#pavimento in pietra
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frozendistrict · 2 years ago
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Milan Library Home Office
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lilmissjbstyle · 1 year ago
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Poolhouse Poolhouse Pool house: a small, modern, above-ground pool house with a stone exterior and a unique shape.
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jaero · 1 year ago
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Mudroom in Milan Mid-sized elegant limestone floor entryway photo with white walls and a glass front door
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crazy-so-na-sega · 5 months ago
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perché il collasso della civiltà occidentale è già in atto ma pochi se ne accorgono?
perché il collasso delle società complesse raramente avviene in questo modo. le società complesse raramente falliscono per un’unica ragione. Possono sopportare un terremoto, la corruzione, l’inflazione, la guerra o la peste, ma non più di uno contemporaneamente.
Ma crollano soprattutto perché non c'è più la volontà di pagare per il suo mantenimento. La maggior parte delle società, come Roma, crollano quando il peso collettivo di tasse, norme e regolamenti, originariamente implementati per migliorare la vita, diventa un peso tale da rendere preferibile il collasso.
Ma paradossalmente il collasso avviene raramente. È un progressivo macinamento, una serie quasi impercettibile di cose che si degradano nel tempo, fino a quando non vengono abbandonate per un bel po' prima che siano completamente non funzionali.
Ecco come si svolse la caduta dell’impero romano d’occidente. A meno che tu non vivessi in una grande città quando fu saccheggiata, potresti quasi immaginare che nulla fosse realmente cambiato nel corso di una generazione. La vita nella tua villa continuava. Ma improvvisamente alcuni beni commerciali cominciarono a diventare difficili da reperire.
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Quindi ora sei stato costretto a fare affidamento maggiormente su soluzioni locali e più semplici. Un giorno il tuo sistema idrico fallisce e gli artigiani locali possono solo fare un lavoro da schifo. Quindi ora riempi la tua piscina e la trasformi in un porcile. Ha senso. Puoi quasi convincerti che sia un aggiornamento. Allora quel grande soggiorno con l'elegante pavimento a mosaico ha più senso come stalla. E quando sarai passato davvero al Medioevo, tutti coloro che ricordavano qualcosa di fondamentalmente diverso erano morti da tempo.
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Proprio per questo motivo il crollo romano fu così totale, perché fu così graduale. Quando tutto finì, gli edifici e le infrastrutture erano stati cannibalizzati per costruire la pietra, e le persone con il know-how per avviare nuovamente una civiltà avanzata se n'erano andate.
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Se a differenza di quello romano, il nostro sembra essere un collasso socialmente forzato, in parte lo è stato anche il loro: ci sono fortune da guadagnare smontando una nazione o un impero, e di solito si guadagna più velocemente che costruendoli. Quindi, una volta che la palla inizia a rotolare non mancano le persone che spingono. Tuttavia è antistorico, cercare la mente che progetta : "fato" e "necessità" come "leggi" quantistiche che governano il mondo, solo dopo viene chi spinge.
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abr · 6 months ago
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Domenica scorsa sono stato alla messa in rito ambrosiano antico a Santa Maria della Consolazione, Milano. Arrivato in anticipo immaginavo di trovare una chiesa semideserta e invece, pur non piccola, era strapiena. Nessuna possibilità di sedersi se non per terra. Una messa incredibilmente giovane, tanti ragazzi, tantissime ragazze (sedute per l’appunto anche per terra), parecchie donne velate. Devozione vibrante. Preghiere in latino, canti in latino, in italiano solo la breve omelia. Frequenti inginocchiamenti, sforzo minimo per chi dispone di inginocchiatoio, medio per chi disponendo di sedia deve inginocchiarsi sul pavimento ma può appoggiarsi allo schienale davanti, notevole per chi come me pone le rotule sulla pietra senza attenuante alcuna. Organo a canne. Comunione alla balaustra (sulla lingua). Chi frequenta una messa così (la consiglio per domani) mai frequenterebbe quel pezzo di modernariato anni 60-70 che è la messa cattoprotestante, stile Cei, con le chitarre e i bonghi. Mai.
grande Camillo Langone, via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2024/06/08/news/mai-la-messa-con-le-chitarre-e-coi-bonghi-6622338/
La Messa sia Messa, non una mezza sagra buonista pol.corr.
