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#mare sole e terra
victorianrob · 1 year
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Sicilia !
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finestradifronte · 3 months
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Mi manca...
Lo zoccolare fino in spiaggia con mia madre che mi diceva "cammina bene alza quei piedi"...pinoli per terra da schiacciare con i sassi...
l'odore della siepe di caprifoglio dalla pensione trieste al bagno emilio e quello dei giornali dell'edicola, misto a quello del mare e degli abbronzanti e della piadina...
la cuffietta bianca della piadinara...quella anziana, la prima ..che faceva le piade tirate a mattarello con il bordo frastagliato e il pezzetto di carta marroncina per portarle via ...
la luce bianca del mattino e la bassa marea con le righe della sabbia sotto i piedi, i buchini dei cannolicchi e schivare i granchi 
fare capannella con il tettuccio del lettino e il telo, il caldo sulla pelle...l'odore dell'abbronzante e il libro con sabbia tra le pagine...
e aspettare le 11 che non arrivavano mai per il bagno... il freddo dell'acqua al primo tuffo  o l'andare giù piano piano con tutta la pelle d'oca... i rumori attutiti quando si è sott'acqua.... il cretino di turno che ti slaccia il bikini...le spalle di mio padre per salirci a fare i tuffi...
correre sulla sabbia bollente saltellando tra un'ombra e l'altra...  stendersi al sole senza fare la doccia e sentire la pelle tirare con il sale che brucia appena sulla pelle un po' scottata sulle spalle ...
il fastidio della sabbia tra le dita e lavarsi i piedi nel rubinetto sotto le docce aspettando con il costume in mano per sciacquare anche quello...il profumo dello shampoo e il rigagnolo di schiuma e acqua sulla sabbia...
il cemento rigato e rosso e bollente della banchina del porto con le barche che partivano da Milano Marittima per la gita a Rimini e la voglia di tuffarsi lì ma la mamma non voleva...e stare in equilibrio sul muretto tra la banchina  e gli scogli ad aspettare gli schizzi delle onde,
il mare grosso i rari giorni che faceva temporale e a fare il bagno tuffandosi dentro le onde e ci si riempiva il costume di sabbia..
la pizza che faceva la sorella della vedova di Emilio alle cinque...e io le confondevo poi sempre quelle due...la Maria e l'Anna
Il rullo per tirare il campo da bocce e il barattolo bucato con il talco per fare le righe...e le premiazioni delle gare al  pomeriggio e se le coppie erano miste io ero un po' gelosa se mio padre giocava con la mamma della cecilia perchè era così bella...
e guardarti da lontano mentre giocavi a calcio sporco di sabbia dappertutto e cominciare a scoprire  quell'emozione nuova quell'attrazione mai provata... ecco cosa vuol dire innamorasi...il dondolo dell'Hotel Miramare dove per la prima volta ho capito che potevo anche godere del mio corpo...
I giardini del tennis con la terra rossa e la giostra e l'odore dei pini...
le tonde alla sera su e giù per viale Roma e baci infiniti sulle panchine, le feste al Giardino D'Estate con Gianni Togni che cantava Luna..e le puntate all'ippodromo di Cesena e le gite al Parco Naturale che mi sembrava così lontano...
Gli amici che poi non avresti rivisto più,  quelli che rivedi solo lì...e quelli che sono ancora con me ......il primo primissimo bacio sul dondolo della casa in affitto ...
il rumore degli aerei con la pubblicità...la pizzeria da Duilio e il cinema Italia all'aperto ...le lacrime  quando era ora di tornare e il grano nei campi era già mietuto e le arature portavano l'autunno...
Mi manca la felicità pura e spensierata di quel periodo quando ancora tutto poteva essere e ogni cosa era nuova e da scoprire ...e che non è stata mai più.
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abr · 9 months
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Breve storia del clima.
In epoca romana, dal 250 a.C. al 450 d.C., la temperatura era di almeno 2ºC più alta di oggi (i più nerd tra i medioman vi diranno che c'erano variazioni, senza rendersene conto confermando la tesi: le variazioni climatiche avvengono "da sole" non certo per colpa dell'uomo. I più fessi, quelli che non sapendo leggere ma solo ubbidire chiedono "le fonti?", sostengono che i romani aumentarono la CO2 ... bruciando legna. La fonte? ndr).
