#quasi letteratura
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"Fuori da questa casa, oltre quella finestra, forse sta volando un gigantesco uccello nero. Un uccello enorme simile alla notte buia, un uccello nero che volteggia nel cielo proprio come quello grigio che vedo sempre beccare le briciole di pane; ma essendo di tali dimensioni, al di là della finestra si vede soltanto l'incavo del suo becco che appare come una caverna, e forse non si riesce neppure a vederlo per intero.
La falena che ho ucciso è morta sicuramente senza rendersi conto di com'ero fatto nella mia interezza. È morta senza sapere che qualcosa di gigantesco che le schiacciava il corpo molle, pieno di liquido verde, era una parte di me. In questo momento sono esattamente come la falena, e sto per essere schiacciato dall'uccello nero." [...]
Ryū Murakami, Blu quasi trasparente
#blu quasi trasparente#letteratura#literary fiction#letteratura giapponese#ryu murakami#murakami ryu#kagirinaku tomei ni chikai buru
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le recensioni di goodreads mi fanno passare la speranza nell'umanità dio mio ma come si fa
#BOHHH ma a me non verrebbe mai in mente di scrivere una roba del genere ma che critica è#se non hai mai fatto una lezione di letteratura puoi almeno non scrivere recensioni. mi sembra il minimo#a#come quella straordinaria recensione di blu quasi trasparente che dice tipo. ah quindi il punto è che gli americani fanno le orge#diversamente dai giapponesi? fra. Fra.
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💀
#deformazione da accademica wannabe essere come leggerò questo libro xy scritto da attivistə e ne condividerò il messaggio di fondo#ma nel mentre odierò tutto e mi verrà quasi voglia di mettermi a fare l’avvocato del diavolo perché dove minchia sono le fonti?? i dati???#i materiali a supporto della tua tesi????? cioè okay che è colpa del capitalismo etc ma se parli per slogan un po’ mi stai sul cazzo anche#se sono dalla tua stessa parte#poi si tratta di un altro genere letterario del tutto diverso dalla letteratura scientifica quindi mi calmo un attimo#però cazzo#[niente problemi miei col linguaggio dell’attivismo ragion per cui bello ma non ci vivrei e infatti non ci vivo a grande dispiacere#di nessuno]
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"Indossare una maschera"
La letteratura è piena di citazioni a riguardo, quasi sempre questa metafora viene utilizzata come figura retorica per descrivere l'atteggiamento di auto-protezione di tante persone che "indossano una maschera" per proteggere la propria sensibilità le proprie debolezze, le emozioni
Il punctum è sempre lo stesso: davanti a chi possiamo toglierci questa protezione e mostrare chi siamo veramente?
Penso però che molte volte la indossiamo anche per proteggere gli altri, succede, quando ad esempio per dare sicurezza recitiamo la parte della persona forte e decisa e senza paura, quando mostriamo allegria ilarità e sorridiamo per dare conforto a chi in quel momento è giù di corda, oppure quando ci mostriamo comprensivi di fronte a chi ha commesso un errore e cerchiamo di sdrammatizzare e minimizzare per non farlo sentire in colpa. Tutti quanti, tutti i giorni, chi più chi meno, recitiamo una parte come attori di teatro, qualche volta per proteggere noi stessi altre volte per proteggere gli altri. Sono pochi i momenti in cui siamo veramente lo specchio del nostro io interiore, ci togliamo queste maschere o queste corazze, o in qualsiasi altro modo si voglia chiamarle, solo davanti a poche persone, quelle poche a cui possiamo confidare tutto e non sentirci giudicati. Sono quasi sempre anime simili alle nostre, molto sensibili e molto altruiste, quelle rare persone che sentono anche il dolore degli altri.
Per questo motivo, per non ferirle e non farle soffrire, molto spesso indossiamo anche con loro delle "maschere buone", le togliamo solo in quei rari momenti in cui abbiamo veramente bisogno di comprensione e di affetto, e queste persone fanno lo stesso con noi. Ma quando succede che due individui affini si aprono completamente nello stesso momento denudando la propria anima accade come un miracolo, avviene una connessione che ha qualcosa di magico, si diventa un'unica entità, ci si sente più forti e al sicuro.