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girulicchio · 10 months ago
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Il tempo di una sigaretta
Dalle pareti di vetro, nonostante il contrasto tra caldo interno e umidità generasse un'iniziale appannamento, si vedeva tutto. Il barista preparava tre caffè ogni mattina, appena si metteva al bancone: il primo da buttare, il secondo da bere e il terzo sospeso, casomai qualcuno lo chiedesse freddo.
I clienti del bar non sono stati mai uomini d'affari, donne di successo o personaggi di spicco. L'ambiente era frequentato perlopiù da operai, impiegati e gente che cercava un bagno lungo la strada o un panino al volo ad ora di pranzo. Ai proprietari non è mai interessato alzare il livello sociale del posto. Del resto, in periferia, circondati da altri mille locali simili, che effetto avrebbe mai potuto sortire rinnovare una vecchia bettola, assumere personale qualificato e investire in pubblicità?
Gianni, come molti altri, entrava, salutava e rispondeva sì alla domanda: il solito? Un caffè, un cornetto vuoto e un bicchiere d'acqua frizzante. Segnava sul conto e, a fine mese, quando riceveva lo stipendio, saldava, senza mancare di lauta mancia al barista. Perché, si sa, spesso sono le persone più umili, in condizioni svantaggiate, ad avere solidarietà. E chi era dietro quel bancone viveva la stessa situazione, su per giù, di chi dalle otto alle due si rompeva la schiena per pochi spicci.
A fine giornata, il caffè freddo, puntualmente, veniva versato nel lavello e il bicchierino di vetro lavato, sciacquato e posto ad asciugare. In realtà, il bicchiere era lo stesso ad ogni mattina. Ormai, era deputato al caffè freddo sospeso.
Tuttavia, esistevano dei giorni in cui il caffè freddo non veniva gettato via. Quando le giornate erano particolarmente lunghe, il barista, nemmeno di nascosto, riempiva il resto del bicchiere con della grappa e buttava giù il tutto d'un sorso solo. Il problema non era la vergogna, o il senso di colpa, ma solo l'orario: un principio inamovibile vietava al barista di bere alcol prima delle cinque del pomeriggio.
Eppure, un ci fu una volta in cui il caffè freddo con grappa ebbe un destino diverso dal solito. Né buttato, né bevuto: divenne un eroe.
Sul tardi, mentre il barista si apprestava alla chiusura, in una giornata molto tetra e piovosa, con il cielo coperto da nuvoloni grigio topo, entrò un uomo, in cerca di riparo in attesa che spiovesse. I due scambiarono chiacchiere di circostanza per qualche minuto, con toni svogliati e frasi laconiche. Poi, regnò il silenzio per un tempo apparentemente infinito. L'uomo chiese se potesse fumare, con la sigaretta già accesa e in bocca. Il barista gli passò un posacenere dall'altro lato del bancone, facendolo scivolare come una pietra da curling. Il posacenere si fermò a metà strada, ma l'uomo non era così motivato da alzarsi per prenderlo, quindi decise bene di ciccare a terra all'occorrenza. Nel frattempo, il barista continuava le sue pulizie del bancone, ignorando con apatia l'uomo nella stanza.
Non appena smise di piovere, l'uomo si apprestò all'uscita. Si alzò dallo sgabello, allontanandolo con un colpo di bacino verso l'indietro, e salutò sottovoce il barista, lasciando cadere il portafoglio a metà strada tra la porta e il posto su cui era seduto. Il barista ignorò anche questo, come la cenere della sigaretta sul pavimento.
Il caffè, sebbene parzialmente inebriato dalla grappa, notò il tutto, dal vetro trasparente in cui si trovava. Sfruttò la tazzina come una barca al rovescio, saltò via dal bancone e spinse il portafoglio fino alla porta. Lì, si arrampicò sullo sgabello più vicino e fece un salto spericolato, spingendo la maniglia sufficientemente da aprire la porta. Così, continuò la sua avventura, spingendo il portafoglio lungo il marciapiede, guardandosi intorno alla ricerca del proprietario.
