prevista dai primi due commi abbiano fatto seguito gli effetti, le pene sono aumentate a tre anni di reclusione e a 45.000 euro di multa.
Quando tali reati siano commessi attraverso la stampa scritta o audiovisiva, per quanto riguarda l'individuazione dei responsabili si applicano le specifiche disposizioni delle leggi che regolano la materia.
Fonte: Sénat Français
Giorgio Bianchi
Fine della libertà di cura...
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Ora super polemica perché mi è capitato l'ennesimo video in cui si parla di obesità e body positivity. A seguito una lunga e sgrammaticata polemica, quindi taglio il post per non intasare la dash di chi non è interessato
Viene detto che, essendo un corpo obeso non sano, allora scrivere sotto al post di una persona obesa "sei bellissim*", non è body positivity ma un modo per normalizzare e istigare l'obesità. [Che già cosa vuol dire normalizzarla e istigarla, non so, cioè se io penso che una persona obesa sia bella non significa che costringo qualcuno con il coltello alla gola ad ingrassare.] E quindi, secondo loro, commentare sei obes*/ciccion* e insulti a riguardo non è grassofobia o cyberbullismo, ma semplicemente sottolineare una cosa ovvia.
Comunque questo discorso è di base stupido per diversi motivi
non hai il diritto di giudicare né tantomeno insultare qualcuno
essere grassi o obesi non significa essere brutti, se a te non piace va benissimo, ma il tuo giudizio è personale e non una legge oggettiva che deve valere per tutti
nessuno istiga nessuno a fare niente, semplicemente chiunque ha il diritto di apprezzare e mostrare il proprio corpo indipendentemente dal peso
nascondersi dietro al "non è salutare" è pura ipocrisia perché non sai il motivo per cui la persona in questione è obesa (potrebbe essere a causa di una malattia fisica o mentale), la tua convinzione che obesità = mangiare troppo dimostra quanto tu sia stupido ed ignorante. E no, fare la battuta che si sfonda di mc non fa ridere.
inoltre, se davvero ci tieni a fare il paladino della salute, oltre a commentare le persone obese che semplicemente esistono, commenta anche chi fuma o beve alcolici. Vai sotto i loro post a preoccuparti per la loro salute e ad insultarli "per il loro bene". Ah no, questo ovviamente non viene fatto, perché probabilmente sei la prima persona a bere/fumare ed avere uno stile di vita poco sano in generale.
E comunque sì, scrivere insulti a persone che non si conoscono, è bullismo, nient'altro che questo. Giuro che se potessi catapultarmi dall'altro lato dello schermo degli esseri che scrivono ste cose (tra l'altro sentendosi anche tanto bravi ed intelligenti), gli tirerei una craniata.
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IL KARMA NELLE RELAZIONI
“Mai confondere una relazione basata sulle dinamiche psicologiche con una relazione basata sull'amore e sulla condivisione.
Condividendo, il proprio amore lo si amplifica, perché ciò che senti è roba tua; ciò che provi, viene da te, non dall'altro.”
Questo so che interessa a molte persone:
Come si distinguono le relazioni karmiche dalle altre relazioni?
Se devo spiegarlo da un punto di vista oggettivo, la verità è che tutte le persone con cui entri in contatto (che non sia un semplice incrocio di sguardi per strada ovviamente), ma con tutte le persone con cui hai a che fare o interagisci, conservano del karma.
Perché, da un punto di vista che spiegano i maestri, il caso non esiste.
Tu non incontrerai mai quella persona in Cina, in Giappone, in America se non avete instaurato una connessione karmica precedente.
Questo significa che alle volte puoi incontrare persone, magari anche solo per una serata e non vedervi mai più, ma neanche quello sarà frutto del caso:
vi siete incontrati con persone con cui hai già avuto un contatto.
Ecco, lì si parla di karma neutro o karma piacevole, dove non c’è un gran positivo ma neanche negativo.
Ma essenzialmente non esiste un incontro che non sia karmico, in un modo o nell’altro.
In gergo, più che altro, per karmico intendiamo karmico negativo, karmico pesante, ma non dimentichiamo che c’è anche il karma positivo, e che quindi esistono relazioni dove si è fatto un percorso di vita, di amore, di condivisione, anche di crescita assieme, per cui prima o poi ci si rincontra, non per forza come amanti, alle volte, (spiegano i maestri, ma ho anche avuto modo di verificare attraverso varie metodologie), anche come figli, genitori, parenti e amicizie in cui eravamo in altri tipi di legami.
Quello che conta è che ci si rincontra per continuare il nostro percorso.
Una volta eri uomo, una volta eri donna, una volta eri figlio, una volta eri padre, una volta eri amico, una volta amante, non ha importanza.
Quello che conta è che ci si rincontra nella nostra grande famiglia spirituale, quello che accennavo nell’ultima lezione.
Ciò che crea più sofferenza invece sono le relazioni karmiche negative, quelle sono più urgenti da sciogliere.
Ed esistono tantissime relazioni di karma da trasformare.
Il che vuol dire che abbiamo dei debiti karmici.
Cosa significa debito karmico?
Significa che dentro di noi c’è una parte di memoria in cui è rimasto bloccato qualche cosa che non abbiamo risolto, chiarito e che è rimasto lì.
Facendo un esempio molto pratico, ipotizziamo che al momento di lasciare il corpo io lo lasci pieno di rabbia, risentimento verso una persona.
Una delle leggi karmiche (simili alle leggi dell’entropia) non accetta che ci siano troppi pieni e troppi vuoti a livello energetico, cioè il karma vuole che tu riporti il tuo sistema energetico in perfetto equilibrio, per una sorta di legge dell’entropia karmica.
Il karma è molto simile alle leggi della chimica e della fisica, non accetta grossi pieni e grossi vuoti, vuole un equilibrio naturale – dinamico ma pur sempre equilibrio. Ci deve essere movimento, ma non squilibrio.
Quindi, se io mi porto dietro una grande rabbia, un grande risentimento, succede che attirerò un partner che mi tirerà fuori proprio queste caratteristiche, perché sono dentro di me, ben nascoste, molto in profondità, ma ci sono.
Questo lo vedremo meglio dopo, ma per avere un assaggio, devi sapere che non possiedi solo la memoria a breve termine e quella a lungo termine, hai anche una memoria molto molto più profonda, chiamata memoria esserica o memoria karmica.
Qui conservi un magazzino di memoria karmica dove ci sono tutte le cose rimaste in sospeso da sciogliere, che prima o poi, in qualche corpo-vita dovrai affrontare.
Quindi noi incontriamo persone, in parte per continuare un percorso, in parte perché dobbiamo sciogliere dei nodi, rivivere delle situazioni già vissute, con le solite dinamiche che portano sofferenza.
Ecco perché abbiamo parlato precedentemente delle cinque ferite karmiche, per studiarle ma anche perché sono connesse poi ad altre ferite e ad altre ancora.
Ma non ci interessa tanto far raccolta di ferite, quanto capire i meccanismi e come lavorarci sopra, ovviamente.
Stiamo tutti recitando il nostro ruolo karmico
Ora voglio illustrarti un po’ cosa avviene quando il karma si intromette nelle relazioni o nelle semplici interazioni che hai con le persone.
Qualsiasi persona: Tuo marito, tua moglie, tua madre, tuo figlio, il carabiniere che ti ferma per strada, il tuo collega al lavoro, il tuo superiore al lavoro, il tuo migliore amico, l’uomo che hai appena conosciuto al bar…
Apriamo il sipario.
Perché non ti accorgi, ma nella vita insceniamo continuamente atti teatrali.
“Teatro? Io non recito, io sono me stesso!”
Vero?
Sbagliato.
Noi recitiamo eccome.
Siamo attori-marionette, mossi dai fili invisibili del karma.
Cioè da tutto il materiale inconscio al nostro interno.
