Tumgik
#oggi non ce l’ho fatta
e-ste-tica · 10 months
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ieri alle 18 entravo in sala operatoria e il primo ricordo che ho di quando mi sono svegliato è io che realizzo di essere fuori dalla sala e scoppio a piangere. “¿Todo bien?” “¿Estas bien?”
“Si, soy muy feliz”
oggi dopo che mi hanno tolto i drenaggi per dimettermi ho pianto di nuovo mentre dicevo “ce l’ho fatta”. anche solo un anno fa non avrei mai creduto di poter arrivare fin qui.
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orotrasparente · 10 months
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oggi è successa una cosa assurda, alla mia laurea c’è stato il mio primo collega di lavoro (circa 5 anni e mezzo fa) quando facevo il meccanico sui treni, sua sorella si è laureata nella mia seduta e me lo sono ritrovato lì, lui che era l’unica persona gentile con me in un ambiente nepotista e fondato sul nonnismo, sulla cattiveria e sull’arroganza, me lo sono trovato lì davanti (mi è venuto lui incontro) e l’ho abbracciato spontaneamente nonostante non lo vedessi da anni e lui mi ha ricordato di quando gli dissi “antò io me ne vado, questo posto non fa per me, vado a studiare giurisprudenza” mi ha guardato sorridendo e mi ha detto “caspita allora ce l’hai fatta davvero e pure in 5 anni”
penso sia stato uno dei momenti più toccanti della mia vita, quasi come un cerchio che si chiude
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l-incantatrice · 4 months
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Ieri ho ricevuto questo messaggio. Io non mi sento per niente eroica,ma sicuramente sono una che non si arrende. In questi ultimi quattro anni ho avuto diversi problemi fisici( effetti collaterali delle terapie che ho fatto),magari non gravi ma che mi hanno creato non pochi disagi. Gli altri mi dicevano che dovevo rassegnarmi,accettare le cose,che stavo bene lo stesso …invece io ho insistito,mi sono curata,se non funzionava una cura ne provavo un’altra,ho fatto tanti sforzi e sacrifici,ma ce l’ho fatta. Oggi non mi sento più a disagio con me stessa,sto bene e ho ritrovato la serenità. Me lo merito
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harshugs · 2 months
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oggi non ce l’ho proprio fatta ad alzarmi dal letto, sono stata solo sdraiata, non ho mosso un dito, non ho proferito parola, non ho nemmeno aperto gli occhi per più di 10 minuti
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scusa se non ho fatto in tempo per farti vedere dove sono arrivato oggi… ma alla fine ce l’ho fatta.
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sviluppimentali · 1 year
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È stata una di quelle giornate difficili, è un periodo strano.. un vortice complesso che mi condiziona ogni giorno il mio essere Federico. Odio tutto questo . Ma oggi proprio non ce l’ho più fatta mentalmente. Troppo. Mi sono trovato a chiudere letteralmente tutto,cuore,testa,ufficio,spegnere il telefono e sono venuto da te. Il mio pomeriggio con te. Perché con te non mi sono mai sentito sbagliato.
Ti amo papà.
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giulia-tralerighe · 1 year
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la prima cosa che mi è uscita di bocca è stata “non è giusto”. davvero, non lo é. ho visto il babbo e la mamma farsi piccoli, piegarsi sotto il peso di un dolore improvviso perché sai che la vecchiaia è inevitabile, ma la morte di chi ha ancora anni e anni davanti é intollerabile. ti aspettavo in negozio, non vedevo l’ora di sentire le battute che avresti fatto per tutto quel profumo di lavanda che ho attorno ogni giorno. con la risata forte, di gola, quel modo di fare buono come il cuore che ti contraddistingueva. perdonami se non ce l’ho fatta ad entrare nella stanza, ho preferito ricordarti come ti ho lasciato un mese fa: felice a un tavolino mentre mangiavi di gusto vicino a tua moglie. tua figlia oggi ha i capelli neri ed è il tuo ritratto. non so come faranno, ma cercheremo di non lasciarle sole. grazie per essere stato un sostegno e un grande amico per il mio babbo, là dove altri hanno scelto di non esserci. il bene genera sempre bene, anche nel ricordo.
