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Anche le aiuole non mantengono le promesse: un viaggio poetico tra l’etereo e l’umano. La poetessa sarda Marisa Brandano ci conduce in un viaggio esperienziale con la sua raccolta poetica “Anche le aiuole non mantengono le promesse”. Olbia
La nuova raccolta di Marisa Brandano esplora l’essenza dell’animo umano attraverso versi liberi e orfici
La nuova raccolta di Marisa Brandano esplora l’essenza dell’animo umano attraverso versi liberi e orfici La poetessa sarda Marisa Brandano, residente a Olbia, ci conduce in un viaggio esperienziale con la sua raccolta poetica “Anche le aiuole non mantengono le promesse”, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” di Aletti Editore. Quest’opera bilingue (italiano e inglese) rappresenta…
#Alessandria today#Aletti Editore#amore e poesia#Anche le aiuole non mantengono le promesse#Biblioteca Civica Simpliciana#canti liberi#collana Diamanti#creatività poetica#cultura letteraria Olbia#cultura poetica#dolore e rinascita#eventi culturali Sardegna#Giuseppe Aletti#Google News#italianewsmedia.com#letteratura italiana#letteratura sarda#Marisa Brandano#Marisa Brandano poesia#Pier Carlo Lava#poesia Aletti Editore#POESIA BILINGUE#poesia contemporanea#Poesia e introspezione#poesia e spiritualità#poesia e vita#poesia internazionale#poesia italiana moderna#poesia moderna bilingue#poesia orfica
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Lamella orphica sive aurea Hipponii (De Mnemnosynes lacu): «Μναμοσύνας τόδε ἱερόν»
Μναμοσύνας τόδε ἱερόν, ἐπεὶ ἂμ μέλληισι θανεῖσθαι. Εἶς Ἀίδαο δόμους εὐήρεας, ἔστ’ ἐπὶ δεξιὰ κρήνα, πὰρ δ’ αὐτὰν ἑστακυῖα λευκὰ κυπάρισσος. ἐνθα κατερχόμεναι ψυχαὶ νεκύων ψύχονται. Ταύτας τᾶς κράνας μηδὲ σχεδὸν ἐνγύθεν ἔλθηις.
Πρόσθεν δὲ εὑρήσεις τᾶς Μναμοσύνας ἀπὸ λίμνας Ψυχρὸν ὕδωρ προρέον. φύλακες δὲ ἐπύπερθεν ἔασι, Τοὶ δέ σε εἰρήσονται ἐνὶ φρασὶ πευκαλίμαισι ὅττι δὲ ἐξερέεις Ἄϊδος σκότος ἠερόεντος. εἶπον «ὑὸς Βαρέας καὶ Οὐρανοῦ ἀστερόεντος, δίψαι δ’ εἰμ’ αὖος καὶ ἀπόλλυμαι, ἀλλὰ δότ’ ὦκα ψυχρὸν ὕδωρ πιέναι τῆς Μνημοσύνης ἀπὸ λίμνης.» καὶ δή τοι ἐλεοῦσιν ὑπὸ χθονίωι βασλῆι, καὶ δή τοι δώσουσι πιὲν τᾶς Μναμοσύνας ἀπὸ λίμνας καὶ δὴ καὶ σὺ πιὼν ὁδὸν ἔρχεαι ἅν τε καὶ ἄλλοι μύσται καὶ βάχχοι ἱερὰν στείχουσι κλεινοί.
[HIS] Ésta es la empresa sagrada de Mnemósine cuando esté a punto de morir. A la bien construida casa de Hades te dirigirás: en la derecha hay una fuente, y junto a ésta un blanco ciprés erguido. Allí, cuando bajan, se refrescan las almas de los muertos. No vayas cerca de esta fuente ni un poco, sino que más adelante encontrarás agua que fluye fresca de la laguna de Mnemósine. Unos guardianes se encuentran en su orilla. Estos te preguntarán con ánimo sagaz por qué exploras la oscuridad sombría del Hades. Diles: «Soy hijo de la Tierra y del Cielo estrellado. Estoy sediento y me muero. Pues bien, dadme, de prisa a beber agua fresca de la laguna de Mnemósine.» Y en verdad que le preguntarán a la reina subterránea, y en verdad que te darán a beber de la laguna de Mnemósine. Y también, en verdad, tú, tras haber bebido, te irás por la sagrada vía por la que también los otros iniciados y bacantes ilustres avanzan.
