#e spero che in quel momento loro siano consapevoli
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Mi intrufolo nella conversazione, io non ci crederò ho visto cose che non possono far parte di una gravidanza senza mettere larry in mezzo. Però Louis si è chiaramente arreso, non lo combatte più penso abbia fatto pace con il fatto che ha un figlio per il pubblico for life. La cosa del fare il padre...uhm no il bambino un padre già ce l'ha, perché dovrebbe fare il padre? Sta facendo il finto padre e funziona alla grande, così dovrebbe essere
Mi rattrista sapere che c’è gente che si accontenta del minimo indispensabile 🤷♀️ non smetterò mai di ripetere che la loro morale è molto diversa dalla mia, quindi ci sono cose che per quanto possano essere insignificanti nel grande schema delle cose, sono per me inaccettabili.
Penso anche che Louis sia sempre stato molto convinto e testardo di fare le cose a modo suo. I greci chiamavano questa “hybris”, la tracotanza di credersi superiori o più forti di chi sta sopra di te. E come ogni tragedia greca che si rispetti, questo lo ha un po’ condannato a dover fare i conti con questa storia come forse non avrebbe voluto fare.
Se devo proprio dirla tutta, penso che la storia della lotta e bla bla sia per lo più costrutto del fandom, perché louis ha smesso di fare le pagliacciate per un po’ proprio in corrispondenza di alcuni momenti della sua vita dove poteva permettersi di evitare di interagire con il bambino aka nel momento in cui non aveva niente da promuovere (è stato comunque un periodo difficile con la sua famiglia, ma ciò non ha mai fermato il bg).
E questo ha rimesso un po’ in riga l’idea che avevo su di lui.
#penso inoltre che siamo tutti chiamati a rispondere dei nostri errori di valutazione#se non altro davanti con noi stessi#e spero che in quel momento loro siano consapevoli#casella di posta numero 32
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Come risponderesti alle accuse per cui la top surgery è diventata più una body modification piuttosto che una gender affirming surgery? Questa accusa deriva dal fatto che è diventata una operazione chirurgica cui si sottopongono anche donne che non sperimentano disforia di genere e non hanno intenzione di intraprendere un percorso di transizione. Ti mando il link del video in questione, spero non ti triggeri o altro
https://youtu.be/pCc-W8F-qZ0?si=7_Ic4xneDbX4STFR
Ciao! Non guarderò il video in questione perdonami, l'ho aperto e mi è bastato vedere un estratto di un video di Sarah Kate Smigiel ripreso (in modo credo illegale) per contestare ciò che dice. SK è una persona che seguo e stimo, al contrario di chi ha fatto il video, Arielle Scarcella e Buck Angel. Entrambi molto conservatori, che per il solo fatto di essere una persona lesbica e una persona trans si sentono legittimati a difendere posizioni à la Salvini. (Del tipo che secondo loro le persone non binarie non esistono, quindi ti comunico che al momento stai parlando con un fantasma). Loro due sono la dimostrazione che non conta "chi sei", ma come ti posizioni.
Fatta questa premessa, perché dovrebbe essere un'accusa? Cosa ci sarebbe di male se una persona volesse operarsi per motivi esclusivamente estetici e non di affermazione di genere? Ci rifacciamo il naso per affermazione di genere? No, eppure nessuno si sognerebbe di criticare tale scelta. C'è chi si rifà il corpo in toto, chi si tinge e taglia i capelli, chi si ricopre interamente di tatuaggi etc... ma queste scelte non vengono stigmatizzate a livello sociale. Il problema per me qui sta nella visione patologizzante: non gli sta bene che le persone possano fare qualcosa semplicemente perché vogliono e non perché soffrono. Secondo questo schema di comprensione, se sei trans, tutto ciò che fai si riconduce a disagio, tentativo disperato di allineamento mente-corpo, affermazione di genere. Per molte persone sarà anche così, ma perché fa così tanto scalpore che una decisione come la mastectomia possa essere presa da chiunque in serenità, senza per forza voler affermare il proprio genere ma semplicemente la propria identità?