Sulla destra, lo vide in lontananza, fermo al semaforo. Spinse, spinse più forte e corse come un toro con un drappo rosso a sventolargli davanti. Fu una lotta contro il tempo e contro logica: ad ogni colpo d'ariete qualche goccia del caffè fuoriusciva dal bicchierino in vetro come tracce di sangue di una ferita aperta, ad ogni strusciata sull'asfalto schegge restavano a riprova dell'ardua fatica compiuta.
Il caffè, nonostante tutte le avversità, ce la fece e gridò all'uomo: scusi! Scusi, buonuomo! Lei, qui giù! Mi sente?!
L'uomo, confuso e infastidito, guardava in ogni direzione, ma non in basso. Con le ultime forze, il caffè diede un colpo al tallone dell'uomo, che si abbassò e trovò il suo portafoglio.
Questa è la vera storia di un caffè corretto.
Ogni lunedì mattina, potete chiedere al bar la combinazione caffè, cornetto e fumetto del giorno a soli due euro. (Promozione valida solo per punti vendita aderenti all'iniziativa dalle ore 8:00 alle ore 9:30, per singolo cliente e non più di due clienti per nucleo familiare)
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dhr-ao3 · 11 months ago
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A Season For Setting Fires - mightbewriting - traduzione italiana
A Season For Setting Fires - mightbewriting - traduzione italiana https://ift.tt/HI72nDQ by dctradgeorgia La tortura profuma di primavera. Come narcisi e tulipani e bucaneve. Come i mazzi di fiori portati all'interno dai giardini del maniero per dare la vita ai freddi muri di pietra che ospitano i criminali. La Pasqua mista a follia ha senso in questo paesaggio contorto; L'unica possibilità di sopravvivenza di Draco è sopportarla. Lui lo sa. Ma questo non placa le contrazioni nei suoi polpacci, la flessione delle sue dita. Granger solleva la mano dal pavimento e Draco quasi perde il pranzo, lo stomaco si agita mentre la guarda allungare il braccio, raggiungendo attraverso la corda traslucida, raggiungendo verso di lui. Cerca di sbattere le palpebre, sbattere, ma sia lei che il cavo sono cose testardi e persistenti. Words: 97394, Chapters: 31/31, Language: Italiano Fandoms: Harry Potter - J. K. Rowling Rating: Explicit Warnings: Graphic Depictions Of Violence Categories: F/M Relationships: Hermione Granger/Draco Malfoy via AO3 works tagged 'Hermione Granger/Draco Malfoy' https://ift.tt/9j7XS68 December 29, 2023 at 03:14PM
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solosepensi · 1 year ago
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All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’ nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d’lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t’appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de’ buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov’io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch’or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d’evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l’ossa
col mozzo capo gl’insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l’úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l’immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.
Dal d�� che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
ed are a’ figli; e uscían quindi i responsi
de’ domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
fean pavimento; né agl’incensi avvolto
de’ cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d’effigïati scheletri: le madri
balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l’amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l’urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell’uom cercan morendo
il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de’ suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe’ la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l’opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell’Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l’amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l’esempio.
A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l’arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
sotto l’etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all’Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe’ lavacri
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’ invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all’Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a’ patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l’austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a’ Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
la virtú greca e l’ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
silenzi si spandea lungo ne’ campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole egèe, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l’armi d’Achille
sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio: e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d’Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
I Sepolcri-Ugo Foscolo.
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guelfoalexander · 1 year ago
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Un giorno Silvio Berlusconi muore per un improvviso attacco cardiaco e finisce di filato all' inferno dove Belzebų lo sta aspettando.
"Non so cosa fare", esordisce il Diavolo, "Sei nel mio elenco ma non ho pių posto per te. Perō d'altro canto devi per forza stare qui!"
Dopo averci pensato su, il Diavolo prosegue: "Sai cosa faccio? Ho due o tre persone che non sono state tanto cattive quanto te, ne lascerō andare una e tu ne prenderai il posto... anzi, siccome oggi sono di buon umore ti lascio addirittura scegliere quale liberare".
A Silvio la proposta sembra accettabile e cosė Belzebų apre la prima porta.