E ogni relazione non diventa più un piacevole scambio, una condivisione spinta dalla spontaneità del cuore, ma una dinamica.
Un gioco di potere, in cui ognuno ha un ruolo da interpretare e cerca di rispettare il suo copione per ottenere qualcosa dall’altro.
Inconsapevoli del proprio potere personale interiore, le persone cercano di conquistarlo al di fuori di loro. Con la manipolazione e la forza. A volte dirette e ben visibili, a volte più nascoste e subdole.
E noi non abbiamo alcun tipo di controllo su questi giochi di ruolo.
È il karma che ci fa recitare in modo automatico questi personaggi.
Personaggi che alterniamo in base alle situazioni e alle persone che abbiamo di fronte.
Tengo a precisare che il gioco dei ruoli richiede almeno due persone.
Di solito con una tematica in comune.
Proviamo a scoprirne qualcuno. Vedi se hai mai avuto a che fare con questi personaggi o se li hai interpretati tu stesso…
Il dominatore e la vittima.
Questi sono i classici ruoli in cui uno si abbassa e uno si alza. Li abbiamo ben descritti nella ferita del carnefice e della vittima. E qui abbiamo un uso completamente sbagliato del terzo chakra. Il chakra del nostro potere personale.
Il giudice.
Cosa fa un giudice? Semplice, lui sputa sentenze. Questo personaggio tenta di darsi un tono e controllare tutti grazie alla sua arma preferita: il giudizio. Invece di costruirsi una vita felice e soddisfacente per se stesso, si dedica a svalutare quella degli altri. “Se abbasso gli altri, io sarò sempre più alto ai loro occhi.”
Il colpevole.
Il colpevole si nutre di pane e senso di colpa. Un po’ perché si sente sbagliato davvero, un po’ perché così può suscitare qualche forma di pietà da parte degli altri. E chi si sente sempre sbagliato e in colpa, troverà sempre qualcuno che continuerà a sminuirlo e a punirlo. A volte lui stesso, a volte un bel giudice magari…
Il manipolatore.
Il manipolatore non ha il coraggio di esporsi e tenta di ottenere quello che vuole con mezzi indiretti. Mezzi più subdoli.
Spesso facendo passare l’altra persona per il carnefice. Non conosce altri modi. Questa persona ha un grave problema a esporre i suoi bisogni.
Il malato.
Altro stratagemma per avere potere o attenzione sugli altri passando per vittima.
Mi viene in mente l’esempio di alcune mamme che appena il figlio tentava di andare via di casa si ammalavano di colpo. Spesso qui c’è una somatizzazione, di solito dell’ansia.
Il mendicante.
Colui che elemosina e pretende attenzioni, affetto e sostegno. Anche se sa che non è carino, non riesce a farne a meno. “Mi ami? Vado bene?”. Lo fa anche in maniera più abusiva, attaccando e tormentando l’altro “Non mi porti mai lì, non mi chiami mai, non fai mai questo e quello”... Sempre forme di elemosina perché hanno grandi buchi d’amore che non sanno come zittire.
Il dipendente.
Il dipendente si appoggia. Non vive bene senza l’altro o senza quello che l’altro gli dà. Non sa stare in piedi sulle sue gambe, non si ama e non si conosce. E spera che l’altro non cada o cadrà anche lui di conseguenza.
L’anti-dipendente.
L’opposto della medaglia. Colui che non ha bisogno mai di niente e di nessuno. Fa tutto da solo, sta bene da solo, le emozioni sono solo debolezze. Questa persona, in realtà, ha più bisogno d’amore degli altri. Indossa un’armatura e non capisce che la vita è uno scambio, che l’amore e l’intimità sono importanti. È fondamentale diventare inter-dipendenti, non chiudersi pur di non dipendere da nessuno.
Il non meritevole.
Si autosabota, si autopuinsce proprio perché in fondo è sicuro di non meritare felicità e amore. È condizionato dal senso del dovere. Arriva a strafare e va oltre i suoi limiti, per dimostrare di essersi meritato anche lui qualcosa dopotutto.
Il salvatore, il guru, il prete.
Colui che vuole salvare tutti. Colui che spesso lo fa controllando le persone. Si crede il detentore della verità assoluta. Pensa di fare del bene e di essere d’aiuto agli altri con il suo controllo, ma non è altro che uno stratagemma per avere potere e influenza su tutti, spacciandosi per buono.
L’altruista, il soccorritore.
Questo è il classico ruolo di crocerossina. Mi viene in mente la classica donna che di solito attira a sé sempre uomini con problemi seri, come l’alcool, la droga ecc.. O l’uomo che attira sempre donne drammatiche, depresse e in crisi. Qui a volte non c’è sempre una ricerca di un potere subdolo, ma più di un sentirsi utili e necessari, così da garantirsi attenzione e sostegno reciproco.
Il buffone, lo sciocco del villaggio.
L’hanno etichettato da piccolo così e non avendo altri modi per essere visto o accettato, non riuscendo a farsi riconoscere in positivo, accetta di farsi riconoscere in negativo. E qui c’è una persona che vorrebbe appunto farsi accettare per quella che è e fa quello che sembra aver funzionato: sminuirsi e umiliarsi.
“Con me si divertono, mi vedono. Meglio che niente”.
Il martire.
Colui che si sacrifica per gli altri per poi segnare sul suo taccuino chi gli deve un favore di ritorno. ”Ho fatto tanto per te, quindi ora tocca te, me lo devi…”
Anche questo è un atteggiamento da abusatore che tenta di farsi passare per vittima. Più dai dal cuore , meno ti importa cosa ricevi in cambio. Ti senti libero e di solito ti ritorna il doppio.
Chi dà per ricevere, chi dà e si lamenta perché non riceve, sta comprando l’affetto di qualcuno. Ha ancora un buco d’amore da colmare.
Il rinunciatario.
Il classico “vorrei ma non posso”. Questa persona ha sempre una scusa a ogni soluzione che trovi. Nega continuamente l’evidenza. “Si tu hai ragione, sì è vero, ma…” Qui c’è tanta confusione mentale. Ci si è radicati talmente tanto nelle proprie convinzioni e fissazioni mentali che la persona boicotta se stesso e ogni tua risposta, con la scusa del “e se invece fosse così?”. Nemmeno si dà il tempo di vedere cosa gli stai dicendo. Non vuole cambiare perché ne ha paura. L’ignoto lo terrorizza.
Il vagabondo.
È quello che salta da una parte all’altra e non si ferma mai. Fa un corso, poi ne fa un altro, poi un altro ancora. Continua a cambiare e non va mai fino in fondo. Non conclude mai nulla. Non riesce a costruire niente. E questo perché ha paura di entrare in profondità.
Il fanatico, il rigido.
Quello che va avanti per dogmi e regole. Ha ragione solo lui e gli altri non capiscono niente. Anche qui si cerca di darsi un tono in qualche modo, con le proprie conoscenze o la propria moralità. E allo stesso tempo ci si nasconde dietro a tutti questi preconcetti, sempre per paura di cambiare.
Il caotico.
Lui ovunque va crea confusione. Crea confusione nei rapporti, la crea nel lavoro ed è convinto di avere tutto sotto controllo. “Io sono chiaro e preciso.”
“E allora perché è tutto un caos qui?”
“Ovviamente sono i miei colleghi che non sanno fare il loro lavoro. Anzi hai ragione li ho già cambiati 3 volte in questo trimestre, ma evidentemente non ho ancora trovato quelli giusti”.
Il padre/la madre di tutti.
Sono diversi dal guru, perché non si ergono sopra tutti, non siedono sul trono. Semplicemente interferiscono nella vita degli altri.
Pensano di avere più esperienza e dicono agli altri come devono vivere. Hanno la mania di consigliare, gli altri sono tutti bambini per loro. “Non capisco perché non vengono mai a trovarmi, io li voglio solo aiutare”.