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#Auctor incertus#Lamella orphica Hipponii#Lamella aurea Hipponii#De Mnemnosynes lacu#Laminetta orfica di Ipponio#Laminetta d'oro di Ipponio#saec. V a.Ch.n.#scriptum#carmen#Theologia#Mytologia#Graece#Mnemosyne#Alba Sánchez Guerrero#Tyrtarion
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pod al popolo, #019: audio googlemap per mnemosyne, ad uso dei poeti
Un’audiolaminetta orfica per raggiungere Mnemosyne con googlemap, ad uso della poesia italiana contemporanea. Oggi su Pod al popolo. Il podcast irregolare, ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto e occhio alla strada. https://slowforward.files.wordpress.com/2023/09/googlemap-per-mnemosyne_-def.mp3 _
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LA SIMBOLOGIA DELL'UOVO COSMICO
LA SIMBOLOGIA DELL'UOVO COSMICO
di Monaco Guerriero L’Uovo Cosmico è uno dei simboli più importanti della mitologia comparata, esistente in numerosi miti della creazione attraverso diverse tradizioni culturali. Sebbene non sia menzionato nella Teogonia di Esiodo, l’uovo è una caratteristica distinta nella cosmogonia della tradizione orfica dell’antica Grecia. Si credeva che l’Uovo Orfico, dal nome di Orfeo, il mitico poeta e…
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“Non è normale amare. È roba dell’altro mondo. L’inverosimile è la sola realtà. Si diventa sonnambuli, a volte…”
Nessuno sa veramente che cos’è l’amore. Nonostante le infinite forme che il più potente sentimento del mondo può assumere, o le sconfinate circostanze nelle quali si può manifestare. Già è sbagliato definirlo sentimento. Non si definisce. Semmai, si prova. E donarlo o riceverlo è appagante. Ciò nonostante non sappiamo da dove venga, né quando finirà. È lui a dettare le regole del gioco. Sempre. Lo viviamo e basta. Però è mistero, senza compromessi.
Chi può dire di averne abbastanza, si sbaglia; ha preso un abbaglio. Chi non ne ha, lo desidererebbe come appiglio o, quanto meno, s’è abituato senza. Pur sapendo che è sola bestemmia pensarlo. Il fatto è che ci abituiamo a tutto, tranne proprio che all’amore.
Il poeta, eterno bambino, qualcosa ne sa. Egli penetra nei giardini delle donne, ivi ne costruisce i labirinti e vi si perde. Corteggiato, rispettato all’inverosimile, altrimenti bistrattato o tenuto al guinzaglio da qualche musa, s’è scontrato con l’enigma conficcato tra spazio e tempo. Il poeta visita l’altrove, vedendo altro, stando oltre la soglia. Ma andiamo oltre.
Non è normale amare. È roba dell’altro mondo. Voler bene è poca roba, al confronto. Qui stiamo insinuando l’inverosimile e l’impossibile che diventano realtà. Si diventa sonnambuli, a volte. Altre, non si sa. L’amore è cocaina allo stato puro. Una volta provato, è difficile rinunciarvi. Ma chiedi a qualcuno di dirti che cos’è, per davvero… Non si sa se sia pianto o riso, godimento o deliquio. Illusione o sortilegio.
Nei cortili di ringhiera (chissà se ne esistono ancora?) c’era sempre un pozzo. E le rondini, a primavera, costruivano un nido nel cantuccio più nascosto del portone. Sono ricordi dell’infanzia da non dimenticare. Dunque l’amore è un far memoria, testimoniare l’accaduto della bellezza. Desiderarne il rinnovarsi. L’amore è infinito creare: cadere nel pozzo, sapendo che qualcuno, prima o poi, verrà a salvarci. Oppure, inoltre, le donne hanno in seno quell’amore che nemmeno il poeta potrà mai sperare. Ma se una donna sarà poeta, il busillis si farà interessante.
Eppure nessuno vuole sapere realmente cosa sia l’amore. Quel qualcosa che rompe gli indugi, improvvisamente. Non ci si può ‒ non ci si deve ‒ ammalare per amore. Forse che il dolore da esso provocato possa diventare giustificazione alle nostre debolezze. Strappa i limiti, scioglie i patti: il poeta questo lo sa bene. Egli ne ha parlato e scritto nelle sue poesie. Perché ne conosce il battito, in levare. Sa che è sacro, indissolubile. Assoluto. Esso permane oltre la morte. Travalica persino il suicidio.