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astra-zioni · 1 year
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Non mi sono mai sentita propriamente malata, anzi, spesso mi son sentita, nonostante tutto, privilegiata, rispetto alle situazioni a me vicine, rispetto alla merda che c’è nel mondo. Ma quando ieri dallo psichiatra continuavo a ripetere “sì, sto molto male, ma non so perché…non so perché…”, e lui mi ha risposto quasi con una faccia compassionevole Chiara, lo sai che i disturbi bipolari funzionano senza una logica ben definita, non c’è un perché, io per la prima volta mi sono sentita malata, ho capito che dovrò avere a che fare tutta la vita con un cervello malato, che si spegnerà o accenderà quando lo deciderà lui e che quasi tutto sarà sempre fuori il mio controllo, anche quando gli altri penseranno il contrario. Oggi pomeriggio avrei dovuto vedere un caro amico prima che se ne andasse definitivamente da Roma, ma non ce l’ho fatta, per via della mia malattia. Non potrò avere mai nessuno al mio fianco, guarderò sempre il mondo da fuori, senza mai poter entrarci dentro, se non ogni tanto, quando le medicine mi daranno qualche giorno di tregua. Che vita è.
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xerotere · 2 years
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appunti sparsi sul lavoro
(uno sfogo stranamente non criptico)
lavoro troppo - è quello che mi dicono tutti, e che mi dico pur’io, e soprattutto per troppo poco. vorrei dare la colpa a qualcuno o qualcosa, ma la verità è che me lo autoimpongo: non lavorare mi mette di fronte all’horror vacui e poi al suo contrario, troppi pensieri lividi e ammucchiati, e quindi finisco per farmi assorbire da tante piccole attività inutili, fatte per tenermi la testa impegnata finché non divento troppo stanca anche solo per crucciarmi di qualcosa. a questa situazione, aggiungiamo una meravigliosa sindrome da crocerossina che ero riuscita a estirpare da altri ambiti della vita e una forte propensione allo stacanovismo e al perfezionismo, e la frittata è fatta: sono cotta.
diciamo che ho anche capito questo: quella che ho sviluppato col mio attuale lavoro è a tutti gli effetti una relazione tossica. tante volte non mi sento apprezzata e la sensazione che vivo più spesso è quella dell’inadeguatezza e dell’insoddisfazione e questo, alla lunga, mi porta a pensare di voler mollare - ma poi c’è qualche sporadico episodio positivo che mi fa dire “ma no, basta esser meno molli, basta stringere i denti” e ogni precedente proposito viene distrutto, solo per poi vedere innescata una nuova spirale di malessere e stress. il bello è che ho sempre temuto e rifuggito qualsiasi tipo di relazione tossica con le persone: potevo immaginare di dovermi difendere anche col lavoro?
poi, soprattutto, il pensiero di licenziarmi mi gela il sangue: è vero che guadagno quattro spicci, ma sono pure quattro spicci che mi servono per campare; è vero che ho qualche risparmio per tirare avanti almeno un po’ di tempo, ma come faccio a sapere quanto ci vorrà per trovare altro? e ancora, chi mi assicura che questo altro non sia uguale, se non peggio, rispetto a quello che sto vivendo adesso? perché, diciamocelo, il mondo del lavoro è un po’ una merda, soprattutto quando sei una persona sensibile & non hai studiato medicina e odontaiatria (n.b.: figura retorica, non ce l’ho con quelli che studiano o hanno studiato medicina e odontoiatria). e poi, non ho il coraggio di guardarmi allo specchio e dirmi: “sono disoccupata” - ragionamento molto ipocrita, perché ho sempre odiato chi colpevolizza la disoccupazione, eppure questo fermo principio non riesco ad applicarlo su me stessa.
