#quest'uomo è la mia cazzo di vita
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omarfor-orchestra · 11 months ago
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Volendo molto chiedergli quale Mermaid Melody era
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ccv1627 · 9 hours ago
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Comunque N mi fa cacare in mano ogni giorno di più
Sveglia presto, si va in montagna. Mi sorride quando ci vediamo fuori casa mia, salgo in auto, ferma l'auto alla base della montagna e in un silenzio da "mi ha rapito quest'uomo" iniziamo a salire. A metà strada inizio a chiacchierare ( magari non mi uccide) e mi parla di come la vita sia dolore e queste piccole cose glielo ricordano, ma sorride nel farlo. Arriviamo al punto prestabilito e prende un sassolino e lascia che rotoli giù. Mi fa "a volte immagino che quello sia io e una volta fatto, sono sereno perchè ai morti non resta che marcire, senza alcun altra preoccupazione"
Ovviamente io col cazzo che mi sporgevo. Tornati giù mi ha offerto la colazione e abbiamo parlato quasi normalmente. Lavora in banca, si sta allenando e mi ha mostrato addominali e bicipiti sotto la felpa. Sempre più convinto che forse ci sta provando o forse è solo così estroverso perchè a differenza mia lui è un napoletano stereotipato che parla e ride. Mi ha portato in un tea shop dove prendi tazze di tè e dolci/torte fatte a mano ( 12 euro un tè e un dolcino ma dio cane) però ha pagato lui quindi stica. Gli ho detto che prossima volta offro io e dice che sarà un kebab quindi bene si risparmia
È interessante come tipo lo ammetto e non ci vedo neanche secondi fini, se riesco a farmi parlare della guerra da lui ci posso fare la tesi ma non penso si aprirà mai. Penso abbia una maschera fusa in viso, di quelle perenni che tanto piaceva mettere ai reduci negli anni 50. In un epoca dove la decostruzione dei traumi era un lusso o una sciocchezza per molti. È falso con se stesso e probabilmente neanche se ne accorge per la maggior parte del tempo però ogni tanto lo vedo che vaga con gli occhi nel vuoto
Che trip di persona, forse diventiamo amici, però niente illusioni che l'ultima volta mi son beccato le corna e l'ultimo amico ha preferito la play a me quindi calmo calmino cuore da bambino
#me
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samefastup · 17 days ago
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mer 06 nov 2024
youtube
Nella mia immensa playlist su YouTube dei "guarda più tardi" (tanti video che rimando da 4 anni e che dovrei iniziare a recuperare invece di stare nel letto a perdere tempo facendo nulla e a deprimendomi) avevo questo video e penso lo utilizzerò come promemoria ogni volta che mi sale l'ansia perchè alla fine non ci manca davvero un cazzo nella vita se non saperla gestire come quest'uomo. Anzi, forse l'ansia me la procuro proprio pensando troppo in avanti rispetto al momento che sto vivendo che, spesso, tendo a dimenticare.
Ieri sera avevo l'ansia di andare a cenare da Arianna dopo lavoro, nonostante sia una delle persone con le quali sono più tranquillo e a mio agio, ma alla fine ci sono andato ed è stata "una bellezza". Meno paranoie prossime volte. Migliorerà.
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fenitelaminaperdue · 3 years ago
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Ue' dove sei? E' una vita che non ti fai sentire. Sei vivo? Ti ricordi di me? Testa di cazzo scrivimi. Ti ho voluto bene ma sei stato una merda. Ti ho dato anche il culo e tu? Eccomi sono qui, ancora steso sul divano color nocciola e caffè impreziosito da miriadi di mini impronte digitali al sapore di nutella, pizza margherita e patatine alla paprika, ornato da microraffigurazioni dal significato arcano e sconosciuto, erette con plastilina e dido' in multicolor sfavillante, "questa è una casa mica una caverna del paleolitico!...paleo che? papà ma come parli? Come un uomo del paleolitico ovvio. Il nano ride, io rido e boh non so se il vicino stia ridendo". Sorrido inebetito seduto al banco del primo anno di liceo quando, furtivamente, tastavo per la prima volta la consistenza di una ghiandola mammaria su gentile concessione della mia compagna di banco e leggendo ad alta voce di una certa Silvia e dei suoi occhi "ridenti e fuggitivi" ancora non pensavo al " limitare di gioventù che salivi" e gentilmente venivo ripagato dalla bruna al mio fianco con un sorriso malizioso ed una mano nella tasca del pantalone di velluto blu. "Hai delle belle labbra, sembrano quelle di una ragazza" mi sussurra fuori contesto, ma poco importa adesso fa caldo anche se in aula non abbiamo il riscaldamento, "scusi professoressa devo andare al bagno" eh no "prof"non è stato ancora inventato , ancora mangiamo il panino con la mortadella all'intervallo mica le parole!". Che caldo, sono in un pomeriggio di giugno quando la Romana con la sua testa al riccio di Medusa mi pietrificava con il super attacco triplo combinato "sguardo nocciola e pistacchio con panna maxi" , "tette a pera" e "culo stretto nei jeans" quel tanto che bastava a bloccarmi il fiato ed affondarmi le dita nel cuore per regalarmi il primo grande dolore che fa rima con amore e non con la figlia del dottore, ambaraba'cicci'cocco'e e con un salto sono di nuovo piccolo seduto sul como' insieme ad una lampada rococo' . Indosso le cuffie della Philips di mio padre grandi come la sua testa taglia 58, mentre io ho 4 anni, non so ancora scrivere, ma so accendere un Hi-Fi, alzare la testina di un giradischi, aprire un pacco di dischi da 45, centrare il buco ed avviare musica e capire che per perdersi è un attimo e per ritrovarsi non basta una vita o forse neanche due, ma poco importa tanto si vive una volta sola quindi inutile pensarci "Guarda il mio piccolo genio ". Ma si mamma io non so ancora dirtelo ma sono un vero genio, il genio della fuga dal dolore che le tue urla mi provocano e che quest'uomo con la tromba malinconica ed un buffo cappello in testa ricopre e rende meno atroce, e no non penso a chissà che ma solo che non vorrei essere qui e intanto preparo piani di evasione impossibile come Frank Morris da Alcatraz, mi lancio dalla scogliera e "splash". Nuoto attraverso mille corpi in una discoteca di un lungomare piagato da zanzare e parcheggiatori abusivi col bicchiere pieno di liquido blu che brucia la gola e lo stomaco. Adesso il cervello è sotto spirito come le ciliegie della nonna e i pensieri si addormentano finalmente lasciando lo spazio solo a mani, lingue labbra che non conosco e non ricorderò, ma che importa sono buone, calde e saporite e questo buio che ci avvolge fuori e dentro profuma tantissimo di pelle al feromone cotto al naturale , Gin e Blue Curacao, "scusa come hai detto che ti chiami? Ah Silvia" Ah sti maledetti occhi ridenti e fuggitivi tornano ancora e mi trasportano su questo terrazzo di mattoni forati da vera crudeltà umana sulla collina di Zedra e mi godo una cassa di birra scambiata con un paio di finti occhiali alla John Lennon insieme ad un amico troppo alto ed uno troppo tondo. Beviamo al calore di questa estate che ci accoglie in un meridiano ed un parallelo che non sono in nostri ma che osserviamo rinascere lentamente come i fiori sui bordi dei marciapiedi e che sfidano impavidi i mostri rotolanti e neri, buoni per tutte le stagioni, "GoodYear", "you too and your sister" perchè l'inglese è soprattutto un'opinione quando hai 20anni. Ci
sentiamo come degli eroi mentre siamo solo sei occhi, sei mani e sei gambe mossi da altre mani, occhi e gambe che ci spostano come pedine sulla scacchiera e che a loro volta non sono che pezzi di un altro quadrato bianco e nero di un'altra scacchierà e così via ma non all'infinito, perchè in fondo tutto finisce anche il caldo e poi torna freddo dell'inverno. SI vero d'inverno fa freddo, ma che caldo che fa qui sullo Ziqqurat di UR dove pesto con incoscienza 2000 anni di storia che sono li nel deserto a ricordarti che tutti i mutui, anche quelli ad interesse zero, hanno una scadenza e che la pietra dura piu' della carne, per cui che cavolo ci devo fare con questa materia inorganica che mi sopravviverà? A chi lascerò le plastiche della mia TV, il piombo ed il rame dei miei PC, il legno laccato dei miei mobili tutto ricevuto in cambio di carta colorata o plastica numerata con microchip codificato a 5 cifre ? Ma il coccio dei piatti è riciclabile? Si lo so la prendo sempre alla lunga hai ragione e soprattutto non so mai concludere bene una cosa, sono un uomo del paleolitico. Dove sono ? Qui. Qui dove?...eh qui.
Il passato riposa Bellamente nel letto degli ospiti O mi segue per casa Come un'ombra incollato ai miei gomiti
Samuele Bersani "Il tuo ricordo"
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alepagni · 4 years ago
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La rana, la guardia e lo scorpione
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15/04/2021
La corsa di due giorni fa, dall'inizio alla fine, è stata la conferma di quanto il mio corpo rigetti questo genere di attività, come fosse un organo trapiantato che il sistema immunitario classifica come estraneo.
Non conta la passione che ci metto.
Dolori all'anca, fitte alla coscia e al ginocchio, il piede destro da metà percorso comincia a coprirsi di formiche, i polmoni si spalancano solo quando manca un chilometro alla fine. Un disastro.
Da quanti anni è che va così?
Comincio a correre, prendo sicurezza, riesco a farlo con un minimo di regolarità, poi puntualmente esagero, mi faccio male e sono costretto ancora a fermarmi per settimane. Mi rimetto in sesto, ricomincio e la forma sembra quella inesistente del primo giorno.
Tutto si azzera quando ti fermi, tutto il lavoro accumulato si smaterializza, evapora, come se non avessi mai corso. Alla fine stare all'erta è diventata la condizione di ogni uscita e questa specie di tensione si mangia grossi bocconi di quel piacere che spettava a me.
Forse c'entra o forse non c'entra, ma mentre soffrivo per l'infinita salita che sbuca a pochi metri da San Giovannone, mi è venuto in mente Ettore, che è scomparso pochi giorni fa.