Era un periodo di riscaldamento globale. La popolazione è aumentata (...). L'agricoltura del clima caldo poteva essere intrapresa in aree a latitudini e altitudini molto più elevate di adesso. (La vite in Inghilterra, ndr). Questo riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
Seguirono i secoli bui. Questo è stato un periodo di freddo pungente di fallimento dei raccolti, carestia, malattie, guerra, spopolamento, espansione del ghiaccio e aumento del vento. (...) Bande assassine di rifugiati climatici vagarono per l'Europa in cerca di prede. Civiltà come i Maya crollarono.
Il successivo riscaldamento medievale (900-1300 d.C.) fu un periodo (positivo) per la vita sulla Terra. Le calotte glaciali, i ghiacciai e il ghiaccio marino si contrassero, consentendo l'esplorazione e l'insediamento del mare ad alte latitudini. Colture di cereali, bovini, ovini, fattorie e villaggi furono stabiliti in Groenlandia, almeno 6ºC più calda di oggi.
Sebbene ci sia stato un periodo freddo di 40 anni nel riscaldamento medievale (i clcli del clima che cambia COSTANTEMENTE, ndr), i fallimenti dei raccolti e la carestia erano rari. La popolazione aumentò (...). La ricchezza creata (...) è stata utilizzata per costruire cattedrali, monasteri e università. Il riscaldamento medievale era globale. Ancora una volta il riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
La piccola era glaciale iniziò alla fine del XIII secolo con una diminuzione dell'attività solare. La piccola era glaciale è stata caratterizzata da un clima rapidamente fluttuante, e periodi straordinariamente freddi durante l'inattività solare: (1280-1340, 1450–1540, 1645–1715 e 1795–1825). Faceva molto freddo (i carri dei rifornimenti a Venezia potevano passare sulla laguna ghiacciata d'inverno, ndr). È stato un cambiamento climatico globale. C'era il fallimento del raccolto, la carestia, la malattia (peste nera, peste manzioniana, ndr), la guerra e lo spopolamento.
Ci fu uno spaccamento sociale (rivoluzione francese). I prezzi del cibo aumentarono nei periodi di debole attività solare. I vichinghi in Groenlandia si estinsero. Non era un buon momento per vivere. La piccola era glaciale terminò nel 1850 e da allora c'è stata una tendenza al riscaldamento con periodi più freddi (1940-1976 e 1998-2005). Storia, archeologia e geologia dimostrano che attualmente viviamo in un clima interglaciale e variabile.
I cambiamenti che possiamo osservare con la strumentazione moderna sono molto piccoli. Sia i tassi che l'entità del cambiamento climatico sono inferiori ai cambiamenti negli ultimi 1000, 10.000 o 100.000 anni.(...) La storia e l'archeologia ci mostrano che il raffreddamento globale provoca siccità, sconvolgimenti sociali, migranti climatici, carestie, malattie, guerre, spopolamento, collasso di civiltà ed estinzioni di piante e animali. Le grandi civiltà prosperarono in tempi caldi. Viviamo nei tempi migliori che gli esseri umani abbiano mai avuto sul pianeta Terra.
Siamo l'unica generazione di umani a temere un clima caldo! Il riscaldamento globale ci ha sempre reso più ricchi e più sani. La storia è li a ricordarcelo ma, come la matematica e le scienze, oggi non si studia più.
via https://twitter.com/climacritic/status/1738157567820312714
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angelap3 · 24 days
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Qualcuno ha pubblicato questa foto qualche giorno fa. Molti hanno voluto sapere la storia dietro la statua, quindi eccola qui...
Kópakonan: Una statua della Donna Foca si trova a Mikladagur, sull'isola di Kalsoy. È realizzata in bronzo e acciaio inossidabile, progettata per resistere a onde alte fino a 13 metri. All'inizio del 2015, un'onda di 11,5 metri si abbatté sulla statua, ma rimase ferma e non subì danni (vedi i commenti per le foto di questo evento).
La leggenda di Kópakonan (la Donna Foca) è una delle fiabe più conosciute nelle Isole Faroe. Si credeva che le foche fossero esseri umani che avevano scelto volontariamente di morire nell'oceano. Una volta all'anno, la tredicesima notte, erano autorizzate a tornare sulla terra, togliersi la pelle e divertirsi come esseri umani, ballando e godendosi la vita.
Un giovane contadino del villaggio di Mikladalur, sull'isola settentrionale di Kalsoy, curioso di sapere se questa storia fosse vera, si appostò sulla spiaggia una sera della tredicesima notte. Vide le foche arrivare in gran numero, nuotando verso la riva. Si arrampicarono sulla spiaggia, si tolsero la pelle e la posizionarono accuratamente sulle rocce. Senza la pelle, apparivano come normali esseri umani. Il giovane osservò una bella ragazza foca posare la sua pelle vicino al punto in cui era nascosto, e quando iniziò la danza, si avvicinò di nascosto e la rubò.
