Tumgik
#magari domani sì
mccek · 8 months
Text
Lettera aperta a tutti quelli che che mi hanno conosciuto. 
Passano gli anni ma mi rendo conto che chi sta meglio di me in realtà sta peggio. 
Persone che ho sempre voluto vedere felici, che mai avevo visto nemmeno di persona, hanno cercato di usarmi pensando fossi ingenuo, ma la bontà non è sinonimo di ingenuità, di debolezza, io ho aperto le porte a chiunque, perché dentro non smetterò mai di abbandonare quel bambino che sono stato, che condivideva anche i sorrisi che non aveva per sé stesso, ma che non avrebbe passato la notte se avesse saputo che il suo “amichetto/a” il giorno dopo avesse avuto il broncio. 
Perché siete “cresciuti” dando spazio all’odio? 
Perché anziché promettere ad altri non promettete a voi stessi di ritrovarvi? 
Di guardarvi dentro una volta tanto, e affondare nel male che avete condiviso con me, anziché condividere quella parte di “esseri umani” che era ancora insita in voi? 
Se foste stati di parola, come a quegli anni, non mi avreste mai abbandonato, così dicevate. 
Vedere lasciare soffrire una persona non rientrerà mai nei mei pensieri, anche se fosse qualcuno che, come successo fino all’altro ieri, ha fatto di tutto per mettermi i bastoni fra le ruote, no, perché so che anche il peggiore ha dentro qualcosa di positivo da condividere con chi gli sta accanto, solo che non lo sa, ma anche se fosse, non ci proverebbe minimamente a mostrarlo, l’egoismo è letale. 
Parto sempre dal presupposto che non ho lezioni da dare a nessuno, sono anni che passo muto ad osservarvi, non ho mai commentato una virgola, chi sarei per farlo? 
È proprio per questo, che ho preso in mano una penna e ho iniziato a sfogare tutto ciò che avevo dentro, quello che avrei voluto dirvi, ma sarebbero stati guai a raccontarvi quello che provavo, perché un consiglio oggi è visto come una condanna. 
Eppure vi ho sempre lasciato sfogare con me, vi ho sempre ascoltato, anche quando ne avevo le palle piene, avevo i problemi a casa con mia mamma e la sua maledetta malattia, io per anni non sono esistito per voi, ma non me ne vergogno, ho ammesso anche io i miei sbagli, ho chiesto scusa, anche quando non non mi andava di farlo, e soprattutto quando non c’era motivo per scusarmi, ma pensavo: “Magari domani sanno che potranno sfogarsi nuovamente con me, si sentiranno più liberi dal peso che questa società ci scaglia addosso”.
Quanto male mi son fatto!
Ma rifarei di nuovo tutto, vi verrei di nuovo incontro, vi vorrei vedere sorridere solo a sentirmi parlare, vi vorrei tutti più uniti, come da piccoli ricordate? 
Non c’era bimbo/a che stesse solo. 
Perché qualcuno andava a recuperarlo, anche a costo di restarci solo assieme. 
Ma abbiamo dimenticato, come si dimentica la storia, stessa identica cosa. 
Di voi ricordo ciò che dicevate tutti: “Mattia non cambiare non diventare come gli altri, hai qualcosa in più che non riuscirò mai a spiegarti”, questa frase me la ricordo ogni mattina quando mi sveglio, da quanti anni ormai? Troppi. 
Permettetemi una domanda? 
Perché voi siete cambiati? 
Per piacere a gente che poi vi ha fatto lo stesso gioco che avete fatto con me? 
Perché farsi del male da soli? 
Perché arrivare a non guardarsi più in faccia? 
E poi c’è ancora qualcuno che pensa di cambiare il mondo? 
Sì, uno ce n’era, il sottoscritto, ma non voleva cambiare il mondo, solamente la sua generazione, il mio sogno più grande, che continuerò anche se con molto sconforto, a portare avanti, “UNO CONTRO TUTTI”, chissà se ora qualcuno, capirà/collegherà tante mie frasi passate a cosa fossero collegate. 
Siete riusciti a darmi contro per una canzone su ciò che ho vissuto sulla mia pelle, e sono stato zitto, scendeva una lacrima, ma stavo zitto, so che qualcuno ancora l’ascolta e sappiate che vi leggo spesso nei commenti, e mi fa sorridere il fatto proprio da chi mi “odiava” ingiustificatamente alla fine è finito a farmi i complimenti, ma no, io non voglio queste cose, voglio solo capire perché un giorno disprezzate e l’altro apprezzate una persona come nulla fosse, ma non sapreste spiegarmelo, ne sarei sicuro. 
Io ho tanti di quei testi scritti negli ultimi anni, che spesso mi faccio paura da solo, non mi rendo conto di quanti ne scrivo, di quante cose il cuore comunica alla mano che spesso trema, come non volesse accettare quelle cose, ma deve, dobbiamo, accettare tutto in questa vita, ma io in primis non vorrei mai. 
Come non ho mai accettato le malattie di mia madre, la morte degli unici amici che avevo fin da quando ero adolescente, che sono gli angeli in terra che hanno evitato quel pensiero maledetto che avevo di togliermi la vita…ma qui mi fermo, perché ognuno di noi non accetta il passato, quindi si blocca, respira, e sa, che se continuasse a pensare a tutto ciò, prima o poi sarebbe lui stesso ad andarsene. 
Purtroppo la rabbia generata dalla mia generazione, da chi è passato per la mia anima, e dai quali ho voluto assorbire, pur di evitare di vedervi soffrire ancor di più, mi ha ucciso dentro.
Voi tutti qui, fuori da qui, avete visto Me per quel poco che mi è rimasto da far vedere esteriormente, con un maledetto sorriso che non farò mai mancare a nessuno, gentili o meno che siate con me; quelle poche volte che stavo al centro estivo le animatrici mi dicevano che un mio sorriso giornaliero, era la carica per tutti i ragazzi dello staff, e chi sono io per tenere musi?
Dentro non esisto più, da anni, ma sto cercando di recuperarmi, pezzo per pezzo, forse non mi basterà il resto della vita, ma voglio ritrovarmi anch’io. 
Il “numero uno” non esiste, qui dietro al mio essere, c’è solo tanta fragilità, tanta voglia di donare amore, un po’ di spensieratezza, anche se momentanea, di rialzare chi è a terra e spronarlo a rigenerarsi, assieme, mai da soli. 
Questa società c’ha fatto sbranare fra di noi, fatto credere che uno potesse essere meglio dell’altro, che potesse avere tutti ai suoi piedi, e noi ci abbiamo creduto, dai più piccoli ai più grandi, passando da un social alla vita reale, visto che ormai non c’è più differenza fra quest’ultime.
Voglio essere sincero con me stesso fino all’ultimo, anche a costo di perdere qualsiasi cosa ma mai la dignità, quindi risponderò a semplici domande che mi son state fatte negli ultimi anni, alle quali non ho mai voluto dare risposta. 
Cos’è l’amicizia? 
Puro opportunismo. 
Cos’è l’amore?
A 16 anni ti avrei risposto, quello che ha verso di me mia madre, piange, urla *silenziosamente* dai dolori, passa settimane a letto, ma rinasce quando mi vede felice, anche se solo per un giorno. 
Oggi? 
La stessa cosa. 
Il significato del termine “amore” mi ha aperto gli occhi mentre pensavo inconsciamente di viverlo, ma andando avanti si inciampa negli errori degli anni passati, e l’amore per giunta non è mai stato amore, è sempre quel qualcosa con una data di scadenza, una parola inventa per stupire un pubblico di creduloni, sii sincero, per quante forme possa avere l’amore, come può essere chiamato tale, se siamo nati con l’odio e il disprezzo reciproco dentro? 
E tu come ultima cosa mi hai domandato perché scrivo? 
Perché tutto ciò chi mai avrebbe avuto il coraggio di ascoltarlo? 
Vi abbraccio con tutte le mie paure, spoglio di tutto ciò che negli anni non ho saputo tenermi stretto, consapevole che domani potrei non esserci più, e sicuro di aver raccontato tutto di me, perché l’oscurità non mi appartiene, e so di essere stato messo al mondo con uno scopo;
come ognuno ha il suo, io ho il mio, quello di far farvi splendere nel vostro piccolo, anche se per poco, assieme a me.