Può accadere semplicemente parlando, confidando le proprie paure e i propri desideri, anche soltanto sorridendo insieme, oppure durante un lungo abbraccio silenzioso. Abbiamo bisogno di indossare queste maschere per vivere, ma anche per apprezzare quella meravigliosa sensazione che proviamo quando, con chi è come noi, ce ne possiamo tranquillamente spogliare.
Cit. Smokingago
7 Novembre 2024
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"A me dà fastidio perfino parlare di due culture: metterle sullo stesso piano come se fossero due realtà parallele, di uguale peso e di uguale misura. Perché dietro la nostra civiltà c’è Omero, c’è Socrate, c’è Platone, c’è Aristotele, c’è Fidia. C’è l’antica Grecia col suo Partenone e la sua scoperta della Democrazia. C’è l’antica Roma con la sua grandezza, le sue leggi, il suo concetto della legge. Le sue sculture, la sua letteratura, la sua architettura. I suoi palazzi e i suoi anfiteatri, i suoi acquedotti, i suoi ponti, le sue strade.
C’è un rivoluzionario, quel Cristo morto in croce, che ci ha insegnato (e pazienza se non lo abbiamo imparato) il concetto dell’amore e della giustizia. C’è anche una Chiesa che mi ha dato l’Inquisizione, d’accordo. Che mi ha torturato e bruciato mille volte sul rogo, d’accordo. Che mi ha oppresso per secoli, che per secoli mi ha costretto a scolpire e dipingere solo Cristi e Madonne, che mi ha quasi ammazzato Galileo Galilei. Me lo ha umiliato, me lo ha zittito. Però ha dato anche un gran contributo alla Storia del Pensiero: sì o no?
E poi dietro la nostra civiltà c’è il Rinascimento. C’è Leonardo da Vinci, c’è Michelangelo, c’è Raffaello, c’è la musica di Bach e di Mozart e di Beethoven. Su su fino a Rossini e Donizetti e Verdi and Company. Quella musica senza la quale noi non sappiamo vivere e che nella loro cultura o supposta cultura è proibita Ed ora ecco la fatale domanda: dietro all’altra cultura che c’è? Boh! Cerca cerca, io non ci trovo che Maometto col suo Corano e Averroè coi suoi meriti di studioso".
Oriana Fallaci, "La rabbia e l'orgoglio".
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"A me dà fastidio perfino parlare di due culture: metterle sullo stesso piano come se fossero due realtà parallele, di uguale peso e di uguale misura. Perché dietro la nostra civiltà c’è Omero, c’è Socrate, c’è Platone, c’è Aristotele, c’è Fidia. C’è l’antica Grecia col suo Partenone e la sua scoperta della Democrazia. C’è l’antica Roma con la sua grandezza, le sue leggi, il suo concetto della legge. Le sue sculture, la sua letteratura, la sua architettura. I suoi palazzi e i suoi anfiteatri, i suoi acquedotti, i suoi ponti, le sue strade.
C’è un rivoluzionario, quel Cristo morto in croce, che ci ha insegnato (e pazienza se non lo abbiamo imparato) il concetto dell’amore e della giustizia. C’è anche una Chiesa che mi ha dato l’Inquisizione, d’accordo. Che mi ha torturato e bruciato mille volte sul rogo, d’accordo. Che mi ha oppresso per secoli, che per secoli mi ha costretto a scolpire e dipingere solo Cristi e Madonne, che mi ha quasi ammazzato Galileo Galilei. Me lo ha umiliato, me lo ha zittito. Però ha dato anche un gran contributo alla Storia del Pensiero: sì o no?
E poi dietro la nostra civiltà c’è il Rinascimento. C’è Leonardo da Vinci, c’è Michelangelo, c’è Raffaello, c’è la musica di Bach e di Mozart e di Beethoven. Su su fino a Rossini e Donizetti e Verdi and Company. Quella musica senza la quale noi non sappiamo vivere e che nella loro cultura o supposta cultura è proibita Ed ora ecco la fatale domanda: dietro all’altra cultura che c’è? Boh! Cerca cerca, io non ci trovo che Maometto col suo Corano e Averroè coi suoi meriti di studioso".