Una vita intera passata a stare esattamente nel posto in cui intendeva stare, facendo solo ciò che voleva. Prima con il piglio irresistibile dello spregiudicato che se la gioca e poi con gli occhi arresi di chi guarda con tenerezza l'inevitabile ostinazione della propria natura. Così mi sono sempre immaginato che fosse, le poche volte che ho intercettato il suo cammino. E così ho sentito parlare di lui in paese, con altre parole, ma il senso restava lo stesso.
Era la favola della rana e dello scorpione, per intenderci.
Visto da angolazioni diverse vestiva i panni del barbone, del ricco finito in rovina, del matto, o del custode silenzioso di un vecchio paese al confine fra tre province. Chiunque lo guardasse, con qualsiasi sentimento, non poteva negare di avere davanti un essere libero, nel senso più animale del termine.
Il mio primo incontro con lui risale ai tempi del liceo quando andavo a studiare nella biblioteca comunale.
Quel giorno ero solo nell'ultima sala di lettura in fondo al corridoio. Mancava poco più di un'ora alla chiusura e il tardo pomeriggio di gennaio somigliava già alla notte.
Entrò quest'uomo alto, di un'età che non avrei saputo dire, barba incolta e un cespuglio di capelli che somigliava a un nuvolone pronto a vomitare acqua e bestemmie. Il parka militare che gli copriva le spalle senza calzare le braccia come un mantello, era in condizioni migliori del mio. I pantaloni di velluto a coste lasciavano intravedere attraverso piccole finestre sfrangiate altra stoffa sotto, una calzamaglia, un pigiama, qualcosa buono per sopportare il freddo.
Si guardò intorno tenendo in mano un grosso dizionario, poi si mise seduto a un tavolo al centro della stanza. Inforcato gli occhiali cominciò a sfogliare una pagina dopo l'altra senza soffermarsi mai per più di un paio di secondi su una definizione.
A un tratto si bloccò e alzò il capo nella mia direzione, in realtà senza rivolgersi a me, ma a qualcosa di invisibile che doveva trovarsi a un metro dalla mia postazione.
«Guardi, qua occorre fare silenzio per cortesia. Stiamo cercando di quagliare, ecco», assertivo e con voce misurata rimproverò pacatamente il nulla che occupava la sua traiettoria.
Io alzai gli occhi perplesso e mi guardai attorno cercando indizi di una qualche presenza. Eravamo gli unici utenti della stanza, immersi in un silenzio quasi totale.
Ripresi il filo di quello che stavo leggendo, cercando di schiacciare una risata fra i denti. Ma dopo pochi minuti con la coda dell'occhio lo vidi alzare di nuovo la testa dal suo tomo.
«Allora non ci siamo capiti», tolse gli occhiali e li appoggiò sul tavolo per dare consistenza alle parole, «io le ho chiesto di fare piano e lei disturba? Questo è un luogo per famiglie. Così proprio non va. Come la mettiamo?».
Con gli occhi completamente aperti, cercavo di individuare il suo interlocutore senza alzare il naso dal libro. Mi resi conto che si stava rivolgendo allo stesso vuoto indifferente di prima, a uno sputo da me, mentre intorno a noi non volava una mosca.
«Lei capisce che è una questione di educazione? Io le chiedo una cortesia e lei che fa? Ignora sfacciatamente le mie istanze!», stavolta alzò di qualche tacca il volume della voce sbattendo sul legno la mano aperta.
Ignorando chi fosse, ricordo che pensai: «ecco, ora questo mi ammazza…e siamo pure soli».
Ma era la persona meno pericolosa sulla terra, lo capii col tempo.
Una volta gli regalarono un'auto usata, una station wagon, una roba abbastanza spaziosa mi pare, forse una Passat – non c'ho mai capito un cazzo di macchine – in ogni caso una carcassa che fungeva da casa. Un amico mi raccontò che il benzinaio vicino al cimitero, di notte, per un breve periodo, lo lasciò sostare con l'auto nella sua stazione di rifornimento. Questo fino a quando, una sera, non si dimenticò di spegnere le pompe prima di chiudere.
Passata l'ora della cena, Ettore tornò alla sua casa a quattro ruote e cominciò ad aggirarsi intorno al distributore (è così che me lo sono immaginato. Come si fa quando una storia è troppo bella e non si hanno tutti gli elementi fra le mani, ma la si vuole comunque raccontare?). Forse prese a vagabondare fra i pochi oggetti lasciati incustoditi, a toccare un po’ qua e un po’ là, a premere pulsanti a caso, non saprei dirlo, ma si rese conto che una delle pompe era sbloccata e si mise di vedetta in attesa di clienti.
Il primo fu uno dei ragazzi del bar: «Oh Ettore, che fai?»
«Ciao bimbo, quanto ti metto?»
Dopo qualche secondo di perplessità il giovane gli chiese venti euro di benzina, sicuramente con un sorriso incredulo stampato sulla faccia e gli allungò una banconota blu.
Lui col fare un po’ sornione di chi manda avanti la baracca da anni, gli buttò lì un, «ma dammi cinque euro e siamo a posto», alzando le spalle per sottolineare che per lui non c'era alcun problema.
Il cliente ben contento si fece subito aggiungere altro carburante e corse a telefonare agli amici per informarli che al distributore del cimitero c'era Ettore che regalava benzina a prezzi ridicoli.
Nel giro di mezz'ora una fila di macchine aveva completamente invaso l'area di sosta e un pieno non veniva negato a nessuno.
«Dammi dieci euro e facciamola finita!»
«Bah, quanto mi vuoi dare? Facciamo venti via.»
«Per te stasera offro io. Insisto!»
E così via, per buona parte della notte. O almeno così si diceva in giro, quasi venti anni fa.
Va da sé che fu invitato a trasferirsi con la sua Passat (o quello che era) altrove e nei primi anni dell'università, quando la mattina presto prendevo il treno per Firenze, lo trovavo parcheggiato dietro la Stazione a dormire al posto di guida, con a fianco, sdraiata sul sedile reclinato del passeggero, la marmitta dell'auto, da tempo divenuta inutilizzabile.
Una delle ultime volta che l'ho incontrato, prima di trasferirmi a Siena, ci trovavamo entrambi di nuovo in biblioteca. Io collaboravo con loro per quanto riguardava le visite guidate, i corsi di alfabetizzazione informatica e la catalogazione libraria; lui era un utente fisso delle sale di lettura: arguto e simpatico, a volte intratteneva i presenti, altre volte gli assenti, sempre con le tasche piene di verità universali e massime di vita che avrebbero fatto impallidire il più navigato fra i filosofi.
Quel giorno stava seduto a un tavolo davanti al bancone del reference dando un'occhiata al giornale, mentre chiacchierava con l'allora responsabile dell'ufficio cultura.
«Come va Ettore?», gli domandò lui, non per cortesia, ma con sincera curiosità.
Ettore alzò gli occhi da una pagina di cronaca e visibilmente compiaciuto per ciò che stava per dire, rispose: «Eh Luigi, come va? A dire bene è abbassare la guardia!». E poi si rimise a leggere.
E oggi quella risposta, più o meno, è diventata il mantra pessimista per le mie corse e per troppe altre cose.
Godersi il momento, quando è un buon momento, sarebbe forse la scelta migliore.
Ma siamo fatti come siamo fatti, sia rane che scorpioni. E a volte non c'è rimedio a questo.
Alessandro Pagni
Ascolto: The Black Angels, Currency
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dreamerwriter18mha · 5 years ago
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CRONACHE DI YUUEI - GROUND ZERO  Capitolo 11 - Legami pt. 2
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PAIRING: KIRISHIMA X BAKUGO   RATING: +18   GENERE: Fantasy AU
"Ma col cazzo! Dì a quel figlio di puttana che può andare a farsi fottere!" ruggì Katsuki, sbattendo violentemente un pugno sul tavolo.
Mentre le prime parole lasciavano la sua bocca, un lampo rosso attraversò la stanza e la porta spalancata.
"Cazzo" sbottò subito dopo, lanciandosi all'inseguimento.
Il Comandante Sato scambiò un occhiata con Sero e Uraraka, che si strinsero nelle spalle e gli fecero segno di accomodarsi e mangiare qualcosa.
"Non preoccuparti, amico. Torneranno presto e parleremo del da farsi, lasciamoli parlare da soli per ora" spiegò Sero, versando due dita di liquore per se e per Uraraka.
Era ancora mattina presto, ma la situazione meritava un piccolo conforto.
*****
Bakugo seguì il rumore dei passi di Eijiro fino al grande cortile. A quel punto seppe esattamente dove il rosso stava andando.
Lo trovò nella piccola zona riservata del giardino, in quell'unico punto che non si vedeva da nessuna finestra ed era abbastanza riparato dagli alberi, il posto segreto dove loro due si allenavano da soli la sera tardi, quando Eiji voleva provare a trasformarsi in drago.
Appena lo trovò seduto contro il muro di cinta, con il viso nascosto tra le braccia, seppe che stava piangendo ancor prima di sentire i singhiozzi.
"Eiji...va tutto bene..." mormorò dolcemente, sedendosi accanto a lui.
Il drago sollevò la testa con un debole singhiozzo e si allungò verso il Re, posando la guancia contro la sua spalla.
"Non voglio lasciarti....ma non voglio nemmeno che il tuo regno entri in guerra per causa mia..." brontolò, mentre altre copiose lacrime gli scorrevano sul viso "mi piace stare con te...ma non voglio essere egoista"
"Non centra niente l'egoismo, idiota. Se quei bastardi  ti vogliono dovranno prima passare sul mio cadavere. Nessuno ti porterà via da me" sentenziò il Re, con un vistoso rossore che gli tingeva il viso. "Grazie Bakugo...è così bello..." mormorò Kirishima, guardando imbarazzato da un altra parte.
"Cosa è bello?"
"Da quando ho perso la mia famiglia...da bambino...nessuno ha mai...avuto una tale cura di me. L'ardore con cui mi trattieni qui accanto a te, vedere come tutti si interessano di me...mi sento così..."
"Amato" concluse Bakugo per lui, alzandosi in piedi "dovresti sentirti amato. Perché lo sei. Fai parte della mia famiglia, ormai, e io mi prendo cura della mia famiglia" aggiunse, tendendogli una mano.