È un atto d’amore programmare la vita di tutti…
Ce ne sono moltissimi, ma questi sono i più frequenti.
Attenzione perché non sono dinamiche psicologiche, ma psichiche.
Cioè hanno a che fare con l’energia di un individuo. Avvengono a livello profondo, inconscio, come meccanismo di difesa al risveglio.
Sono ruoli che ci lasciano automatici, nel sonno, altamente reattivi, inconsapevoli e pericolosi e ovviamente creano sofferenza.
Il bello è che noi non ci accorgiamo di nulla. Assolutamente nulla.
Siamo subito pronti a dare la colpa agli altri per come ci trattano e per le loro mancanze nei nostri confronti e non osserviamo mai come ci siamo posti noi.
Non vediamo che abbiamo semplicemente messo in atto una bella scenetta teatrale che ormai conosciamo a menadito.
Rileggendo questi ruoli ti è capitato di ritrovarti in uno di loro?
Ti sei rivisto?
Hai rivisto altre persone che interpretano questi personaggi?
Bisogna essere onesti e non nascondersi. E nemmeno sentirsi in colpa e giudicarsi. Altrimenti si riconferma che siamo di nuovo nei panni di uno di quei personaggi che non conoscono amore e gioia.
Accettare con amore, perdonarsi, sono passi fondamentali del risveglio per una buona vita.
Per sganciarsi da questi ruoli è necessario liberarsi dentro.
E anche se l’altro tenta di riportarti lì, tu non ci caschi più; la tua anima è troppo forte, molto più forte del karma.
ROBERTO POTOCNIAK
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Amore è pietà, è voglia di salvare qualcuno. Essere non solo rilevante, ma fondamentale nella sua vita. Farla diventare, da notte, giorno.
È porsi al di sopra delle sue più grandi paure: la malattia, la morte, il dolore insensato. È additargli il cielo e farsi cielo.
Come disse Leopardi, amore è "alta pietà". Professori sorridevano sul fatto che lui alle donne chiedesse pietà e di questa si contentasse.
Se avessero capito, avrebbero avuto un brivido o sarebbero caduti a terra come morti.
Non tutti tollerano la luminosità della luce di Dio. Altri la respirano e giocano con gli atomi e l'energia nel suo paradiso come i bambini immemori fanno castelli di sabbia.
La pietà di Gesù per l'uomo, il suo scandaloso amore che non tutti comprendono, è lo stesso amore che pervade il tutto come una legge chimico-fisica.
L'amore chimico, l'amore fisico: quale vergogna? Atomi e molecole si organizzano, pianeti gravitano. Non sei tu dissimile da loro, tu che vuoi restituita la tua vita da altri, che puoi vivere solo in loro unione.
Pavese che si dispera di non riuscire ad essere autonomo e accontentarsi della solitudine e della meschina rivalità, è più né meno una particella nel vuoto che tenta di organizzarsi in una forma di vita.
Io che nutro i piccioni e faccio per loro la differenza, che ho quest'impudenza di voler essere la vita per qualcuno, sono come tutto il resto. I bisogni, i disagi, i dolori sono fatti per far emergere la pietà dell'amore e dell'unione, sono l'anti-decomposizione dell'esistente.
Il bello in tutto ciò è che la fuga nella morte - la morte vera, la dimenticanza - non è contemplata. L'essere è e non può non essere. E non ha che un'unica soluzione, un unico stato di riposo, come ogni piccolo atomo, molecola, formica e uomo che contiene.
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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, nel corso del question time alla Camera del 21 febbraio 2024, ipse dixit: «al lavoro per adeguarlo ai requisiti previsti dalla Convenzione di New York».
Il 21 gennaio 2025, il duo tragico Nordio&Piantedosi, liberano il torturatore Almasri, per un "cavillo", senza preavviso o consultazione della corte penale internazionale.
Non è un cavillo, ma, ben altro.
Riavvolgiamo il nastro: Il reato di tortura è stato introdotto nell’ordinamento italiano con la legge 110/2017, votata da PD e Alternativa popolare, l'astensione di SI e M5*, il voto contrario FdI, FI, Lega.
L’articolo 613-bis del c.p. , punisce chi con violenze o minacce gravi o agendo con crudeltà, causa «acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale. Il reato di tortura italiano prevede, rispetto alla convenzione Onu del 1984, che, chiunque è perseguibile, mentre per l’Onu è necessario che a provocare sofferenza fisica/psichica sia esclusivamente un pubblico ufficiale, ergo, il generale Almasri.
L’adeguamento della legge italiana alla Convenzione Onu, come vorrebbero Nordio e i celerini, limiterebbe i casi di applicazione dell’art. 613-bis del c.p., alle sole situazioni in cui ci sarebbe un’intenzionalità specifica.
Intenzionalità specifica.
La riforma della legge richiesta dai sindacati autonomi di polizia e dagli attuali partiti di governo, che, già nel 2017 si opposero al varo della novella legislativa, sostenengono che il reato punito dall'art.613 bis, rischia di limitare l’esercizio della propria funzione da parte delle forze dell’ordine.
Intenzionalità specifica.
Per non scontentare il proprio elettorato, il duo tragico si è portato avanti con il lavoro, liberando appunto un torturatore, al quale avrebbe dovuto applicare il 613 bis, oltre che attenersi scrupolosomente al rispetto della Convenzione Onu e, al mandato di arresto della corte penale internazionale.
Ah, questi cavilli...
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EFFETTO SERRA: DUE PIÙ DUE NON FA QUATTRO!
Il pof. Howard Hayden, professore emerito della University of Connecticut, dove ha insegnato per 32 anni e i è occupato “da sempre” anche di sistemi energetici e di clima, campi ove ha ricca pubblicazione scientifica, compresa la newletter mensile The Energy Advocate, stronca il rapporto dell’IPCC, principale organo internazionale sul clima: “Viola le leggi della fisica e, studiando il clima in modo ingenuo, ha creato una macchina multimiliardaria di cui beneficia. Tutto lascia pensare che la famigerata CO2 non c’entra nulla con l’effetto serra, il riscaldamento globale, e le variazioni climatiche.”. Ma, a proposito della climatologia, afferma di “non essere un climatologo” perché “I climatologi fanno previsioni sul clima futuro io invece applico i principi della fisica elementare per analizzare tali previsioni. La domanda che mi interessa è se le previsioni dell’IPCC violino le leggi della fisica.”.
E le violano, come evidenzia il grafico del bilancio termico che divulga, come quelli nelle due figure allegate, che è una schematizzazione degli scambi energetici globali espressi in Watt/m2. Nel grafico, come ho già evidenziato il 15 maggio, il 7 settembre e il 30 ottobre dello scorso anno, “sono indicate cose come quanta energia solare arriva sull’orbita terrestre, quanta viene riflessa dalla superficie del Pianeta, quanta dallo spazio. All’equilibrio, il calore irradiato nello spazio è uguale al colore al calore assorbito dal Sole, un bilancio necessario, altrimenti il pianeta si raffredderebbe o riscalderebbe indefinitivamente. Il grafico dimostra che gli scienziati che lo hanno costruito comprendono la legge di conservazione dell’energia e come calcolare la quantità di energia emessa dalla superficie terrestre. L’Ipcc ha prodotto cinque grafici del bilancio termico dal 1995 fino all’ultimo, nel sesto rapporto del 2021, noto come AR6, e tutti hanno un difetto comune: mancano di un ‘numero’ importante”. Sapete qual’è? Scommetto che non lo immaginate: “l’effetto serra!”. Già: “Il campo di competenza del IPCC è l’effetto serra, ma il numero mancante nei grafici del bilancio termico e quello dell’effetto serra!”. Chissà: forse pensano, come la maggior parte della popolazione, che l’effetto serra sia un fenomeno, non un numero.