Chiudo mandando un abbraccio forte a mia mamma, il delfino che mi porto sempre in tasca da quando ero piccolo, per ricordarmi che non sono mai solo, anche nei momenti più disperati, mio padre, che nonostante le voragini d’incomprensioni conta su di me, per i vostri sacrifici, mi metto dalla vostra parte e riconosco tanti miei errori ingiustificabili, un abbraccio forte a tutte quelle persone che conosco e ho conosciuto che stanno passando dei brutti momenti, del resto non c’ha mai uniti così tanto il male quanto il bene…e a te che sei arrivato fin qui, l’unica cosa che chiedo sempre a tutti dopo un semplice ma per molti ormai banale: “Come stai”?! Ricordati di farti un sorriso appena puoi. 
249 notes · View notes
abatelunare · 2 months
Text
Di giornate densissime
Oggi mi hanno riempito di parole. Di spiegazioni. Di condoglianze. Di carte da firmare. Ho capito quello che mi hanno detto? Mah, credo di sì. Sono pentito di tutto ciò? Alla grande. Ma ormai ciò che è stato deciso, è stato deciso. Andiamo avanti che indietro sarà difficile. Magari domani andrà meglio. Intanto ci dormo su. Buonanotte a tutti.
20 notes · View notes
papesatan · 10 months
Text
schegge da un pomeriggio d'ordinaria follia
Romeo caracolla verso il banco, in tenuta da calcetto. Controllo il diario: compito di italiano: leggere pagina 6, trasformare il testo descrittivo soggettivo in oggettivo, per poi illustrarlo con un disegno. Guardo il testo: L’elefante. “L’elefante è uno degli esseri viventi più grandi al mondo. Possiede due zanne di 3 metri e una proboscide con cui attacca, se minacciato, e si procura cibo e acqua. Vive prevalentemente in Africa e Asia...” Il testo è già oggettivo. Cosa accidenti devo fare? Scrivo alla madre. Romeo mi guarda, sperso: “Intanto lascia una pagina e fai il disegno” dico “Sai disegnare un elefante?” “Sì, ma alle 4 e mezza me ne devo andare”.
Nel frattempo corro a segnare i compiti di Paolo, gentilmente offerti dal registro elettronico inviatogli da sua madre: compito di aritmetica: pag. 172, es. 160-163-165. Apriamo il libro a pag. 172: il nulla. Paolo gioisce entusiasta, “Forse è giusto così, non bisogna fare niente, mi sa”, cerco di tenermi calmo, la prof ha sbagliato chiaramente pagina. Scrivo alla madre. Indico il problema, chiedo ragguagli. Invito Paolo a svolgere la materia successiva. Jacopo mi chiama a gran voce: “Giuseppe, il bagno è allagato, qualcuno ha fatto pipì per terra!” Non ho tempo d'andare a controllare, perciò lo invito momentaneamente a scansarla. Si mette a ridere e continua: “Sai che somigli a Daniele? Siete fratelli!” Daniele per tutta risposta lo guarda e fa: “Magari Giuseppe fosse mio fratello!” poi fissa mio padre e aggiunge: “E Andrea è mio nonno”. Mio padre gongola felice e in un certo senso lo sono anch’io, se il mio lavoro ha il potere di compensarlo dei nipoti che non ha. “Qui siamo tutti fratelli” conclude Jacopo “e Giuseppe è nostro padre”. Prossimo alla commozione, li invito piuttosto a sbrigarsi. Controllo il telefono, la mamma di Romeo ha risposto: “Dicono che il testo è soggettivo e devono trasformarlo in oggettivo”, “Ma non è vero!” m’incazzo, “Faglielo fare come credi. Non so che dirti”. Getto via il telefono. Sono seriamente tentato di bruciare il libro. Che faccio? Romeo sta disegnando ancora l’elefante. È un elefante bello grosso, quindi ho ancora un po’ di tempo. Ma devo pensare a una soluzione, e in fretta. Nel frattempo entra Melissa, secondo superiore: “Domani ho il compito di letteratura sui Promessi Sposi” vorrei uccidermi “E tu ti ricordi il giorno prima? Sono due settimane che ti ripeto di cominciare a prepararti per il compito. Sai che dobbiamo studiare oltre 30  pagine, vero? Come pretendi di poter fare tutto in un giorno?” Mi guarda sconsolata “Comincia a fare le mappe, mo vengo e vediamo insieme”. Una voce fuori campo grida: “Giuseppe alle 5 meno un quarto me ne devo andare!”. Fingo di non sentire e corro da Paolo. La madre ha finalmente risposto: “È giusto così”. Ma come può essere giusto così? La chiamo. Ribadisco il problema, non capisce, “Ok, non farglielo fare”. Paolo gioisce al settimo cielo. Su tutte le furie, lo minaccio di dargli dei compiti extra se non la smette. Volo da Romeo, ha finito l’elefante, devo farmi venire un accidenti d’idea. Trasformarlo da oggettivo in soggettivo è impossibile, dovrebbe aggiungere delle considerazioni personali, farlo proprio, non voglio spingerlo a sbagliare, data la consegna, in più non c’è più tempo, così gli dico: “Ok, lo vuole oggettivo? Lo facciamo oggettivissimo”. Ricopiamo il testo, estromettendo avverbi e aggettivi, rendendolo così ancor più neutro e scientifico. “Giuseppe tra mezz’ora me ne devo andare!” Mi precipito da Melissa. La professoressa ha stabilito uno schema base per indicare i punti che vorrebbe veder analizzati nel commento del primo e del secondo capitolo dei Promessi Sposi il giorno dopo: biografia dell’autore, cenni storici, analisi del periodo, influenze e ispirazioni, commento al primo capitolo, commento al secondo capitolo. Melissa mi mostra le mappe: “Vanno bene così?” ha appena iniziato la biografia di Manzoni, sarà un lunghissimo pomeriggio. Giankarol intanto langue addormentato, “Giankarol studia scienze” “No” risponde “Non ho il libro”, “Usa quello della compagna”, “NO, non mi va” e si rimette a dormire, “Giankarol, guarda che chiamo tua madre! Studia scienze e non farmi arrabbiare!” “No” sussurra riaddormentandosi, mentre m’allontano. “Giuseppe tra dieci minuti me ne devo andare!”
Squilla il telefono, è la mamma di Paolo. “Giuseppe, avevi ragione, la professoressa ha sbagliato, era pagina 138, grazie”, Paolo smette di ridere e comincia a piangere disperato, dimenandosi matto sulla sedia. Chiedo ad una delle mie dipendenti di metter fine alle sue pene, mentre Giankarol persiste a dormire. “Giankarol, fai scienze”, “No”. Loris mi saluta zaino in spalle: “Giuseppe, ho finito, me ne devo andare” “Ma non ti ho ancora corretto!” “Mio padre mi sta aspettando, è già fuori!”. Bestemmiando, lo costringo a togliersi lo zaino e a farmi vedere i compiti. Lo spedisco fuori a calci e corro da Melissa, in lacrime: “È troppo… ho mal di testa, non ce la faccio”, mi siedo accanto a lei e sottolineo le informazioni essenziali al posto suo, la sprono a continuare. Ha finito la biografia, siamo alle influenze. Il romanzo storico, Walter Scott. So già come andrà a finire, ma non voglio dirlo. Bisogna fare le maledettissime mappe, dopodiché studiarle ed elaborarle infine in un discorso organico (cosa che in secondo superiore non è ancora in grado di fare), creando una bozza di commento, una simulazione di prova. La vedo nera. “Giuseppe alle 5 e mezza me ne devo andare!” Giankarol intanto sogna. All’ennesimo rifiuto, chiamo la madre. Sta arrivando, dice. Il doposcuola si svuota, m'accorgo che Melissa è allo stremo, sono già le sei, non ce la farà. M’avvicino a lei, ha smesso già da un po' di lavorare e, preso esempio da Giankarol, s’è lasciata andare sul banco, atrocemente afflitta. “Chiama mamma” le dico “le devo parlare”. Intanto arriva la mamma di Giankarol. Lo grida un po’, lo redarguisce, fanno teatro, lei lo prega, lui le sibila parole d’odio alle spalle, soddisfatta se ne va. Mentre assisto al bieco spettacolo, la mamma di Melissa chiede spiegazioni al telefono: “Allora domani non la mando a scuola…” Non so che dirle. Per me è un enorme fallimento. Mi siedo accanto a Melissa e le faccio un veemente discorso sul reagire e tramutare la rabbia e le emozioni negative in determinazione e voglia di rivalsa. Se ne va, guardandomi sconsolata. Il compito dovrà comunque farlo, se non quel giorno, un altro ancora. L’appuntamento con Manzoni è solo rimandato, ma almeno avremo tempo per prepararlo con più calma. Giankarol dorme ancora. Mi siedo con lui e lo prego di studiare. Cerco di convincerlo in ogni modo, ma non m’ascolta. Odia la prof di scienze e tutto ciò che ad essa è collegato. “Io non voglio fare lo scienziato” dice “non me ne frega niente”. Non so che fare. Lo supplico, come se ne andasse della mia stessa vita e mi domando se forse non dovrei essere io stesso a instillargli quella voglia che gli manca, inventarmi qualcosa, la differenza fra un bravo maestro ed uno mediocre. Finisce con lui sonnecchiante ed io a ripetergli asmr le varie tipologie di tessuto: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso, sperando entrino in lui per via inconscia. Buonanotte Giankarol, e fai bei sogni.   