Le persone fanno la qualunque per stare bene con sé stesse e vedersi riflesse come si piacciono. Lo stesso confine tra affermazione di genere e scelta estetica per me è più sfumato di quanto crediamo. Anche per me individualmente è così, io non mi sto operando per affermarmi "più maschio" o perché sto così male da non uscire di casa, lo faccio per piacermi di più e vedere allo specchio ciò che desidero: affermazione di genere sì, ma anche scelta estetica per essere fisicamente più vicino a quel "come voglio essere da grande". Ognun* è responsabile del proprio corpo, ne fa ciò che preferisce, e difficilmente si arriva fino in fondo a un'operazione chirurgica senza volerlo davvero (prima ci sono incontri, pagamenti, esami etc...). Cosa importa chi la vuole e perché la vuole? Se una donna cis si piace di più senza tette, nessun* si deve permettere di dirle che non va bene. Jess T. Dugan è una persona che continua a usare il pronome she/her che ha deciso di fare la top surgery, ne ha fatto una parte bellissima della propria carriera fotografica e dopo anni anche una mostra, perciò direi che esiste anche questa felice possibilità.
Sogno un mondo in cui non dobbiamo rompere il cazzo alle persone, ma piuttosto accompagnarle ed essere loro di supporto nelle varie scelte che prendono. Rispondere ai dubbi, informare, fare in modo che siano scelte consapevoli, ma senza porre paletti o confini su chi può fare cosa. Io poi non sò per le politiche identitarie regà, studio Butler Foucault e la teoria queer per me pure tutti sti confini hanno senso fintanto che li usiamo per giocarci, per ritrovarci tra noi, per lottare politicamente, costruire fronti, farci riconoscere e darci nomi che ci facciano sentire bene... Però mica pensiamo che la profondità umana si risolva così, no?!
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L’altro giorno ho avuto il piacere di conoscere una persona, e ci siamo ritrovati a parlare di come certi romanzi arrivino al momento giusto. Magari questi romanzi sono in circolazione da molto tempo e non li conosciamo,. Magari li conosciamo e non ci interessano. Magari ancora li possediamo ma addirittura giacciono dimenticati sugli scaffali delle nostre librerie. Poi arriva il giorno in cui ce li ritroviamo tra le mani, o ci vengono regalati. Iniziamo a leggerli, forse anche controvoglia, e quando chiudiamo l’ultima pagina, sentiamo una fitta di dispiacere. Restiamo in silenzio, pensando a come l’autore abbia messo in prosa le sensazioni che noi stessi abbiamo provato durante gli eventi narrati dal romanzo.
Ho letto “La Banda dei Brocchi” di Jonathan Coe tanti anni fa, dopo averlo ricevuto in regalo. Iniziato con grande diffidenza, ho finito per leggerlo senza riuscire a fermarmi. Mi sono ritrovato nelle vite dei protagonisti, immerse dall’autore nella cornice di una Inghilterra dai tanti problemi negli anni ’70. È un romanzo di cui parlo raramente, e che solitamente non consiglio, nonostante a distanza di vent’anni ricordi ancora la dose di risate e lacrime che mi ha regalato. Sorprendente quanto mi fossi immedesimato nelle vite protagonisti nella loro piena adolescenza: amori impossibili, episodi imbarazzanti, episodi dolorosi.
Ricordo di averne comprato il seguito “Circolo Chiuso” non appena in libreria. Forse non all’altezza del romanzo precedente, ma l’aver ritrovato quel gruppo di protagonisti è stato come tornare tra amici. Anche questo romanzo porta con sé una parte dolorosa, forse anche più del primo. In questo caso, è il livello di irrealizzazione di alcuni personaggi, ora trentenni. Di come ne siano consapevoli e di come si siano resi conto di avere sprecato le potenzialità che a loro venivano offerte negli anni ’70. Questo fa di Circolo Chiuso un’opera emotivametne pericolosa, a mio parere.