Invece “L’effetto serra è una combinazione di molti e complessi fenomeni. Ma per gli scopi che interessano tutti noi, si riduce al fatto che la superficie del nostro pianeta emette radiazione infrarossa, di cui solo una parte va nello spazio. Fin dal primo rapporto l’IPCC ho notato che la radiazione verso lo spazio è solo il 60% di quella emessa dalla superficie, e sono rimasto ossessionato da quella cifra. Ma ora, nel rapporto AR6 l’IPCC si è accorto che l’effetto serra è la quantità netta di radiazione infrarossa assorbita dall’atmosfera, e si ottiene sottraendo la quantità di infrarossi emessi nello spazio esterno dalla quantità di infrarossi emessi dalla superficie terrestre. Ma la cosa non l’ha compresa fino in fondo tant’è che quel numero manca nella tabella di bilancio termico”. E sapete perché è necessario utilizzare una sottrazione invece che una percentuale? Anche in questo caso la risposta è semplice: “I nostri occhi non possono vedere le radiazioni infrarosse, ma se potessimo farlo vedremmo un bellissimo arcobaleno di colori. Ora, dell’arcobaleno di infrarossi che lasciano l’atmosfera verso lo spazio solo alcuni colori sono indeboliti: quelli che la CO2 e gli altri gas serra assorbono, mentre la radiazione degli altri colori passa indisturbata. Dire che la quantità complessiva di infrarossi e solo il 60% di quella emessa dalla superficie può essere corretto, ma ‘è inutile’. È molto più significativo dire che l’atmosfera ha sottratto selettivamente, parte di alcuni ‘colori’ di quell’arcobaleno.”.
“La sottrazione è una applicazione diretta della legge di conservazione dell’energia: le radiazione infrarosse emesse dalla superficie sono uguali al totale netto assorbito dall’atmosfera più il totale netto emesso nello spazio esterno: la legge di conservazione dell’energia è una legge di addizione e sottrazione. Non di moltiplicazione magica come il 60%. Quando c’è un aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, aumenta la quantità netta di infrarossi assorbiti di un particolare ‘colore’, che è il colore che assorbe la CO2, ma tutte le radiazioni infrarosse di colore diverso continuano ad attraversare l’atmosfera indipendentemente dalla quantità di CO2 presente. L’effetto serra è quel numero, indichiamolo con la lettera G, uguale alla differenza tra radiazione infrarossa emessa dalla superficie terrestre (B) meno la parte di essa immessa nello spazio (A), e vale G=B-A=160 W/m2 (di cui 30 W/m2 sono dovuti alla CO2 naturale e il resto al bilancio termodinamico del sistema Pianeta-spazio), e questo numero manca in tutti i grafici del bilancio termico che l’lPCC ha pubblicato. Quando la concentrazione di CO2 sarà raddoppiata (forse nel 2100), esso sarà diventato, secondo l’IPCC, G=164 W/m2, o poco meno”, quindi l’effetto serra sarà aumentato di quasi il 2,5%.”.
Il problema, però, non è l’irrilevanza di quella percentuale. Infatti: ”Lo stesso IPCC ci informa che quel valore G=160 consente che la Terra sia più calda di 33 °C. Cioè, senza atmosfera la Terra sarebbe 33 °C più fredda di com’è ora. Perché mai appena 4 W/m2 in più, dovuti alle emissioni antropiche, su 160 W/m2 naturali, dovrebbero determinare un effetto tragico? È qui che casca l’asino!“. Infatti l’IPCC afferma che la temperatura della Terra aumenterebbe di 3,0 °C. Ma se così fosse, nell’equazione G=B-A la quantità di B (cioè la radiazione emessa dalla Terra) aumenterebbe perché aumenta la temperatura, la quantità A (cioè la radiazione immessa nello spazio) diminuirebbe (perché aumenta la CO2), e lo farebbe in modo tale che il nuovo valore di B -A risulterebbe non 164, ma almeno 180. Insomma: secondo l’IPCC, 164=180!”
Ne segue che l’IPCC ha commesso “qualche errore”, poiché “I calcoli non soddisfano la legge di conservazione dell’energia”.
L’IPCC ha cercato di ovviare a questa discrepanza, ma… “sbagliano ancora: si è inventato una sorta di ‘effetto valanga’ in base al quale afferma che più CO2 da combustibili fossili fa aumentare la temperatura la quale, a sua volta, fa aumentare l’emissione di altra CO2 disciolta negli oceani, fa aumentare il vapore acqueo (altro gas serra) in atmosfera e, sciogliendo il permafrost, fa aumentare l’immissione in atmosfera di metano (altro gas serra). Aumenti che, combinati assieme, fanno aumentare più la temperatura che, è a sua volta… etc., etc.”. Questo “effetto valanga” è provocato dall’aumento della temperatura, ma nell’ultimo mezzo milione d’anni la Terra ha subito diverse volte variazioni di temperatura dell’ordine di 10 °C e più senza che alcun effetto valanga si sia mai manifestato.”.
Invece: “Possiamo tranquillamente ipotizzare che la radiazione verso lo spazio rimanga costante senza essere influenzata dalla variazione della concentrazione di CO2. Punto. E che la temperatura della Terra può aumentare se la Terra assorbe più energia solare. E questo può accadere o perché diminuisce l’albedo (potere riflettente di una superficie), o perché aumenta la quantità di luce solare che raggiunge l’orbita. Senonché tutti i modelli dell’IPCC affermano che l’albedo aumenta se aumenta la CO2. Ma, se così fosse, l’unica spiegazione per l’aumento della temperatura sarebbe l’aumento della radiazione che arriva dal Sole all’orbita terrestre. Però l’IPCC si ostina a non voler considerare questa possibilità: studiano il clima in modo ingenuo e hanno creato l’industria multimiliardaria della crisi climatica, della quale traggono benefici”.
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(...) era stato un ministro spagnolo ad aprire e ostilità, pensando di fare lo spiritoso insinuando che (il presidente argentino Javier) Milei fa uso di sostanze stupefacenti. Conoscendo il personaggio, è esattamente come dare un cazzotto a Tyson, riceverne la prevedibile risposta e poi lamentarsi che il detto Tyson “mena”.
Più precisamente, il ministro dei Trasporti e della mobilità sostenibile (sic) Óscar Puente Santiago a una tavola rotonda ha raccomandato ai giovani "di essere se stessi" e, scherzando, ha aggiunto che «ci sono persone molto cattive che, essendo se stesse, sono arrivate in alto». E giù la citazione di Trump e del presidente argentino. (...) E poteva forse finire lì.
Ma poi ha insistito: «Ho visto Milei in TV -.. Quando è uscito, non so in che stato e prima di ingerire o dopo aver ingerito quali sostanze, ma è uscito per dire quello che aveva detto, qualche giorno prima... io ho detto: “È impossibile che vinca le elezioni”».
La risposta ufficiale della Casa Rosada è stata energica (...): «Il governo di Pedro Sánchez ha problemi più importanti da affrontare, come ad esempio le accuse di corruzione mosse contro sua moglie (...).», si legge nella nota ufficiale. La signora Sanchez è indagata con l'accusa di “spaccio di influenza e corruzione economica”. (...).
Ma la risposta del governo argentino ha riguardato anche il livello politico (...). «Pedro Sánchez ha messo in pericolo l’unità del Regno, accordandosi con i separatisti e portando alla dissoluzione della Spagna; ha messo a rischio le donne spagnole consentendo l'immigrazione clandestina di coloro che minacciano la loro integrità fisica; e ha messo in pericolo la classe media con le sue politiche socialiste che portano solo povertà e morte», continua la dichiarazione.