31 notes · View notes
susieporta · 6 months
Text
DIETRO IL TRADIMENTO
Ormai ti sarà chiaro che non parliamo del classico concetto del tradimento, ma della sua radice, che è tutta un’altra cosa.
Quando uno tradisce veramente, nei fatti, o abbandona, è perché ormai è finita, ormai non ce la fa più, ormai è tagliato fuori dal rapporto, è tagliato fuori dal cuore.
Anche se succede a uno dei due e all’altro no, comunque ci si trova davanti a un muro del sistema familiare, a un muro delle paure dell’altro, a un muro di rabbia, un muro di tutto ciò che volete, fatto sta che il tradimento non è andare con un’altra persona, quello è l’ultimissimo dei passi.
Il tradimento comincia quando non si condividono i problemi, quando non si ha il coraggio di dire come stanno le cose. E non parlo del tradimento di per sé, ma dell’inizio, quando sento che inizia a venire a galla questa roba, le mie paure, le mie ferite.
Quando non si ha il coraggio di parlare dei propri bisogni, si dà tutto per scontato…
Uno tradisce quando non ha il coraggio di condividere i suoi bisogni, le sue paure, le sue ferite, quando non si apre all’altro.
Come fai a fidarti di uno che non comunica fin dall’inizio, non si apre, si apre relativamente, o solo in certi momenti e non a tutto il resto? Lì stiamo già tradendo l’energia dell’altro, stiamo tradendo il cuore dell’altro.
Dobbiamo vedere le cose da tutti i punti di vista, perché poi l’effetto macroscopico, che è “mi ha lasciato, mi ha tradito ecc.”, questo è facile da vedere.
Ma riusciamo a vedere anche da dove è cominciato? Spesso molto, ma molto prima. Cose che non vede nessuno. E lì nessuno dà ancora la colpa, perché nessuno vede niente.
E, come già detto più volte, non si tratta di dare colpe, ma di capire causa, condizione, effetto.
Una cosa che a me preme molto, avendo lavorato con i maestri orientali e anche occidentali, ma soprattutto orientali, è farvi sapere che in Oriente tutti fanno un percorso, tutti hanno un maestro, perché è così.
L’uomo ha bisogno di crescere e questa crescita non te la dà la famiglia, non te la dà la scuola, non te la dà nessuno.
È una crescita interiore e spirituale.
È soprattutto la capacità di vederti dentro: e questo non te lo insegna nessuno.
E come fai a vivere se non sai niente di te, se non sai come funzioni?
Ti butti nei rapporti che sei un casino e poi ti chiedi come mai soffri e come mai gli altri soffrono con te?
È come prendere la Ferrari, accelerare a 300/h e guidare bendati di notte, per poi schiantarsi, finire all’ospedale e chiedersi: “Come mai è successo?”
Ecco, i tibetani in questo caso parlano di ignoranza: non che non hai studiato, ma che non vedi assolutamente quello che stai facendo, né perché lo stai facendo.
Ignoranza in tibetano si chiama timuk, che vuol dire “mente annebbiata”, o tradotto nel nostro linguaggio, una mente piena di confusione, ma che nonostante la confusione vuole far questo, quello, dice di sentire quello, provare quell’altro, pretende che gli altri siano così o colà etc…
Questa è tutta ignoranza, confusione. Vogliamo delle cose dagli altri quando non siamo capaci di averle da noi stessi in primis.
Per concludere, penso tu abbia compreso che il tradimento e l’abbandono non accadono dall’oggi al domani.
Sì, l’aspetto fisico magari è evidente e immediato, ma in realtà è cominciato tanto tempo prima.
Di solito poco dopo l’inizio di una relazione, per i motivi spiegati.
Perciò, cerca di rileggere queste lezioni.
Rileggile più volte e cerca di studiarle.
Studiarle vuol dire osservarsi, senza giudizio, così da capire quali sono i tuoi meccanismi.
E, soprattutto, osserva dove menti: “Ah, no, questo non mi riguarda, questo riguarda mio marito etc”.
No: ti riguarda comunque. Una parte di quella roba sicuramente ti riguarda.
ROBERTO POTOCNIAK
11 notes · View notes
orotrasparente · 1 year
Text
giovanni battista cutolo è un nome proprio di persona, per molti non dirà nulla, altri magari l’hanno sentito di sfuggita, in ogni caso giovanni era un ragazzo della mia età, era, perché è morto, ucciso, a napoli
napoli, quella città che molti ultimamente hanno riscoperto per mare fuori o prima ancora per gomorra, sui social negli ultimi anni spopola la gente che si sente “napoletana”, ma solo perché non la vive, è questo il punto, è facile dire napoli è bella, si mangia bene, la gente è simpatica, ma voi che non la vivete non sapete cos’è napoli davvero, o meglio cosa sono i napoletani, i napoletani (per gran parte) sono quelli che ti ammazzano dopo un litigio per un parcheggio perché sì, giovanni, 24 anni, musicista, è stato ucciso per un litigio da un sedicenne (16 anni, io a 16 anni andavo appresso alle ragazze, stavo con i miei amici nell’oratorio, non andavo in giro con una cazzo di pistola) a causa di un parcheggio, un sedicenne che tira fuori una pistola, “me rutt o cazz” e spara, davanti agli occhi della fidanzata di giovanni, che lascia su quell’asfalto insanguinato i suoi sogni, una madre, un fratello, un padre, una famiglia distrutta
“giovanni vive” scrivono con una colomba e un cuore sui social, no, giovanni non vive e non vivrà mai più, per colpa di una città malata, di un sistema malato, napoli e i napoletani (io compreso) dovremmo solo chiedere scusa a giovanni, ma alla fine giovanni è solo un nome proprio di persona, oggi è lui, ieri era francesco pio maimone, domani sarà qualcun altro, vittime innocenti di una città irrecuperabile perché le persone cattive saranno sempre più di quelle buone, a napoli ogni persona ignorante e pregna di cattiveria non fa un figlio, ne fa 10, una sola famiglia fa decine di figli e crescono decine di potenziali criminali, chi è “buono” se ne sta in disparte o almeno ci prova, oppure scappa via da questo posto
napoli non è (solo) il mare, la pizza, il sole, il caffè e quant’altro, napoli è una città bellissima ma popolata da troppi mostri che ne oscurano la bellezza, a napoli i sogni te li strappano dalle mani e te li fanno a pezzi per un parcheggio e tu non puoi fare nulla, sei impotente, perché dall’altra parte ci sono ragazzi o addirittura ragazzini che sono frutti marci, nati da altri frutti marci, che avvelenano giorno dopo giorno, come parassiti, una città
30 notes · View notes
ossicodone · 2 years
Text
Ho sempre guardato con ammirazione le persone che a un certo punto della loro vita decidevano di lasciare questo social, più o meno come quelli per cui l'ultima sigaretta, era davvero l'ultima sigaretta, non come la sigaretta della coscienza di Zeno. Non so cosa scattasse in loro, ho sempre visto tumblr come un posto sicuro dove vomitare miei pensieri, mie intimità e mano a mano rapportandomi anche con altre persone nel corso del tempo son cambiato tantissimo. Son cambiato nel momento in cui ho eliminato il mio primo blog con cui son diventato più popolare, ma si dai avete capito, quello con sessanta mila e passa followers che non so perché siano capitati a me ma che mi son ritrovato di punto in bianco dopo aver scritto una sorta di poesia, sì i più datati si ricorderanno di quale parlo. Lo cancellai e ne aprii un altro in cui il mio anonimato duró poco perché il mio stile di raccontare le cose era facilmente riconoscibile. Accettai di nuovo di essere in vista dai più, ma ero molto diverso. Meno scritti intimi, più cose sarcastiche, accadimenti divertenti della mia vita, risposte a domande anonime solo di carattere medico o consigli. Che poi mi ci vedete a me a dare consigli? Eppure oh, sembrava funzionassero. Son bravo a predicare ma poi quando si tratta di me son una chiavica. Una chiavica vera, un inetto, un Serafino Gubbio operatore che guarda da lontano la sua vita da una cinepresa e non vi partecipa. Vabbè fatto sta che lasciai l'ennesimo blog per farne un altro e fingermi una ragazza, per un periodo son stato Jasmin e scrivevo solo, non avevo interazioni con nessuno e poi alla fine è finita che mi han riconosciuto anche lì. Arrivo ad oggi che non so davvero cosa posso dare di più su questo social, dopo quindici anni sento di aver dato forse troppo in pasto a chi poi ha rigirato spesso le cose a suo favore, giusto per parlare di qualcosa con le amiche, giusto per avere una freccia in più al loro arco da poter scoccare al momento giusto. Arrivo ad oggi in cui non mi sento partecipe di questo mondo, tantomeno di questo social. Non mi sento più, vivo ma non vivo ed è davvero logorante per me continuare a fingere di star bene quando la mattina l'unico pensiero che ho è: "e pure oggi non sto fra i convocati del Signore". Magari questa cosa di salvare il mondo, aiutare il prossimo mi si sta ritorcendo contro. Faccio miei dolori altrui, i miei non so risolverli, accumulo e non voglio farmi aiutare perché non sia mai che porto nella merda qualcuno a me caro. E sto in questo loop, in questo mio inferno personale, creato su misura per me da me medesimo. E chi meglio di me poteva costruire questo castigo infernale? Forse voglio punirmi, ma per cosa? Perché continuo? E se me ne andassi? Ma ci pensate, se da domani io non esistessi più e tutto ciò che rimanesse di me sarebbe questo post? Credete sia possibile? Andarsene in silenzio, in punta di piedi, senza scomodare o disturbare nessuno, perché non voglio questo. Ma cosa voglio per me? Davvero non sarebbe bello? Sparire, da ogni social, non essere più partecipe. Oggi mi han detto:"lei mi ha salvato doc" e son stato felice ed ho pensato alla mia promessa:" una vita per una vita". Certo me lo ha detto la nonnina dissociata di ottant'anni, ma per lei io in quel momento l'ho salvata. Salvare, salvarsi, una vita per una vita. Sono pronto.