Lė dentro, in una grande piscina, nuota Craxi che si immerge ripetutamente tentando di portare in superficie uno sfavillante ed immenso tesoro, riemergendo perō sempre desolatamente a mani vuote.
E si immerge e riemerge e ancora e ancora.
Questo č il suo destino all'inferno.
"No" dice il Cavaliere "non ci siamo, non sono un gran nuotatore e poi sempre a mani vuote non posso restare, non potrei fare questo per l'eternitā".
Belzebų lo conduce allora nella stanza successiva dove trovano Francesco Cossiga che con un enorme piccone deve frantumare giganteschi massi di pietra durissima... e poi alti e altri ancora.
"No" dice Berlusca "tu sai che ho un problema alla spalla, mi farebbe troppo male picconare in continuazione per l'eternitā".
Belzebų apre allora la terza porta. All' interno, l'ex presidente degli U.S.A., Bill Clinton, sdraiato sul pavimento con le braccia dietro la nuca e le gambe larghe; china su di lui Monica Lewinsky intenta nell' ormai famosa attivitā.
Berlusconi osserva incredulo e dice subito: "Si, si puō fare, vada per questo."
"OK " dice il Diavolo, "Monica, tu puoi andare!".
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pier-tuveri01 · 2 years ago
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“Le mie rose rosse e gialle si sono completamente schiuse.
Mentre ero là, in quell’inferno, hanno continuato silenziosamente a fiorire.
Molti mi dicono: come puoi pensare ancora ai fiori, di questi tempi.
Ieri sera, dopo quella lunga camminata nella pioggia, e con quella vescica sotto il piede, sono ancora andata a cercare un carretto che vendesse fiori e così sono arrivata a casa con un gran mazzo di rose.
Ed eccole lì, reali quanto tutta la miseria vissuta in un intero giorno.
Nella mia vita c’è posto per tante cose.
E ho così tanto posto, mio Dio.
Oggi, mentre passavo per quei corridoi così affollati, ho sentito improvvisamente un gran desiderio d’inginocchiarmi sul pavimento di pietra, in mezzo a tutta quella gente. L’unico atto degno di un uomo che ci sia rimasto di questi tempi è quello d’inginocchiarci davanti a Dio...”
Dal 'Diario' di Etty Hillesum, olandese, ebrea, ma non osservante, confinata a Westerbork, campo di transito da cui sarà mandata ad Auschwitz dove muore il 30 novembre 1943, poco prima dei 30 anni.
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Come un’isola in un mare di dubbi posso, qui e ora, dire che il pensiero è sempre attuale!
Le mie rose di ieri e di oggi
Buonanotte in Armonia
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persa-tra-i-miei-pensieri · 2 years ago
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C'era una volta Pescara
Pescara (Piscara) il nome della città deriva dall'abbondanza nel fiume di pesce particolarmente buono (peschiera), prima prendeva il nome dal fiume Alterno (ostia aterni e aternum).
Il fiume Pescara nella storia fece molte volte da confine per i regni che si sono succeduti ed era navigabile.
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Quando la città venne distrutta rimase solo la fortezza (piazzaforte) costruita dai bizantini che cercavano di riconquistare la penisola via costa.
Sono state trovate le mura bizantine da un lato crollate per via di un maremoto probabilmente a seguito di un terribile terremoto, mentre le mura bizantine ritrovate all'interno della caserma sono ancora in piedi.
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L'imperatore Carlo V creò una serie di fortezze tra le quali la fortezza di Pescara proprio adiacente al porto di Pescara (la cosiddetta "serratura del regno")
Dal bastione San Vittorio, detto anche bastione bandiera, Re Vittorio Emanuele II si affacciò andando incontro a Garibaldi.
Re Vittorio Emanuele II affermò riferendosi a Pescara "Oh che bel sito se si abbattono le mura della fortezza Pescara diventerà una grande città commerciale" e così è stato.
Qui c'erano delle prigioni terribili "il sepolcro dei vivi" era chiamati il carcere (bagno penale) borbonico.
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La caserma di cavalleria comprensiva di una chiesetta (quella della Madonna del Carmine) era una zona molto estesa tanto da raggiungere la necropoli di Rampigna situata fuori città.
Per realizzare la ferrovia venne utilizzato il muro della fortezza.