come non citare, infine, la tortura in cui consiste la ricerca di un nuovo lavoro? se dante avesse scritto la divina commedia oggi e avesse dedicato a un girone infernale a noi - gli sfruttati, i malpagati & i frustrati - non avrebbe saputo immaginare di meglio. ogni volta che riprendo in mano (figurativamente, visto che non l’ho mai stampato) il mio curriculum, mi viene in mente la poesia di wislawa szymborska e il cuore mi piange un po’ di più. e poi segue l’estenuante ricerca delle aziende e delle posizioni aperte, il portfolio e le lettere di presentazione, i “perché muori dalla voglia per lavorare per noi?” ai quali bisognerebbe rispondere “perché non ve ne andate a fanculo?” ma non sei tu ad avere il coltello dalla parte del manico, le attese, i silenzi, i rifiuti, le chiamate, i colloqui individuali e di gruppo, “tre pregi e tre difetti”, l’hr e il manager, i contratti a tempo determinato, i periodi di prova non retribuiti, i “grazie le faremo sapere”, i “il suo è un ottimo profilo ma abbiamo optato per un altro candidato”. e dato tutto questo, quindi, mi ritrovo a pensare che è meglio affrontare questa battaglia armati al meglio, con un’armatura più solida di quella che indosso ora, con delle armi più affilate, con uno spirito più guerriero. e, quindi, temporeggio, procrastino, aspetto. 
tutto questo per dire: sono stanca, seccata, delusa. tutto questo per cercare di chiarire a me stessa come sto e che devo fare. tutto questo, pure, per dire che questo sistema mi fa schifo e, entro certi limiti e finché posso, devo provare a non lasciarmene fagocitare.
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io-rimango · 1 year
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Oggi durante la mia giornaliera passeggiata con il cane, decido di fare il giro più lungo, vista la bella giornata. Ebbene, c’è una casa lungo la via che, da anni ormai, ha appesi sul balcone tre orologi, con sopra orari diversi; mi sono a lungo chiesta il motivo per cui qualcuno dovrebbe mettere tre orologi con tre differenti fusi orari e in balcone per di più, ma oggi in particolare il mio pensiero è corso oltre.
Mi sono chiesta “quali sono i tre tempi della mia vita?”
Sicuramente il primo lo so dire con certezza, è quello più sereno, dove avevo la sicurezza che niente e nessuno avrebbe mai potuto farmi del male, ero a casa, nella mia fortezza indistruttibile, ero al sicuro e felice, anche se ancora non lo sapevo.
Il secondo, invece, potrei farlo coincidere col momento in cui la mia fortezza è crollata, sgretolandosi insieme a ogni mia certezza. Mi sono ritrovata senza corazza e ho dovuto rimettere insieme i pezzi, certo, non è stato facile ma alla fine piano piano ce l’ho fatta, sono qui, no?
Il terzo, infine, è il tempo in cui ho deciso consapevolmente di essere io stessa la mia armatura, di non avere timore del mondo, di scegliere di seguire i miei desideri, di vivermi tutto ciò che c’è da vivere, anche se a volte è troppo, anche se fa male, anche se spesso e volentieri mi costa solitudine, tristezza, mancanza. Oggi so come prendermi cura io di me stessa.
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pollysthoughts · 2 years
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Oggi mi sento così, divisa in due.
Vorrei fosse facile prendere questa decisione.
Vorrei poterla prendere senza sentirmi da meno per aver abbandonato.
Forse sta proprio lì l’errore sai? Considerare questa scelta come un “abbandono”, come una sconfitta.
Si hai ragione forse non è così che dovrei vederla.
Già… ma quindi come dovrei vederla?
Com è in realtà?
Non credo di sapere com è ma so come vorrei che fosse.
Vorrei fosse naturale, l’aver capito che quella cosa non fa per te e lasciarla a chi la ama, a chi la rispetta e la capisce.
Vorrei fosse naturale non sentirmi giudicata per aver scelto me stessa e di concentrare le mie energie in ciò che sento mio.
D’altro canto…
Sono quasi alla fine lo so, potrei stringere i denti, applicarmi di più e superare gli esami e prendermi finalmente quella specializzazione.
Peccato che non la voglio. La verità è che non mi interessa, lo farei solo per il momento della proclamazione, per sbatterla in faccia a quella ragazzina insicura che non credeva di potercela fare.
Ma forse in realtà io ce l’ho già fatta anni fa.
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lilsadcactus · 2 years
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Comunque il mio stato depressivo, la fase maniacale e autodistruttiva, insonnia e isolamento, nessuna di queste cose mi ha fatto male come una misera litigata di 20min con mia madre. Per cui prendo appuntamento con lo psichiatra prima di sparire.