"Lo so. Per questo sei un grande Re" rispose Eiji, lasciandosi tirare in piedi.
"Cazzo Capelli di merda, sei diventato pesante" sbuffò Katsuki con una risata.
"Non fai altro che dirmi di mangiare! E non è grasso, sono muscoli, guarda!" brontolò l'altro, alzando la maglietta e mostrandogli il ventre piatto e gli addominali sempre più definiti. Kirishima guardò l'amico con cipiglio, per dimostrare il suo punto, ma lo sguardo affamato che l'altro gli rivolse, leccandosi le labbra con lascivia, sciolse la sua irritazione come ghiaccio al sole.
Mentre camminava dietro al Re, verso l'interno del castello, si trovò a chiedersi se quanto era accaduto la sera prima si sarebbe potuto ripetere in futuro. Dopo tutte le violenze che aveva subito al centro di addestramento non avrebbe mai creduto di desiderare l'intimità con qualcuno...ma se c'era qualcosa che Bakugo era stato straordinariamente bravo a fare fin dal primo giorno, era prendere tutto ciò che lui credeva di sapere del mondo e gettarlo alle ortiche.
Appena rientrarono nella sala da colazione, Bakugo trascinò il ragazzo per un braccio fino a dove poco prima era seduto lui, spostò il piatto ancora pieno di Kirishima davanti a se e si sedette, tirandosi il drago in grembo e avvolgendogli strettamente le braccia attorno alla vita, come se avesse paura che se l'avesse lasciato lontano da se avrebbero cercato di portarglielo via.
Un'imbarazzatissimo Kirishima guardò Uraraka, Sero e il Comandante Sato con un un sorriso di scuse, ma non fece assolutamente nulla per allontanarsi dalla comoda posizione, anzi, riprese il suo cucchiaio, sollevò il piatto e si lasciò cadere all'indietro con la schiena contro il solido petto di Katsuki, riprendendo poi felicemente a mangiare.
Uraraka nascose una risata dietro un colpo di tosse, Sato continuò a scavare la sua enorme fetta di torta come se non avesse mai mangiato nulla di più delizioso e Sero, dopo averli fissati per un lungo istante con gli occhi larghi come piatti, afferrò il bicchiere di liquore mezzo vuoto davanti a lui e lo buttò giù d'un fiato.
"Se dovrò vedere ogni giorno il Re dell'Esplosione Omicida scambiare effusioni con un fottuto drago al tavolo della colazione, sarà meglio che iniziamo a tenere qualcosa di più forte qui" brontolò, scuotendo la testa con incredulità.
Uraraka non riuscì più a trattenersi e iniziò a ridere così forte da cadere letteralmente dalla sedia.
"Finisci con calma, Comandante" ordinò Bakugo come se nulla fosse "poi parleremo della strategia da adottare. A meno che ovviamente tu non ritenga che dovrei assecondare la richiesta" sibilò.
"Nossignore. Non l'ho considerato nemmeno per un istante" rispose l'omone, tra un boccone di torta e l'altro.
Katsuki gli rispose con un sorriso soddisfatto e si mise a giocherellare con le punte spigolose dei capelli di Eijiro, mentre questi posava il piatto vuoto con un ronzio soddisfatto, vuotava un bicchiere di latte e si acciambellava sazio e contento in braccio al Re.
*****
Il cielo era nero come la pece, quando Bakugo e Kirishima si ritirarono nella torre. Erano entrambi esausti dopo le lunghe pianificazioni di quel giorno e volevano solo coricarsi.
Dopo ore di discussione si era deciso di anticipare le mosse di Re Todoroki, spostando un contingente dell'esercito, comandato da Bakugo, direttamente al confine con il Sud, così da concludere il conflitto nella zona arida e disabitata, senza coinvolgere i cittadini. Uraraka sarebbe partita la mattina successiva, insieme ai suoi uomini più fidati, per spiare le mosse del nemico e raccogliere informazioni. Sato sarebbe partito con i soldati due giorni dopo, mentre, per ragioni di sicurezza, Bakugo e Kirishima avrebbero raggiunto la zona della battaglia insieme alla cavalleria. Il Re non era stato molto d'accordo all'idea di portare il drago, ma Eijiro aveva insistito a non volersi allontanare da lui e suo malgrado Katsuki non era riuscito a negarglielo. Anche lui avvertiva una sgradevole fitta al petto al pensiero di allontanarsi dall'altro uomo, anche se non sapeva spiegarsi il perché.
Quando furono pronti per dormire, Kirishima guardò con esitazione tra il letto di Bakugo e il suo, non sapendo bene come comportarsi.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per addormentarsi di nuovo con il piccolo corpo caldo del Re contro di se e il suo profumo tutt'attorno, ma la sera prima era stata una specie di eccezione dovuta ai suoi incubi, non era sicuro...
"Capelli di merda, ti do due secondi per venire qui" sbottò il biondo all'improvviso.
Kirishima si riscosse dai suoi pensieri e vide che il giovane Re si era già spogliato dei suoi abiti e lo attendeva nel letto, tenendo una delle coperte sollevata in un chiaro invito. Sembrava piuttosto spazientito.
Subito Eiji si tolse i vestiti, più in fretta che poté cercando di non inciampare, e lo raggiunse sul comodo giaciglio.
"La smetterai mai di preoccuparti che ogni cosa che fai o dici possa farmi arrabbiare?" chiese il Re mentre si accomodava, leggermente irritato.
"Scusa...è ancora un po' strano per me" mormorò Eiji arrossendo.
"Dovresti imparare a seguire il tuo istinto, ogni tanto. E comunque se farai qualcosa che mi darà fastidio, stai pur certo che te lo farò sapere" spiegò Katsuki, mostrandogli una mano scoppiettante.
"Su questo non ho dubbi" ridacchiò Kirishima.
Scivolò velocemente sotto le coperte e in un istante il familiare profumo di casa e famiglia lo investì, sciogliendo ogni sua ansia.
Bakugo gli aveva detto di seguire il suo istinto, quindi lo fece. Senza fermarsi a pensare, si allungò verso il biondo e lo avvolse tra le sue braccia, immergendo il viso nei suoi capelli biondi.
Anziché lamentarsi o scacciarlo come aveva temuto, il Re si accomodò meglio nel caldo abbraccio e strofinò la testa contro la sua spalla con un mugugno soddisfatto.
Tutto era perfetto.
Entrambi chiusero gli occhi cercando di prendere sonno, ma quasi subito Kirishima si accorse che qualcosa non andava. Per quanto si sentisse stanco, il suo corpo non sembrava incline al sonno, anzi. Più inspirava l'odore fumoso di Katsuki tra i suoi capelli, più un esaltante calore bruciava nel suo ventre. Inoltre, qualcosa iniziava a muoversi tra le sue gambe, e questa volta non si trattava della coda.
Nonostante ciò, il drago si sforzò di restare fermo e cercare di dormire, o per lo meno permettere a Bakugo di farlo.
Passarono diversi minuti di silenzio e il rosso si rilassò, contento del fatto che il biondo non si fosse accorto di nulla.
Improvvisamente, Katsuki ondeggiò lentamente i fianchi contro i lui ed Eiji affondò i denti nel labbro fino a sentire il sapore del sangue, sforzandosi di non gemere.
Sembrò un gesto del tutto involontario. Finché non lo ripeté. Più volte.
"Kat...?"
Il biondo spostò il viso dal suo collo e lo guardò con grandi occhi annebbiati.
"Eiji..." piagnucolò disperato.
Kirishima deglutì. Come poteva resistere ad un così dolce richiamo?
"Dimmi, Kat. Dimmi cosa vuoi che faccia" mormorò.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per quest'uomo.
"Toccami" rispose il Re, con le gote arrossate.
Con una timida esitazione, Kirishima si abbassò fino a sfiorare le sue labbra e quando vide il biondo rilassarsi e chiudere gli occhi, colmò la distanza.
All'inizio non fu molto diverso dall'altra volta, le labbra di Katsuki erano morbide e calde contro le sue, il movimento lento e dolce, ma dopo qualche istante, il biondo affondò i denti nel labbro paffuto di Eijiro, strappandogli un ansito che gli fece aprire le labbra.
Immediatamente la lingua di Bakugo si tuffò tra i denti affilati, appropriandosi della sua bocca come aveva fatto con tutto il resto di lui.
Kirishima gli apparteneva e chiunque avesse sostenuto il contrario sarebbe stato ridotto in cenere.
Continuando a divorare la bocca di Eijiro, Bakugo si spostò a cavallo dei suoi fianchi.
Le grandi mani di Kirishima scivolarono sulla vita sottile di Katsuki e lungo i fianchi morbidi, fino a stringere il succulento fondoschiena di Bakugo.  Era così morbido e sodo...
"Ti voglio dentro di me" esclamò il Re, fissandolo con brucianti occhi rossi.
Kirishima si bloccò.
"Tu vuoi...vuoi che io..." esclamò sbalordito.
"Sì. E' un problema?" sbottò Bakugo imbarazzato.
"No! No no! E' che io...ecco..." balbettò Eiji, guardando di lato.
Katsuki sospirò rumorosamente  e si appoggiò comodamente con il mento contro il petto di Kirishima.
"Spiega" ordinò.
Eijiro lo fissò sorpreso. Non sembrava arrabbiato per l'interruzione, più che altro preoccupato.
"E' un po' imbarazzante...all'addestramento...all'addestramento mi hanno insegnato...ecco...io ero uno schiavo...non era previsto che fossi io a...sai..." cercò di spiegare balbettando.
Bakugo lo fissò intensamente, con la testa inclinata in un espressione dubbiosa.
"Oh al diavolo, mi hanno solo insegnato a stare...sotto" mormorò.
Il biondo sbatté le palpebre e lo fissò in silenzio.
"Non è possibile" sentenziò dopo qualche istante.
"Eh? E perché non dovrebbe..."
"Eiji...sei un Alfa. E' chiaro come il fottuto sole. Il tuo corpo è fisicamente progettato per non poter...inserire niente. Anche provandoci, sarebbe fottutamente...cazzo" esclamò, fissandolo con orrore.
"Doloroso. Già" concluse Eiji con sguardo malinconico.