45 notes · View notes
teredo-navalis · 1 year
Text
AAA CONSIGLIO CERCASI
Due settimane fa, mentre ero ancora in vacanza, mi ha scritto un amico dicendomi che il tizio del bar dove andiamo sempre gli ha chiesto se sto ancora cercando lavoro, perché a lui serve una persona.
Così l'ho contattato, chiedendogli quali fossero gli orari -risposta: "mattina, ora di pranzo"- e dicendogli che nel caso sarei stata disponibile a iniziare dal lunedì successivo ma attendevo ulteriori informazioni; lui mi ha chiesto se avessi esperienza (no) e voglia di mettermi in gioco(sì) e dopo aver letto le mie risposte mi ha ghostato.
Sono passati giorni e io giustamente ho pensato che semplicemente avesse trovato qualcun altro ma invece mi riscrive l'amico in questione, chiedendomi se fossi andata al bar e dicendomi che il tizio a lui aveva detto che ci dovevamo vedere.
Allora avantieri riscrivo al tizio, spiegandogli quello che era successo e chiedendo se avessi quindi capito male (non c'era niente da capire male: mi ha semplicemente ghostato ma ok), lui dice che effettivamente si aspettava che sarei passata da lui lunedì per parlare (e come dovevo capirlo io, se non me l'aveva mai detto? ma ok) allora addirittura mi scuso e scrivo testualmente: "Visto che non ci siamo più sentiti io nel frattempo ho preso un altro impegno fino a domani, quindi eventualmente lunedì potremmo vederci per parlare come avevi pensato tu o per fare una prova", lui di nuovo visualizza e non risponde.
*ed è tipo l'unico luogo con le birre senza glutine
**dicendo che non mi sento tranquilla ad iniziare un rapporto di lavoro con questi presupposti dato che chiaramente non ci capiamo/intendiamo tra di noi (questa è l'opzione che vorrei attuare, ma mi fa anche arrabbiare perché da un certo punto di vista mi sembra che vada ad alimentare la narrativa dei giovani che non vogliono lavorare e questa cosa mi fa girare i coglioni)
Tra l'altro anche per andare solo a parlare di persona con questo tizio, io devo spendere due euro e cinquanta "a buono a buono" mah
L'altra cosa che mi frena è che sto aspettando esca la maledettissima graduatoria per andare a fare le pulizie all'ospedale, cosa che a questo punto preferirei dato che me ne starei per i cazzi miei a pulire in tranquillità, anziché interfacciarmi con 'sti boriosi malati di testa
P.s. il tizio non ha scritto direttamente a me per orgoglio, perché "io non sono il tipo che ti manda un altro messaggio" ma ha scritto al mio amico chiedendogli di me, cosa che trovo francamente ridicola.
Non so davvero se dargli un'opportunità potrebbe essere una scelta sensata, se potrebbe essere meno criptico in futuro o mi vado solo a creare i guai o dovrei comunque provarci così magari faccio un periodo di prova e metto comunque qualche soldino in saccoccia o no. Il vero problema è che sono povera.
12 notes · View notes
apeir0nn · 3 months
Note
Da quando ti sei fidanzata pensi che sia cambiato qualcosa dentro di te?
Ho solo meno tempo per deprimermi. Mi deprimo, sì, ma un po' di meno perché al momento mi sento più leggera e vivo a piccole dosi quello che volevo (e voglio) vivere e provare. Magari domani cambia tutto, ma al momento è così.
5 notes · View notes
multiverseofseries · 7 months
Text
C'è ancora domani: il bellissimo (e arrabbiato) esordio alla regia di Paola Cortellesi
Tumblr media
C'è ancora domani, esordio da regista più che convincete di Paola Cortellesi, qui anche sceneggiatrice e interprete: un film da vedere, magari insieme ai propri figli.
Non importa a quale estrazione sociale appartengano e indipendentemente dal livello di istruzione ed economico, tutti gli uomini del film d'esordio da regista di Paola Cortellesi dicono alla protagonista Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi, che "se deve impara a sta' zitta". Ma L'attrice più popolare del cinema italiano contemporaneo non ci sta e, preso in mano il microfonoe la macchina da presa, ne ha diverse di cose da dire. Alla faccia di chi fa notare con pregiudizio e senza domandarsi mai realmente cosa abbiano da raccontare, fermandosi solamente al perché - come mai negli ultimi anni, sempre più attrici stiano passando dietro la macchina da presa. Con C'è ancora domani si può dire che Cortellesi ha stupito: non è soltanto perchè è importante ciò che dice, ma anche come.
Tumblr media
C'è ancora domani: foto di gruppo del cast
Il film è ambientato in un Italia del primissimo dopoguerra, e per essere precisi nel 1946, nei giorni che precedono il voto tra Repubblica e Monarchia, primo vero suffragio universale del nostro paese. In un bianco e nero che ricorda i film del Neorealismo, la fotografia è di Davide Leone, ci si accorge subito che la vita di questa donna non è semplice: oltre a curare la casa e prole fa tre lavori diversi. Ma nonostante il suo impegno quotidiano, niente sembra sufficiente per il marito Ivano. Un Valerio Mastandrea che raramente ha ricoperto un ruolo così cattivo sul grande schermo. L'uomo la umilia e la svaluta continuamente. E soprattutto la picchia, o come si dice a Roma la mena. Tanto, ed a ogni minimo cambiamento d'umore. Persino la mattina appena svegli.
Ma nonostante tutto, Delia lavora, per i tre figli, in particolare la maggiore, Marcella (Romana Maggiora Vergano). La ragazza vorrebbe continuare a studiare, ma il padre invece pensa solamente a farla sposare bene, in modo da togliersi dalle spalle una bocca in più da sfamare. E magari nel mentre guadagnarci pure. Sì perché nella casa, oltre ai genitori e ai tre ragazzi, c'è anche il nonno Ottorino (Giorgio Colangeli): e sentendolo parlare si capisce subito da dove provenga la violenza di Ivano. Ma l’uomo non è il solo a prendersela con Delia: anche la figlia maggiore la insulta, le dice che non vale niente e accusandola di essere debole perché non reagisce. In realtà la ragazza rivede nella madre il suo futuro.