Venne costruito sotto il regime fascista il ponte Littorio sotto il quale si teneva il mercato galleggiante delle arance.
Ennio Flaiano tra le altre cose fu grande sceneggiatore in particolare de "La dolce vita".
Inventò anch'egli come D'Annunzio alcuni termini ad esempio il termine paparazzo utilizzando il vero nome del fotografo di moda de "La dolce vita" inoltre non è un caso che le paparazze in dialetto pescarese siano le cozze che ricordano appunto il vecchio obiettivo della macchina fotografica.
Lungo l'attuale via delle Caserme al lato opposto delle caserme c'era la fanteria e le osterie.
Clemente De Caesaris salvò la fortezza di Pescara dalle truppe borboniche corrompendole con il suo oro.
Era un forte repubblicano ma per salvare la situazione chiamò i Sabaudi come reali d'Italia, però successivamente dopo aver visto come i prigionieri venivano torturati li rinnega a Torino pubblicamente in Parlamento.
Pavimento originale del '500 solo nell'attuale via Luigi D'Amico
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In Piazza del mercato (piazza Garibaldi) si facevano le prove delle bande, questa fu la vera prima Piazza Salotto per via dell'acustica che ricorda quella di un salotto.
Un pasticcere si inventa qui il "ritrovo del parrozzo"
Pescara viene distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
In piazza mercato si trova il cosiddetto "Monumento ai caduti" di Pietro Cascella che in realtà è il "monumento della distruzione e alla ricostruzione".
La Cattedrale di San Cetteo presenta un soffitto in legno, i pilastri sono di pietra così come i capitelli e vetrate colorate. Viene realizzata così a seguito di un patto con Gabriele D'Annunzio che voleva far seppellire la madre nella chiesa in un mausoleo. Ma invece di denaro dona un quadro del '600 del Guercino enorme e prezioso a Don Brandano, raffigurante San Francesco che riceve le stigmate. Ora questo quadro è posto accanto al mausoleo della madre di D'Annunzio, mentre la chiesa è stata finanziata interamente dai pescaresi.
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La Chiesa Santa Maria di Gerusalemme era a forma circolare con 2 campanili. Forse era il riadattamento di un tempio preesistente comunque i resti ritrovati sono medievali e di stile circestense.
È questa la chiesa che venne aperta rimuovendo l'abside e che divenne Porta Nuova alla quale comunque rimaneva un solo campanile, ora invece nessuno.
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Teatro Vincentino Michetti al cui fianco costruisce casa sua in stile liberty con decori di arance.
Attorno a lui molti architetti pescaresi studiando questo stile (liberty) fanno di Pescara e di Castellammare quelle che furono le due città liberty famose in tutto il mondo.
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La parte più antica della città è dov'era Porta Sala e il convento di Sant'Agostino.
Nonostante la vicinanza con questo luogo di culto quella era via dei bordelli e non solo nel nome.
Sotto le mura della fortezza ci sono ancora dei sotterranei da esplorare.
Sotto lo strato di erba c'è un mosaico romanico
Il Ponte della ferrovia fu l'ambientazione nell'immaginazione del poeta D'Annunzio nella sua opera "Terra Vergine" al passo in cui descrive il tramonto visto dal ponte.
In mezzo alla strada sono state posizionate delle pietre del ponte romano.
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emilpavsnc · 4 days ago
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Colori per pavimenti stampati: come scegliere la tonalità giusta
Scegliere il colore per un pavimento stampato richiede attenzione a stile, uso, luce e ambiente per creare armonia e valorizzare lo spazio. #colori #come #giusta #la #Pavimenti #per #scegliere
I pavimenti stampati stanno guadagnando sempre più popolarità grazie alla loro versatilità, resistenza e aspetto estetico che può imitare materiali come pietra, legno o mattoni. Un aspetto fondamentale nella progettazione di un pavimento stampato è la scelta della tonalità. Il colore giusto non solo valorizza l’ambiente, ma contribuisce anche a creare un’atmosfera in linea con l’uso dello spazio.…
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nashwancostruzioni · 6 months ago
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Trasforma il Tuo Spazio: Le 10 Migliori Idee di Ristrutturazione Casa per un Look Moderno
Ristrutturare la propria casa può essere un’avventura entusiasmante e trasformativa. Se vivi a Milano e desideri dare un tocco moderno alla tua abitazione, ecco le 10 migliori idee di ristrutturazione casa per aiutarti a creare un ambiente contemporaneo e funzionale.