“quando i miei colleghi o amici mi chiedono dei miei figli non dico mai niente, come se non esistessero, perché non sono fiera di voi per niente; proprio nulla ho mai ottenuto da voi”
E poi si chiede perché non voglio mai avere figli o perché ho l’impianto da anni (mi ha augurato che mi venga un cancro perché ce l’ho) e perché fosse per me dai 12 anni mi sarei fatta sterilizzare come il peggiore dei cani randagi piuttosto che mettere al mondo un bastardo da considerare come lei considera me e mio fratello, che per carità signore e signori, noi siamo delle merde, nessun dubbio, io lo ammetto e lui pure… delle merde messe al mondo da due adulti che però non si sono mai chiesti ma noi cosa cazzo siamo?
Che tristezza enorme sapere che quelle parole non me le scorderò mai, perché ancora non mi scordo le tante altre crudeltà dette da lei. Ancora mi fa male l’abbandono totale di mio padre, ancora commetto errori generati da queste ferite. Non voglio giustificare adesso tutti i miei sbagli con questa premessa però
Però
Che tristezza, che tristezza sapere che ho imparato da loro il disprezzo e l’odio e l’abbandono e la rabbia e la delusione e il silenzio che sa di rancore e che merito solo il peggio del peggio, perché non valgo niente, assolutamente nulla può ottenere da me un altro essere umano
So che alcuni figli fortunati imparano altro da chi li mette al mondo per cui oggi concedetemi di confessare che i miei genitori io non li amerò mai, prima di tutto perché non so come si faccia, fino ad ora non ne ho avuto un buon esempio. E semmai imparassi cos’è l’amore sano, se non fosse troppo tardi per loro o per me, forse non ci riuscirei lo stesso
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lovelydreamylife · 1 month
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TESTA PE(N)SANTE
Caro lettore,
sono in vacanza in uno dei miei posti del cuore e mi sento particolarmente ispirata nella scrittura. Perciò eccomi qui.
L’altra sera prima di cadere in un sonno profondo avevo il cervello a mille; in senso positivo, per fortuna.
Chissà cosa si prova ad avere solo un pensiero per volta… sarà mai possibile? Ormai siamo abituati a pensare a trecento cose contemporaneamente. Pensieri che si sovrappongono, che non c’entrano nulla uno con l’altro e che sfrecciano a velocità supersonica nella mente.
Tra i trecento pensieri dell’altra sera, di cui almeno la metà sono svaniti nel nulla la mattina seguente, me ne sono rimasti un paio fissi nella mente.
Sogno di scrivere un libro. Io amo i libri. Mi piace comprarli, sfogliarli, averli in giro per casa… ah sì, ovviamente anche leggerli.
Ho scoperto da un po' che mi piacciono le commedie romantiche. Sono il mio guilty pleasure. Di quelle che parlano d’amore, con un pizzico di peperoncino (senza esagerare… ma anche sì) e che hanno un ingrediente che mi fa impazzire: L’IRONIA.
Sono delle simpatiche commedie romantiche.
A me piacerebbe scriverne una; tempo fa avevo anche iniziato a studiare una mia storia. I personaggi. Bello, bellissimo.
Peccato che la frenesia della vita delle volte ti porti lontano dai tuoi sogni più grandi. Quante cose ci perdiamo? Troppe.
E qui ecco che arriva l’altro pensiero che ho trattenuto nel mio cervello confuso: io voglio vivere una vita LENTA. C’è un termine che viene usato ultimamente… SLOW LIFE? Qualcosa del genere. Lo so, lo so… dovevo nascere ricca. Mi maledico ogni giorno per essere nata come una semplicissima ed umile persona che vive una vita comune. Fossi nata ricca allora avrei potuto vivere una vita lenta? Penso di sì. Non lo dico come per dire ah chi è ricco è felice perché può fare quello che vuole. È troppo semplicistica questa visione, e non mi appartiene.