Katsuki strinse i denti pieno di rabbia. Come era possibile che una persona così buona, così gentile e allegra, avesse dovuto subire delle cose così orribili.
"Mi dispiace...ho rovinato l'umore..." mormorò il rosso tristemente.
"Oh no...non l'hai fatto..." ribatté Bakugo con un ghigno diabolico "al contrario. E' tempo che qualcuno ti mostri come dovrebbero andare le cose"
Come una tigre che si avvicina alla sua preda, Bakugo si tolse i boxer e fece lo stesso con quelli di Kirishima.
Proprio come aveva percepito toccandolo la prima volta, il cazzo di Kirishima era a dir poco enorme. Era decisamente un Alfa.
"Miei dei..." ansimò, avvolgendo le dita attorno al succulento organo.
Iniziò a muovere lentamente la mano, ma Eijiro lo fermò con una stretta al braccio.
"Aspetta...anche io voglio farti sentire bene...questa volta" mormorò timidamente.
Bakugo studiò la loro posizione per un secondo, poi sorrise.
"Come vuoi, piccolo" rispose, spostandosi sul letto finché le sue cosce non furono ai lati della testa rossa.
A quel punto, si stese lungo il petto dell'altro e si dedicò di nuovo al suo premio.
Eijiro rimase a fissare il delizioso spettacolo davanti ai suoi occhi con l'acquolina in bocca, non riuscendo a decidere da dove cominciare.
Mentre la calda e ruvida mano di Katsuki riprendeva il suo compito, Kirishima si concentrò sull'accontentare il desiderio dell'altro, quindi allargò le soffici sfere pallide per avere accesso al grazioso piccolo buco increspato. Era la prima volta che si trovava dall'altro lato di questo tipo di situazione, ma sapeva comunque quello che avrebbe dovuto fare, o per lo meno la teoria. In ogni caso, Katsuki si era sempre mostrato straordinariamente paziente nei suoi confronti.
Katsuki, dall'altro lato, decise che non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione, ora che il grosso membro del suo drago era così meravigliosamente vicino alla sua bocca. Lo percorse con la lingua dalla base fino alla punta, trattenendo a mala pena un gemito al forte gusto di maschio alfa. Con l'aiuto di molta saliva iniziò lentamente a sostituire la mano con la sua bocca, un centimetro alla volta, perché quel coso era davvero enorme, quando una umida, calda e stuzzicante carezza gli mozzò il fiato e gli strappò un piagnucolio.
Si voltò per un momento verso Kirishima per chiedergli cosa cazzo avesse appena fatto e vide il drago con il viso affondato nel suo culo, con il mento coperto di saliva e gli occhi socchiusi velati di lussuria, mentre la sua lingua straordinariamente abile giocava con il piccolo anello di muscoli.
"Eiji...cazzo...non so dove tu abbia imparato a farlo ma...Dei...non smettere"
Gli occhi cremisi si accesero di gioia e Kiri riprese il suo lavoro con ancor più vigore.
Dal canto suo, Bakugo non volle essere da meno e decise che se il rosso poteva fare...beh, qualsiasi cosa fosse la magia che stava facendo al suo culo, lui poteva dargli il miglior pompino della sua vita.
Kirishima gemette, basso e profondo, mentre il calore bagnato della dolce bocca di Bakugo lo inghiottiva quasi completamente.
"Sapevo che quella tua bella bocca poteva fare più che sputare insulti" commentò in uno slancio di sicurezza.
Mentre Bakugo grugniva quello che sembrava chiaramente proprio un insulto, la risatina di Eiji fu soffocata in parte dalle due dita che si era infilato in bocca per ricoprirle di saliva.
Quando fu soddisfatto, iniziò ad accarezzare gentilmente lo stretto anello rosa con una delle due dita, mentre con l'altra mano accarezzava il membro gonfio e arrossato del suo compagno.
"Questo farà un po' male, ma devi cercare di rilassarti, capisci? Ti prometto che andrà meglio..." mormorò, lasciando baci bagnati all'interno della candida coscia di Katsuki.
Quando la punta del dito attraversò l'ingresso, Bakugo si irrigidì e sibilò, ma Kiri si affrettò ad accarezzarlo più velocemente, per oscurare il dolore con il piacere.
"Shhh...va tutto bene, so che puoi farcela. Il mio bellissimo Re è invincibile, può fare qualunque cosa...il mio forte, coraggioso e straordinario Re è il migliore di tutti...è il più audace, il più potente, il più sexy di tutto l'Impero..."
Le dolci lodi di Kirishima inondarono la mente di Katsuki come caldo miele e infiammarono il suo ventre ancora di più, intrecciando il dolore con squisite onde di piacere. E poi, mentre Eiji continuava a tessere le sue lodi e a muovere lentamente il dito al suo interno per farlo abituare, il dolore svanì e il giovane Re si trovò a spingere istintivamente contro la mano, implorando per averne di più.
Sotto lo sguardo perplesso di Eijiro il secondo dito scivolò dentro senza problemi e non molto dopo anche il terzo e perfino il quarto, mentre i muscoli cedevano con sorprendente facilità e le pareti vellutate sembravano sempre più calde e umide sotto le sue dita. Kiri era abbastanza sicuro che il corpo maschile non si lubrificasse come quello femminile, ma non era così esperto da poterlo affermare con certezza, e comunque non è che in quel momento gli importasse particolarmente, qualunque cosa che potesse farlo entrare più in fretta in quel dolce calore era più che ben accetta.
Non aveva mai considerato l'idea di essere quello che fotteva attivamente qualcuno, ma ora che gli era stata presentata quest'opportunità non riusciva a pensare ad altro.
Quando fu sicuro che Katsuki non potesse più in alcun modo provare dolore, si dette da fare con più vigore, finché le sue dita non incontrarono una superficie gonfia e liscia. Appena la toccò, Bakugo si sollevò di scatto dal suo cazzo ed emise un lamento così acuto che non ebbe dubbi che l'avessero sentito in tutto il castello.
"Capelli di merda, sono pronto, mettilo dentro" ringhiò il biondo ribaltando rapidamente la sua posizione, con il viso rosso come un peperone e lo sguardo omicida, sicuramente a causa del lamento molto poco virile che aveva appena fatto.
"Ehi! Almeno mentre facciamo questo potresti evitare di insultarmi" brontolò Eiji, con un lieve broncio.
Il Re lo guardò accigliato per un momento, per poi sospirare e sorridere imbarazzato.
"Scusa" mormorò, così piano che se Kirishima non fosse stato un drago con un udito sopraffino non l'avrebbe sentito.
Eijiro gli rispose con un ampio sorriso e lo avvicinò a se per un bacio profondo e bagnato, mentre spostava la punta della sua erezione ancora ricoperta di saliva finché non colpì il dolce buco allentato del Re.
Nuovamente il drago si trovò a stupirsi della facilità con cui il corpo di Katsuki lo accolse, era come se fosse stato fatto su misura per lui.
Entrambi gemettero quando Kiri fu inguainato completamente all'interno del Re e Bakugo non attese nemmeno un secondo prima di iniziare a rimbalzare avidamente sui suoi fianchi, ansimando e sbavando per l'intenso piacere mentre Eijiro non poteva che ammirare estasiato il meraviglioso spettacolo e sollevare i fianchi per incontrare le sue spinte con sempre maggior vigore.
"Dai drago, mostrami cosa sai fare" ordinò il biondo con un ghigno arrogante.
Il modo in cui sedeva su di lui come un Re sul suo trono, il dominio con cui osava dargli ordini, la sua arroganza...l'insieme di tutte queste cose scatenò un ringhio bestiale dal petto di Kirishima che lasciò basito perfino lo stesso Bakugo.
Prima che potesse fare qualsiasi cosa, Eijiro si sollevò con facilità e lo ribaltò sul letto a pancia in giù, per poi afferrare i fianchi pallidi con una presa ferrea e trascinarselo in grembo, per riprendere a fotterlo da dietro, con molta più forza e vigore.
"Ora ci penso io, rumag" ringhiò all'orecchio di Katsuki.
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lalunalegge · 4 years ago
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A guardar passare le famiglie felici- Iuri Toffanin
Il libro è il suo ultimo romanzo e tecnicamente non è ancora uscito, è in crowdfunding su BookABook. Si può preordinare e in attesa che la campagna raggiunga l’obiettivo, ho ricevute le bozze non editate ma molto, molto pulite, ve lo assicuro. Mi ci sono lanciata e l’ho divorato.Non voglio raccontare troppo per non rovinare l’effetto della lenta rivelazione, ma dirò che mi è piaciuto tantissimo!
“Esistono, su questo pianeta, sguardi che condensano storie.”
Una mattina uggiosa di un giorno piatto qualunque, la vita del protagonista, in piena crisi e senza prospettive, cambia improvvisamente quando un uomo anziano decide di sedersi a mangiare la sua 'schiscetta' di trippa sul tavolo in esposizione del negozio di mobili dove lavora come commesso. Curioso e avido di novità, il protagonista non sceglie l’approccio ‘da procedura’, non è proprio il tipo, e si siede a parlare con l’anziano.
Ne nasce una complicità immediata, cui segue una fuga dal negozio e poi una discesa nel passato di dell’uomo. Quest’uomo ha un segreto e il protagonista decide di farsi trascinare dalla corrente degli eventi per scoprirlo, e il racconto lo fa lentamente e delicatamente, come si farebbe con un prezioso reperto.
Capitolo dopo capitolo, si scopre di più del protagonista e di quest'uomo misterioso, e si dipana la storia del dramma di una famiglia che si snoda lungo vari decenni. Il tema è serio, intenso, ma il racconto non è affatto pesante, e c’è catarsi, di quella bella.
Se all’inizio l’aria che tira per il protagonista è stantia e umida di pioggia, la fine si chiude nel sole e nella brezza marina.
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È intenso e profondo ma anche divertente, stuzzicante, intelligente. Un tratto che Luna ritrova nei romanzi di Iuri, e che le piace tantissimo, è che la voce narrante è proprio un narratore quasi fisico, un amico che potresti avere seduto di fronte a raccontare. C’è il mistero, la quotidianità, la Storia del nostro paese, la profondità e l’interiorità delle persone, citazioni letterarie e musicali. Le riunioni degli Alcolisti Anonimi nel libro strizzano l’occhio a situazioni surreali come quelle di Pizzeria Kamikaze di Etgar Keret e qualche accenno qui e là (ma non dico di più perché non farò spoiler!) crea un leggero effetto ‘matrioska’ di quelli che Luna adora.