I balli e i giochi durarono tutta la notte, ma non appena il sole iniziò a spuntare all'orizzonte, tutte le foche si precipitarono a riprendere le loro pelli per tornare in mare. La ragazza foca era molto sconvolta quando non riuscì a trovare la sua pelle, anche se il suo odore era ancora nell'aria. Poi l'uomo di Mikladalur apparve tenendola in mano, ma non gliela restituì, nonostante le sue suppliche disperate, così fu costretta ad accompagnarlo alla sua fattoria.
L'uomo la tenne con sé per molti anni come sua moglie, e lei gli diede diversi figli; ma lui doveva sempre assicurarsi che lei non avesse accesso alla sua pelle. La teneva chiusa in un forziere di cui solo lui aveva la chiave, una chiave che portava sempre con sé, appesa a una catena alla cintura.
Un giorno, mentre era in mare a pescare con i suoi compagni, si rese conto di aver lasciato la chiave a casa. Annunciò ai compagni: "Oggi perderò mia moglie!" – e spiegò cosa era successo. Gli uomini ritirarono le reti e le lenze e remavano verso la riva il più velocemente possibile, ma quando arrivarono alla fattoria, trovarono i bambini tutti soli e la madre scomparsa. Il padre sapeva che non sarebbe tornata, poiché aveva spento il fuoco e messo via tutti i coltelli, in modo che i piccoli non si facessero male dopo la sua partenza.
Infatti, una volta raggiunta la riva, la donna aveva indossato la sua pelle di foca e si era tuffata in acqua, dove un grosso foca maschio, che l'aveva amata per tutti quegli anni e che la stava ancora aspettando, le si avvicinò. Quando i suoi figli, quelli avuti con l'uomo di Mikladalur, più tardi scesero in spiaggia, una foca emergeva dall'acqua e guardava verso la terra; la gente naturalmente credeva che fosse la loro madre. E così passarono gli anni.
Un giorno, gli uomini di Mikladalur pianificarono di andare a caccia di foche in una delle grotte lungo la costa. La notte prima della caccia, la moglie foca apparve in sogno al marito e gli disse che se fosse andato nella grotta a caccia di foche, avrebbe dovuto fare attenzione a non uccidere il grande foca maschio che avrebbe trovato all'ingresso, perché quello era suo marito. Non avrebbe dovuto neppure ferire i due piccoli cuccioli di foca nel fondo della grotta, perché erano i suoi due giovani figli, e gli descrisse le loro pelli in modo che li potesse riconoscere. Ma il contadino non prestò attenzione al messaggio del sogno. Si unì agli altri nella caccia e uccisero tutte le foche che trovarono. Quando tornarono a casa, il bottino fu diviso e il contadino ricevette come sua parte il grande foca maschio e le zampe anteriori e posteriori dei due cuccioli.
La sera, quando la testa del grande foca e le membra dei piccoli furono cucinate per cena, ci fu un grande boato nella stanza del fumo, e la donna foca apparve sotto forma di un terribile troll; annusò il cibo nelle ciotole e lanciò la maledizione: "Qui giace la testa di mio marito con le sue larghe narici, la mano di Hárek e il piede di Fredrik! Ora ci sarà vendetta, vendetta sugli uomini di Mikladalur, e alcuni moriranno in mare e altri cadranno dalle cime delle montagne, finché non ci saranno abbastanza morti da poter unire le mani tutto intorno all'isola di Kalsoy!"
Pronunciate queste parole, scomparve con un grande boato di tuono e non fu mai più vista. Ma ancora oggi, purtroppo, accade di tanto in tanto che gli uomini del villaggio di Mikladalur annegano in mare o cadono dalle scogliere; si teme quindi che il numero delle vittime non sia ancora sufficiente affinché tutti i morti possano unire le mani intorno all'intero perimetro dell'isola di Kalsoy.