Direi che si ha la possibilità di scegliere. E io avrei scelto di svegliarmi la mattina, fare colazione seduta fuori nel mio giardino, o terrazzino, circondata da alberi e fiori, ma comunque vicinissima alla città; poi avrei lavorato, con calma e serenità. Un lavoro che amo. Mi sarei goduta la mia casa, la mia famiglia. Avrei guardato serie tv sul divano con una tazza di tisana e un dolcino. Insomma avete capito.
Questo è quello che vorrei per me.
Scrivere libri ed essere serena. Chiedo troppo?
Ah, ho anche scoperto che la mia stagione preferita è l’autunno. L’ho sempre odiata. D’altra parte ho anche io i miei problemi e sì, ci metto un po' ok?
L’autunno è meraviglioso… piove, poi piove, e poi? PIOVE.
Bello vero? Che se lo tengano gli altri il sole che spacca le pietre.
L’autunno è la mia stagione. Fatta di giornate uggiose ma anche di giorni in cui il sole riflette dei colori intensi, caldi. Le piante si spogliano, il foliage regala dei paesaggi da lasciare senza fiato.
Quando tornerò dalle vacanze cercherò di tornare a leggere e scrivere di più. Forse scrivere mi farà bene. Sarà difficile perché settembre spero sarà il mese della svolta per il mio lavoro. Sono diventata matta mi sono lanciata nel mondo del lavoro autonomo…. BOOM!!
Era un adesso o mai più… per una volta ho voluto essere coraggiosa e scegliere l’adesso. Avrò fatto bene? Lo vedremo. Le mie agende piaceranno alla gente? Lo spero con tutto il cuore. Io ce la sto mettendo tutta.
Caro lettore, ti avrò prosciugato le energie con questi pensieri sconclusionati quindi mi fermo qui per oggi.
Tornerò con altri folli racconti.
A presto!
Martina
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itiamourlati-blog · 4 months
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Sono brilla e ho bisogno di sfogarmi.
Oggi c’è stato il funerale. Oggi per la prima volta dopo 5 anni ho bevuto, sai quando dicono bere per dimenticare? È bastato uno spritz aperol per pentirmi della scelta fatta, non ho dimenticato e non sto meglio, tutt’altro. La testa che gira, i pensieri sono confusi.
Ricordi che avremmo dovuto farti assaggiare uno spritz, o un alcolico qualunque? Non c’è stato tempo così oggi, io, astemia per scelta, l’ho bevuto, in tuo nome.
Non credo che la cerimonia celebrata sia stata come l’avresti voluta tu, ma anche se fosse stato la cosa più importante è che non ci sei più, e questo non mi va bene.
Tu hai sorvegliato tutto da lassù e sai, ad un certo punto mi è sembrato di sentirti, di sentire il balenese.
Io mi chiedo come fa, come fa quella bravissima mamma che ti sei trovato, come fa ad essere così forte, con una parola di consolazione per tutti. Paradossalmente è stata lei a consolare tutti noi, incredibile. Si ricorda tutto, si è ricordata che la scorsa settimana, quando ti ho portato a teatro, ti avevo fatto l’appunto sulla camicia che non avevi indossato per fare pendant con me. Mi ricordo che la Mamma ti aveva sgridato, dicendo che lei avrebbe voluto mettertela ma che tu non volevi. Eri un ribelle, cornuto e paraculo.
Oggi mi ha detto che quella camicia, in pendant ce l’avevi. In questi giorni ho riflettuto molto se venirti a dare l’ultimo saluto o meno, ma franci, non ce l’ho fatta, spero che tu possa capire. Io voglio ricordare la tua vivacità, il tuo sorriso e la nostra complicità, non ti voglio ricordare li, disteso, anche perché tu disteso non ci stavi mai.
La Mamma mi ha tirato in parte e mi ha detto che tra tutti, con me avevi un legame speciale, che gliene avevi sempre parlato. Mi ha detto che sono stata molto importante per te, e come avrai visto, con gli occhi lucidi ho risposto che anche tu lo sei stato per me.
Ci siamo ripromesse di rivederci, con la Mamma. Il Papà sai, l’ho visto giù. Ma non ti preoccupare, ha una meravigliosa Donna accanto e un figlio che da lassù veglierà su di lui, su di loro, e spero un po’ anche su di me.