1. Open Space
Una delle tendenze più popolari nella ristrutturazione casa è l’open space. Eliminare le pareti divisorie tra cucina, sala da pranzo e soggiorno crea un ambiente più ampio e luminoso, perfetto per la vita moderna.
2. Cucina Moderna
La cucina è il cuore della casa e merita un’attenzione particolare. Investire in elettrodomestici di ultima generazione, piani di lavoro in marmo o granito e mobili con linee pulite può trasformare completamente lo spazio. Non dimenticare un’illuminazione cucina adeguata per migliorare l’atmosfera.
3. Bagno Spa
Trasforma il tuo bagno in una spa privata. Piastrelle eleganti, una grande doccia a pioggia e una vasca freestanding possono fare la differenza. Considera l’installazione di riscaldamento a pavimento per un comfort extra. Ristrutturazione bagno è una delle migliori decisioni per aumentare il valore della tua casa.
4. Pavimenti in Legno
I pavimenti in legno conferiscono calore e eleganza a qualsiasi stanza. Opta per legni chiari come il rovere sbiancato per un look moderno e luminoso, perfetto per le abitazioni milanesi.
5. Smart Home
Integrare la tecnologia nella tua casa non è mai stato così semplice. Installare sistemi di domotica per il controllo delle luci, del riscaldamento e della sicurezza può rendere la tua vita quotidiana molto più comoda e sicura.
6. Arredamento Minimalista
Meno è di più quando si tratta di arredamento moderno. Scegli mobili con design semplici e funzionali. Colori neutri e materiali naturali come il legno e la pietra sono ideali per creare un ambiente tranquillo e sofisticato.
7. Finestre Grandi
Le finestre panoramiche non solo migliorano l’estetica della casa ma aumentano anche la quantità di luce naturale, riducendo la necessità di illuminazione artificiale. Questa soluzione è particolarmente adatta per godere delle viste urbane di Milano.
8. Verde Interno
Integrare piante e spazi verdi all’interno della casa è una tendenza in crescita. Non solo migliorano la qualità dell’aria, ma aggiungono anche un tocco di freschezza e vitalità agli ambienti interni.
9. Pareti con Texture
Aggiungi profondità e interesse visivo con pareti testurizzate. Che si tratti di mattoni a vista, pannelli in legno o carta da parati tridimensionale, queste soluzioni possono rendere unica ogni stanza.
10. Illuminazione Strategica
L’illuminazione gioca un ruolo cruciale nella ristrutturazione casa. Utilizza una combinazione di luci ambientali, direzionali e decorative per creare l’atmosfera perfetta in ogni stanza. Illuminazione a LED è una scelta ecologica e versatile per un look moderno.
Ristrutturare casa a Milano può essere un progetto stimolante e gratificante. Con queste idee, puoi trasformare il tuo spazio in una casa moderna e accogliente, perfetta per la vita urbana. Ricorda di pianificare con attenzione e di affidarti a professionisti esperti per ottenere i migliori risultati. Buona ristrutturazione!
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fashionbooksmilano · 7 months ago
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Renata Mohlo
Elegante da morire
Baldini+Castoldi, Milano 2024, 192 pagine, brossura, ISBN 9791254941447
euro 18,00
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Milano, sbadata e rampante. Giorni nostri. Un cadavere giace nella toilette di un noto ristorante. L’acqua del rubinetto corre, il rotolo di carta igienica pure, e lo stiletto di una décolleté griffata affonda nel corpo esanime dell’illustre defunta. Lei, Madame Jesais Tout, ma all’anagrafe Gaetana Pizzuto; lei, direttrice onnipotente di una patinata rivista di moda, che decide ascese e cadute con un cenno del capo; lei, che «un tempo era buona, ma poi ha dimenticato tutto»; ebbene, lei ora viene avvolta in un tappeto afghano e chiusa nel freezer, per occultarne l’omicidio prima che la gente mormori. E quando Ignazio Scognamiglio, ispettore sgualcito e incline alla disfatta, sarà assoldato sottotraccia alla ricerca di colpevoli e moventi (a profusione), in passerella sfileranno rivalità antiche e figli rinnegati, portinaie chiromanti e parvenu dell’haute couture, fenomenologie del merletto e vendette servite gelide. Intessendo un noir che è anche satira tagliente, l’autrice realizza un affresco ironico e corale, quello della moda tutta brillio ma con i suoi chiaroscuri – lì dove «è tutto falso, la fantasia è altrove» – qui restituita con spensierata, ma a tratti tenera, efferatezza. Come si dice, «Adoro!»