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blogitalianissimo · 4 months
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I miei genitori hanno lasciato tutto per andare al nord e avere una vita migliore. Io sono nat* più al nord del nord italia, perché loro volevano che io vivessi meglio di come avevano vissuto loro. E ho avuto una vita e opportunità migliori delle loro. I miei genitori hanno represso il loro accento per tutta la mia vita perché non volevano che io lo assimilassi nemmeno per sbaglio. Perché Dio perdoni se un’accento del sud si fosse sentito in giro. Ad una cena recentemente qualcuno ha detto a mio padre che non era più della sua regione, perché aveva lasciato tutto per una vita migliore, perché l’aveva fatto per me. Quindi oggi, per colpa di uno stato che non avrebbe mai potuto concedergli la vita che abbiamo oggi, noi non siamo più nulla. Pure io, se posso concedermelo, non so che sono. Perché non sarò mai abbastanza per le persone qua, ma nemmeno abbastanza per i miei parenti giù. Perché volere una vita migliore in italia spesso può significare lasciare tutto, girare le spalle alla terra che ami, perché i miei genitori amano la loro regione (guai a chi prova ad insinuare altro), vivere con appunto questo rimorso, questa costante mezza soddisfazione. Perché hai guadagnato, ma hai anche perso. E niente non so dove questo discorso voleva andare a parare, ho perso il filo. Però volevo solo scrivere qualcosa a proposito del fatto di dover lasciare tutto e andare al nord per avere un lavoro decente (e successivamente essere dipinto pure come ingrato se ti lamenti). Non so, questo fatto mi rende triste, volevo dirlo a qualcuno. Buona serata xx
Anon dico "ti capisco" perché l'infanzia l'ho passata in nord italia e l'adolescenza al centro, so bene di cosa stai parlando, solo in età adulta sono tornata a casa. Ringrazio comunque che i miei non siano stati così "rigidi", cioè ovviamente volevano parlassi italiano, ma non hanno mai represso il loro accento o dialetto, e infatti il mio accento è sempre stato percepito come meridionale, in qualunque regione andassi (tranne quella da cui provengo, per loro un periodo ero diventata milanese, un altro romana). Ovvio, mi sono beccata tutte le conseguenze che dici, prese in giro e compagnia, quindi comprendo perché i tuoi l'abbiano fatto, anche se mi mette una tristezza addosso allucinante.
Per la questione "non vengo accettat- manco dagli altri meridionali" comprendo uguale, o meglio, comprendevo. Mi ci è voluto un po' per riadattarmi, ma ti assicuro che non mi rompono più le scatole per questa cosa, anche perché tbh di gente che si trasferisce per necessità al nord ne è pieno, ed è abbastanza ipocrita prendersela con chi se ne va, quando purtroppo è una cosa che facciamo in molti.
I miei 2 cent sulla questione, giusto per concludere:
Quasi tutti quelli che si trasferiscono, che si tratti di migrazione interna o addirittura IMMIGRAZIONE, lo fanno perché obbligati. Non tutti ovvio, ma se a tutti fossero date le stesse possibilità, sarebbero pochi gli spostamenti, punto. Non è manco una questione "lu sudde è più bello, lu sole, lu mare, lu core, voi c'avete solo la nebbia", nono, è semplicemente APPARTENENZA. Forse un giorno, quando il nord s'impoverirà, e i settentrionali capiranno cosa cazzo vuol dire abbandonare la propria casa per spostarsi altrove (addirittura spostarti in un posto dove TI ODIANO), il dolore che si prova nel farlo, magari quel giorno ci daranno tregua. E pensa, noi ci sentiamo così e non proviamo nemmeno 1/3 del dolore di chi viene da altre nazioni o continenti.
Ai meridionali che invece se la prendono con altri meridionali perché se ne sono andati dico: smettetela. Prendetevela piuttosto con un paese che ci obbliga ad abbandonare le nostre case e radici perché fa comodo un sud impoverito e il nord pieno della forza lavoro meridionale.
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susieporta · 8 months
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Pazienza se non mi hai amata tu, lo farà qualcun altro.
Il mondo, come dicono, è pieno di pesci. E di stelle marine, di lucciole, di foglie, granelli di sabbia.
Mi amerà un raggio di sole, l'ombra di un albero in piena estate, il riflesso di un tramonto sulla pelle del mare; un pettirosso che attraversa l'inverno, l'ennesima necessaria foglia caduta da un ramo ormai spoglio.
Mi amerà il cielo ogni giorno, la terra tutte le volte che i piedi si poseranno su di lei, la notte fonda che mi vede addormentata tra le sue braccia e non mi sveglia.
Pazienza se non mi ami tu, se ne faranno una ragione anche le nuvole, i semi nei frutti, i gabbiani che aspettano il ritorno dei pescherecci; le signore anziane che all'alba si svegliano per preparare il giorno. I quadri in un museo, i nèi.
Se ne faranno una ragione tutti. Tutti gli occhi che mi guarderanno prima di quei due che, con un paesaggio che già conosco, mi vedranno e diranno:
ti amo io,
e tu sai da quante lune.
Gloria Momoli
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sciatu · 7 months
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LA FAVOLA DEL MARE (da una lettura del filosofo Cacciari sula necessità della poesia).