Oriana Fallaci, "La rabbia e l'orgoglio".
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sai tutto quello che è successo ieri mi ha fatto pensare ad una cosa…
per contesto: vivo nel sud della Svizzera, nell’unica area italofona, anche se sono italiano. Ho iniziato a riflettere su quanto queste dinamiche italiane si riflettano anche qui in Svizzera, anche se i problemi non sono nemmeno paragonabili a quelli che il sud deve affrontare. Però anche solo pensando alla percezione che quelli più a nord (o come piace a loro chiamarsi “della Svizzera centrale”) hanno di quelli al sud, in particolare del cantone italiano, quello più al sud di tutti i cantoni (che sono come le regioni), ti fa capire quanto ottusi gli uomini siano. Quanto idioti e bigotti. Quanto ripetitivi nel loro pensare. Il sud della Svizzera è percepito anche lui come una “spiaggia a basso costo con buon cibo”. Questo è quello che siamo per loro. Siamo quelli esotici che non si comprendono, perché in italia è una questione di dialetti (o comunque di lingue come il napoletano che hanno avuto una metamorfosi a partire dal latino in parallelo al volgare italiano), ma qui è una questione di lingue. Non mi sento di screditare la parte francese, spesso sono molto educati e sanno parlare sicuro anche il tedesco e l’inglese, ma spesso ti sorprendono e sanno anche l’italiano. Però gli svizzeri tedeschi (secondo me da distanziare totalmente dai tedeschi di Germania) oh poveri noi. Loro lo sanno di essere la maggioranza (non badano molto allo studio di altre lingue) e lo sanno che il nostro futuro dipende tanto dalla capacità di esprimerci nella loro lingua, che per nota personale: la odio. Suona così male, soprattutto lo svizzero tedesco (che è il loro dialetto, molto diverso dal tedesco che impari a scuola). Esiste una unica università italiana in Svizzera, la quale non ha una gamma ampia di corsi. Se vuoi fare il medico, il fisico, il chimico, letteratura straniera, psicologia e non so quanti altri devi studiare o in tedesco (miglior scelta, perché è dove ci sono le università più prestigiose) oppure in francese. E lo so che ora penserai: beh studia in italia. E ti rispondo subito dicendo: non dopo tutta quella fatica che uno fa per prendere una maturità svizzera. Perché se in italia tanti bocciano il primo anno di università, qui il vero ostacolo è il primo anno di liceo (dove mediamente quasi il 40% non ce la fa). I programmi sono diversi, ma ora non voglio scendere troppo nei dettagli. Inoltre studiare in italia per fare l’avvocato in Svizzera non funziona. Devi studiare per forza in un’altra lingua (e per forza parzialmente in tedesco, perché alcuni codici sono solo in tedesco). Molte persone della mia età se ne sono andate in altri cantoni, a settembre perderò le mie ultime amicizie del liceo di qui. La “fuga di cervelli” c’è anche qui. Eccome se c’è. Ci sono i salari più bassi, mentre le spese aumentano e la nostra lingua viene sempre messa da parte a favore del tedesco (nel nostro stesso cantone intendo). Ci sono tutti questi problemi, tutte queste dinamiche, ma poi oltre passo il confine e le carte si girano, improvvisamente gli stereotipi si invertono. Perché non parlo più una lingua estranea, solo l’accento cambia. Dei pregiudizi calano e nuovi sorgono.
Non ha letteralmente senso. Sono tutti persi in un bicchier d’acqua. Volevo concludere dicendo che queste separazioni sono assurde ed è assurdo pensare di imporre un modello del genere in Italia. Di frantumare il sogno secolare dell’unità. Chi sono queste persone contro ogni figura storicamente importante della tradizione che credeva in questo ideale? Non verranno mai ricordate e dovrebbero sperare che vada così, perché in caso contrario non sarà per buone ragioni. la Svizzera funziona con i cantoni come cantoni sovrani (qui c’è tanta indipendenza), ma funziona perché non c’è mai stato un’altro modello. L’Italia non è stata pensata così. Mi spiace per tutto quello che sta succedendo, spero in colpo di fortuna.