Paola Cortellesi ha scritto, insieme agli sceneggiatori Furio Andreotti e Giulia Calenda, diretto e interpretato un film, anche se ambientato negli ultimi anni quaranta del secolo scorso è pieno di "rabbia giovane". Questo perché la rabbia delle donne non conosce tempo: in un mondo fatto su misura per gli uomini, rientrare nel genere che viene considerato "minore" è un peccato originale con cui bisogna fare i conti ogni giorno. Soprattutto quando capisci che, per quanto tu possa lavorare sarai molto spesso pagata meno e considerata meno. Anche fastidiosa, specialmente quando cercherai di dire la tua. Perché "quello è omo!", come dice a Delia il datore di lavoro, quando gli chiede spiegazioni sulla differenza di compenso con il nuovo apprendista. Nonostante le donne come lei, madri, nonne e sorelle, siano state e sono le fondamenta su cui si basa la società, la nostra incrollabile cultura patriarcale, forse ora in modo meno sfacciato, dice sempre "e ringraziate che vi facciamo esistere".
Tumblr media
C'è ancora domani: un primo piano di Valerio Mastandrea
E all’interno del film questo è evidente quando il fidanzato di Marcella, Giulio (Francesco Centorame), nonostante si presenti come un bravo ragazzo dolce e innamorato, ripete presto nei confronti della ragazza schemi già visti: possesso, violenza, prevaricazione. Ecco perché il film di Paola Cortellesi ha una forza che serve come non mai, soprattutto al giorno d’oggi, quando pensiamo che la società abbia fatto grandi passi avanti invece orrendi fatti di cronaca ci smentiscono quotidianamente. L'utilizzo di canzoni moderne in un film ambientato quasi 80 anni fa non è per nulla casuale. Perché storie come questa possono anche sembrarci lontane, ma accadono quotidianamente, anche nel "civile" 2024. E dare per scontati diritti come quello del voto, al divorzio e all'aborto, conquistati se ci fermiamo a pensare praticamente ieri, è un pericolo insidioso. quindi anche in tempi moderno e più “civili” non bisogna abbassare la guardia.
Tumblr media
Cortellesi non lo ha fatto di certo e ha avuto la grande intelligenza di rendere anche istruttivo il proprio film, senza però mai fare la morale o uno "spiegone-manifesto". Ma nonostante la pesantezza del tema, C'è ancora domani risulta essere anche un film divertente - grazie a quell'ironia popolare e acutissima della Cortellesi, spalleggiata nel film in modo sublime da Emanuela Fanelli, che ha il ruolo di Marisa, migliore amica della protagonista -, dal ritmo incalzante, che, anzi, ha proprio come impronta stilistica quella di smorzare e dissacrare ogni climax emotivo, che esso sia positivo o negativo. Ed ecco quindi che l'ennesima scarica di schiaffi diventa un ballo in cui i lividi spariscono o una scena d'amore viene "sporcata" da della cioccolata rimasta tra i denti.
È un esordio alla regia più che riuscito quello di Paola Cortellesi, in cui si trova finalmente qualcuno nel cinema italiano che non è nostalgico del passato ma, anzi, è invece totalmente proiettato verso il futuro. C’è ancora domani è un film che sarebbe bello le madri vedessero insieme alle figlie e, si spera, vedano anche padri e figli. Per capire che non basta dire "io non sono così", ma è il momento di dire: non voglio che queste cose succedano ancora e ancora, quindi cosa posso fare per cambiare le cose?
In conclusione C'è ancora domani, il film esordio di Paola Cortellesi alla regia, è più che convincente: ed è un film che bisognerebbe far vedere a quanti più giovani possibile, per mostrare come una società che considera meno, e umilia, più della metà della sua popolazione sia una società malata. Divertente in diversi punti e con tante scelte di regia interessanti estremamente consapevoli e con un cast perfetto sicuramente una delle pellicole migliori del 2023 per quanto riguarda il cinema italiano.
👍🏻
- La regia di Paola Cortellesi, strepitosa e piena di idee interessanti.
- La recitazione di tutto il cast.
- Il ritmo incalzante.
- La scrittura, che si poggia su un'ironia dissacrante.
👎🏻
- Non c’è nulla che non vada in questo film ma qualcuno potrebbe non apprezzare l'utilizzo di musiche moderne per un film d'epoca ma in realtà il loro utilizzo è una scelta perfettamente coerente con quanto viene raccontato.
3 notes · View notes
Text
Tumblr media
Vicky ha tre anni. Sua madre le dice che non può più giocare con i pennarelli perché si è sporcata tutta. Così le infila tra le mani una bambola di stoffa e la invita a giocare con quella.
Vicky ha sette anni. Il suo compagno di classe Lorenzo le dice che i suoi disegni sono brutti. Non può disegnare, non è capace, le ripete di continuo.
Vicky ha dieci anni. A scuola di danza le altre le ridono dietro. Dicono che non potrà mai diventare una vera ballerina. Troppo grassa.
Vicky ha quattordici anni. Ha dato un bacio a Giuliano, crede di essere fidanzata ora, ma Giuliano le ha detto che in realtà non c'è niente tra loro perché una come lei non potrà mai avere un fidanzato.
Vicky ha ventidue anni. Al primo esame universitario l'emozione le ha fatto fare scena muta. La professoressa le dice che non sa studiare e che se va avanti così non potrà continuare a frequentare la facoltà.
Vicky ha ventisei anni. All'ennesimo colloquio di lavoro le dicono che se non è capace a fare questo e quello, se non ha già avuto esperienza, allora non potrà essere assunta.
Vicky ha trent'anni. Ma chi è Vicky oggi? Non lo sa, Vicky non lo sa. Si sente come una scatola vuota, non c'è niente dentro di lei. Vicky non sa fare, Vicky non può fare. Questo le hanno sempre fatto credere. Tu non puoi. Tu non sei capace. Vicky si chiude nella sua stanza, piange in silenzio. Vicky è stufa di sentirsi dire che non può fare niente. Ha deciso, domani salirà sul davanzale della finestra e si butterà giù, aprirà le braccia nel suo primo e ultimo volo. Nessuno le ha mai detto che avrebbe potuto fare. Disegnare, ballare, studiare, lavorare, innamorarsi. Nessuno le ha mai detto che poteva vivere, "sì, puoi vivere Vicky", che se una strada si chiude, un'altra se ne apre, che gli altri non possono frenare i tuoi sogni, che bisogna credere in se stessi ogni giorno, ogni ora, ogni istante.
Anche tu forse l'hai conosciuta una Vicky ma magari non lo sai perché Vicky si nasconde, finge di stare bene, si confonde tra la gente. Ricorda di non dire mai alle persone che non possono fare qualcosa, che non sono capaci. Aiutale a trovare la loro strada. Perché non puoi sapere se davanti a te c'è un qualcuno che se ne frega delle tue parole o se c'è Vicky che aspetta da una vita di sentirsi dire "tu puoi".
[Sabrina Ferri]
14 notes · View notes
simonvictormoody · 1 year
Text
Avvertenze: scritto da ubriaco, mai riletto
9 Tra alcol e alieni
L’indecisione se scrivere o meno è forte. Mi ero promesso di restare lontano dal telefono, moderna carta e penna, però i pensi continuano a richiamarsi per via dell’alcol. Prima mi chiedevo come si chiamasse il barman, poi mi sono ricordato una citazione di Shakespeare che “una rosa avrebbe lo stesso profumo anche se si chiamasse con un nome diverso”, quindi l’effimeratezza del nome. A questo ho collegato anche l’accademia di Lagado de “I viaggi di Gulliver” dove le parole risultano talmente superflue che gli scienziati portano dietro dei carretti carichi di robe da mostrare. Ricordi del liceo di 10 anni fa. Quanto siano attendibili non so, ma concettualmente li capisco. Quando il nome diventa solo una convenzione sociale, non esiste… alla fine sono solo suoni, al limite della teoria delle stringhe: una vibrazione che in qualche modo dà significato alla realtà, forse anche esistenza. Non so, questioni fuori dal mio campo di studi ma che mi affascinano. Forse un giorno saprò fregarmene di tutto e studiare tutto quello che voglio, quando la malattia e la sonnolenza se ne andranno. Spero presto. Ho sempre vissuto per il sapere e già dalle elementari volevo essere uno scienziato, nel senso più largo del termine. Come un Leonardo. Volevo sapere di tutto un po’ per non aver problemi a destreggiarmi tra i problemi, a danzare tra la conoscenza collegando tutto a tutto. Già, come se fosse una teoria del tutto ma non solo della fisica, anche della biologia, medicina, matematica, informatica, arte ecc… Se avessi tale concezione molto probabilmente sarei indistinguibile da un Dio. Del resto una specie superiore alla nostra con tale conoscenza come potremmo pensarla come aliena e non come divinità? Alla nostra visione sarebbe tutti esseri soprannaturali. Alla fine questa è la visione delle civiltà cosmiche, mi fermo perché tra il paradosso di Fermi, le simulazioni, la teoria delle civiltà non mi ricordo molto e non vorrei commettere altri errori.