Quei due romanzi sono ancora oggi parcheggiati su uno scaffale della mia libreria in Italia. Sono passati davvero tanti anni, e me ne ero dimenticato. A quanto pare pero`, il mio intreccio coi romanzi di Coe non era ancora finito.
Fast forward. Sono passati più di 10 anni e sono saldamente in Inghilterra.
Qualche tempo fa un’amica inglese mi ha regalato una copia di “Middle England”. L��ho ignorata per parecchio tempo, troppo preso col lavoro e con altre piccole scuse, giustificazioni della mia ormai scarsa capacità di leggere. Il fantasma di ciò che ero anni fa. Ciononostante, ho letto quel romanzo proprio quest’anno, e sono successe 3 cose. La prima è che ho ritrovato Benjamin, Louis, e altri protagonisti dei precedenti romanzi. Mi ci sono volute venti o trenta pagine per capire che si trattava delle stesse persone, che questo romanzo era un nuovo squarcio sulle loro vite, ora cinquantenni. La seconda, è che ancora una volta i personaggi sono cresciuti. Seppur con una velocità diversa da quella reale, sono rimasti (più o meno) al passo con la mia età`. La terza è che Coe ha deciso di parlare delle loro vite nel periodo storico che è culminato con Brexit. Ho rivissuto l’incredulità`, la frustrazione, la rabbia e la tristezza di quel periodo. Con una forza che mai avrei immaginato.
Non credo questi romanzi possano dare a voi tanto quanto hanno dato a me. Dovrebbero essere letti nel momento giusto, e non credo sia possibile immedesimarsi tanto quanto è capitato a me. Spero però che anche voi abbiate letto romanzi capaci di provocare qualcosa di simile.
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[TRAD ITA] Intervista ai BTS per Vogue Japan, edizione di Agosto 2020
Sette anni dopo il loro debutto nel 2013, i traguardi raggiunti dai BTS parlano tramite numeri inimmaginabili. Ventiquattro dei loro video musicali hanno superato 100 milioni di visualizzazioni. L’album “Love Yourself: Tear” annunciato a maggio 2018 e “Love Yourself: Answer” annunciato ad agosto 2018 si sono posizionati entrambi al numero 1 nella classifica Billboard. Le vendite dei loro album li fanno posizionare al secondo posto tra gli artisti che hanno venduto di più nel 2018. Il tour iniziale iniziato a Seul nell’estate del 2018 si è concluso con quindici tappe in America del Nord e sette in Europa tutte sold out.
Ma anche dopo aver raggiunto queste vette altissime, i membri sono ancora energici e umili.
Visti più da vicino, questi sette membri che hanno raggiunto traguardi eccezionali sono ragazzi molto educati. Il tema di questa edizione di agosto è “Il lusso”, quindi è stato loro chiesto cosa considerano un lusso. Le loro risposte sono state variegate.
Il leader RM ha risposto con un tono calmo: “Credo che essere consapevoli di quanto i piccoli momenti nella nostra vita di ogni giorno possano essere piacevoli sia il lusso più grande. Per esempio, annaffiare le mie piante appena sveglio. In quel momento mi sento calmo e felice.
“Essere in grado di investire in se stessi facendo esperienze di vario tipo”, ha detto Suga, che possiede un vasto range di talenti.
“Niente mi riempie il cuore più dell’essere in grado di interagire con qualcuno con sincerità. Chiacchierare di cose semplici con i miei genitori mentre mangiamo, parlare con gli amici che mi supportano al telefono, condividere la mia giornata con i nostri fan. Ricevo ispirazione ed energia positiva da momenti del genere, che scaldano il cuore. Questo per me è il lusso più grande”, ha detto V, dagli occhi splendenti di bellezza giovanile.