«Noi argentini abbiamo scelto di cambiare il modello che ci ha portato miseria e decadenza. Lo stesso modello che applica nel suo paese il Partito Socialista Operaio Spagnolo. Ci auguriamo che il popolo spagnolo scelga presto di nuovo di vivere in libertà», ha concluso. Il presidente di Vox Santiago Abascal, ha peraltro definito «molto moderata» la risposta di Milei agli «insulti molto gravi» di Puente (...).
via https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/39228038/pedro-sanchez-javier-milei-drogato-corrotto.html
Gioco, set, partita.
Trovo il tentativo di far lo spiritoso del ministro "della mobilità sostenibile" spagnolo una sorta di confessione di profonda inadeguatezza generica, applicabile a gran parte del mileu sinistro globale (i minus hanentes son piatti uguali ovunque). Noi sinistri schick, par dire, non capiamo un cazzo (le elezioni Milei le ha vinte), quindi insultiamo credendo di esser spiritosi.
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La bellezza femminile è oggettivamente di livello superiore. Punto.
Bisogna dirlo a gran voce, perché la verità va urlata: parlando meramente di bellezza fisica ed estetica, il confronto tra donne e uomini è impietoso. Non c’è proprio gara. È un fatto, dai, non possiamo nasconderci dietro un dito. La bellezza femminile è superiore, universale, unica. Non ce n’è. Le persone intelligenti lo ammettono, le altre utilizzano congiunzioni per cercare di giustificarsi (“ma…”, “però…”). No, nessun però, è così e basta. Qualcuno potrebbe lanciare la provocazione, molto al limite: “Quindi le donne, anche quelle etero, sono tutte potenzialmente lesbiche?”. No, non è così semplice. Un conto è l’amore per la bellezza, un altro sono i gusti sessuali. Riconoscere la beltà di una creatura (o semplicemente di una parte del suo corpo), non significa necessariamente avere il desiderio di approcciare sessualmente ad essa. Sarebbe una soluzione banale, fuorviante, e non sempre corrispondente al vero. Io penso semplicemente che una ragazza veda la bellezza delle sue omologhe così come si può mirare a un bellissimo bosco, al mare, a un’opera d’arte. E sì, certe femmine possono attirare lo stesso livello di attenzione. Ma se io, da maschio etero, posso avere il desiderio di accarezzarle quelle gambe, o di sfiorarla quella vagina, per una ragazza anch’essa etero tutto ciò non è certamente legge. Ci sono troppe dinamiche che intercorrono, nel mezzo. Dipende dall’umore, dalla sensazione specifica che quella persona scaturisce, e anche dalla “temperatura corporea”. In senso assoluto, ritengo che quando si tratta della bellezza femminile, nessuno possa davvero sentirsi al sicuro. Né che si tratti di uomini, né di donne. Si possono raggiungere vette così alte, tali per cui tutto diviene realmente possibile. A esserne colpito per primo, e inevitabilmente, è certamente lo sguardo. Lì non si scappa. Se ti capita a tiro il bellissimo fondoschiena di una giovane ragazza, magari parzialmente o totalmente scoperto, come fai a non guardarlo? Qui entriamo nell’ambito dell’impossibilità di passare oltre. Ed è qui che bisogna interrogarsi con se stesse, in modo assolutamente sincero, per capire dove nasce e muore quell’ammirazione. Per comprendere che non esiste solo il sesso (affatto!), ma anche e soprattutto la bellezza in senso pieno, assoluto, invitante. M’immagino un mondo in cui il secondo fine non esista, o quantomeno non sia dato per scontato. Un mondo in cui in spiaggia una ragazza possa andare da un’altra e dirle semplicemente: “Hai un fondoschiena pazzesco, complimenti. Lo sto guardando da un po’”. Senza che si pensi niente, senza che si faccia niente. Una risata, un ringraziamento, e basta. Solo sincerità, solo ammirazione. Gli epiloghi lasciamoli solo alle fantasie, senza scollarsi troppo dalla realtà. Però ecco, mi spiace uomini ma in questo senso non esistete proprio. Vi salva in parte solo il pene (e solo quando è particolarmente bello), ma in tutti gli altri casi le ragazze vincono a mani basse. Fatevene una ragione, accettate la verità.
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IL POTERE DI FARE
Vi siete mai chiesti perché ci sono persone che riescono in tutto, ovunque mettano le mani, e persone che sono sempre bloccate in ogni loro iniziativa?
Non è una questione di intelligenza e nemmeno di consapevolezza, ma solo una questione di karma.
Il potere di fare e di attrarre le cose viene spiegato della medicina tibetana.
Esistono cinque energie fondamentali strettamente legate al nostro karma: l’energia vitale, che è legata alla salute fisica e che dipende da come abbiamo trattato il nostro corpo nelle precedenti incarnazioni; l’energia psichica, a cui è legata la forza della mente e delle psiche, che dipende da come abbiamo usato la mente e le emozioni nei confronti degli altri e di noi stessi; l’energia della fortuna, e cioè la capacità di attrarre quello che ci serve, collegata al modo in cui abbiamo saputo aiutare gli altri, e in fine l’energia del potere, cioè la capacità di mettere in moto le cose, un’energia che dipende da quanto abbiamo saputo mettere in moto processi evolutivi nelle vite altrui.
La buona notizia è che anche se scarseggiamo di alcune di queste energie karmiche alla nascita, possono essere caricate durante la nostra vita mediante le nostre azioni, esattamente come una carta di credito.
Quindi più aiuteremo gli altri, più aiuteremo noi stessi. Più metteremo in moto processi virtuosi nella realtà, più questi processi ci verranno restituiti.
È una legge dell’universo e non può essere elusa.
Ovviamente però il gioco non funziona se facciamo del bene a qualcuno con l’intenzione di ricevere il premio, perché essa risulterebbe comunque un’azione egoistica e non altruistica: quando si parla di Spirito, non è tanto l’azione, quanto l’intenzione che conta.
DAL VOLERE AL POTERE. HAI MAI TIRATO CON L’ARCO?
Quando iniziai con i miei primi gruppi di meditazione - allora eravamo tutti tra amici - le prime difficoltà che incontrai furono quelle legate all’organizzazione.
Dovevamo trovare un giorno che andasse bene per tutti e questo, regolarmente, si rivelava un impedimento.
A quel punto, decisi di tagliare la testa al toro e fissai il giorno io. Decretai che il mercoledì sarebbe stato il giorno dedicato alla meditazione. Pensai che probabilmente mi sarei ritrovato da solo, ma decisi comunque di procedere in questo modo. Il mercoledì successivo non mancava nessuno all’appello. Tutti erano riusciti a venire, senza particolari problemi.
Negli anni a venire mi capitò più volte di dover organizzare qualcosa e capii quanto fosse importante fissare una data, prenotare una sala o una stanza d’albergo con larghissimo anticipo per direzionare l’energia in quel punto e permettere all’universo di fare altrettanto.
Questo perché siamo ogni giorno immersi in un oceano infinito di variabili e navighiamo nell’energia caotica che ci trasporta di corrente in corrente, senza mai essere direzionata.
Fissare un punto nello spazio-tempo, significa prenotare il posto di cui abbiamo bisogno ed è così per qualsiasi obiettivo ci poniamo, anche quando si parla di grandi obiettivi e non solo di questioni organizzative.
Per raggiungere qualsiasi obiettivo nella vita sono necessari una grande centratura abbinata alla direzione. È esattamente come accade nello sport del tiro con l’arco.
Devi posizionarti nel modo corretto, essere centrato e in perfetto equilibrio, non oscillare.
E poi, guardare il bersaglio. Il bersaglio è là e dal momento in cui scocchi la freccia il tuo intento deve essere tutto lì, la tua energia deve essere tutta nel tiro.
Detto questo, ci sono infinite variabili che dividono te dal tuo obiettivo. Ma se manterrai fermo l’intento e lascerai fare il resto all’universo, avrai una buona possibilità di colpirlo.