Piccolo stacco derivato da conversazioni sulle ragazze di oggi. Spesso è difficile trovare qualcuna che non sia solo carne, che abbia quell’elemento della passione mentale che quando la penetri non è solo con il cazzo ma le entri in mente. L’unione tra le menti, quando l’atto sessuale si compie ti estranei, derealizzi, depersonalizzi. Entri nella sua mente. Il corpo diventa solo come un tramite con data di scadenza. Io parlo del sesso, amore, riproduzione o qualsiasi altro termine associabile a due che scopano come una sintesi tra corpi. Un mito delle metà di Platone portato all’estremo. Ho sentito di alcune droghe che annullano il tuo io, qui sto parlando di un’azione naturale ma al tempo stesso innaturale data dal fatto che noi siamo esseri con coscienza e pensiero. Va bene, basta scopate che mi sembrano precluse. Posso andare ad escort, posso gustarmi la “carne” come un lupo gusta un agnello… ma dove sta il mio vero banchetto se non nella mente? Se non distruggere l’altra persona attraverso l’orgasmo, farla perdere da se stessa, di se stessa per far sì che sia parte di me e che diventi quasi maestro di vita? Mi chiedo spesso se questi pensieri siano comprensibili siccome sono flussi di coscienza, sgrammaticati, scorretti nella consecutio temporum… è inutile… mischio sesso ed erotismo alla grammatica e alla cultura. Non riesco a separarle.
Basta pensare, ma fa parte di me. Ho provato a scindermi tra animale ed umano ed ho fallito. Forse dovrei far imparare a convivere queste due nature e come Machiavelli usare sia leone che volpe. Ci proverò, magari è la soluzione.
Alieni noi? Io mi alieno da tutto questo. Che ho da perdere? Che ho da essere impopolare nel leggere un libro mentre bevo birra e whiskey come Bukowski in un pub? Nulla! Che ho da perdere nell’essere me stesso, la versione migliore o peggiore? Nulla! Sono già il nulla e non posso rischiare niente. Ho solo da guadagnare. Quindi domani, sabato, mi porto dietro un libro di Bukowski da leggere con il suo drink preferito. Va bene comunque. Magari sarai la scusa giusta che aspettavo da tempo per parlare con qualcuna. Ci sta. Sperimentiamo come ogni artista nei secoli. Mi ricordo quando non sapevamo che cazzo fosse la prospettiva nei quadri e l’abbiamo trovata.
5 notes · View notes
scrivoipensieri · 1 year
Text
Tu non hai fatto niente per farti amare, sei stato semplicemente te stesso, in tutte le tue profondità e oscurità alternate ai tuoi giorni di luce ed allegria. Ho fatto tutto io. Non ti amo più, ma ti ho amato nella maniera più pura profonda pazza gelosa e irrazionale in cui io abbia mai amato qualcuno. Ti ho amato forse anche più del mio primo amore, probabilmente solo perché ero più consapevole di cosa “amare” volesse dire. Ti ho amato dalla prima sera, dal primo “ci sentiamo domani”, da quando sei sceso da casa mia dopo ore di baci e voglia matta di possederci, da quando c’era il coprifuoco alle 22 ma alle 3 di notte eri in macchina sotto casa mia ed io davanti al mio portone di casa ti ho urlato “fammi sapere quando arrivi” e tu mi hai urlato “aspetto che sali a casa, io mia donna no lascio per strada da sola”; era la prima volta che ci vedevamo ed eravamo già innamorati. Sono salita mi sono messa a letto ho sorriso e già sapevo di amarti. Ti ho amato dalla multa sulla macchina e dal mio timore che forse era un segno dell’universo per farmi capire che non dovevo buttarmi in questa cosa. Ma è stato tutto così naturale che sembrava che ci conoscessimo da una vita. Sappiamo tutti che una vita non basta mai per conoscersi davvero, ma a noi sì, erano bastate quelle 7 ore insieme per capire che eravamo già coinvolti in qualcosa più grande di noi.
Ora non ti amo più, ma quel che c’è stato rimane dentro di me come un marchio a fuoco, è stato tutto così intenso che non riesco a liberarmene, o forse non voglio, perché per anni ho cercato una passione così intensa ed un’emozione così animalesca che quando le ho trovate con te e in te non volevo sbarazzarmene. Con te ho perso il cervello il sonno e la pazienza. Non so se sia una cosa buona. L’amore deve essere passione, non sofferenza passionale, e noi abbiamo due caratteri che si scontrano con la stessa facilità con cui si amano e la linea sottile che divide l’amore dall’odio l’abbiamo oltrepassata così tante volte che è arrivato il momento di cancellarla ed andare avanti. Abbiamo commesso tanti errori (secondo me tu più di me) e non so cosa stai facendo dove sei e con chi sei, ma oggi ho deciso di sradicare tutte le radici marce che abbiamo piantato e di perdonarti. Di perdonarmi. Di perdonarci. L’astio mi consuma fino a farmi perdere il senso delle cose, e questo non me lo permetterò più.
Ti ho amato e so che mi hai amato,
Non so se un giorno riusciremo ad amarci nel modo giusto, ma non voglio che il mio passato segni il mio futuro e fino ad allora proverò a tenere accesa la fiamma per un nuovo amore magari meno travolgente ma sicuramente più tranquillo, proverò a darmi la possibilità di potermi legare di nuovo a qualcuno e a vivere le mie giornate nel pieno delle mie energie e con pensieri d’amore rivolti a me, per lo più.
Non ti amo più ma non so nemmeno se ci credo mentre lo dico.
4 notes · View notes
Text
Sai qual è la cosa brutta?
Avere i genitori separati, un padre che lavora e fa i turni quindi capita pure la notte, una madre che ha un compagno... Sono tutte cose che per alcuni di voi non sono strane sono cose normali così mi hanno detto sì lo ammetto è vero sono cose normali.. Ma per come la vivo io No, non lo sono cose normali, mia mamma lavora tutto il giorno tutto. La vedo soltanto la sera per pochi minuti a tavola poi andiamo a dormire Certo lo fa per noi per metterci il piatto sulla tavola e di questo gliene faccio tanto onore non la potrò mai ringraziare con una sola parola non potrò mai fare nulla per ricambiare ma so che un domani avrò un futuro splendido.
Invece papà Ah sì mio padre quello che lavora quasi sempre ai turni e capitano le settimane che non lo vediamo però la cosa che fa più male e guardarsi allo specchio e dirsi Ce la stai facendo da sola Sì perché all'età di 17 anni avendo genitori separati una mamma che ha un compagno che qualsiasi cosa facciano insieme noi figli non siamo compresi non siamo considerati ogni volta che lei deve andare in Sicilia con lui Chiama mio padre a me non dispiace stare con papà Lo ammetto a me piace pure a starci ma proprio no quando deve fare i turni di lavoro ancora peggio quando deve fare la notte che inizia alle 10:00 di sera fino alle 7:00 del mattino e a te si tocca dormire a casa da sola e magari il giorno dopo svegliarti per andare a scuola e trovare lui che dorme o lei e non potervi salutare scendere la mattina e non vederli tornare la sera e vedere tua mamma solo per mezz'ora a tavola e dopo andare a nanna la settimana è dura un po' per tutti non mi posso lamentare Questo lo so. .. però comunque è brutto Vi prego non giudicatemi è solo uno sfogo. ....... Ho paura soffro di ansia... Scusatemi sono strana lo ammetto... è ancora più brutto dover avere sempre attacchi di panico Scusate non voglio rompermi le palle però sono questa ho le mie ansie. ..
3 notes · View notes
situazionespinoza · 2 years
Text
E' il terzo anno di fila che febbraio e marzo tentano di mandarmi al manicomio. O al creatore, dipende dai giorni.
Nel 2020 a marzo è scoppiato il lockdown in tutta Italia e credo non ci sia bisogno di aggiungere altro.
Nel 2021 a marzo ho deciso di conoscere il protagonista del successo del mio precedente blog.
Nel 2022 a marzo ho avuto un crollo mentale perché facevo tre lavori in contemporanea per pagarmi la strizzacervelli. La quale proprio a marzo scelse di comunicarmi che se mi volevo ammazzare facevo prima ad interrompere le sedute.