Ditemi cos’è l’amore e vi farò re e regine! Il mio argento per un bacio… Dell’amore io ne porto il segno. Trafitto. Un anello al dito che fu speranza spezzata. Ora quest’anello assurge a aristocrazia della forma. Scisso un patto ancestrale sotto una sfacciata luna piena, ho giurato a me stesso che darò tutto per la letteratura. E non può più bastare nemmeno un abbraccio a tentare di scalfire la furia del poeta. Egli vuole tutto: un amore onnicomprensivo, pieno, colmo. Diversamente, dirsi addio. Diversamente, è menzogna, opportunismo, compiacenza.
L’amore morde, è roba da fratellanza orfica; colpisce, inganna, tradisce. Si sta come su un palcoscenico. Magari a omaggiare chi non si è mai conosciuto. Forse a incontrare chi si conoscerà. Quindi l’amore è immortale, perché nell’anima possiede il soffio. Non ditelo troppo in giro. Vivetelo, piuttosto. Esso non ama definizioni, tanto meno definirsi. L’amore preferisce l’esempio, non è ciarliero. D’altronde, qualcuno ci aveva messo sull’avviso: “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
Giorgio Anelli
*In copertina: John Singer Sargent, “Miss Elsie Palmer”, 1890
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Mi domando perché siete solo degli schemi davanti ai miei occhi - oh padri - perché il mio sguardo è disilluso e non si incanta? Ben poco riesce ormai a sfiorarmi, a procurarmi anche solo un pavido tremore. L’inettitudine accerchia i miei polsi, m’incatena all’ozio notturno. E non riesco a far altro che lamentare un debole cicaleccio. Lo sento così profondo questo abisso, questa immensa voragine che s’amplifica nel petto e mi urla: sei così banale, bambina mia. Che sono il discorso indiretto, un intermezzo, un canto interrotto: non so più cosa fare. Se solo mi sfiorassi la pelle sapresti, quanto è facile con me sognare. Ma sono solo il fantasma d’un suono onirico, sono: orfica creatura. E tutto ciò che posso fare è sostarti accanto, poggiarmi leggera sulla tua spalla come se fossi una mosca che riposa dal suo chiassoso ronzare. Mi sento rivestita d’un terribile esoscheletro e guarda, osserva come sono lunghe queste mie zampe, così stanche le mie ali, non faccio altro che sbattere sui vetri alla sera. Che non c’è nido per le mie palpebre dove riposare. Sono ridotta a un castello impenetrabile di diamante: intangibile, non mi puoi spezzare. Ma toccami, sono così fredda… illuminami ancora - solo - un’ultima volta… che la campana risuona una mesta melondia e - ad ogni rintocco - il respiro sempre più quieto se ne va. Il mio battito cede, all’ennesimo passo d’automa. Ormai, sono l’ennesimo ingranaggio di questa macchina. La verga spezzata - abbandonata - su un verde campo pascolato.
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✧・゚:*Today’s magical girl of the morning is: Orfica from The Caster Chronicles!✧・゚:*
#Orfica#The Caster Chronicles#card game#blonde#horns#white#magical girl#magical girl of the day#mahou shoujo
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¿Conoces la sección Novedades Destacadas de ZN? Pues ya va siendo hora, visita nuestra web y conoce las obras que la redacción ha destacado este mes de Junio. Para muestra las tres obras de @Diego_rouco En los próximos días más píldoras comisuras pero si no habéis tenido suficiente visitad la entrada en nuestra web: http://bit.ly/2sEk15t #novedadesdestacadas #zonanegativa #zn #novedadesdestacadasZN #orficas #max #nordicalibros #blueberry #jeanmichaelcharlie #jeangiraud #moebius #normaeditorial #dargaud #cuentosyleyendasdedinobattaglia #dinobattaglia #ponentmon
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“Danza la notte nelle tue pupille”, la poesia orfica di Maria Teresa Liuzzo – recensione di Giuseppe Iannozzi
“Danza la notte nelle tue pupille”, la poesia orfica di Maria Teresa Liuzzo – recensione di Giuseppe Iannozzi
Maria Teresa Liuzzo riscopre la poesia orfica Danza la notte nelle tue pupille di Giuseppe Iannozzi La poesia (dal greco antico ποίησις, poiesis) è «creazione», è la capacità del poeta di far arrivare al pubblico concetti e stati d’animo. Che cosa è la poesia? Esiste una definizione universalmente accettata da tutti? August Strindberg è dell’avviso che essa «non è la realtà, ma più della realtà……
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#A.G.A.R. Editrice#Danza la notte nelle tue pupille#Giuseppe Iannozzi#Maria Teresa Liuzzo#poesia orfica#tematiche liuzziane
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Notte o Nyx (in greco antico: Nύξ, Nýx, "notte") è una delle divinità primordiali della mitologia greca[1][2].