L'unica cosa che posso aggiungere è che la Svizzera è schifosamente ricca e ogni cantone può autonomamente sostenersi da solo, anche quello "più povero", in Italia se lo fai condanni alla povertà oltre la metà del paese e ALL'INEFFICENZA l'altra, perché la Lombardia in questi anni ci ha dimostrato di essere un disastro, e dall'autogestione s'incasinerà ancora di piu.
Per il resto per carità capisco, ma tieni conto che i problemi della Svizzera in Italia sono quintuplicati e ci sto andando piano, e non è per sminuire quello che passate voi lì ma santo iddio qua stiamo vivendo un incubo e stiamo valutando l'emigrazione
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E poi una sera di quasi estate, al centro di una piazza sotto un cielo pesante, all'improvviso qualcuno mi chiese: ma tu sei felice?
Ph Robert Doisneau
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La nostra letteratura è una grande letteratura; ma è una letteratura fatta quasi tutta dai letterati; per questo è così noiosa (Vittorio Giovanni Rossi, Calme di luglio).
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Quel che attrae lo scrittore, quel che smuove l’artista, non è l’opera direttamente, ma l’andarne in cerca, il percorso che conduce fino ad essa, l’approccio a quello che la rende possibile: l’arte, la letteratura, e quello che sta dietro a queste parole. Così il pittore ama, più del suo quadro, le diverse fasi per cui è passato. E lo scrittore sovente desidera non finire quasi niente, lasciando allo stato di frammenti cento racconti che hanno saputo condurlo fino ad un certo punto, e che egli deve abbandonare per tentare di procedere al di là di quel limite. Così, altra coincidenza sorprendente, Valéry e Kafka, che quasi in tutto erano diversi, simili unicamente nella loro ansia di scrivere con rigore, s’incontrano nell’affermare :”Tutta la mia opera non è che un esercizio”.
Maurice Blanchot
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assignment due alle 11:59 pm di oggi, dopo un pomeriggio di ricerca per la bibliografia vado a bussare alla porta della mia amica per vedere a che punto è e abbiamo praticamente scelto quasi lo stesso argomento e trovato quasi gli stessi libri e ci siamo tranquillizzate e fatte due risate e me ne sono andata pensando: siamo proprio figlie della nostra prof di letteratura inglese proprio fatte con lo stampino e lei deve saperlo prima o poi magari davanti a una bella tazza di tè del book club appena torniamo 🤔
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L’ora di greco - di Han Kang, Adelphi
Premessa: sono tra coloro che ritengono che il Nobel per la letteratura ad Han Kang si assolutamente meritato. Inutile proseguire la lettura se si è già convinti del contrario.
Probabilmente per me questo è il romanzo più bello tra quelli fin qui tradotti in italiano (o inglese). Molto breve ma denso, esplora temi profondi come la perdita, la solitudine, e la ricerca dell’identità. È del 2011 anche se qui da noi è arrivato appena l’anno scorso. Un viaggio introspettivo in cui due persone, apparentemente molto diverse, si incontrano e si comprendono attraverso la condivisione di un dolore nascosto e silenzioso.
Lei, Hanja, dopo aver vissuto un periodo di intensa sofferenza, ha trovato il silenzio come rifugio: non parlare, più che una scelta volontaria, è una reazione istintiva e fisiologica alla sua sofferenza. Le parole per lei si sono trasformate in strumenti di dolore, tanto che la voce stessa le sembra ormai qualcosa di estraneo. Dopo in matrimonio fallito e la perdita di custodia del figlio, persa anche la madre le sembra di aver ormai perso qualsiasi contatto con la propria identità e il mondo che la circonda. Come via di fuga da questo dolore, inizia a seguire lezioni di greco antico, una lingua che per lei diventa una sorta di “nuovo inizio”, poiché le consente di esprimere e riscoprire sé stessa senza le ferite che l’uso della lingua madre le provoca.
È così che la sua vita incrocia il suo insegnante di greco, un uomo non vedente che vive anche lui un’esistenza profondamente segnata dalla perdita. Per lui la cecità ha rappresentato un graduale distacco dal mondo, ma nonostante le difficoltà quotidiane ha imparato a navigare attraverso questo vuoto grazie all’amore per le parole e per la letteratura. Egli usa il greco come strumento per mantenere un legame con il mondo esterno e per dare un senso al proprio passato.