Al piano di sotto
Quando un luogo banale diventa lo scenario di qualcosa di straordinario.
Tutto era dorato, ma era sorprendentemente argenteo quel che si vedeva dello stiletto in acciaio. Brillava superbo, illuminato dal raggio di luce che, penetrando da una feritoia in alto a sinistra, colpiva con precisione il tacco di una décolleté griffata. Una fibbia a forma di rondine, con la sua coda affusolata e biforcuta, giaceva un po’ più in là sul pavimento, mentre la punta della scarpa veniva inghiottita dal buio. Unico elemento vivido in quell’immensa scatola di marmo con venature ambrate, il rosso di un sottile rivolo di sangue che formava una chiazza frastagliata.
Gli specchi riflettevano ogni cosa all’infinito, in un gioco di rifrazioni che rasentava per perfezione quello delle piramidi, e il rumore dell’acqua, che sgorgava da un rubinetto d’oro dimenticato aperto, come una dolce reminiscenza orientale, si confondeva con i suoni sincopati di un pezzo di Dizzy Gillespie.
I soffitti alti e altrettanto specchiati moltiplicavano la scena: a terra giaceva un corpo elegante anche nella morte. Il tubino nero di YSL continuava imperterrito a fasciare un corpo inerme, minuto e in una posa scomposta. Come una farfalla trafitta da uno spillo, Madame Jesais Tout, la potente direttrice di «Cloud», aveva smesso di respirare. Era successo proprio mentre era in bagno, nel momento più intimo e riservato. Sembrava si volesse aggrappare alla carta igienica, che continuava a srotolarsi nella sua rosata ingenuità, producendo un ritmico cigolio. La porta era chiusa e chi avesse bussato sarebbe passato alla successiva pensando semplicemente che qualcuno si fosse asserragliato lì dentro per starsene un attimo in pace, per farsi di coca o per consumare una fugace avventura con uno degli aitanti camerieri. Le gambe piegate all’indietro, le braccia aperte a croce e i capelli di un rosso pompeiano lunghi di extension sparpagliati in ciocche disordinate, defunte già da tempo, enfatizzavano la perentorietà di tutta quella lussuosa pietra tombale, investita della responsabilità di conferire sacralità al luogo dove si fa pipì.
La scena poteva sembrare un’installazione dello Studio Azzurro. Un po’ macabra, certo, ma, si sa, il gusto dell’orrido aveva conquistato tutti e anche l’animo più sensibile aveva imparato a farci i conti. Si era ormai smesso di immaginare il bello per rallegrarsi, per elevarsi. Erano tempi duri. Tra gli stucchi dei salotti che contavano echeggiavano ancora le risate al ricordo della reazione di un giovane stilista, che, all’inaugurazione di una mostra, fu insultato da Klevis Klapman, fratello di Albin ed esponente della Young British Art. Il poveretto, di fronte a un manichino dall’aspetto efebico con un fallo piantato sulla fronte, aveva osato sorridere e sussurrare qualcosa tipo «Ma non ci credo!», scambiando un’occhiata d’intesa con un ragazzotto chinato ad armeggiare con una presa di corrente. Peccato che il ragazzotto fosse l’autore di quel capolavoro. Sollevando lo sguardo, gli avrebbe urlato «Sei davvero privo di fantasia!» di fronte al Gotha dell’arte e della moda che, all’unisono, si mise a fissare il poveruomo come se fosse un pipistrello morto caduto nella minestra. La sua carriera ovviamente finì lì, nessuno lo invitò più e così tornò a fare le pizze al paesello. Essere insultati pubblicamente da un artista d’avanguardia avrebbe rovinato chiunque.