Devo ancora realizzare tutto, ma intanto ciao cudumaro del mio cuore❤️
Come ha detto Mamma, “è stato Francesco a trasmettermi questa felicità, questa voglia di vivere”
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Ehi buon pomeriggio, non preoccuparti! Oggi come stai? ❤️
Normale dai, un po’ indaffarato e non vedo l’ora di rilassarmi un attimo. Comunque sì, alla fine ce l’ho fatta ahah
Hai fatto benissimo e continua così, è importante e spero possa aiutarti sempre di più. Forza e coraggio! 🫂
Aw che carina! Ho visto la cover ed è adorabile ahahah, il tuo sorriso dice tutto e ne sono contento. Brava fanciulla. 💕
Non vedo l’ora, ti aggiornerò passo dopo passo.
Oggi che fai?
Ehilà, io bene e tu?🫂 sei riuscito poi a riposare/rilassarti un po’?
Grazie 🤞🏻🥰
Si è troppo carina 🥺 adoro queste cose kawaii 🐻
Oggi ho lavorato di mattina e di pomeriggio un po’ di faccende in casa. Poi ho dipinto e tra un po’ mi stendo a letto a leggere. Tu?
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macabr00blog · 5 months
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I MASCHI DI OGGI
Completamente distrutto, incontro la Dior all’incrocio tra viale Carducci e via Dante, mi fermo ad aspettarla a lato della strada, proprio sotto il semaforo. Un gruppetto di tamarri-baffo-prepubero mi suona il clacson da una multipla scassatissima e con il motore chiaramente modificato. Ricchiò! Il mio gilet in lana finta a tre euro in qualche bancarella dell’usato che sapeva di muffa ora reso nuovo in questo look totalmente azzerato dal sudore dei trenta gradi di maggio.
La Dior guida una cinquecento color panna, cerchioni neri opachi, scritte rosse, la finezza e l’eleganza e lei che rutta nel vano e fuma una sigaretta dopo l’altra. Salgo sulla sua auto quando riesce ad accostare, poco più avanti, in un posteggio bici completamente empty, lo sportello sfrega contro un tronco di un albero di piccole dimensioni trapiantato in un’aiuola, la Dior bestemmia incalzante. Dal suo temperamento caldo-tendente-al-furente posso ben percepire la scalmana che l’ha presa questo pomeriggio.
Dovevamo partire alle quattro, sono le sei, lei guida lungo Santo Stefano, troviamo un posto auto lodando chissà quale santo pre-bestemmiato, la Dior ci si infila a fatica spintonando tra altre due auto. Sfrega un po’ gli sterzi, fa quattro belle manovre decentemente assestate, lei è donna di mondo, e tira quattro altri ceffoni a Dio. Quando scende raggiungiamo Via Cavour perché la Dior ha perso la sua sigaretta elettronica e sta andando in escandescenza. È totally mad e sbraita come una cagna, cosa che sottolinea di essere riappropriandosi della sua identità, fino a che non entriamo nel negozio e si paga una nuova fiammante carta di sola andata per un tumore, tutta imbellettata e sudata con i capelli a spazzola chiarissimi che se la suona e se la canta maneggiando il gioiello tumorale. Corriamo di nuovo verso il parcheggio-col-culo cercando di contattare Miss. Afghano, lei risponde a scatti al telefono e volano paroloni di volgarità estrema, è imbottigliata nel traffico delle sei di pomeriggio e un imbecille troyone si è fermato in mezzo la cazzo di strada, Porco Quel Dio Che Mi Fu Tanto Caro, ma che mi sentisse una buona volta, cazzo di quel Gesu Maiale, ora sto arrivando, arrivo, datemi un attimo, Porca Troia.
In cinque minuti io e la Dior usciamo dal parcheggino niente male, qualche fatica alle auto vicine, e ci imbocchiamo verso una chiesa decadence style in via Massarenti. La chiesa ha un parcheggio gratuito dove la Dior si fa inculare spesso la notte quando i genitori del Basilico non l’accolgono come una figlia. E d’altronde figlia non è.