Un ragazzo con un lento andare cercava sulla riva del grande mare il senso di quella distesa infinita che sollievo dava alla sua vita un senso si giusto, ma ben pesato quando incontrò uno scienziato che gli spiegò con fare dotto cosa era il mar da sopra a sotto. “Il mare è realtà non fantasia è una riserva di energia, il sole crea le nuvole bianche loro corrono via mai stanche, vanno nel mondo acqua a donare con essa la vita fan germogliare. L’acqua scende intensa o avara diventa ora rivolo, fiumara dona ricchezza gioia, dona vita al mare torna mai stanca, sfinita! Il mare quindi è energia infinita una pila che mai è esaurita” Il ragazzo ascoltava stupito ma quanto detto dall’erudito era giusto preciso, ma parziale, era il noto, il vero il reale. Continuò allora per la sua via finché non trovò un gran dottore della filosofia conoscitore “Il mare esiste, come scienza dice, della vita e origine e fattrice alla terra, opposto lo penso e dell’aria, molto più denso ma con l’uomo non ha affinità è acqua che va di qua e di là, necessario per la sua utilità però non ha nessuna santità, è un oggetto non fondamentale solo acqua, dei pesci e del sale se ci chiediamo la sua necessità capiamo che quindi non ne ha: della natura e uno strumento come la roccia o come il vento.” Il ragazzo alla fine si allontanò con pochi si e mille non so. Mentre deluso sulla sabbia andava vide un uomo che felice nuotava Gli chiese “Scusa nuotatore Tu che vi trovi gusto e sapore dimmi del mare il significato perché questo liquido manto a guardarlo porta all’incanto quale senso può mai avere guardarlo e provar piacere?” “il mare per quanto sia vecchio Dell’anima di ognuno e lo specchio lei lo guarda e vede dubbi, paure sente le ansie quelle più dure e quelle che sono meno vere quelle false e quelle più sincere e nel guardarle ne vede il confine pesa quelle pure e quelle meschine e capisce infine dove volgere la prua in quale direzione è la sorte sua. Questo lo capisci nell’esser poeta non nello scrivere versi di seta ma nel dare voce a quel che vede l’anima tua, nel capir quanto crede nel dar forma in modo sincero a quel che è il tuo pensiero. Per questo il gran mare è perfetto perché cambia muta e l’effetto di questo instancabile mutare è un tuo continuo poetare. Pensa alle albe quando si accende e presto di blu tutto risplende pensa alle tempeste, alla sua rabbia che non potrai mai metter in gabbia pensa al tramonto, il diventar quieto e della luna esser l’amante lieto Muta come l’animo nostro ora è pace ora diventa mostro.” Quando l’uomo ebbe finito Il ragazzo lo guardò stupito “Chi sei che ben hai definito quanto scienziato ed erudito non ha saputo voluto sviscerare e per parte loro raccontare” “Non sono un saggio o un profeta come ogni uomo sono poeta quanto non vedon scienza e filosofia lo trova e lo dice la poesia”
THE TALE OF THE SEA (from a speech by the philosopher Cacciari on the need for poetry). A boy with a slow walk, was looking on the shore of the great sea, the meaning of that infinite expanse, what relief it gave to his life, a correct but well-considered meaning, when he met a scientist, who explained to him with a learned manner, what it was the sea from above to below. “The sea is reality not fantasy, it is a reserve of energy, the sun creates white clouds, they run away never tired, they go into the world of water to donate and with it they make life sprout. The water descends intensely or sparingly, now it becomes a trickle, the river gives richness, joy, it gives life to the sea, it never returns tired, exhausted! The sea therefore is infinite energy a battery that is never exhausted" The boy listened in amazement but what the scientist said was precise, but partial, it was what was known, what was true, what was real. He then continued on his way, until he found a great doctor, a connoisseur of philosophy “The sea exists, as science says, of life origin and mother, to the earth, opposite, I think of the air much denser, but it has no affinity with man, it is water that goes here and there, necessary for its usefulness but it has no sanctity, it is a non-fundamental object only water, some fish and some salt if we ask ourselves its necessity we understand that it therefore has none: for the nature is an instrument like the rock or like the wind.” The boy finally walked away with a few "yeses" and a thousand of " I don't know". While disappointed on the sand he saw a man who was swimming happily, he asked him "Sorry swimmer. You who find taste and flavor in it, tell me the meaning of the sea, because this liquid blanket, looking at it, leads