Questo è il link alla campagna. Questo libro merita davvero di essere pubblicato!
https://bookabook.it/.../guardar-passare-le-famiglie-felici/
“Chiedevo del sedano”
“Il sedano sì, cosa vuole sapere?”
“Come mai pezzi così grossi?”(…)
“Oh, un insegnamento materno. Di quelli che si tengono come metafore del vivere. Solo pezzi grossi per consentire facile scarto a chi non ne ama la consistenza sotto i denti. Il sedano è così, a certi mette i brividi, con quei filamenti coriacei. Mia madre suggeriva questo metodo, anche per la vita. Ciò che è visibile e più facilmente evitabile.”
“Non lavoravo da un giorno e già il cervello scrostava via le prime scaglie di ruggine.
“Il lavoro nobilita un cazzo.”
“Conoscevamo solo l’essenziale per essere sicuri di poterci confidare segreti, come se conoscersi troppo bene o conoscersi troppo poco costituiscano ogni volta i prerequisiti per riuscirsi a fidare. La terza via, quella di mezzo, è sconsigliabile.”
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dudewayspecialfarewell · 4 years ago
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Sono mediocre, come quei BOOMER del cazzo dei miei genitori
“Can't hurt me” di David Goggins è uno di quei libri che posso dire mi abbia cambiato la vita .
La prima è che lui  è diventato Navy Seals, Guardia forestale etc. con un cuore bucato, ha corso maratone su una sola gamba, ed  è stato ed  è un grande supermaratoneta.
Quest'uomo è partito avendo genitori veramente peggiori dei miei, cioè persone che sfruttavano i figli come prole ( letteralmente secondo la definizione di Marx di prole e quindi un oggetto da utilizzare da parte dei genitori per poter capitalizzare il lavoro, quindi far lavorare i figli al posto dei genitori e vivere di rendita passiva).
I figli quindi sono l' equivalente di un investimento in banca.
Questa mentalità contadina l' ho vista nelle mie terre prima della generazione dei miei genitori, che come spesso accade non hanno e non avevano i mezzi quando crescevano di capire queste cose.
Nelle mie terre si è passati in fretta dai campi ai capannoni industriali, e queste cose “ psicologiche” restano  lettera morta per chi abbia più di 35 anni.
I miei genitori mi hanno sempre detto di vedermi come un bastone per la loro vecchiaia, e da più piccolo mi hanno trattato a volte come un oggetto ( tipo, ho fatto un intero trasloco trasportando tutti i materiali perché era dovuto in quanto figlio)
Come molti altri della loro generazione credo si renderanno conto che questo bastone per la loro vecchiaia non esiste, come non ci sono più le beste paga spedite in patria ai genitori dai figli emigranti.
Qui la gente va via gridando “ Addio boomer del cazzo”
Questo clima difficile aiuta molto ad auto - giustificatorio
Sarà per questo che per me in Italia Goggins, nero negli US, ha colpito tanto.
Lui un giorno si ritrova di fronte allo specchio, si guarda e vede un fallito. Si mette a lavorare e raggiunge un obbiettivo, vero concreto, raccontabile ( tipo vincere a basket, essere preso nei Navy Seals)
Ecco, io no. Io sono il classico uomo mediocre che raggiunti degli obbiettivi sostenibili si adagia e cerca scuse per non dire che ha fatto un lavoro alla cazzo perché non aveva voglia.
E come molti della mia generazione do la colpa agli altri, al governo, etc. etc.
L’ unico colpevole e responsabile sono io.
Grazie a questo libro ho capito che sono mediocre, come quei BOOMER del cazzo dei miei genitori
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unaltravoltadarischiare · 6 years ago
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Metal, mi vuoi sposare?
<Porca di quella puttana...> me ne sto impalato in mutande davanti alla lavatrice con in mano una mia camicia con trama floreale che una volta era verde marino. Una volta sì, adesso, non so come, è diventata vagamente rossa e non voglio parlare di quei poveri fiori.
<Che c'è Erm?> Fabrizio fa capolino con la testa dalla porta e mi guarda con un cipiglio confuso sul volto.
<La mia camicia, Fabrì, la mia camicia> lui mi guarda senza capire per poi spostare lo sguardo sull'indumento fra le mie mani <e le mie mutande sono diventate rosa. Rosa, Fabrì, capisci che c'è?> lo guardo intensamente negli occhi e per un secondo spero quasi prenda fuoco. La mia camicia, porca di quella puttana.
Lui torna a guardarmi negli occhi e fa quel sorrisetto che potrebbe quasi farmi impazzire se non fosse un fottuto coglione incapace di fare il bucato. Si sporge del tutto e mi supera per andare a controllare il resto del bucato disastrato.
<Ehy, le mie però sono diventate verdi> sono di spalle ma mi giro per guardarlo male, lui quasi mi ignora e inizia a ridere con in mano le nostre mutande. Dio, perché a me?
<Però dai, rosa sono carine> aggiunge ridendo e a questo punto gli lancio l'ultima occhiataccia prima di andarmene in cucina. Figuriamoci se adesso gli lascio fare un casino anche con la colazione.
Con Fabrizio è sempre un po' così, non mi dispiace poi tanto, infondo lui è l'amore della mia vita no? Va così da prima di San Remo, non è stata quella collaborazione a far nascere qualcosa fra noi anzi, quella è venuta fuori proprio per il colpo di fulmine che c'è stato prima. Non so nemmeno io perché ma già dalla prima volta le cose hanno iniziato a funzionare in modo naturale, come se fosse semplicemente destino che farle insieme fosse la cosa giusta. Sanremo è stata solo una delle prime conferme che insieme funzionavamo bene, l'Eurovision è stata l'ultima conferma che serviva a tutti e due. Non è facile gestire un colpo di fulmine del genere, specialmente se sei un cantautore che sta lottando per il suo posto nel mondo. All'inizio non eravamo poi così convinti, eravamo confusi e onestamente non sapevo nemmeno io da dove cominciare. Alla fine ha solo funzionato, era più forte di noi e ci siamo trovati insieme senza nemmeno accorgercene. È stato bello, è servito del tempo ma non penso di averne mai perso con lui o dietro di lui. I casini non sono mancati ma insomma, stiamo pur sempre parlando di me e Fabrizio. Parlando di lui, mi è appena arrivato alle spalle e mi ha abbracciato stretto stretto come fa praticamente solo lui.
<Scusa, mi dispiace per la tua orribile camicia> appoggia la testa nell'incavo fra la mia spalla e il collo, praticamente mi ha soffiato le scuse contro il collo. È furbo questo, negli ultimi anni ha imparato come avere a che fare con me.
<Fabrizio...> gli sussurro con un mezzo tono di rimprovero.
<Sì?> mi chiede ridacchiando contro il mio orecchio.
<Non mi pare sia questo il modo di porre delle scuse appropriate...> lo sento ridere ancora più forte e mi parte un sorriso spontaneo, è più forte di me, riesce a farmi sorridere pure quando sono arrabbiato.
<Oh, guarda che io non dico le bugie, quella camicia è veramente orribile> strofina lentamente il mento sulla mia spalla e quasi vorrei strangolarlo, quando ne ha voglia sa proprio fare le cose. Peccato che si impegna solo per farsi scusare tutti gli altri casini che combina. Non che mi dispiaccia, quando si scusa, intendo.
<Da quando, scusa?> a questo punto sono io a ridacchiare <non dire stronzate, Fabrì.>
<Dai Ermal, dammela buona per sta volta> ce l'ho talmente attaccato che lo sento sorridere contro di me.
<Per sta volta? Sono anni che te la do buona ogni volta> mi giro nella sua stretta trovandomelo così faccia a faccia, lui mi sorride di nuovo con una dolcezza che non pensavo mai possibile in nessuno, Fabrizio per primo. Invece mi ha stupito, forse è persino lui il più dolce fra noi.
Mi da un bacio sulla guancia, io gli sorrido arreso a perdonarlo pure questa volta e lentamente mi allontano da lui. Non mi sono ancora messo una maglietta e sinceramente gironzolare mezzo nudo appiccicato al mio ragazzo in un appartamento che è più vetro che altro non mi sembra una grande idea. Lo so, sono proprio un portento quando si tratta di grandi idee e Fabrizio è nei dintorni a distrarmi.
Mi allontano definitivamente da lui e sento il suo sguardo bruciarmi sulla schiena. Sì, diciamo pure la schiena, è più poetica così la faccenda.
Mi avvio verso la camera da letto acquisendo una nuova consapevolezza, ormai mi sa proprio che dovrò mangiare la colazione che riuscirà a combinare il mio ragazzo.
A distrarmi dalla mia ultima realizzazione è la "sedia di Fabrizio". Cosa intendo quando parlo di questa sedia? Parlo della sedia su cui, da alcuni anni ormai, si sono stazionati i suoi vestiti. Ogni volta provo con le buone a convincerlo a fare un po' di ordine ma come ho già detto è bravo a fare le cose quando si impegna, di solito il suo obbiettivo è distrarmi e che posso dire, ci riesce che è una meraviglia.
Supero la sedia lanciandole una mezza occhiataccia e vado ad aprire il mio armadio, grazie al cielo almeno qui un po' di ordine ci è rimasto. Ovunque non mette le mani Fabrizio c'è ordine in realtà, in pratica vivo nel caos ma se vogliamo metterla su questo piano ha messo le mani anche sul mio cuore, il disgraziato. Sarà per questo che ho iniziato a fare cazzate, tipo correre sotto la pioggia con lui e finire col baciarlo. Forse finchè non mette mano al mio armadio questa cosa può funzionare. Sorrido ai miei stessi pensieri e prendo una maglia arancione, ha la scritta "Bali" in blu gigantesca che occupa quasi metà dello spazio e qualche disegnino stilizzato ai lati di essa. Me l'ha regalata lui un paio d'anni fa, quando l'ho praticamente costretto ad andare a Bali per una mia sottospecie di crisi di mezz'età. Ci tengo a chiarire il "sottospecie", giusto perché chiarire le cose è importante.