Oh, se solo il suo grande amore anale fosse anche un incesto…
Accostiamo e ci raggiunge La Miss Afghano, o la Miss in momenti in cui non ha nascosto la panetta nelle valigie, anche lei già sudata ed esaurita. La sua lamentela però si estende cauta quando siamo già saliti nel Pandino selvaggio, tutto trekking e stivaletti di montagna, tutto chiappe all’aria come quella volta che la Miss ha incontrato un bel giovane marocchino dal quale comprava un ottimo fumo nero e si è fatta piegare, sabato, sabato ce l’ho fatta, azzero l’anno e mezzo di astinenza. È contenta ma è palesemente sfatta, torna da un turno al ristorante di circa otto ore, le si piegano le dita a fatica a forza di sorreggere vassoi, vassoietti, calici, calicini, piatti, piattini, lagna e lagna, finalmente un cazzo anche per me! E poi di nuovo segue la lamentela. L’Afghana è lercia lercia e lascia le carte del bingo sparse nell’auto, fanghi, una coperta spessa in lana, mozziconi, ceneri di qualsivoglia tipo. Passiamo la Tangenziale, uscita due, stradoni di provincia. La Dior scazza con il telepass, che palle che l’ho portato, dice. Fuma due o tre paglie che getta senza paura in mezzo alla steppa secca della campagna, chissà magari un big incendio furente come lei la rallegrerà. La Miss intanto si lamenta e schiaccia forte forte l’acceleratore in un broom tutto naturale e secco, sfreccia ai 120 su una provinciale.
Stiamo raggiungendo gli altri per il trentunesimo compleanno della Sardina, su i monti di chissà quale spazio desolato, siamo già quattro ore in ritardo.
Ce ne mettiamo altre due a salire su, la Dior insiste per guidare il Pandino selvaggio e rischiamo di cadere giù da una pendenza, il retro dell’auto tutto completamente graffiato, ma la Miss ride e scherza, sembra che ci abbia fatto l’abitudine ancora prima che accada. Arriviamo alla casa alle 21:15, dopo qualche sonoro bestemmione veneto davanti ad una coppia really eterosessuale sui sessanta chi basta e chi avanza, la Dior perde per l’ennesima volta la sigaretta elettronica, che ritroviamo dopo qualche piccola e approfondita ricerca in mezzo le cianfrusaglie di lerciume e letame della Miss.
La Sardina ci accoglie a braccia aperte, ci informa che il pischello che si è portata appresso come un cane da chiavata pronta, non l’ha ancora baciata. Ci mostra oltre il didietro abbassandosi i pantaloni, un bel culotto 90/100, liscio liscio e pronto per la sodomizzata nottata. Noi le raccontiamo dell’incidente della Dior, risate, giustificazioni sul ritardo, risate, la sigaretta della Dior, risate. Entriamo nell’abitazione di montagna con un aria di fuoco dentro, tutti pronti a vedere il bel bocconcino che la Sardina si è ripassata in queste settimane. Il pischello ha circa vent’anni e un’aria totalmente assente. Faccia e corpo real Jeffrey Dahamer, capello sbarazzino con un ciuffo spesso e scuro. Poi ci sono anche la fighetta eterosessuale che la Sardina si porta in giro a mò di borsetta, quella con cui doveva andare a convivere tempo fa e che ora se la fa con l’amico del Dahamer, un baffo veramente orribile e tutto foruncoloso e rachitico. La fighetta si presenta per l’ennesima volta a me, alla Dior e alla Miss, stolta la donna, noi la conosciamo già dagli estremi dei racconti della Sardina, tutte le volte che questa fighetta parla o fa qualcosa di scorretto la Sardina alza il telefono come una vecchia comare qual è e inizia il racconto epico delle gesta eterosessuali di questa figa sfigata.
Ci prepariamo alla bevuta mentre la Miss ovviamente ne tira su una bella dritta e compatta come un bellissimo cazzo bianco, già accesa dopo neanche mezz’ora dal nostro arrivo. Io e la Dior ci dividiamo prima una Peroni e poi l’altra, cerchiamo di non guardare male l’approviggionamento di stasera, pizza fredda e secca dentro il cartone e qualche pacco luminescente di patatine da discount, e in più quel faccia di fetente del Brufolo che mi siede accanto con fare saccente, con quel baffo di foca che farebbe spaventare un biologo, le mani secche secche e nodose come un vecchio.