to enchantment, what meaning can it possibly have, looking at it and feel pleasure?” “the sea no matter how old it is, of everyone's soul it is the mirror, she looks at it and sees doubts, fears, feels the anxieties, the hardest ones, and those that are less true, the false ones and the most sincere ones, and in looking at them he sees the boundaries, weighs the pure ones and the petty ones and finally understands where to turn his bow and in what direction his fate lies. You understand this in being a poet, not in writing silken verses, but in giving voice to what your soul sees, in understanding what it believes, in sincerely giving shape to what your thoughts are. This is why the great sea is perfect, because it changes and the effect of this tireless change is your continuous poetry. Think of the dawns when it lights up, and soon everything shines blue, think of the storms, of its anger, which you will never be able to put in a cage, think of the sunset, the becoming quiet and of the moon being the happy lover Mute like our soul , now it's peace, now it becomes a monster.” When the man finished, the boy looked at him in amazement. “Who you are that you have well defined, as a scientist and scholar, he was unable to dissect, and for their part to tell” “I am not a sage or a prophet, like every man I am a poet, what science and philosophy do not see, poetry finds and says”
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viendiletto · 8 months
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Nino Benvenuti: «Senza ricordi non c’è futuro»
Campione olimpico nel 1960, campione mondiale dei Pesi superwelter tra il 1965 e il 1966 e dei pesi medi dal 1967 al 1970, Giovanni (Nino) Benvenuti è stato uno dei migliori pugili italiani di tutti i tempi e il suo nome troneggia tra i grandi del pugilato internazionale. È entrato nell’immaginario collettivo in una notte di aprile nel 1967 quando 18 milioni di italiani seguirono la diretta del suo incontro con Emile Griffith al Madison Square Garden di New York. Di quel match che gli portò il titolo di campione mondiale dei pesi medi, ma anche dell’infanzia a Isola, dei primi passi nella boxe, del significato dell’essere pugili, del rapporto con gli avversari sul ring e di tanto altro Nino Benvenuti – insignito nel 2018 dalla Can comunale del premio Isola d’Istria –, parla in un’intervista esclusiva di Massimo Cutò pubblicata di recente sulla Voce di New York, che riproponiamo.
[...]
Chi è un pugile?
“Uno che cerca sé stesso sul ring. Uno che vuole superare i propri limiti come faceva Maiorca in fondo al mare o Messner in cima alla montagna. La sfida è quella: fai a pugni con un altro da te e guardi in fondo alla tua anima”.
Lei cosa ci ha visto?
“La mia terra d’origine, una verità che molti continuano a negare. La storia di un bambino nato nel 1938 a Isola d’Istria e costretto all’esilio con la famiglia. Addio alla casa, la vigna, l’adolescenza: tutto spazzato via con violenza, fra la rabbia muta e la disperazione di un popolo. Gente deportata, gettata viva nelle foibe, fucilata, lasciata marcire nei campi di concentramento jugoslavi”.
Una memoria sempre viva?
“Ho cercato di non smarrirla, per quanto doloroso fosse. Riaffiora in certe sere. Ti ritrovi solo e sale una paura irrazionale”.
Riesce a spiegare questo sentimento?
“Il passato non passa, resta lì nella testa e nel cuore. A volte mi sembra che stiano arrivando: Nino scappa, sono quelli dell’Ozna, la polizia politica di Tito viene a prenderti. Un incubo che mi tengo stretto perché senza ricordi non c’è futuro”.
Che cosa accadde in quei giorni?
“Isola d’Istria odora di acqua salata. È il sole sulla pelle. La nostra era una famiglia benestante, avevamo terra e barche, il vino e il pesce. Vivevamo in una palazzina di fronte al mare: papà Fernando, mamma Dora, i nonni, io, i tre fratelli e mia sorella. Siamo stati costretti a scappare da quel paradiso”.
Come andò?
“Mio fratello Eliano fu rapito e imprigionato dai poliziotti titini, colpevole di essere italiano. È tornato sette mesi dopo, un’ombra smagrita, restò in silenzio per giorni. Mia madre si ammalò per l’angoscia. È morta nel ‘56 di crepacuore: aveva 46 anni. Attorno si respirava il terrore delle persecuzioni. Un giorno vidi dalla finestra della cameretta un uomo in divisa sparare alla nostra cagnetta, così, per puro divertimento”.
Finché fuggiste?
“Riparammo a Trieste dove c’era la pescheria dei nonni. Fu uno strappo lacerante, fisico. Così la mia è diventata in un attimo l’Isola che non c’è. Non potevamo più vivere lì dove eravamo nati”.
[...]
Quant’è difficile invecchiare?