<Ermal! Porta il culo qui> urla dalla cucina, fa una breve pausa e poi aggiunge <amore> Dio, amo quest'uomo. Dove ne trovo un altro così?
Mi infilo la maglia, un paio di pantaloncini che penso siano suoi dato che li ho trovati per terra e lo raggiungo pregando non abbia ancora dato fuoco alla cucina, di nuovo. Lasciamo stare, che è meglio.
Alla fine non ha dato fuoco alla cucina, anzi, sembra si sia pure impegnato e che abbia combinato qualcosa di decente. Si gira di scatto verso di me con un piatto in mano e il grembiule allacciato alla vita.
<Pancake!> esclama tutto contento e lo guardo alzando un sopracciglio.
<Pancake? Da quando sai farli, scusa?> continuo a fissarlo sempre più confuso. È mai possibile che dopo tutti questi anni lui riesca ancora a stupirmi? A quanto pare, la risposta è sì.
<Da tutta la vita, Erm> fa di nuovo il suo classico sorrisetto e questa volta posso pure concedermi di pensare che me ne sono trovato proprio uno figo <poi non dire che non ti amo.>
<Mai pensato Fabbbbrì> mi metto a ridere e lui mi fulmina subito con lo sguardo, è una vita che lo prendo per il culo e continuerò fino alla fine dei miei giorni. Anche sulla sua tomba, se necessario.
<Non ho capito, Metal, che stavi dicendo?> fa quella sua cosa a metà fra un ghigno e un sorrisetto e sul serio, come faccio ad amare questo coglione? Mi fa sentire bipolare oltre che infinitamente stupido. Poi mi ricorda subito perché nonostante tutto lo amo. D'improvviso torna a sorridere con tutta la dolcezza del mondo, come se gli fosse tornato in mente un ricordo che ama particolarmente, e mi invita a sedermi. Mi siedo e lo osservo silenziosamente mentre mette sul tavolo i nostri piatti, si slaccia il grembiule, lo appoggia su una delle sedie vuote e si siede di fronte a me.
<Ti vedo silenzioso, che c'è? Mi pare che la storia della camicia orribile l'abbiamo superata con successo> accenna un mezzo sorriso poi allunga la mano sopra il tavolo verso la mia e me la stringe. Si accorge sempre quando c'è qualcosa che mi frulla per la testa, a volte anche prima di me.
Penso sia uno di questi il motivo per cui funzioniamo, lui capisce, capisce sempre tutto e ogni volta sa cosa fare per farmi sentire bene. Perché poi magari ha pure quella sua aria da duro, con lo sguardo scuro quasi sempre crucciato e il leggero strato di barbetta, ma ha quel tipo di sensibilità che quando entra in contatto con la mia la fa vibrare in sintonia con la sua.
<Oggi vedo i nostri ricordi ovunque> faccio una pausa cercando le parole giuste per spiegargli bene quello che sento e lui semplicemente mi lascia i miei tempi continuando a sorridermi incoraggiante <Sono passati così tanti anni e ne abbiamo combinate così tante... È bello rivivere tutte quelle cose che oggi ci hanno portato ad essere noi, così come siamo, così come siamo cambiati, insieme.>
Lui mi sorride mentre mi accarezza la mano e so che capisce quello che gli sto dicendo, lui mi capisce sempre.
<È molto bello, Ermal. Sono immensamente felice di aver fatto tutto quello che abbiamo fatto e di essere cambiato insieme a te, non c'è altro che vorrei dalla vita> il cuore mi batte sempre un po' più veloce quando mi dice cose del genere, usa quel suo tono che mi fa sentire il primo e l'unico al mondo.
Rimaniamo a guardarci e a sorriderci per dei minuti che mi sembrano quasi un'eternità, solo io e lui nel nostro piccolo mondo.
Alla fine torniamo sulla Terra un po' a malincuore e iniziamo a mangiare i suoi pancake continuando a chiacchierare tranquillamente. Devo anche dire che sono piuttosto stupito, sono i pancake più buoni che abbia mai mangiato e non pensavo che Fabrizio fosse capace di una cosa del genere. Non finirà mai di stupirmi quest'uomo.
Faccio appena in tempo a finire di mangiare e a riprendermi dai miei pensieri quando si alza, mette i piatti nel lavello e dopo avermi preso la mano mi trascina letteralmente di peso in camera ignorando le mie proteste.
<Fabrizio, porca troia, che cazzo hai in testa?> gli sbraito dietro appena si ferma in camera e mi molla la mano. Subito sento la mancanza della sua stretta, passano gli anni ma questa cosa proprio non passa mai.
<Tu, io e le tue splendide mutande rosa oggi andiamo a spasso> mi sorride come se mi avesse appena fatto la proposta più normale del mondo.
<Aspetta, dove vorresti andare scusa?> gli chiedo mentre lo fisso cercare qualcosa di indossabile dalla sua amata sedia del caos.
<Ti devo portare in un posto, anzi, è una sorpresa> prende una camicia a fiori hawaiani che ha visto giorni migliori, probabilmente era pure una delle mie a guardarla meglio, e un paio di pantaloncini al ginocchio neri <mettiti qualcosa di più... pubblicamente accettabile? Vabbè conciati in modo che te se possa vedè e non provare ad uscire da qui finché non ti chiamo io> finisce il suo discorso afferrando il suo solito cappello e gli occhiali abbandonati sul mio armadio.
Provo a lanciargli uno sguardo supplicante ma ormai è tardi, si è già defilato fuori sbattendosi la porta alle spalle. Non cambia mai.
Dopo un po' che mi sono imbambolato a fissare la porta, mi giro e finalmente mi decido a cercare qualcosa da mettere.
Fabrizio fa così "Ermal, preparati, ti porto in un posto però non ti dirò un cazzo di niente perché è una sorpresa". Una volta sono finito in un ristorante elegantissimo con le infradito per capirci. Il bello è che ogni volta Fabrizio aspetta che mi vesta e poi rimane sullo stesso stile, sì, di sua spontanea volontà si è presentato in ristorante in infradito con me. Questa volta almeno mi ha dato un indizio.
Dall'armadio tiro fuori una camicia con una fantasia geometrica (con una a fiori sembreremmo troppo una coppia di adolescenti e non penso sia il caso) e un paio di jeans neri con i brillantini bianchi sulle tasche. Non so di preciso a cosa pensavo quando li ho comprati ma mio malgrado ho una fissa per i brillantini sui vestiti, diciamo che ho giacche molto più brillantinose in quell'armadio.
Mi vesto e dopo essermi infilato le scarpe vedo Fabrizio spuntare da dietro la porta semi aperta.
<Forza Ermal, è ora di andare> accenna un sorriso ma sembra piuttosto nervoso. Di solito a quest'ora se la sta ridendo sotto i baffi per quello che mi ha preparato, mi sale una leggera ansia a pensare che questa volta pure lui è nervoso.
Semplicemente annuisco e lo seguo fuori dalla camera fino alla porta d'ingresso, qui si siede e si infila le sue scarpe. Altra abitudine a cui mi sono arreso. Solo adesso noto che si porta a presso una borsa frigo e qualche idea inizia a farsi spazio nella mia mente.
Quando ce la fa si rialza e ci avviamo fuori casa, chiudo la porta a chiave e subito Fabrizio mi prende la mano. Lo fa poche volte ma devo dire che quando lo fa è parecchio piacevole.
Mi lascio guidare da lui fino in strada dove lo vedo proseguire a passo lento ma sicuro verso la spiaggia, mi ci trascina abbastanza spesso solo perché sa che io la adoro. Me lo ricordo ancora quanto mi ha fatto impazzire per farmi trasferire qui ma alla fine ne è valsa decisamente la pena.
Arriviamo in breve tempo e ci fermiamo un secondo per togliere scarpe e calzini, Fabrizio fa qualche magia per riuscire a reggere scarpe e borsa con una sola mano per continuare a tenermi per mano con l'altra. Lo fa come se fosse poco ma per me anche le piccole cose che fa fanno ancora un grande effetto, non parliamo delle sorprese che si inventa ogni tanto, rischio ogni volta di sciogliermi come un gelato al Sole.
Ci sistemiamo in un angoletto abbastanza tranquillo ma che permette comunque di avere una buona visuale sul mare. Iniziamo a parlare ma Fabrizio non sembra qui, ogni tanto mi sorride ma principalmente sembra perso a controllare l'ora sullo schermo del telefono.
Sto per dirgli che forse è meglio andarcene, che forse non è giornata da sorprese, quando lo vedo alzare lo sguardo e guardare dritto verso il mare. Sorride e gli si illumina tutta la faccia come una lucina di Natale, non capisco finché non sposto anche io lo sguardo verso il mare e allora lo vedo. Uno di quei piccoli aerei che si portano dietro gli striscioni delle pubblicità ma questo è diverso, c'è scritto "Metal, mi vuoi sposare? Tuo Fabbbbrì".
Mi giro verso di lui e un po' mi viene da piangere, un po' da strozzarlo. Ma che gran coglione, sto piangendo come un fiume in piena. Si gira anche lui e noto che continua a trafficare nella tasca destra dei suoi pantaloncini e, onestamente, non penso di poter sopravvivere a quello che sta per succedere.
Qualcuno si gira proprio quando Fabrizio tira fuori una scatolina e poi niente, penso di essere svenuto perché adesso sento la sabbia sotto le spalle e ho l'amore della mia vita sopra di me che mi guarda preoccupatissimo. Penso si sia preso proprio uno spavento con i controfiocchi, si è persino tolto gli occhiali e il cappello, gli riesco a vedere gli occhi un po' lucidi ma forse sono solo io.
<Fabrì?> ha un sussulto quando mi sente e subito la sua mano raggiunge la mia.
<Sì?> sembra ancora molto preoccupato, che carino, questo è il mio fidanzato.
<Sì> gli sorrido ma lui sembra confuso così libero la mano dalla sua, lo prendo per il colletto e me lo avvicino ancora di più <sì che ti sposo, coglione> finalmente capisce e poi si avvicina delicatamente e mi da il bacio più appasionato che mi abbia mai dato. Dio, grazie per avermi destinato questo coglione. Lo abbraccio e lo stringo forte a me, non credo possa esistere uomo più felice di me adesso, sul serio.