Diverso è quando siamo troppo concentrati sul bersaglio, in questo caso, perdiamo la centratura, proprio perché siamo troppo proiettati nel futuro e ci perdiamo il momento presente. L’obiettivo, in un qualche modo riesce a distoglierci da noi stessi e non siamo più in grado di mantenerci stabili.
Il segreto del tiro con l’arco, come quello della capacità di centrare i nostri obiettivi della vita, è quello che ritroviamo nell’insegnamento dello Zen, nel paradosso in cui io cerco di raggiungere qualcosa, ma senza cercare di raggiungerlo.
Nel libro di Eugen Herringel “Lo zen e il tiro con l’arco” si parla proprio di questo. Un’azione, quella dello scoccare la freccia, che quando si compie non è mai qualcosa di totalmente individuale, ma che fa sua una compartecipazione dell’universo intero, e che pertanto ci fa dire, a bersaglio colpito, non “ho tirato”, ma “si è tirato”.
Detto questo, come si fa ad avere una buona centratura e un intento fermo e stabile come un buon arciere? Innanzitutto dobbiamo non essere troppo frammentati per focalizzare l’energia in quel punto e non disperderla nelle azioni multiple dei nostri Io. In secondo luogo, dobbiamo lavorare sui nodi energetici che ci mantengono bloccati in una certa situazione.
Se infatti paragoniamo la vita ad una corda percorsa da cinque o sei nodi, vediamo subito come il percorso che ci è possibile compiere scorrendo con le dita la corda, è unicamente quello che va da un nodo all’altro.
Ogni volta che arriviamo a un nodo, torneremo indietro e ripercorreremo sempre lo stesso sentiero. In questo si trova la causa della ripetitività della vita, il motivo per cui ci accadono sempre le stesse cose, quella condizione che Nietzche definiva come “l’eterno ritorno dell’uguale”.
Ma sappiamo anche che lavorando sui nodi dal punto di vista energetico e bypassando la dimensione materiale, possiamo riuscire a scioglierli e a passare oltre, percorrendo un altro tratto di corda, che non avevamo potuto percorrere fino ad allora. In quel tratto di corda ci sono nuove possibilità e nuovi futuri possibili.
Cose che pensavamo che non avremmo mai potuto raggiungere.
Ci sono nuovi bersagli e nuovi obiettivi, archi più sofisticati e frecce più performanti, perché ora abbiamo fatto un salto, quello che probabilmente non eravamo riusciti a compiere in moltissime vite.
WAKE UP è il Percorso di Crescita Personale e Relazionale.
Info scrivi a [email protected]
ROBERTO POTOCNIAK
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A COSA FA MALE IL PORNO
Il titolo è fuorviante ma siccome cerco di tenerli corti per il colpo d'occhio incuriosente (non è proprio clickbait ma quasi), in realtà l'argomento è estremamente serio e si riaggancia al mio precedente post sul patriarcato dei 'cari amici uomini'.
Il porno, così come lo si (dovrebbe) intende(re), è la rappresentazione visiva di una manifestazione fisica, nello specifico della sessualità e in genere dell'affettività: ci si sofferma in modo evidente sull'atto del copulare o su pratiche che orbitano comunque intorno alla sfera genitale o paragenitale.
Premettendo che LA CONSENSUALITA' sta alla base di qualsiasi pratica - anche la più estrema - e che questo mio ragionamento ha pure valore indicativo di una mia intuizione senza alcun giudizio (TL;DR fate tutto quello che volete con il/la vostro/a partner se maggiorenne e capace di decidere per sé) ho notato che il porno mainstream offre TANTISSIMO MATERIALE su pratiche sessuali in cui la donna, per quanto immagino e spero consensuale, viene degradata e umiliata dalla controparte maschile, con tanto di mascara colato per lacrime e secrezioni varie, difficoltà respiratorie per dita strette attorno alla gola oppure oggetti e parti di corpo infilati a lungo in gola e posizioni un po' troppo costrette.
Per carità, io lo so che chi mi legge lo fa come gioco di ruolo in cui la propria partner è consenziente e consapevole di recitare un ruolo limitato nel tempo e che poi la vita prosegue nel rispetto reciproco
MA
vista L'ENORME QUANTITA' di materiale video con tali modalità che, senza scomodare canali specifici, sembrano comunque essere la norma, non vi sembra che il ruolo dell'attrice, dell'esordiente o della semplice persona che fa il video amatoriale sia quello DI SODDISFARE IL DESIDERIO DELLO SPETTATORE MASCHILE DI AVERE UNA DONNA SOTTOMESSA A TUTTE LE PROPRIE FANTASIE DI CONTROLLO E DI DOMINIO?
Lo dico perché io ho ricevuto questa impressione e anche se non mi addentrerò mai nel ginepraio del vietato (lol) ai minori di 18 anni, mi chiedo come una persona giovane possa codificare per sé una sessualità rispettosa del consenso se praticamente non esiste il concetto di educazione sessuale/affettiva e questi è demandato a contenitori di porno dove un 80% di video dipinge il ruola della donna in questo modo.
Nessuna soluzione diretta e/o immediata, per carità, e soprattutto nessuna censura o proibizione, però se esistono video che provengono da un sito (forse ora chiuso) che si chiama ex-gf e che alcune donne hanno sentito il bisogno di inaugurare un genere che si chiama 'porn for ladies', forse un problema di percezione e di educazione a monte esiste.
Grazie degli eventuali contributi ben ragionati ma tenete i coltelli nei foderi perché io comunque sarò sempre più veloce a estrarre e a rovesciarvi le budella sulle scarpe <3
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“Non c'è niente di strano o misterioso nell'idea che la tua immagine mentale diventi una realtà fisica. È il funzionamento della Legge Universale. Genevieve Behrend art by Aeppol ********************* “There is nothing strange or mysterious about the idea of your mental image becoming a physical reality. It is the operation of the Universal Law. Genevieve Behrend art by Aeppol
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KANT
di Sebastiano Maffettone
Domani, 22 aprile, Immanuel Kant compie 300 anni (1724-2024). Ho usato il tempo presente non a caso. Perché, che lo si sappia o no, Kant vive ancora in mezzo a noi. Meglio, le sue idee e le sue teorie sono parte integrante del nostro patrimonio intellettuale. Lo si vede chiaramente dalla nostra comune ideologia, dalle più rilevanti ipotesi filosofiche che hanno popolato il secolo ventesimo e l’inizio del nostro, e in sostanza dal nostro modo di pensare nel suo complesso. Non è facile argomentare decentemente una tesi come questa. Certo, si può dire che Kant era un genio assoluto, si può sostenere che ha messo insieme profonde intuizioni sul suo tempo con una tecnicalità filosofica perfettamente compiuta, oppure ancora che egli ha incarnato come nessuno lo spirito della modernità di cui siamo ancora – volenti o nolenti – figli riluttanti. Tutto vero, beninteso.
Ma, non appena si cerca di sostenere qualcosa di simile alla luce dei suoi scritti, interpretazioni generali come questa mostrano la corda. E per varie ragioni. La prima è banale e ineliminabile: leggere Kant è complicato, quasi impossibile senza una guida. Non puoi, intendo, prendere i suoi testi più importanti e, pur armato di buona volontà, sperare da solo di capire ciò che il filosofo sostiene. Innanzitutto, perché il nostro tratta problema estremamente astratti e complessi, del tipo di come sia possibile la conoscenza e che cosa vuol dire essere liberi. In secondo luogo, perché Kant non aveva il dono di una scrittura persuasiva e gradevole, come per esempio lo sono quella di Rousseau e quella di Hume. Certo, la sua prosa è ardua perché, come detto, si arrampica su cime abissali, ma è difficile negare che l’autore ci metta del suo. Il tedesco di Kant è indubbiamente ostico, come del resto i suoi primi lettori non esitarono ad affermare.