“Dentro mi sento trent’anni, non ho paura della morte. Sono allenato. Sul ring risolvevo i problemi con il mio sinistro, la vita è stata più complicata però ho poco da rimproverarmi. E ho ancora un desiderio”.
Quale?
“Vorrei che un giorno, quando sarà, le mie ceneri fossero sparse da soscojo. È lo scoglio di Isola d’Istria dove ho imparato a nuotare da bambino”.
Intervista di Massimo Cutò a Nino Benvenuti per La Voce di New York, 23 luglio 2022
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ARTISTI CONTEMPORANEI - di Gianpiero Menniti
LA PASSIONE E LA MATERIA
L'incontro con gli atti espressivi di Monica Isabella Bonaventura, nata in provincia di Venezia, poliedrica e pluripremiata artista, lascia una traccia: seguirla impone l'addentrarsi fin dentro le viscere della Terra, l'immergersi in un tunnel scavato a mani nude.
La sensazione del contatto è gravida, intensa, vivida.
Possiede grida afone, toni lontani, rumori d'attrito.
Eppure, si avverte una mancanza, un distacco, un anelito, come se l'apparire dell'evento espressivo portasse con sé la nostalgia della mano, la struggente ricerca del contatto tattile perduto, la sensualità del gesto ormai ricordo.
E di sapore e di odore terragno, acre, pastoso.
Questo indizio, indelebile, rimane impresso sulle sue tele come in ogni oggetto sottoposto alla sua sensibilità, alla pregnanza della sua violenza dolce e appassionata sulla materia.
Ogni incontro con la materia è un atto di violenza necessaria al suo divenire, al suo apparire: il mare non si può solcare senza ferirlo.
Allo stesso modo, l'incontro artistico con Monica Bonaventura è una ferita che pulsa, che non può essere ignorata, che rimane fusa nelle sue opere.
Un calore perenne.
Di materia incandescente.
Di materia ansimante, che impone spazio all'espandersi del respiro.
Semplicemente, di materia, ormai sua.
In dono a chi sa coglierne la preziosa origine.
- Nelle Immagini: foto di Monica Isabella Bonaventura e alcune opere dell'artista, nell'ordine "Vento", "Sands desert", "Oltre", "Aura", "Albori", "Raggio di Sole", "Aurora", "Flam" e "Punto G"
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smokingago · 1 year
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Ti amo perché assomigli al mare
e accanto al tuo corpo i giorni si ripetono come cicatrici non del tutto chiuse.
Ti amo perché sei più bella quando sosti
nei momenti senza rive o leggende
quando le tue ginocchia ricordano le sabbie dure
e il sangue è un sole che ti scorre nelle vene.
Così come sei, ricordi il mare che si alza, il mare
femminile delle scogliere e delle grotte sottomarine,
il mare della mia infanzia, elevato nei miei sogni, il mare
seduto come un trono sulla terra.
Con i tuoi piedi posti come prue di navi, evochi il
mare spogliato di tutte le isole, il mare degli innamorati
che si amano come bestie marine in mezzo ad
acque alte, il mare di densità profonde come
le chiesuole.
Ammetti l'amore unito all'acqua e alla pietra
e sei bella come il sogno, l'onda o il vento di mare.
Lêdo Ivo
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ma-pi-ma · 1 year
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Porto dentro di me solo la solitudine per compagna.  L'immensa solitudine dell'amore infinito che vorrebbe essere terra, aria e sole, mare e stella, perché tu fossi più mio, perché io fossi più tua.
Rosa Leveroni, da Epigrammi e canzoni, 1938
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victorianrob · 1 year
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MARE E COSTA.
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t-annhauser · 2 months
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Fosse solo per la natura il sud conquista immediatamente, aggiungi poi quella patina di cultura, la Magna Grecia, su cui ormai le pro loco locali campano di rendita aggrappate all'ultimo brandello di grandezza che fu sorvolando su tutto il resto, sulla munnezza, la cronica penuria d'acqua e le autoclavi. Inglesi e tedeschi e popoli settentrionali si erano inventati il Grand Tour, la meglio gioventù anglosassone calava dalle sue tetre spelonche per apprendere il sole e la classicità appena inventata da Winckelmann, Goethe a Roma trovava la sua Faustina, il richiamo sensuale del meridione riecheggia anche in Nietzsche, il tedesco erotico par excellence, che trasvalutando tutti i valori geografici poneva i settentrionali iperborei nella penisola ellenica. Goethe, passando per Caltanissetta, giunge a Catania, Taormina e Messina e ne rimane estasiato:
«L'Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. […] La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l'unità armonica del cielo con il mare e del mare con la terra […] chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita.»