Nel 2023 a marzo ho dato le dimissioni dal pub in cui ho lavorato per 4 anni per inseguire il sogno di lavorare come social media manager e copywriter.
Infatti oggi avrei dovuto girare un reel e scrivere un articolo, magari anche due, invece sto scrollando da un'ora i feed di IG e Tumblr perché per il terzo anno di fila i venti di primavera mi sconvolgono con ansia e angoscia.
Cosa mi provoca ansia e angoscia? Proviamo a fare una lista, perché se anche oggi ho scelto di stare sul letto a crogiolarmi nella disperazione domani dovrò lavorare per forza.
Disoccupazione, Partita Iva e la Repubblica Italiana La mia manager capo supremo della sua one woman agency voleva fortissimamente che io mi aprissi la partita iva, così da potermi fare un contratto di collaborazione e smettere di pagarmi a nero. Non può assumermi, perché i costi sono assai. Non può pagarmi in ritenuta d'acconto, perché i costi sono assai. Quindi io posso aprirmi una partita iva, nonostante i costi siano esorbitanti. E se lei mi paga solo 500 euro al mese io i primi due anni vivo di aria fritta. Quindi questa dannata partita Iva non l'ho aperta, però adesso sono nella terrificante posizione di non avere un contratto, non avere formalmente un ruolo attivo nella società. Sì, gestico un profilo da 10k di follower. Sì, scrivo gli articoli di una consulente di immagine che lavora con i brand di lusso. Ma per la nostra Repubblica Italiana Fondata Sul Lavoro io sono una disoccupata di 26 anni. Una choosy, una neet, una deficiente che ha rescisso un contratto a tempo indeterminato per non fare niente. Poco conta che quel contratto a tempo indeterminato mi fruttasse poco più di due euro l'ora.
Dunning Kruger e Impostori Io sono brava bravissima a fare la social media manager, sono brava bravissima a scrivere, ho una forte fortissima etica del lavoro e sono un asso nel rispettare le scadenze perché non ho una vita sociale. Però io sono anche incapace incapacissima di lavorare, sono incapace incapacissima di avere idee originali, incapace incapacissima di fare reel, foto, tiktok e soprattutto odio profondamente parlare con la gente e chiedere cose. La manager capo supremo mi paga 100 euro in meno di quanto pattuito? Probabilmente me lo merito. Un cliente mi riempie di complimenti? Faccio schifo, sono dei leccaculo. E mi pagate anche poco. Non riesco a lavorare per un giorno? E di che ti sorprendi, la tua vita fa schifo LAY DOWN AND ROT. Ecco, io gradirei tanto tantissimo non avere questa costante sensazione di essere un rifiuto umano incapace di volere e perseverare. Però a marzo la mia serotonina fa le valigie e parte alla volta di Caracas, lasciandomi qui sul letto a fissare il soffitto e a ingurgitare pillole di Zoloft.
Ogni famiglia infelice... Dopo un'assenza durata 4 anni, mio padre si è ricordato di avere una figlia. Che sarei io. Se n'è ricordato perché la sua compagna, da cui ho subito abusi psicologici per 13 anni, gli ha regalato un bel paio di corna talmente alte e frondose che non lo fanno passare da sotto le porte. Adesso questo mio genitore mi chiama una volta ogni due settimane per tenermi aggiornata sulla situazione da telenovela in cui si trova la sua famiglia. L'ex moglie che lo tradisce ripetutamente ma non vuole dargli il divorzio, i figli adolescenti che stanno precipitando in depressione e lui stesso che si trova a pagare due affitti perché non ha più una casa. E non ha più neanche una macchina. "Ma Giulia, allora il tuo genitore versa in un grave stato di indigenza!". No, il mio genitore guadagna abbastanza da potermi fare tre bonifici da 5000 euro e liberarmi dalla gabbia di povertà in cui io sono intrappolata da quattro anni per colpa sua. Invece mi chiama solo per avere qualcuno che lo ascolti senza chiudergli il telefono in faccia o fargli notare che francamente mio caro hai rotto un po' il cazzo. Ah, e non mi dà comunque dei soldi.
Letture sbagliate e OCD Due post fa ho dato la mia interpretazione sul perché un'opera come Killing Stalking esista e venga letta e abbia un sacco di successo. Però non vi ho detto che io soffro di disturbo ossessivo compulsivo abbastanza pesante e al momento il mio cervello proprio non ce la fa a farmi sognare o pensare a qualcosa di diverso da mutilazioni, mommy issues, stupri e violenza. Quindi se già le mie mattine si svolgono in audace bilico tra la voglia di ammazzarmi e il sentirmi la regina del mondo, le mie notti sono popolate da corpi straziati e guerre nucleari. E il mio algoritmo TikTok non aiuta, dal momento che è bastata una piccola insignificante brevissima ricerca degli hashtag #yoonbum #killingstalking per avere il feed intasato di video fan art e cosplay tanto grotteschi quanto esilaranti. Però ecco, se Yoon Bum esistesse nel mondo reale probabilmente gliela lancerei con la fionda. Conoscendomi.
Vorrei ma non posso Vorrei aggiornare il profilo LinkedIn, vorrei cominciare a produrre contenuti, vorrei aprire un canale YT per parlare di OCD in maniera non romanticizzata e nemmeno filosoficheggiante. Ma non mi sento in grado perché non ho l'attrezzatura. Non ho un buon telefono, il mio pc si blocca se apro tre schede contemporaneamente e soprattutto manca la pecunia. O meglio, la pecunia in fin dei conti c'è, ma voglio davvero spendere soldi per un telefono? No. E quindi mi tengo i rimpianti e mi limito ad accarezzare rancorosa i miei sogni di gloria immensa.
All work and no teaching makes me a dull girl La manager capo suprema e patrona delle libere professioniste ogni settimana scopre che c'è bisogno di coprire buchi e contenuti e si rivolge a me, come se io fossi uscita dalla IULM o disponessi di una conoscenza a priori del mondo dei social. Formazione? Questa sconosciuta...
Verrà la morte e avrà i suoi occhi Ogni tanto ancora penso a Martyn e ogni volta mi chiedo se farò la sua stessa fine. E quasi sempre penso di sì. Impazzirò anche io, un giorno. E la follia si accompagnerà a un'esplosione che lascerà il mio corpo sopra i binari di un treno. Un dolore immenso, insostenibile, ma poi una così grande e infinita pace.
3 notes · View notes
seoul-italybts · 2 years
Text
[✎ TESTO ♫ ITA] Indigo - RM⠸ 02 ❛Still Life (with Anderson .Paak)❜⠸ 02.12.22
Tumblr media
[✎ TESTO ♫ ITA] RM 📎INDIGO
💙 02 ❛ Still Life
(con Anderson .Paak) ❜
• Natura Viva • 💙
youtube
Spotify | Apple | Twitter
Prodotta da: Ninos Hanna, Emil Schmidt, Adam Kulling, GHSTLOOP
Scritta da: RM, Ninos Hanna, Emil Schmidt, Adam Kulling, GHSTLOOP
Nota:
Il titolo ed il testo di questo brano fanno riferimento ai soggetti pittorici noti come 'nature morte'. Tuttavia, mentre la still life immortala per sempre un oggetto sulla tela, è come se donasse al soggetto rappresentato quell'eternità che il modello stesso non avrà mai.
Nell'Indigo Magazine Film, Namjoon ha fatto l'esempio di una natura morta raffigurante una composizione floreale: i fiori che hanno offerto lo spunto per l'opera sono destinati ad appassire
e svanire, ma vivranno per sempre nel quadro che li rappresenta.
In quanto figura pubblica e celebrità, RM si sente sempre sotto lo sguardo attento del pubblico, immortalato per sempre in innumerevoli foto e video, come una still life. Ma, a differenza delle nature morte, lui si sente vivo ed è in costante movimento. Nel titolo e nel testo, gioca quindi ironicamente col senso letterale del termine (still life = natura inanimata/morta, ma anche, letteralmente: still/ancora + life/in vita); motivo per cui ho deciso, a mia volta, di tradurre l'espressione alternativamente isolando gli elementi che la compongono e/o in senso più letterale
Sono una natura morta
Sono una natura morta
Sono una natura morta
Sono una natura morta
Sono una natura morta, ma mi muovo
Continuo a vivere, ad andare avanti, sì
Un oggetto immobile in continuo movimento
Continuo a germogliare i miei fiori
Non datemi nomi perché sono un 'Senza Titolo'*
[*come le opere prive di titolo nelle gallerie d'arte, n.d.t.]