Dopo un po' di tempo si è riuscito a liberare della mia morsa, dopo avermi chiesto almeno tre volte se ce la facessi senza svenire ha ripreso la scatolina e finalmente è riuscito a mettermi questo benedettissimo anello. Tutta la gente attorno a noi ha incominciato ad applaudire e a questo punto non sono riuscito più a resistere, gli sono saltato di nuovo adosso e ho ripreso possesso delle sue labbra.
Penso di essere fortemente, terribilmente ed irrimediabilmente innamorato dell'amore della mia vita.
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sometimesambroswrites · 6 years ago
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Heh, nessuno ha chiesto il mio resoconto del concerto di ieri ma ve lo faccio lo stesso perché sono una rompiballe.
Io soffro molto di ansia generalizzata e ansia sociale, okay?, okay, quindi andare in posti affollati per me è .,,., difficile. Soprattutto posti affollati in cui la gente si muove/salta/urla/e così via. Però quando ho preso i biglietti a maggio ho pensato “se lo faccio per qualcuno, tanto vale che lo faccia per Ermal”.
Quindi il mio resoconto del concerto sarà molto intriso di come l'ho affrontato date queste circostanze.
In primis, uno shoutout a Radio 105 che ci ha ripetuto 15 volte che sponsorizzavano il concerto di Ermal. Non vi ascolterò mai più perché avete passato la Cintura 5 volte e mi avete interrotto Shawn Mendes. Vergogna. Also, shoutout perché invece del supporting act avevamo la radio. Direi …,., scelta valida?
Mentre il campo – è Castagneto Carducci, ci stanno campi di grano e pomodori – si riempiva, Ermal è uscito a fare un saluto dal palco – non so se lo faccia abitualmente, quindi riporto – con la sua maglietta verde militare un po' tutto giggl-y facendo correre la gente verso il palco stile bisonti nel Re Leone. Io in quel momento come Simba ma non importa.
Ha cominciato chiaramente con Non abbiamo armi. Era esausto e si vedeva ma è stato comunque perfetto. La giacca con le paillette arcobaleno era un ottima scelta per un concerto a Novembre. @Ermal ti prego ero pronta col tè freddo e i biscotti nel caso ad un certo punto ti sentissi male, mettiti una maglietta con le paillette se proprio proprio non ce la fai.
Ha ringraziato alla fine di tutte le canzoni.
Momenti che probabilmente non mi scorderò: - È vietato morire con quasi la Via Lattea che si vedeva nel cielo, più urlata che cantata, - “e a questa vita io gli voglio bene”, anche se ho passato due settimane buone in crisi depressiva perché stavo così in ansia per il concerto, a questa vita gli voglio bene pure io stronzolo, - quando ci ha fatto cantare l'inizio di Piccola anima prima che la rifacesse lui perché era stanco, - “le vostre inutili guerre DI MERDA”, - “ogni male è un bene quando serve”, si è cambiato la giacca per cantare Lettera a mio padre e si è messo quella con le ali, - “non mi avete fatto niente, non avete avuto niente”, - Il vento della vita che rimane una delle mie preferite, - “ogni dolore ti è servito e non lo sai, a costruire il tuo sorriso, quel bel sorriso che adesso hai”
Il clown è straziante
Ha fatto le ultime due canzoni appeso all'asta del microfono perché si reggeva a malapena in piedi
non so chi ha dato il permesso a quest'uomo di cantare Mi salvi chi può live tbh, fermatelo
Ermal si prenderebbe una pallottola per tutti i membri della band (tranne forse Vige perché almeno vincerebbe la competizione di tuffi)
andare ad un concerto di Ermal è catartico
verso ¾ di concerto ho smesso di sentirmi come se fossi sul punto di morire; se avete mai provato questa sensazione – è una bella sensazione
“queste due ore non ve le ridà nessuno, quindi grazie per averle passate con me”
Ermal vuole prendere tutto il bello che vede nel mondo, metterlo nelle sue canzoni e poi dirvi “guardate quanta cazzo di bellezza c'è” e lasciarvela dentro
mi sono fatta il concerto aggrappata alla sedia perché tutte quelle persone in piedi e i rumori e le luci mi stavano sopraffacendo il 90% del tempo, però ho sentito lo stesso
credo che il suo fosse l'unico concerto che mi sarei potuta fare come primo concerto dall'Ansia™
RAGA ERMAL È SMOL nessuno mi aveva avvertito
final shoutout a mia sorella minore che mi ha fatto da babysitter senza sapere una parola di una canzone ed ha assunto subito la faccia e la postura di padre al concerto della figlia appena ha poggiato il culo sulla sedia
the true hero
passo e chiudo
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m--way · 6 years ago
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Cara Catastrofe...
Questa sera (beh ormai ieri, sono le 3.08 am ma ok) S., a danza, ha detto una cosa che mi sta dando molto da pensare. Niente di preoccupante, intendiamoci. Solo una frase ma d'effetto. E io so benissimo che era una considerazione in senso buono perchè si parlava del mio miglioramento ma mi sta facendo guardare indietro per mettere un po' tutto in ordine.
È complice anche il fatto che oggi dopo secoli ho sentito "Cara Catastrofe" delle Luci Della Centrale Elettrica e mi ha fatta rivedere ventenne e disastrata, incastrata in una relazione talmente tossica da avermi fatta annullare completamente.
Da quando sono uscita dalla sala non ho fatto che pensare a cosa mi ha detto S. e anche se nel frattempo ho fatto tanto altro io ho ben in mente il percorso che ho fatto da quando sono entrata in sala la prima volta con una tuta 4 volte me e una maglietta larghissima che nascondeva tutto ad oggi, quando mi sono presentata con un paio di pantaloni della tuta sì, ma che mi fan vedere bene il culo e una magliettina veramente ina che mi teneva scoperta la pancia. Ho ripensato alla prima volta che abbiamo messo i tacchi tutte insieme, le prime walk e le testate con la mia A. durante le runways e le ho paragonate a sabato quando abbiamo fatto vogue e io ero tanto felice nonostante io a fare vogue sia una sega.
Ho ripensato anche alla piega che ha preso la mia vita fuori da quelle mura protette e a come lentamente (perchè la fretta non è robe per me che ho i tempi di una lumaca) stia imparando a puntare i tacchi con grazia e fierce (come si dice in italiano?) verso quello che voglio davvero. Ho preso scelte coraggiose e a volte sbagliate ma cazzo le ho prese, ho preso coscienza di quello che effettivamente sono ed è faticoso da morire lavorarci ogni giorno, sto combattendo i miei attacchi di panico tra le lacrime e il supporto di persone che nonostante la distanza sono sempre pronte ad aiutarmi.
(Cesare Cremonini mi canta in cuffia che "il tuo problema è che hai sempre la testa per aria" e mi rendo conto che quest'uomo sono 20 anni che canta di me.)
Ho scoperto che sono una femmina e sono cazzo brava e bella. Devo solo crederci sempre.
Dio santo non potevo nascere con meno paranoie e più centimetri?
(Title: Le Luci Della Centrale Elettrica - Cara Catastrofe)
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prae-cipitium · 7 years ago
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Ora vi racconto della mia "prima volta" con Ermal perché mi va
Eravamo a Salerno, avevamo bevuto e stavamo bighellonando sul lungomare perché era Luglio e faceva troppo caldo per starsene seduti in un locale. E al mare di notte non si può dire di no.
A Salerno, proprio sul mare, c'è una specie di arena, dove fanno i concerti e le manifestazioni in generale. Un posto di solito un po' buio, ovviamente tutto recintato e quindi impossibile da guardare dal di fuori. Però a sentire si sente tutto, anche se hai alzato il gomito.
Si sente del cicaleccio dall'arena, non suonano, stanno parlando, due uomini. Uno ha uno strano accento, un'inflessione particolare. Chiede qualcosa, ridacchia. Poi dice "vorrei suonare qualcosa di adatto alla serata, una canzone bellissima, emozionante, a cui tengo molto" o qualcosa del genere. E comincia a suonare; una voce e due chitarre soltanto, sullo sfondo i cielo scuro e la musica delle onde.
Mi bastano dieci note e la riconosco subito: Smile, di Chaplin. Una canzone meravigliosa, e dal valore sentimentale per me indescrivibile -andate a sentire la versione di Michael Jackson e fatemi sapere se siete ancora vivi.
Incantata, mi blocco con la sigaretta a mezz'aria, gli occhi rivolti a quei cazzo di pannelli di plastica che occludono la vista. Sento il bisogno fisico di correre dentro, di guardare suonare questa persona, ma non c'è verso di entrare o di riuscire a scorgere qualcosa. Mi immagino lui più anziano di quanto non sia, ma piccolino, fragile, mentre canta riversando il cuore sulla platea. Mi viene da piangere, ho il cuore che trabocca emozioni indistinte -nostalgia, ammirazione, malinconia, gioia- ma troppo, troppo intense; qualche goccia mi scappa.
Vorrei ringraziarlo, vorrei abbracciarlo, vorrei dirgli che mai sono stata così grata alla vita per avermi portata nel famoso "posto giusto al momento giusto". Vorrei dirgli che sento il cuore battere in sincrono con il suo, anche se non lo conosco, che è la sensazione più bella del mondo, che vorrei viverla per sempre.
Niente è cambiato da allora. Quest'uomo mi fa traboccare il cuore ogni volta. Si insinua tra il cuore e lo stomaco, dove di solito si annidano il panico, la paura, la tristezza. E scioglie tutto, riportando il sole.
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animiribelli · 8 years ago
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Poesia in bottiglia
Una ricercata atmosfera cupa e taciturna mi solleva dall'incertezza di aver scelto questo luogo in modo del tutto casuale.
Leggo svogliatamente l'etichetta della birra analcolica poggiata sul legno grezzo del bancone.
- Malto tedesco, Luppolo di Hallertau, Acqua di Brema, Alcol inferiore allo 0,5%.
Porto la bottiglia alla bocca e faccio qualche sorso.
- Gusto neutro, schiuma persistente.
Dietro al banco un ragazzo sulla trentina, capelli neri legati dietro la nuca con una specie di chignon scompigliato.