Kant, diciamo la verità, era un tipo strano. Metodico fino all’esasperazione e prussiano nell’animo, così lontano non solo dalla mia immaginazione mediterranea ma anche dalle esperienze di vita degli altri filosofi della modernità. Cartesio, Hobbes, Spinoza, Locke e compagnia avevano avuto vite movimentate, ed erano stati costretti all’esilio per ragioni diciamo così ideologiche. Kant, invece, come molti sanno, non si era mai mosso dalla sua Königsberg, ai suoi tempi cittadina mercantile fiorente nella Prussia Orientale ora – con il nome sovietico di Kaliningrad (sic!) – centro di un exclave russo sul Baltico che rischia di essere un pericoloso corridoio bellico nel prossimo futuro. La sua vita era scandita da ritmi sempre uguali. Lo svegliava il fedele servitore Lampe prima delle 5, poi studiava e preparava le lezioni che avrebbe tenuto all’Università Albertina di Königsberg, dopo di che consumava l’unico pasto del giorno (talvolta in compagnia), e nel tardo pomeriggio faceva la famosa passeggiata quotidiana rigorosamente in solitario (quella su cui si dice i locali regolassero l’orologio). Al ritorno, leggeva fino a quando arrivava l’ora di andare a dormire. Era genericamente stimato dai suoi concittadini anche se la sua carriera accademica era stata lenta e faticosa, ed era finito a 80 anni nel 1804 dopo una vecchiaia fertile di studi e pubblicazioni.
Se si dovesse scegliere una frase tra le tante che Kant ha lasciato impresse nella nostra memoria, direi di partire da quella che ci invita a prendere in considerazione due fondamentali universi quello del «cielo stellato sopra di noi» e quello della «legge morale dentro di noi». Dal complesso rapporto tra di loro, discende il nucleo dell’opus kantiano. Quest’ultimo è senza dubbio costituito in primo luogo dalle tre Critiche, Critica della ragion pura (1781, seconda edizione rivista 1787), Critica della ragion pratica (1788), Critica del Giudizio (1790). Ciò, anche se Kant era un genio poliedrico, in grado di esprimersi ad alti livelli su temi di fisica, matematica, diritto, astronomia, antropologia, geografia, teologia e via di seguito. E anche se –oltre alle Critiche – Kant ha scritto molti altri lavori di enorme importanza filosofica, tra cui quelli dedicati alla politica e alla religione.
Nelle sue opere, emerge – come mai altrove – lo spirito dell’Illuminismo, con la sua fede nel progresso e la fiducia nella scienza (a cominciare dalla fisica di Newton), ma col passare del tempo anche la pacata consapevolezza dei suoi limiti e un’apertura al clima culturale che sarebbe seguito. Se, in tutto ciò, un concetto dovesse farci da guida direi che è quello di «autonomia». L’autonomia kantiana riguarda sia la conoscenza teoretica che la vita pratica ed è il vero faro che illumina il percorso della modernità.
Nella Critica della ragion pura si trova l’essenziale della filosofia teoretica di Kant, che riguarda il mondo come è. Nella Critica della ragion pratica – ma anche nella tarda Metafisica della morale (1797) - il nucleo della filosofia pratica di Kant che riguarda il mondo come dovrebbe essere. In entrambi i casi, sia pure in maniera diversa, il soggetto dà leggi a sé stesso, cosa che poi corrisponde al concetto di autonomia di cui si diceva. Nella Ragion pura il nucleo del ragionamento kantiano coincide con la cosiddetta «rivoluzione copernicana», che fornisce la riposta alla fondamentale domanda sul come possiamo conoscere a priori la struttura del mondo sensibile. La risposta suggerisce che il mondo sensibile, o mondo delle apparenze, è in fin dei conti costruito dalla mente umana tramite una complessa interazione di materia che riceviamo dall’esterno e di forme apriori che derivano dalle nostre capacità cognitive innate. Si tratta di una nuova visione costruttivista dell’esperienza, che costituisce davvero una rivoluzione nel campo del pensiero (come quella di Copernico a suo tempo). Lo strumento analitico principale in questo tour de force è costituito dall’idealismo trascendentale, che all’osso è la dottrina secondo cui noi facciamo esperienza solo delle apparenze attraverso le forme a priori di spazio e tempo, mentre le cose in sé restano inconoscibili. In questo modo, Kant toglieva certamente autorità alla metafisica, ma – come ebbe a dire lui che aveva avuto una profonda educazione religiosa ispirata al pietismo – lasciava al tempo stesso più spazio alla fede.
Se la filosofia teoretica di Kant concepisce l’autonomia come capacità squisitamente umana di fornire l’apparato a priori che consente l’esperienza, la stessa autonomia gioca un ruolo ancora più centrale nella filosofia morale di Kant. La legge morale è – come ci hanno raccontato a scuola – basata sull’imperativo categorico, ed è fondata sul lavoro della ragione là dove la conoscenza poggia sull’intelletto. Anche qui, sullo sfondo c’è l’idealismo trascendentale, ma in questo caso non ci accontentiamo delle apparenze ma entriamo nell’ambito delle cose in sé. Se non altro perché la natura è altro da noi, mentre la moralità è squisitamente umana. La ragion pratica così concepita aiuta a comprendere la fondamentale libertà che abbiamo avuto in sorte. Naturalmente, di ciò non possiamo avere una pura consapevolezza teoretica, ma dobbiamo partire da un profondo sentire che consente a ognuno di noi di avvertire la legge morale, secondo la dottrina detta del «fatto della ragione».
A questo punto, il disegno complessivo della critica sembra essere inevitabilmente condannato a un dualismo, che non può che stridere con la mentalità sistematica di Kant. Da un lato c’è il determinismo della natura, dall’altro la libertà dell’essere umano. Scopo della Critica del Giudizio, è proprio il tentativo di superare questo dualismo tra teoria della conoscenza e il dominio della pratica. L’unità del progetto viene raggiunta, in quest’opera, introducendo una terza opzione cognitiva, che fa capo alla capacità riflessiva del giudizio. Tramite tale capacità noi concepiamo la natura nel suo complesso come dotata di scopo. Il giudizio estetico, la scoperta cioè del bello e del sublime nell’arte e nella natura, rivela un’armonia ultima tra il gioco dell’immaginazione e il creato. Consentendo, così, di pensare la natura come frutto di un disegno intelligente e come coerente con i nostri scopi. Soprattutto, sono gli organismi viventi che suggeriscono una finalità intrinseca all’esistenza e alla realtà.
Tutto ciò, oltre a essere complicato per chi non sa e semplicistico per chi sa, ha l’ovvio difetto di apparire scolastico. Kant può risultare, letto in questo modo, come un continuatore particolarmente sofisticato del razionalismo illuministico dei Leibniz e dei Wolff, capace di temperarlo con il lascito dell’empirismo britannico di Locke e Hume. Per capire che non è così, basta guardare alla differenza tra la filosofia che lo precede e quella che lo segue, a cominciare da Hegel e Marx. Per non parlare dell’eredità enorme lasciata da Kant nella filosofia del secolo ventesimo, un secolo in cui tutte le grandi scuole di pensiero – dalla fenomenologia all’esistenzialismo e al positivismo logico – sono in fin dei conti derive dell’opus kantiano. Ma non basta, perché la filosofia del linguaggio dopo Wittgenstein, la filosofia sociale e politica di Habermas e Rawls e la riflessione sul postmoderno non sarebbero neppure immaginabili senza partire dalla rivoluzione del pensiero apportata dal genio di Königsberg.