Attraverso questo incontro tra la donna e il suo insegnante, Han Kang esplora l’intimità della comunicazione e del linguaggio come mezzo di guarigione. Entrambi i protagonisti sono segnati da ferite invisibili e trovano nella lingua greca un terreno neutrale in cui potersi esprimere senza il peso delle loro storie personali. Il greco antico diventa simbolo di un viaggio interiore, che permette loro di riconoscere il proprio dolore e, in qualche modo, di riappropriarsi delle proprie vite.
Han Kang utilizza una prosa poetica e riflessiva per approfondire i sentimenti complessi dei protagonisti. La narrazione alterna i punti di vista della donna e dell’insegnante, e attraverso le loro prospettive frammentate il lettore è invitato a riflettere sul significato dell’empatia, della perdita, e della redenzione. I dialoghi sono ridotti al minimo, quasi come se l’autrice volesse rispettare il silenzio che i due protagonisti sembrano cercare.
In sostanza, un romanzo che parla di sopravvivenza emotiva. Attraverso la storia dei protagonisti, Han Kang esplora la possibilità di trovare una via d’uscita dal dolore e dalla perdita senza negare le proprie ferite. La lingua greca diventa metafora del processo di auto-ricostruzione, una lingua che, con le sue radici antiche, permette ai personaggi di esprimere sentimenti che sembravano impossibili da comunicare.
Un delicatissimo racconto di Han Kang, che con la sua scrittura minimalista invita alla riflessione sulla complessità dell’animo umano, sul ruolo del linguaggio, e sulla possibilità di una rinascita anche nei momenti più bui. Leggetelo solo se questi temi vi appassionano. Diversamente state andando incontro a una delusione.
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sono spaventosamente e caoticamente -ed altri sinonimi- impacciata quando leggo qualcosa che mi prende un poco di più.
ultimamente son mattiniera, il che non mi dispiace affatto considerando che sono di mio un insonne ed anche un po’ sconsiderata, c’è un qualcosa di tenero e al momento stesso piacevole nell’’osservare le prime luci del giorno, i passanti (una percentuale maggiore verso gli anziani) camminare o portar a spasso il cane, far colazione insieme; oggi ho mangiato qualcosa a casa (farla al bar quasi ogni mattina è molto probabilmente un abitudine malsana da abbandonare) e ne ho approfittato per mangiare una fetta biscottata con della marmellata di albicocche, e vicino, il mio libro —ne ho iniziato uno nuovo, di dostoevskij.
la letteratura russa, ditemi ciò che volete, ma è intrisa di un inquietudine malinconica che non ha pari.
fino a qui tutto tremendamente normale, a tratti poetico, ma passare da leggere mentre fai colazione a portarti il libro ovunque: mentre cammini, mentre ti lavi i denti, mentre passi per le bancarelle, mentre sei in auto c’è una lieve differenza.
ho constato, dunque, che per me non c’è una via di mezzo: o tutto, ossessivamente, intenso, o nulla.
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PABLO NERUDA ha violentato una collaboratrice domestica, ha abbandonato la figlia disabile ed è considerato un "celebre poeta cileno".
MARIO VARGAS LLOSA sposò sua zia, poi iniziò una relazione con sua cugina, che tra l'altro aveva 15 anni e lui 25, e gli diedero un premio Nobel.
GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ ha potuto scrivere il suo capolavoro grazie al fatto che sua moglie lavorava dentro e fuori casa, gli portava da mangiare, lavava, stirava e cucinava, a volte senza nemmeno ricevere una parola, mentre lui scriveva Cent'anni di solitudine, e hanno curato le sue opere in quasi tutte le lingue.
JUAN JOSÉ ARREOLA ha abusato sessualmente di Elena Poniatowska, è ricordato come un prodigio della letteratura messicana.
CHARLES BUKOWSKI era un alcolizzato violento e i suoi libri sono pubblicati da uno degli editori spagnoli più prestigiosi e costosi.
OCTOVIO PAZ ha preferito che Elena Garro restasse a casa come moglie devota, e continua a essere letto a tutti i livelli educativi.
VLADIMIR NABOKOV ha costruito la sua opera principale sulla pedofilia e sugli abusi ed è ancora oggi elogiato.