Carnagione olivastra tipicamente mediterranea, un ostentato accenno di barba e due impavidi baffi alla Salvador Dalì. Lascia al mio fianco una scodella con delle arachidi tostate. Il brusio che ho attorno è una perfetta cornice per i miei pensieri.
- Quel bastardo, licenziarmi in tronco per non aver rispettato una fottuta scadenza, che sarà mai?! Pezzo di merda. Ora mi toccherà tornare a lavorare per quel pezzente di mio padre nella sua dannata officina meccanica da quattro soldi. Che degrado.
Uno strano fermento porta altrove la mia attenzione. Un uomo entra nel locale. Ha un aria piuttosto trasandata. Indossa calzoni color catrame del tutto sformati, abbinati a una camicia di cotone a quadri sui toni del blu, l'orlo dei polsini è malfatto e sfilacciato e i bottoni non sono stati allacciati nel giusto ordine. Insomma, un vecchio balordo.
L'individuo si muove con un portamento incerto tra i tavoli. La sua incapacità di mantenere un andatura dritta mi urta.
Ingurgito alcune arachidi con il palmo della mano.
“Eilà gente! È qui la festa? Iiiiiihaaa”.
“Un bicchiere di rosso per il signore” urla qualcuno da qualche parte nella taverna. “Non ne avrà bevuto abbastanza?” chiede qualcun altro, disseminando risatine a ogni angolo del locale.
“Signori! Così m'offendete. Il vino è pura poesia in bottiglia. E l'uomo si sa, non potrà mai fare a meno della poesia.”
Il barista porge al vecchio un calice di rosso, questo lo prende e accenna un inchino.
- Sono imbarazzato per lui, anzi sono disgustato. Disprezzo chi si butta via così, non ha capito proprio un cazzo della vita. Rifiuto della società!
Mentre si pulisce con la mano il sudiciume dalle labbra si accorge di me. Cerco di fare il vago e di non prestare attenzione al suo sguardo sinistro.
“Allora? Cos'è quel muso lungo? Ei sbarbato dico a te!”
- Diamine!
Sento il suo fetore sulle spalle, mi volto.
“Non credi di aver bevuto troppo?”
“Io credo nella carne rossa, nel vino, e nelle donne!” disse con quanto fiato aveva in corpo.
“Mh, d'accordo. Io credo invece che tu stia letteralmente buttando via la tua vita. Ci hai mai pensato?”
Il folle prende posto a fianco a me, deposita con decisione il boccale sul bancone “Ho delle opinioni a riguardo, certo che sì! Però non sempre mi trovo d'accordo con loro.”
Agguanta una manciata di arachidi dalla ciotola e continua: “Voglio dirti una cosa, l'hai mai sentita la storia di un uomo cui strisciò in bocca, mentre dormiva, un serpente?”.
Con una mano mi strizzo gli occhi pronto a subire il supplizio delle sue castronerie.
“Il serpente gli scivolò nello stomaco e li si stabilì e impose all'uomo la sua volontà. Lo privò così della sua libertà. L'uomo non apparteneva più a se stesso. Finché un mattino l'uomo sentì che il serpente se n'era andato e lui era di nuovo libero. Ma allora si accorse di non saper cosa fare della sua libertà. Nel lungo periodo di dominio assoluto del serpente l'uomo si era talmente abituato a sottomettere la propria volontà all'animale che aveva perso la capacità di desiderare, di tendere a qualcosa, di agire autonomamente.”
- Quest'uomo è un pazzo. O forse no? Il pazzo sei tu amico mio, con una dannata birra analcolica in mano.
- @animiribelli
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halinasmirnov-blog · 7 years ago
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𝐏𝐥𝐚𝐧__________𝟐𝟓/𝟎𝟖/𝟐𝟎𝟏𝟕.    La stanza in cui era situato lo studio di Dorian era illuminata solo da una  prorompente luce bluastra che veniva proiettata contro la parete bianca  da una lente tramite un  proiettore collegato al pc al pc sulla scrivania del russo. ;Accomodati entrambi dai lati opposti della scrivania che si trovava in quello studio, fissavano l’immagine riflessa sulla parete; la piantina del Seven Luck e in primo piano la  foto di un uomo caucasico di origini  senza dubbio siberiane.Gli occhi di Halina scrutarono affondo quel volto essendo certa che quella fosse la persona di cui Dorian le parlò la volta precedente, lo memorizzarono fino a vederselo davanti a palpebre chiuse.Lei aveva sempre avuto un ottima memoria visiva che le permetteva di catturare dettagli e ricordarli con minuzia. La voce di Dorian interruppe severa e con seriosa professionalità il silenzio creatosi nella camera per spiegare dettagliatamente ogni informazione  sottratta sul uomo della proiezione .   ‹‹ Lui è Anton Pavlovich Cechov. 49 anni. Longilineo, capelli biondi, occhi nocciola. Come puoi vedere.. ha una cicatrice sul sopracciglio ed un'altra sul labbro superiore. E' impossibile non notarlo con i suoi atteggiamenti da uomo del cazzo. Tende ad essere serio, ma basta ben poco per farlo sciogliere. Oltretutto, non regge molto l'alcol. Ho scoperto anche il suo drink preferito, ed è il Manhattan Dry. Ed ha la strana abitudine di recarsi puntualmente all'angolo bar del casinò, ogni Domenica sera.. intorno alle 21:00. Ha una spiccata passione per le donne, non per niente ha accettato volentieri l'incarico al Seven Luck: per il traffico di puttane. In sintesi è un figlio di puttana. ›› ‹‹ Ha una faccia di cazzo. Il solo pensiero di dover avvicinare un uomo del genere, mi disgusta. Tutto ciò è davvero necessario? Non puoi vestirti tu da donna e io faccio il resto? Staresti uno schianto, davvero. ›› ‹‹ Effettivamente, sono uno schianto a prescindere dal sesso. Ma non è questo il punto. Il punto è che conoscono perfettamente la mia faccia. E non potrei camuffarla più di tanto o avrei fatto tutto da solo. Tu dovrai soltanto avvicinarlo e fare ciò che ti ho chiesto. Io mi assicurerò da lontano che non ti accada nulla. ››    ‹‹ Come ti ho già detto ho in mente un modo molto pulito per dargli il sonno eterno. Da ciò che mi hai detto quest'uomo beve e molto e probabilmente si droga. In sintesi non conduce una vita sana ed, in più, è sulla soglia dei cinquant'anni. Quindi.. se avesse un infarto, non desterebbe alcun sospetto. Infatti, ho in mente di versare un veleno nel suo drink che inizialmente procura una leggera aritmia cardiaca e nel giro di un'ora causa l'infarto. Ma mi chiedevo.. è strettamente necessario che lui muoia? ›› ‹‹ Lui non è semplicemente un membro della Bratva o a capo del Seven Luck. Ho fatto delle ricerche sul suo conto e la sua fedina penale è tutto fuorché pulita, Halina. Omicidio, traffico di persone, pedofilia.. ti serve una motivazione migliore di questa? Il mio non è soltanto un capriccio. Non voglio semplicemente prendermi di nuovo il Seven Luck. Voglio che persone come lui muoiano. Ma adesso mi viene naturale chiederti, a mia volta, qualcosa: sei sicura di ciò che stiamo facendo? ›› Non era un assassina Halina, certo il suo passato era tutt’altro che pulito però solo e soltanto una volta le sue mani si era macchiate di sangue in prima persona. Del resto lei voleva divenire  un dottore, un chirurgo e  quelli come lei combattevano per la vita e non il contrario. Però era anche consapevole di aver compiuto una scelta, di dover fare qualcosa che andava fatta e non solo per vendetta ma per poter finalmente respirare senza temere che un giorno qualcuno possa irrompere nella propria via e distruggere tutto ciò che si creata intorno. Nonostante questo era sempre restia a privare un uomo della sua vita. Le parole di Dorian colpirono dove dovevano facendole comprendere che quell’anima era necessaria per il loro obbiettivo  e inoltre quell’uomo si era macchiato di crimini che la riempivano di ancor più disgusto di quanto espresso pochi minuti prima. Gli occhi dai freddi colori della terra in cui entrambi erano nati saettarono dall’immagine al viso di Dorian, lo guardarono con intensa fermezza e la voce altrettanto risoluta si palesò in una breve frase che non lasciava alcun dubbio.Era determinata nel fare ciò che avevano deciso insieme.     ‹‹ Sì, sono sicura. ›› ‹‹ Perfetto, allora, possiamo passare all'illustrazione del piano. ›› Mentre Dorian si apprestava a cambiare l’immagine che vi era in primo piano cambiandola con quella della piantina più nel dettaglio gli occhi della russa ricaddero sulla sua mano, su quel piccolo  anello dorato che portava all'annullare, lo toccò facendolo ruotare nervosamente attorno al dito mentre  la sua espressione si intristiva aggrottando le sopracciglia verso il basso. Non era solita mai mettere la fede eppure in quei giorni non riusciva a scollarla dalla mano. Con i discorsi che loro avevano intrapreso le venne spontaneo ripensare alla discussioni che ebbe con Dominic qualche giorno prima, ciò le provocò una piccola fitta al petto però non poteva farsi distrarre da ciò.Cercò di tornare attenta e affinare l’udito per immagazzinare le informazioni che Dorian aveva cominciato a esplicare sul piano da mettere in atto. ‹‹ Tu entrerai dalla porta principale, ovviamente. Preferirei che, comunque, tu indossassi una parrucca e delle lenti a contatto. Correresti meno rischi. Io, invece, utilizzerò l'entrata di servizio. E nel mentre che ti occuperai di Anton, io ne approfitterò per entrare nel suo ufficio e recuperare i documenti che attestano la proprietà del casinò. Ho pensato che tenerci in contatto possa risultare estremamente necessario, nel caso ci siano dei problemi. Quindi ho questi due auricolari, generosamente ceduti da ChangHyun. ›› Dopo il passaggio nelle sue mani di uno di quei piccoli auricolari che una volta dietro l’orecchio sarebbero stati praticamente invisibili ogni cosa era pronta per quella serata di Domenica 27 agosto.L’assassinio di Anton Pavlovich Cechov e il riprendere possesso del Seven Luck sarebbe stato solo l’inizio di atti ai danni della Bratva e del suo capo.
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