Dirò di più, credo sia impossibile per noi eredi del progetto incompleto della modernità trovare il bandolo delle nostre idee senza tornare a Kant. Con il compito, direi ovvio, di doverci confrontare con un mondo sociale mutato in cui certi passaggi razzisti, sessisti e classisti di Kant che pure ci sono, non hanno (o non dovrebbero avere?) più cittadinanza. E con una realtà ontologicamente trasformata dalla condizione digitale in cui siamo immersi, dalle guerre (da rileggere ora il saggio kantiano del 1795 su La pace perpetua) e con un pianeta in cui l’Occidente, di cui il nostro era chiara espressione, non rappresenta più l’avanguardia della civiltà. Ma anche per questo compito futuro il lascito di Kant resta fondamentale, un punto di partenza filosofico senza il quale sarebbe impossibile capire il nostro essere nel mondo.
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LE 7 LEGGI DELLA FISICA QUANTISTICA
La vibrazione nella fisica quantistica significa che tutto è energia. Siamo esseri che vibrano su determinate frequenze. Ogni vibrazione equivale a una sensazione e nel mondo "vibrazionale" ci sono solo due tipi di vibrazioni, positive e negative.
1° - * Pensieri *
Ogni pensiero emette una frequenza nell'universo e quella frequenza ritorna all'origine, quindi se hai pensieri negativi, di scoraggiamento, di tristezza, di rabbia, di paura, tutto ciò ti torna indietro. Ecco perché è così importante che ti prenda cura della qualità dei tuoi pensieri e impari a coltivare pensieri più positivi.
2° - * Relazioni *
Le persone intorno a te influenzano direttamente la tua frequenza vibrazionale. Se ti circondi di persone felici, positive e determinate, entrerai anche tu in questa vibrazione. Se ti circondi di persone lamentose, calunniose e pessimiste, stai attenti! Infatti, possono diminuire la tua frequenza e, quindi, impedirti di sfruttare la legge di attrazione a tuo favore.
3° - * Musica *
La musica è molto potente. Se ascolti solo musica che parla di morte, tradimento, tristezza, abbandono, tutto questo interferirà con ciò che vibra. Presta attenzione ai testi della musica che ascolti, potrebbe abbassare la tua frequenza vibrazionale. E ricorda: attiri esattamente ciò che vibri nella tua vita (consiglio di ascoltare musica a 432Hz)
4° - *Cose che guardi*
Quando guardi programmi che trattano di disgrazie, morti, tradimenti, ecc. il tuo cervello accetta questo come una realtà e rilascia un'intera chimica nel tuo corpo, che influenza la tua frequenza vibrazionale. Guarda le cose che ti fanno sentire bene e ti aiutano a vibrare a una frequenza più alta.
5° - * L'atmosfera *
Sia a casa che al lavoro, se trascorri molto tempo in un ambiente disorganizzato e sporco, influenzerà anche la tua frequenza vibrazionale. Migliora l'ambiente circostante, organizza e pulisci il tuo ambiente. Mostra all'universo che sei in grado di ricevere molto di più. Prenditi cura di ciò che hai già!
6° - * La Parola *
Se fingi o parli male di cose e persone, influisce sulla tua frequenza vibrazionale. Per mantenere alta la frequenza, è essenziale eliminare l'abitudine di lamentarsi e parlare male degli altri. Quindi evita il dramma e la vittimizzazione. Assumiti la responsabilità delle scelte nella tua vita!
7° - *Gratitudine *
La gratitudine influisce positivamente sulla tua frequenza vibrazionale. Questa è un'abitudine che dovresti incorporare nella tua vita ora. Inizia a ringraziare per tutto, per le cose buone e per quelle che consideri cattive, ringrazia per tutte le esperienze che hai avuto. La gratitudine apre la porta affinché le cose buone accadano positivamente nella tua vita.
Dott.ssa Stefania D'Alessandro
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Il caso non esiste: c’è una forza intelligente che governa il tutto.
"Fisico e teorico americano molto rispettato, Michio Kaku, famoso per la formulazione della teoria rivoluzionaria delle stringhe (modello di fisica fondamentale che presuppone che le particelle materiali apparentemente specifici sono in realtà “stati vibrazionali”) , ha recentemente causato una piccola scossa nella comunità scientifica sostenendo di aver trovato le prove dell’esistenza di una forza sconosciuta e intelligente che governa la natura.
Più semplicemente, secondo il noto fisico, qualcuno simile al concetto che molti hanno di Dio come creatore e organizzatore dell’universo.
Per arrivare a questa conclusione Michio Kaku ha utilizzato una nuova tecnologia creata nel 2005 e che gli ha permesso di analizzare il comportamento della materia su scala subatomica, basandosi su un “primitivo tachioni semi-radio”. Tachioni, incidentalmente, sono tutte quelle ipotetiche particelle in grado di muoversi a velocità superluminali, cioè sono particelle teoriche, prive di qualsiasi contatto con l’universo. Quindi questa materia è pura, totalmente libera dalle influenze dell’universo che la circonda.
Secondo il fisico, osservando il comportamento di questi tachioni in diversi esperimenti, si arriva alla conclusione che gli esseri umani vivono in una sorta di “Matrice”, cioè un mondo governato da leggi e principi concepiti da una specie di grande architetto intelligente. “Sono giunto alla conclusione che siamo in un mondo fatto da regole create da un’intelligenza, non molto diversa da un gioco per computer, ma naturalmente, più complessa”, ha detto lo scienziato. Analizzando il comportamento della materia a scala subatomica, colpiti dalle primitive tachioni semi-radio, un piccolo punto nello spazio per la prima volta nella storia, totalmente libero da ogni influenza dell’universo, la materia, la forza o la legge, è percepito il caos assoluto in forma inedita. “Credetemi, tutto quello che fino a oggi abbiamo chiamato caso, non ha alcun significato, per me è chiaro che siamo in un piano governato da regole create e non determinate dalle possibilità universali, Dio è un gran matematico” ha detto lo scienziato. Michio Kaku ha ricordato che “qualcuno fece ad Einstein la grande domanda: c’è un Dio? Al che Einstein rispose dicendo che credeva in un Dio rappresentato dall’ordine, dall’armonia,, dalla bellezza, dalla semplicità e dall’eleganza, il Dio di Spinoza. L’universo potrebbe essere caotico e brutto, invece è bello, semplice e governato da semplici regole matematiche.
” La teoria degli archi e la musica di Dio.
Per quanto riguarda la formulazione del famoso “String Campo Theory”, o teoria delle stringhe, modello fondamentale della fisica che presuppone che particelle di materiale apparentemente specifici sono effettivamente “stati vibrazionali” un oggetto esteso più base chiamato ” corda “o” filamento “che renderebbe un elettrone, per esempio, non un” punto “struttura interna e dimensione zero, ma una massa di minuscole corde vibranti in uno spazio-tempo di più di quattro dimensioni , Kaku ha affermato che “per lungo tempo ho lavorato su questa teoria, che si basa su musica o piccole corde vibranti che ci danno le particelle che vediamo in natura. Le leggi della chimica con cui abbiamo avuto problemi alle superiori, sarebbero le melodie che possono essere suonate su queste corde vibranti.
L’universo, sarebbe una sinfonia di queste corde vibranti e la mente di Dio, su cui Einstein scrisse molto, sarebbe la musica cosmica che risuona attraverso questo nirvana, attraverso uno spazio iper-dimensionale “. Il fisico americano di origine giapponese ha concluso che “i fisici sono gli unici scienziati che possono pronunciare la parola. “Dio” e non arrossire. Il fatto essenziale è che queste sono domande cosmiche di esistenza e significato. Thomas Huxley, il grande biologo del secolo scorso, ha affermato che la questione di tutte le questioni della scienza e della religione è determinare il nostro posto e il nostro vero ruolo nell’universo. Pertanto, scienza e religione trattano la stessa domanda. Tuttavia, c’è stato essenzialmente un divorzio nel secolo scorso, più o meno, tra scienza e umanesimo, e penso che sia molto triste che non parliamo più la stessa lingua “.
Febbraio 2018
Tradotto da Newstime24
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