Stupirsi o giudicare non era quindi chic. Il cinismo era quanto di più elegante ci fosse. Questa è la ragione per la quale quel delitto fu scoperto solo molte ore dopo dalla donna delle pulizie del più noto ristorante non solo della città, ma del mondo, perché apparteneva a uno degli stilisti più in voga.
03/05/24
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casaomnia · 7 months ago
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La Magia del Gres: Trasforma il Tuo Living con il Fascino della Pietra
Nel cuore di ogni casa, la zona living si offre come palcoscenico principale della vita familiare e sociale, un luogo dove comfort e estetica devono fondersi armoniosamente. È qui che il pavimento in gres porcellanato effetto pietra entra in scena, promettendo non solo resistenza e praticità, ma anche un’incredibile varietà di finiture capaci di emulare la bellezza naturale della pietra con…
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yourtrashcollector · 8 months ago
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Qualche mese prima, il giorno in cui Magid compiva nove anni, un gruppo di ragazzini bianchi molto carini e dai modi inappuntabili aveva suonato alla porta e chiesto di Mark Smith. «Mark? Non c'è nessun Mark, qui» aveva detto Alsana, chinandosi fino al loro livello, con un gran sorriso. «Qui vive solo la famiglia Iqbal. Avete sbagliato casa.» Ma prima che avesse finito la frase, era arrivato di corsa Magid, che aveva spinto la madre da una parte. «Salve, ragazzi.» «Salve, Mark.» «Andiamo al circolo degli scacchi, mamma.» «Sì, M... M... Mark» aveva detto Alsana, prossima alle lacrime per quell'oltraggio finale, la sostituzione di "Amma" con "Mamma". «Non fare tardi.» «TI HO MESSO UN NOME GLORIOSO COME MAGID MAH-FOOZ MURSHED MUBTASIM IQBAL!» aveva urlato Samad a Magid, quando quella sera era tornato a casa per schizzare come un proiettile su per le scale e andare a nascondersi nella sua stanza. «E TU TI FAI CHIAMARE MARK SMITH!» Ma quello era solo un sintomo di un malessere più profondo. Magid desiderava realmente trovarsi in un'altra famiglia. Voleva possedere gatti e non scarafaggi, voleva che sua madre emettesse la musica di un violoncello, non il suono della macchina da cucire; voleva avere tralci di fiori sul lato della casa, invece del sempre crescente cumulo di immondizie dei vicini; nell'ingresso voleva un pianoforte e non la portiera rotta della macchina del cugino Kurshed; voleva fare le vacanze in bicicletta in Francia, e non viaggi di un giorno a Blackpool per andare a trovare le zie; voleva che il pavimento della sua stanza fosse di legno lucido, non della logora moquette verde e gialla avanzata dal ristorante; voleva che suo padre facesse il medico, non il cameriere con una mano sola; e quel mese Magid aveva convertito tutti questi desideri nella voglia di partecipare alla Festa del Raccolto come avrebbe fatto un Mark Smith. Come avrebbe fatto chiunque altro. MA VOGLIAMO FARLO, ALTRIMENTI CI BECCHIAMO UNA PUNIZIONE. LA SIGNORA OWENS DICE CHE È LA TRADIZIONE. Samad perse la pazienza. «La tradizione di chi?» urlò, mentre Magid, in lacrime, ricominciava a scrivere freneticamente. «Maledizione, tu sei un musulmano, non un folletto dei boschi! Te l'ho detto, Magid, te l'ho spiegato quali sono le condizioni per ottenere il permesso di andarci. Prima vieni con me sull'haj. Se mai riuscirò a toccare quella pietra nera prima di morire, voglio farlo con a fianco mio figlio maggiore.» Magid ruppe la punta della matita a metà della risposta, e scrisse l'altra metà usando il mozzicone. NON È GIUSTO! NON POSSO ANDARE SULL'HAJ. DEVO ANDARE A SCUOLA. NON HO TEMPO PER ANDARE ALLA MECCA. NON È GIUSTO! «Benvenuto nel ventesimo secolo. Non è giusto. Niente è giusto.»
Zadie Smith, Denti bianchi
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