Secondo la Teogonia di Esiodo, Notte era figlia di Caos, mentre nella cosmogonia orfica era figlia di Phanes[1][2]; nelle Fabulae, Igino la dice figlia di Caos e di Caligine[3]. Sempre secondo Esiodo, Notte era la personificazione della notte terrestre, in contrapposizione al fratello Erebo, che rappresentava la notte del mondo infernale. Era inoltre contrapposta ai suoi figli Etere (la luce) ed Emera (il giorno).
Notte era una delle divinità più antiche, e dimorava nel cielo; secondo Omero, anche Zeus ne aveva paura.
Questa divinità fu ripresa nella mitologia romana con il nome di Nox.
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Nicola De Maria, Testa Orfica II, 1990
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Non sapevo nè di Platone che ha parlato di pre-morte nel mito di Er e nè della dottrina orfica. Sono contenta di apprendere nuove cose grazie al tuo libro♥️.
e io sono contenta che tu le abbia trovate ❤️
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“Ho ritrovato il celeste e il selvaggio”. Catherine Pozzi, la poetessa della notte
Un secolo fa, nel 1920, incontra Paul Valéry, non ne è l’amante né la musa, piuttosto, il totem. Lo incontra il giorno del suo trentottesimo compleanno, la sua è una bellezza trasparente, elfica, d’androgino. Gli occhi sembrano un espediente della notte. Famiglia abbiente, quella di Catherine Pozzi: il padre, Samuel, chirurgo d’alta fama, amico di Clemenceau, eletto in stima da Robert Proust, il fratello di Marcel – che era solito frequentare il salotto di casa Pozzi – è dipinto in una affascinante vestaglia rossa da John Singer Sargent, è ammazzato, il giorno del compleanno della prima figlia, Catherine, nel 1918, da un paziente, un malato psichico.
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Figura di donna astratta, inflessibile e in fuga, Catherine: pratica la scrittura giovanissima, passa gli esperimenti poetici al vaglio del fuoco, studia a Oxford, si sposa nel 1909 con Édouard Bourdet, incerto drammaturgo, per noia, svogliatamente gli dà un figlio, Claude, preferendo la compagnia di Marcel Schwob. Destinata agli amori dispari, a stivare il corpo nella mandorla della mente, Catherine si fa incantare da André Fernet, letterato e ardito che nel 1916 muore durante un duello aereo. Nel 1921 pone fine al matrimonio con Bourdet, si unisce a Valéry – coniugato a Jeannie – ed è già rosa dalla tubercolosi che se la mangia, a Parigi, il 3 dicembre del 1934.
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Scrittrice iperborea, esoterica, che inietta il verbo in atto magico – perciò nascosto –, ardente nel carisma dell’autodistruzione, l’opera di Catherine Pozzi, di traslucida violenza, è del tutto postuma, prima nei Poèmes, per Gallimard, nel 1959, poi nell’Oeuvre poétique curata da Lawrence Joseph nel 1989. Il primo dicembre del 1929 è pubblica sulla “NRF” la sola poesia edita in vita dalla Pozzi – nome che s’incardina nel caso di quell’altra Pozzi, Antonia. La poesia s’intitola Ave, ha porzioni di indifesa grandezza, come se dagli occhi si potesse mungere vetro:
Quando sarò per me stessa perduta E divisa nell’abisso infinito Infinitamente, quando sarò sconfitta Quando il presente di cui sono rivestita Avrà tradito,
Per l’universo in mille corpi frantumata Di innumerevoli istanti non ancora riuniti Di cenere setacciata nei cieli fino al nulla Rifarete per una strana stagione Un solo tesoro
Rifarete il mio nome e la mia immagine Con mille corpi portati alla luce Viva unità senza nome e volto Cuore dello spirito, oh centro del miraggio Altissimo amore.