Ogni membro manifesta le proprie caratteristiche tramite personalità e aspetto, ma quando salgono sul palco la loro forza si unisce in un’unica scintilla.
Con il mondo come loro palco, queste sette persone hanno cambiato gli standard del mondo.
L’impatto che hanno avuto i BTS non riguarda solo la scena musicale – la loro influenza si estende alla società e alle arti. Nel 2018 sono stati invitati all’UNICEF General Assembly, durante la quale hanno tenuto un discorso dal messaggio “Amate voi stessi, fate sentire la vostra voce.” Hanno anche combinato la loro filosofia e il loro messaggio con l’arte contemporanea di tutto il mondo con CONNECT BTS, un progetto che ha fatto da ponte tra arte e continenti.
Attraverso i BTS, i fan della musica di tutto il mondo stanno vivendo una nuova era del k-pop e un cambiamento dei loro valori esistenti. Si tratta di artisti che interagiscono liberamente con i loro fan in maniera amichevole per poi salire sul palco e mostrare esibizioni sorprendenti piene di carisma – riescono a eseguire alla perfezione esibizioni di canto e ballo combinando i suoni più alla moda come EDM e hip-hop.
Nel frattempo, l’Occidente si trova in uno stato in cui contenuti multiculturali sono sempre più ricevuti e amati e la popolarità globale dei BTS riflette questo stato della società. Allo stesso tempo, si può dire che sono stati il punto di partenza di questo cambiamento dei valori.
Per esempio, si diceva che il successo in Occidente sarebbe arrivato solo se avessero cantato in inglese. RM guida le loro interviste con il suo inglese fluente, ma i testi delle loro canzoni sono quasi interamente in coreano.
“Siamo davvero grati che ci sia interesse per la cultura coreana e che siamo supportati per essere noi stessi”, ha detto Jimin, che con la sua voce dalla tonalità alta e una profonda visione del mondo ha incantato i fan con la sua canzone da solista, “Promise”.
Nella community online ci sono anche contenuti per imparare il coreano.
“Abbiamo sentito di persone che hanno iniziato a imparare il coreano grazie a noi. È molto singolare, ma ne siamo grati”, ha detto Jin, il membro più grande, profondo e gentile.
RM: “Ho cominciato a considerare il fatto che il mondo è un posto molto grande ma allo stesso tempo molto piccolo. Piuttosto che venire influenzati da tutto, miglioriamo la nostra musica e le nostre esibizioni qui a Seul, al meglio delle nostre abilità. Penso che andare avanti con sincerità sia la cosa migliore che possiamo fare a livello mondiale.”
Le aspettative dei membri per il loro tanto atteso nuovo album giapponese si avvicinano.
Il quarto album giapponese “Map Of The Soul 7: The Journey” verrà rilasciato il 15 luglio. Il tema è il viaggio di sette persone, che è cominciato dal loro debutto in Corea a giugno del 2013 – sette anni di gioia e dolore, prove e difficoltà, successo e crescita. La title track “Stay Gold” e “Your Eyes Tell”, che Jungkook ha prodotto e ha contribuito a comporre, saranno canzoni nuove.
“Ho sempre rimorsi persistenti riguardo le canzoni a cui partecipo, ma sarò felice se la canzone vi piacerà”, ha detto Jungkook, il maknae perfetto nel canto e nel ballo.
I BTS rilasciano canzoni in coreano, ma per gli album giapponesi vengono registrate in giapponese.
“Anche se si tratta delle stesse canzoni, sia la versione coreana che quella giapponese hanno ognuna il proprio fascino. Ci sono sfumature differenti nelle parole di lingue diverse quindi registrare le versioni giapponesi vuol dire aggiungere qualcosa di nuovo alle canzoni. Se andate alla ricerca di quelle sfumature, sono sicuro che l’album vi piacerà ancora di più”, ha detto con un sorriso l’allegro J-Hope.