La mia vita è sempre in mostra
Ma la vita è pur sempre vita
Il passato è andato e il futuro è incerto
Mi fermo a prender fiato ad un crocevia
Voglio liberarmi di questa cornice
Sfuggire alle ombre del ieri e del domani
Vivo ogni istante con calma
24/7 sì, piccolə, sono sul pezzo
Vivo semplicemente il presente, ogni minuto, ogni istante
Giocandomi tutto ciò che ho, ma che ne volete sapere voi di me, uh?
Sono una natura viva
Non puoi imprigionarmi in una cornice, sono in continuo movimento
Sono una natura viva
La vita è meglio della morte, te lo dimostro
Sono una natura morta, ma mi muovo
Continuo a vivere, ad andare avanti, sì
Un oggetto immobile in continuo movimento
Continuo a germogliare i miei fiori
Sono una natura morta, ma mi muovo
Continuo a vivere, ad andare avanti, sì
Un oggetto immobile che continua a muoversi
Yo, non mi fermo mai, piccolə, e andiamo
Ogni giorno è come se fosse il mio 1°, fratello
Piccolə, guadagno tempo col mio denaro
Non ascoltare il loro scherno, non farà che rovinarti l'udito
Tutti questi vermi per cui tutto è sempre questione di vita o di morte online
Trendsetter? Sono un amico, ancor meglio
Talmente intraprendente che potresti anche stancartene
In fin dei conti, non è andata come tu avresti voluto
Diversamente da ciò che speravi, io vivo la mia vita appieno, come più mi pare, uh
Un(o del) '94 che vive a Hannam-daero
[*Hannam è uno dei distretti più ricchi di Seoul]
91, guarda il mio tantan-daero
[*fig.: percorso senza ostacoli/vita agevole]
Non ho più alcun motivo di andare a Gangnam-daero
[*il distretto prima di Hannam]
Mentre a te sta scadendo l'affitto, presto, ti conviene liberare l'appartamento
Qual povero vanto, tesoro, ma guarda la tua catenina
Nel mio caso direi piuttosto "guarda questa mia macchiolina"
[* in orig. eng: "stain/macchia" intesa figurativamente come un marchio magari anche sporco, umile, ma indelebile che ha lasciato dietro sé con la sua arte; in opposizione a possedimenti materiali (la catenina) che non saranno mai eterni; + rif. pittorico alle macchie di colore o allo sporcarsi le mani degli artisti nel creare capolavori, n.d.t.]
Io vivo alla giornata come erbe spontanee*
Come fiori ornamentali**, ma non sto mai fermo
[* le erbacce che pur essendo piante "infestanti", resistono con tenacia dove non dovrebbero neppure crescere;
** i fiori ornamentali hanno scopo puramente decorativo, sono belli da ammirare come una natura morta o un'opera d'arte, ma sono inanimati, diversamente da lui, n.d.t.]
Sono una natura viva
Non puoi imprigionarmi in una cornice, sono in continuo movimento
Sono una natura viva
La vita è meglio della morte, te lo dimostro
Sono una natura morta, ma mi muovo
Continuo a vivere, ad andare avanti, sì
Un oggetto immobile in continuo movimento
Continuo a germogliare i miei fiori
Sono una natura morta, ma mi muovo
Continuo a vivere, ad andare avanti, sì
Un oggetto immobile che continua a muoversi
Yo, non mi fermo mai, piccolə, e andiamo
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS | eng : © doolsetbangtan ; © BTS_Trans ; © btsinthemoment⠸
4 notes · View notes
Text
Tumblr media
NON ALLONTANARE I RISCHI MA ASSUMILI
Quando ero in Slovacchia ero con un gruppo di Inglesi che a 18 anni lavorano e frequentano il college. La  familiarità che hanno con la vita è impressionante, come si muovono e come parlano. Sono adulti a tutti gli effetti,  a differenza mia che a 19 anni ero ancora un bambino. E Il motivo è uno: si  sono assunti dei rischi. Se non ripagano il loro prestito non finisco l'università o avranno dei problemi con la legge, lavorano e sono responsabili di ciò che fanno durante il turno, sono responsabili della loro vita. 
Prima inizi a giocare e maggiore confidenza avrai con i rischi, e meglio saprai valutare ciò che è corretto o meno fare in un certo contesto. Tenersi lontano dai rischi non è mai una strategia, primo perché non ti alleni ad affrontare delle difficoltà, il che ti rende più esposto quando arrivano e due perché ti fa credere che hai evitato l'unico rischio possibile, quando invece ce ne sono altri. Credimi, se ci fossero scelte che non implicano rischi, ci troveresti una fila lunga chilometri.
Questo significa trovarsi in situazioni rischiose e ambigue. Faccio un esempio personale: io sono andato all'università con in testa l'idea che “Se fai party non ti laurerai mai”. E allora all'inizio studiavo e portavo a casa i miei 26,e credevo di essere nel giusto perché magari vedevo chi si divertiva di più portare a casa un 18\19. Tre anni dopo io ho mantenuto la mia media invariata, che s è a abbassata solo in occasioni di periodi dove facevo altre attività o quando mi hanno operato. Poniamo un 25 fisso. Mentre che i colleghi che hanno iniziato con 18 si sono laureati magari con la media del 26\7. Non tantissimo, ma la cosa che mi colpiva erano quante persone fossero in tante con lo stesso andamento dei voti e che tutti quelli del collettivo in esame all'inizio andavano a feste e  avevano voti bassi. Le risposta a questo fenomeno è che io essendo solo, nel lungo periodo sono stato esposto a problemi che da soli è più complicato affrontare che quando si è in gruppo, che per quanto possa essere distraente, nella sostanza ha poi giocato un ruolo importante nei momenti di maggiore stress.
Sì, sono consapevole del fatto che  consigliare di  andare alle feste e divertirsi sia potenzialmente deleterio. Ma è proprio questo il punto: la scelta personale e consapevole di ciò che si sta’ facendo, scegliere ci rende vigili su ciò che siamo facendo, e se non lo siamo, bhè allora il problema non è la festa, ma il fatto che la nostra vita non la stiamo guidando noi ma qualcun altro.
Nessuno ha mai appreso nulla  stando nella propria comfort zone. E non è che sia facile determinarla. Spesso la gente crede che una difficoltà faccia tutta la differenza del mondo, ma non è così. Per quel che mi riguarda, mia madre ha smesso di camminare poco prima che io entrassi in primo ginnasio,e alla fine del primo anno liceo sono stato aperto come una vongola.  Eppure questa cosa non mi ha cambiato davvero la vita, come persona, solo un po’. Nello studio in particolare,  io mi sforzavo ma non avanzavo di un centimetro: all'università per vari motivi mi trovai ad aver bisogno di soldi per mangiare. Da un momento all'altro non avevo davvero più idea su come mettere insieme il pranzo e questo mi ha portato alla fatidica domanda “Che cazzo so’ fare che domani mi può dare da mangiare?” E mi sono messo a scrivere per Melascrivi. 3 euro per 2\3 ore di lavoro. Una diversa condizione mi aveva portato a pormi una domanda fondamentale su me stesso, così come a tanti altri che in situazioni diverse dal solito hanno scoperto se stessi. Quella domanda è stata fondamentale perché mi ha permesso di rispondere alla domanda ancora più importante: cosa sei? In un mondo come quello di provincia, fatto di Giovanni U porcaro, e Francesco Smazzaluprete, e un mondo che chiede lavori diversi da quelli che ti vedi attorno, una risposta così specifica, come a dire “Toh, eccote un lavoro” è stato bellissimo. Ma ce n'è voluta per portarmi al limite. E proprio in quel momento ho capito che potevo essere quello, e ciò mi ha reso felice, perché mi faceva fare un piccolo passo verso il trovare un mio posto nel mondo
Le difficoltà sono utili perché ti permettono di apprendere. Noi abbiamo questa idea malata per cui se prendi un brutto voto a scuola allora hai fatto qualcosa di male. Questa è una semplificazione, il vero punto del discorso è perché hai sbagliato. Affrontare dei rischi, e responsabilità significa sbagliare e da quegli errori è possibile migliorare. In effetti il ciclo di test di una startup  non dice “ Non sbagliare mai sennò mamma ti mena”, ma reitera le cazzate il più rapidamente possibile, cioè crea,, fallisci, impara dagli errori e fai di nuovo. Lo so’ serve tanto coraggio per fare questo, non è per tutti . 
5 notes · View notes