Ma avrà vent’anni, venticinque massimo, mi dice la Dior in separata sede. Io insisto sul fatto che sia più di là che di qua con questa stempiata accentuata e questo riporto in posizione. Preferirei scoparmi un verme, dice la Dior, sempre al punto giusto della critica, sempre cosi croccante nella sua analisi. E io le chiedo, esattamente, dove se lo farebbe infilare il cazzo di un verme. E ridiamo.
Per tutta la sera il Dahamer mi sluma ma io tiro molto molto corto, tengo la conversazione rada e mi faccio notare dalla Sardina che non sembra minimamente accorgersi di come quel ventenne mi stia chiedendo di posizionarglielo. La Sardina d’altronde è distratta dalle sue stesse ciglia, dalla serata, dal pensiero che il Dahamer non la guarda, ci dice che non ha manco messo le mutande per l’occasione, e lui nemmeno un bacio, nemmeno uno, solo a stampo accostato forse per casualità. Sembra già innamorata la Sardina, ma il Dahamer si scrive già con un suo coetaneo che ha visto due sere prima, è completamente assente se non per vigilare sulla mia bocca, dalla bocca alla patta quando mi alzo, mi sento sinceramente violentato al terzo sguardo bavoso. Sembra disperato quel ventenne, come se la Sardina non se lo fosse chiavato per una settimana, come se con lei rimanesse a bocca asciutta, sembra che veda un uomo o un ricchione per la prima volta quando mi guarda, nel mio look totalmente punk filo stiloso e con i miei capelli chiari che ingurgito birra e sigarette per non posizionarmi nel suo sguardo, ma lui la mena e la stramena con i racconti dei suoi studi e dei suoi amici virili e io palle gonfie e cazzo in ritirata mi concedo una guerra di risate sotto i baffi con la Dior che lancia sguardi ben poco carini. La Sardina si lamenta con noi, siamo davvero scortesi, e non vorrei sottolineare che il suo boy mi sta facendo una radiografia al corpo, manco non avesse mai visto un maschio.
Alla fine siamo sempre io, la Dior e la Miss già alla quarta canna, ridiamo e scherziamo e poi ci spegne il sonno e la stanchezza e il fatto che a trentanni siamo qui ancora a festeggiare la Sardina e i suoi amorosi insuccessi e le sue palle enormi e le sue mutande assenti e la sua voce squillante e le sue moine paranoiche e ci compiaciamo. Ridiamo e scherziamo e usciamo di casa per prendere un po’ d’aria perché in quella stanza sono tutti alle prese con sbaciucchiamenti veramente teen che mi fanno colare un rivolo di vomito dalla bocca. La Miss piscia ubriaca in mezzo ad un campo, facciamo sei foto mosse con pose ridicole in mezzo alla strada, risaliamo verso la casa con lo stomaco pieno d’alcool e il cervello fumato con la panetta e ci stringiamo alla Miss che ha carenze di ferro e che a momenti si addormenta alla vecchia e abbandonata fermata del bus.
Al nostro ritorno la Sardina si fa percepire in calore tramite i gemiti sodomiti che provengono dalla sua stanza e che si propagano velocemente ovunque, ridiamo ancora come delle vecchie zitelle pazze e a stento ci reggiamo in piedi in quella caciara di sesso trenta-venti e allora pensiamo che il Dahamer ha gusti un po’ casuali, che va dove lo porta il cazzo o il culo, che ha vent’anni e che anche noi a vent’anni eravamo cosi in calore che ci bastava un maschio, anche solo uno, in tutto il mondo.
E ora che ne abbiamo trenta per uno, di anni e di maschi, di boys siamo diventate aride e anche se la lista è lunga come un biscione, esperienze e carinerie, alla fine siamo sempre noi tre vecchie checche a ridere di gusto e a passarci la scabbia dai colli delle birre, oh com’era bello a vent’anni quando ancora ci bastava l’amore, ora che ne abbiamo trenta siamo svampite e disunite, ancora qui a parlare di boys con toni very hot ma senza concludere nulla nella conoscenza, perché conosciamo, conosciamo, abbiamo avuto la sfortuna di conoscere, i maschi di oggi.
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