Nelle canzoni e nei video musicali dei BTS ci sono molti dettagli intricati che si possono notare sempre di più man mano che ci si immerge. Questi lavori perfetti hanno affascinato non solo i fan di tutto il mondo, ma anche giornalisti dell’industria musicale.
Anche se messi di fronte a situazioni inaspettate, avanzano in modo positivo.
Tuttavia, a causa del COVID-19, i piani dei BTS sono stati inevitabilmente modificati, come i concerti pianificati per Seul e l’America del Nord di questa primavera, che sono stati cancellati o posticipati.
SU: “Ho cominciato a vedere cose che ritenevo scontate fino ad adesso sotto una nuova luce. Normalmente, nel mezzo di un tour capita che mi senta così stanco da non realizzare nemmeno in che città mi trovo, chiedendomi fino a che punto il mio corpo possa durare. Ma dopo aver attraversato questo momento, anche se mi trovassi in una situazione simile a quella precedente, ho capito quanto sia importante essere in grado di affrontare il mio lavoro e godermi ogni momento al massimo grado.”
JH: “Essere immerso nel mio lavoro così tanto mi ha fatto dimenticare quanto fosse importante per noi. Ripensandoci, ho realizzato quanto il lavoro sia la mia motivazione nella vita.”
JK: “Al fine di crescere e diventare una persona migliore, ho iniziato di nuovo a fare pugilato e a suonare la chitarra. Lavorerò duramente per approcciarmi al mio lavoro in modo diverso.”
I BTS sono celebrità che hanno raggiunto una popolarità esplosiva in tutto il mondo, quindi gli abbiamo chiesto se c’è stato un periodo particolare o una canzone che ha fatto da punto di svolta per loro come artisti.
JM: “Penso che ci siano stati più punti di svolta. Tra essi, quello che considero più memorabile è il rilascio di “The Most Beautiful Moment In Life Pt.1” nel 2015, con la title track “I NEED U”. Questa canzone è ciò che mi ha stimolato nel riconsiderare il sogno che mi ero prefigurato, non solo con i membri ma anche con i fan.
J: “Penso che la canzone “FIRE” del 2016 sia stato un punto di svolta definitivo. Grazie ad essa sono stato in grado di rinfrescare il mio stato mentale come facente parte dei BTS.”
Crescendo con i fan, anche i membri si sono avvicinati l’un l’altro.
Nati come un gruppo hip-hop che parlava per conto della gioventù oppressa, la serie “The Most Beautiful Moment In Life”, che ha descritto la fugace bellezza della giovinezza, ha rafforzato e cementato la loro popolarità ed è diventata una parte preziosa della loro storia, anche per i fan.
Infine abbiamo chiesto ai BTS, che quest’anno hanno celebrato il loro settimo anno, come immaginano il mondo tra cinque o dieci anni.
JK: “Sarei felice se maturassi di più emotivamente e diventassi una persona eccezionale man mano che vado avanti con gli anni.”
SU: “Cinque anni? Non riesco proprio a farmi un’idea, ma sono sicuro che ci sarà un altro incredibile mondo in espansione!”
JH: “Il mondo cambia incredibilmente in fretta, quindi cinque anni sembrano lontanissimi. Chi avrebbe immaginato che i cellulari sarebbero diventati oggetti così essenziali dieci anni fa? (ride)”
J: “Penso che il mondo cambierà significativamente. Se saremo in grado di vederci e passare del tempo insieme come facciamo adesso, non ho bisogno di chiedere nient’altro.”
JM: “Sono sempre stato curioso di sapere dove saremo, che aspetto avremo, che tipo di musica faremo. Non riesco proprio ad immaginarmelo…”
V: “Proprio come adesso, vorrei poter essere in grado di sfidare me stesso e mostrare quel lato di me agli ARMY, che spero possano invecchiare con noi.”