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Quindi va distillata come un arcano, da ispirati che leccano la provvisorietà della parola, Catherine Pozzi. Intorno ad Ave Michel de Certeau, concludendo Fabula mistica, scrive Ouverture a una poetica del corpo. Scrive, tra l’altro: “È mistico colui o colei che non può fermare il cammino e che, con la certezza di ciò che gli/le manca, sa di ogni luogo e di ogni oggetto che non è questo, che qui non si può risiedere né contentarsi di quello. Il desiderio crea un eccesso. Eccede, passa e perde i luoghi. Fa andare più lontano, altrove. Non abita da nessuna parte”. Per questo è appropriato che la poesia della Pozzi, specie di lamina orfica, lunare, non si faccia leggere, chieda di andare alla macchia – e cercarla.
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Tre anni prima di Ave, la Pozzi, “Sotto influsso della morfina scrive Vale, la prima delle poesie maggiori. Rifiuta di pubblicarla perché prefigura la rottura con Valéry” (Marco Dotti).
Ho ritrovato il celeste e il selvaggio Il paradiso dove l’angoscia è desiderio. Il passato che cresce di tempo in tempo È il mio corpo e sarà la mia sorte, Dopo il morire.
Quando in un corpo, mia delizia obliata, Dove fu il tuo nome, prender�� forma di cuore Rivivrò il nostro grande momento E questo amore che ti avevo dato Per il dolore.
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La pubblicazione della Correspondance tra la Pozzi e Valéry, La flamme et la cendre (Gallimard, 2006) fu un evento, stipato in un malloppo di oltre 700 pagine. “Distrutto? Perduto? Sequestrato negli abissi di una biblioteca pubblica? Per tre quarti di secolo si sono sommate voci, sono esplosi pettegolezzi intorno a questo epistolario solforoso… Sullo sfondo dei salotti parigini e delle opulente stazioni di villeggiatura popolate dal bel mondo delle teste pensanti degli anni Venti, si sviluppa una relazione turbata, turbolenta, di insondabile disperazione, di indicibile pienezza. Diciamolo: queste lettere costituiscono, nel loro campo, un capolavoro”, scrive il curatore, Lawrence Joseph.
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In Italia, l’esigua opera poetica della Pozzi è stampata in due libri, Il mio inferno (Medusa, 2006; per la cura di Marco Dotti) e Nyx e altre poesie (Via del Vento, 2013; a cura di Claudia Ciardi). Legata a Rainer Maria Rilke, di lui più glaciale – la Correspondance 1924-1925 è edita nel 1990 da La Différence –, installata da Cristina Campo tra gli spettri santi, la vita letteraria della Pozzi, che chiede il culto tributato alle divinità del sogno, è relegata nelle lettere – vasta la corrispondenza pure con Jean Paulhan – e soprattutto nel diario (edito nel 1987 come Journal: 1913-1934), pieno di agnizioni, di ulcere, di devote fratture. Da alcuni frammenti del diario, sembra che sia lì il diamante nero del carisma: “Io sono uno di quei punti particolari attraverso cui si irradia la sofferenza del pianeta”. Qui, in Agnès: “Tutto l’amore che nessuno raccoglie, chi sa mai dove va a finire? Ma io, io vi costringo anzitempo… Quando l’ora verrà, quando sarò pronta, con il vestito e col cuore – quando dirò: ‘adesso, adesso’, e voi non verrete (come tante altre volte in cui non siete venuto), non lascerò quel che ho di migliore dissiparsi fino all’altra riva del mondo”. Qui scrive di Valéry: “Parla, parla della sua potenza: un’ambizione implacabile improvvisamente alzata come un grande vento dietro questo spirito di cristallo, questo sentimento insensibile, questa impotenza della volontà. Vedo l’estremità della sua intelligenza. Il resto: vuoto assoluto”. Da qui andrebbero estratti materiali, macerie epistolari, per un grande libro su Catherine Pozzi.