🔴J.K. ROWLING parla apertamente di cosa significhi essere una donna (=femmina umana adulta) e le pongono il veto, la insultano, la chiamano stronza, puttana, le augurano la morte, tolgono i suoi libri dagli editori e dalle librerie.. .
La misoginia e il patriarcato restano; a volte solo mutano e si travestono da inclusione, l'importante è ancora far scomparire le donne e che gli uomini parlino e definiscano ciò che sono e si aspettano dalle donne.
Ma finisce molto facilmente, vero? Dopotutto le femminazi (che persone erudite) han già detto che se le donne sono così oppresse, è meglio per noi diventare uomini. Il loro livello di odio e di imbecillità non ha ancora raggiunto il limite...basta pensare che sono le femminazi che ci stanno portando all' islamizzazione, che nascondono gli stupri dei musulmani a cui portano supporto alle manifestazioni.
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Da dieci o vent'anni non succede quasi più nulla in letteratura. C’è un profluvio di pubblicazioni, ma un arresto spirituale. La causa è una crisi della comunicazione. I nuovi mezzi di comunicazione sono ammirevoli, ma provocano un baccano mostruoso.
-Michel Butor
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Le dichiarazioni d’amore più belle della letteratura:
1. «Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo.»
Dino Buzzati - La boutique del mistero
2. «Non sono sicuro di averti dentro di me, né di essere dentro di te, e neppure di possederti. E in ogni caso, non è al possesso che aspiro. Credo invece che siamo entrambi dentro un altro essere, che abbiamo creato e che si chiama Noi.»
Robert James Waller - I ponti di Madison County
3. «Tu sei veramente una fiamma che scalda ma bisogna proteggere dal vento. A volte non so se un mio gesto tende a scaldarmi o a proteggerti. Allora m’immagino di fare le due cose insieme, e questa è tutta la mia e la tua tenerezza come una cosa sola.»
Cesare Pavese a Bianca Garufi
4. «E senza di te io sono lontana
non so dire da cosa ma lontana, scomoda un poco perduta, come malata, un po’ sporco il mondo lontano da te, più nemico, che punge, che graffia, sta fuori misura.»
Mariangela Gualtieri - Il mondo che graffia, se non sei accanto a me
5. «Scese, evitando di guardarla a lungo, come si fa col sole, ma vedeva lei, come si vede il sole, anche senza guardare.»
Lev Tolstoj - Anna Karenina
6. «Ho lottato invano. Non c’è rimedio. Non sono in grado di reprimere i miei sentimenti. Lasciate che vi dica con quanto ardore io vi ammiri e vi ami.»
Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio
7. «Se tu ti ricordi di me, allora non importa se tutto il mondo mi dimentica.»
Haruki Murakami - Kafka sulla spiaggia
8. «Saremo felici o saremo tristi, che importa? Saremo l’uno accanto all’altra. E questo deve essere, questo è l’essenziale.»
Gabriele D’Annunzio
9. «Ti amo, cara Connie, di questa parola so tutto il peso – l’orrore e la meraviglia – eppure te la dico, quasi con tranquillità. L’ho usata così poco nella mia vita, e così male, che è come nuova per me.»
Cesare Pavese a Constance Dowling
10. «Per qualche motivo che ignoro mi piaci moltissimo. Molto, niente di irragionevole, direi quel poco che basta a far si che di notte, da solo, mi svegli e non riuscendo a riaddormentarmi, inizi a sognarti.»
Franz Kafka - Lettere a Milena
11. «Sei entrata per caso in una vita di cui non andavo fiero, e da quel giorno qualcosa ha cominciato a cambiare. Prima di te, fuori di te, non aderivo a nulla. Quella forza per cui ogni tanto mi prendevi in giro è sempre stata solo una forza solitaria, una forza di rifiuto. Con te ho accettato più cose. Ho imparato a vivere, in un certo senso. Per questo forse il mio amore è sempre stato pervaso da una gratitudine immensa.»
Albert Camus a Maria Casarès
12. «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.»
Eugenio Montale
- https://x.com/poesiaitalia/status/1692772938200539376?s=46&t=34dYe_n2Br4FRHOah3j69Q -
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