Il mio personale Grand Tour si è interrotto leggermente più a nord e non prevede ritorno, per sempre avvinto al meridione, tramonto di Zarathustra.
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myborderland · 11 months
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Essere vivi
Essere vivi essere vivi ora vuol dire avere sete
essere abbagliati dal sole fra gli alberi ricordare all’improvviso una melodia
starnutire
tenerti per mano
essere vivi
essere vivi ora
vuol dire minigonna
un planetario
Johann Strauss
Picasso
le Alpi
vuol dire imbattersi in tutte le cose belle e poi
essere attenti e opporsi al male che vi si nasconde
essere vivi
essere vivi ora vuol dire poter piangere
poter ridere
potersi arrabbiare
vuol dire libertà
essere vivi
essere vivi ora
vuol dire un cane che abbaia in lontananza ora
la terra che sta girando ora
da qualche parte il primo vagito che si alza ora
da qualche parte un soldato ferito ora
è un’altalena che dondola ora è l’ora che passa ora
essere vivi
essere vivi ora
vuol dire il battito d’ali degli uccelli
vuol dire il fragore del mare
il lento procedere di una lumaca
vuol dire gente che ama
il tepore della tua mano
vuol dire vita.
©Tanikawa Shuntarô in Poeti Giapponesi, a cura di M.T. Orsi e A. Clementi degli Albizzi, Giulio Einaudi editore
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angelap3 · 4 months
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Tumblr media
E’ uno scienziato, medico, filosofo, alchimista del quattrocento, Paracelso, che ci spiega perché adoriamo stare in riva al mare. “Il luogo dove vi è più energia al mondo è quello dove l’elemento acqua si unisce all’elemento terra. In riva al mare, al Sole, dove anche l’elemento fuoco è presente, l’energia è ancora maggiore. A cui si unisce la forza dell’aria, data dalla brezza del vento”. Insomma la riva del mare come il luogo dove si concentrano i 4 elementi del mondo.
Fragmentarius
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susieporta · 10 days
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GUADAGNI ENERGIA QUANDO:
– digiuniamo,
– facciamo esercizi di respirazione,
– ci ritiriamo in solitudine,
– facciamo un voto di silenzio per un certo periodo di tempo,
– camminiamo (o semplicemente ci troviamo) sulla riva del mare, in montagna, contempliamo paesaggi naturali belli,
– ci dedichiamo in modo disinteressato alla creatività,
– lodiamo una persona meritevole per le sue qualità e azioni elevate,
– ridiamo, ci rallegriamo, sorridiamo sinceramente,
– aiutiamo qualcuno disinteressatamente,
– manifestiamo umiltà,
– preghiamo prima di mangiare,
– mangiamo cibi pieni di prana (energia vitale)
– cereali naturali, porridge, burro chiarificato, miele, frutta, verdura,
– dormiamo dalle 21-22 fino alle due di notte (in altri orari il sistema nervoso non riposa, per quanto dormiamo),
– riceviamo un buon massaggio da una persona armoniosa o ci facciamo un auto-massaggio,
– ci versiamo acqua fredda addosso, specialmente al mattino, con effetto massimo se stiamo a piedi nudi sulla terra,
– doniamo il nostro tempo, denaro...
– vediamo in tutto la volontà divina.
- facciamo l’Amore
PERDI ENERGIA QUANDO:
– Tristezza, insoddisfazione del destino, rimpianti per il passato e paura, rifiuto del futuro,
– fissare e perseguire obiettivi egoistici,
– esistenza senza scopo,
– risentimenti,
– eccesso di cibo,
– vagabondaggio incontrollato della mente, incapacità di concentrarsi,
– quando mangiamo cibo fritto o vecchio, cibo preparato da una persona arrabbiata o che prova altre emozioni negative, cibo preparato nel microonde, alimenti contenenti conservanti, additivi chimici, coltivati in condizioni artificiali con l'uso di fertilizzanti chimici,
– consumo di cibi privi di prana
– caffè, tè nero, zucchero bianco, farina bianca, carne, alcol,
– mangiare in fretta e camminando,
– fumare,
– conversazioni vuote,
– respirazione scorretta, come respirare troppo spesso e profondamente,
– stare sotto i raggi diretti del sole dalle 12 alle 16, specialmente nel deserto,
– relazioni sessuali disordinate, sesso senza amore per il partner, – sonno eccessivo, sonno dopo le 7 del mattino, mancanza di sonno,
– tensione mentale e fisica,
– avidità e ingordigia.
Luigi Silvestri
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