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Fu adorata da tutti – da Julien Benda a Ernst Robert Curtius e Paulhan – come l’altro che viene a screziare la fiducia nel mezzogiorno, come il veleno che rende sfrenata la gioia, sfuggente, in adempimento ai lutti. (d.b.)
L'articolo “Ho ritrovato il celeste e il selvaggio”. Catherine Pozzi, la poetessa della notte proviene da Pangea.
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Rodolfo Aricò, Struttura orfica, 1968
#rodolfo aricó
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Nella religione orfica il demone è l'essenza stessa dell'anima, imprigionata nel corpo per una colpa compiuta e da cui cerca di liberarsi.
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23.11.2018
Adoro i simboli, perché non hanno significato univoco, si svelano nel tempo e sfuggono, come ogni ente di natura analogica e intuitiva, all' indagine razionale.
Certamente non è razionale il mio tatuaggio di oggi😂ma mi piace comprenderlo, perché mi percorre e suggerisce i miei percorsi☺.
Oggi è una data di luna piena, detta luna della nebbia, luna della neve, luna del lupo, luna degli Antenati e pure luna pazza ( è indicativo😂)
La data di oggi comporta un 11.11 ( 2018), portale prezioso e un 23= 2+ 3= 5
Per la Scuola Pitagorica (VI sec aC, contemporanea di Confucio e Buddha ) il 2 è il primo numero femminile e il 3 il primo maschile, la somma 5 nella scuola greca conduceva al rapporto aureo.I numeri per i Pitagorici esprimevano l' Universo, quindi i fenomeni.( derivazione orfica).
Anche i neoplatonici consideravano la manifestazione dell' ente matematico e, con il procedimento analitico arrivavano all' Uno, punto Inconoscibile dal quale si poteva procedere solo " per viam rivelationis".
Il mio simbolo legato alla geometria sacra può rappresentare la pietra filosofale alchemica, il quadrato i 4 elementi e il cerchio la Quintessenza che li unisce.
Il Cerchio è la Totalità dell' esistenza, la matrice zero, la Perfezione attribuita al divino ( anche qui l' interpretazione dipende dalla prospettiva spirituale e filosofica).
Il quadrato indica anche, oltreché i 4 elementi in sé , la dimensione terrena in cui avviene la quadratura del Cerchio, cioè l' unificazione di Terra e Cielo.
Il triangolo esprime maggiore perfezione del quadrato perché il dispari rimanda all' Uno, il pari alla dualità.
Il mio triangolo nel cerchio sta a indicare i 3 principi per essere nella Totalità di tutto ciò che è : mente- corpo - spirito ( indichiamo cosi'😊).
Ma...simbolo per simbolo la Pietra filosofale, risultato finale del lavoro filosofico, non ha linguaggio con cui poter essere espressa.😊
Perfezione ?Fonte della conoscenza assoluta? E' dentro noi, diceva qualcuno, ma anche nella Terra, nelle montagne, nell' aria, nel fiume.
Per altri ( Eliphas Levi) apriva il regno del magnetismo, - Ciò che è come il fuoco, ma scorre come l' acqua -.
Certamente indica ogni possibilità di trasformazione, quell' elisir di lunga vita che si può produrre solo nel forno athanor ( dal greco athanatos, cioè privo di morte).
Il mio piccolo tatoo riproduce non a caso anche una specie di occhio e sulla simbologia dell' occhio e dell' occhio nel triangolo mi fermo, troppo lungo😊( studi in corso😊).
So solo che ho voluto mettere al Centro di tutto il Punto, stato limite dell' astrazione del volume, che per i nativi americani, se all' interno di un cerchio, indicava il Sole ed era simbolo protettivo oltreché luogo di partenza e ritorno.
E poi, come suggerivano i miei amati ermetici tutto è Uno.
E questo ovviamente ognuno lo sperimenta o ricerca nei propri percorsi spirituali o conoscitivi.
Ma il bello del mio piccolo tatoo ( sulla mano destra e anche qui si aprirebbero mondi a giustificare la scelta😊) è che semplicemente e'.
Come ognuno di noi tenta di rivelarsi, ma nulla in fondo rivela.
Ha tutto una Identità ancora più misteriosa...piu' timida, come i segreti degli innamorati, che per amore non si piegherebbero a nessuna causa inferiore alla Causa stessa dell' Universo.❤❤❤
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