Infine il leader RM ha detto questo: “Ripensando a cinque anni fa, i BTS avevano appena iniziato a prendere il via e a fare più attività. A quel tempo non saremmo mai stati in grado di immaginare che saremmo diventati così come siamo adesso, cinque anni dopo. Allo stesso modo, è difficile anche solo immaginare come saremo tra altri cinque anni (ride). Ma sarei felice se potessimo continuare a lavorare insieme a questo modo, felici e in salute. È un piccolo desiderio, ma è più che sufficiente. E spero che potremo vincere un Grammy la prossima volta!”
Il gruppo coreano composto da sette membri ha espresso i sentimenti realistici della gioventù e ha dato nuova vita alla scena musicale attraverso i suoi testi, melodie e balli. Il loro futuro è sconosciuto ma offre possibilità infinite. Come loro stessi ogni tanto menzionano, un premio Grammy potrebbe essere il primo passo, prossimamente.
☆ JIMIN
Nato il 13/10/1995. “Quando ho tempo libero mi stendo sul divano e guardo la TV. Mi esercito anche nel canto e faccio esercizi.”
J-HOPE
Nato il 18/02/1994. “Quando ho tempo libero ascolto musica, dormo, mangio… (ride). Sto principalmente a casa.”
RM
Nato il 12/09/1994. “Quando ho tempo libero, ultimamente faccio esercizi, leggo, guardo video. Ovviamente scrivo anche canzoni.”
V
Nato il 30/12/1995. “Quando ho tempo libero sto su Weverse. Sento anche musica, guardo film e scrivo canzoni.”
JIN
Nato il 04/12/1992. “Quando ho tempo libero gioco ai videogiochi e dormo.”
SUGA
Nato il 09/03/1993. “Quando ho tempo libero, ultimamente sto accettando nuove sfide. Sto studiando duramente tante materie diverse.”
JUNGKOOK
Nato il 01/09/1997. “Quando ho tempo libero, ultimamente sto imparando cose che non avevo avuto modo di imparare bene precedentemente.” ☆
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©maru) | ©kocchi, kookceptional
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//All we are broke glass S&O Quel giorno la giovane aveva un sacchetto pieno di zuccheri e cibo poco salutare, ma ne aveva bisogno. Aveva bisogno di essere una comune ragazza col suo fedele amico intenta a mangiare schifezze. Bè comuni a parte per il luogo di incontro ma erano dettagli. Almeno era silenzioso. Così Ophelia si intrufolò in obitorio. Tra quei corridoi vuoti, quei respiri spezzati e quelle anime perse. Andò dritta verso la metà, bussò alla stanza in cui avrebbe trovato Shoto per tre volte. «Ei sono io, ho portato da mangiare. Perciò puoi chiudere ogni tesoro di questi corpi in un cassetto o coprirli? Grazie» Shoto Ryuck *sapeva che l'avrebbe raggiunto Ophelia, quindi aveva già sistemato i corpi nelle loro celle, gli strumenti erano tutti puliti ed in ordine e aveva anche indossato un paio di guanti puliti, così da poterle aprire con un gran sorriso* Per chi mi hai preso? Ho sistemato tutto quando mi hai detto che stavi per arrivare. Sono un ottimo padrone di casa io! Melissa Ophelia Kane A quel punto la giovane entrò pian piano, con andatura molle e meno sicura del solito. Era visibilmente stanca. «Scusa ma per te è normale, per gli altri no e a volte lo dimentichi.» Gli lasciò notare per poi sedersi su un lettino libero. «Dimmi che mi sono seduta su qualcosa di sterilizzato per favore» Lo disse un po'per prenderlo in giro stavolta. Farlo innervosire la divertiva. Shoto Ryuck E io che pensavo fossi curiosa abbastanza da volerne vedere uno! *la prende in giro, indicandole la parete di sportelloni in cui conservare i corpi....lui la chiama "la cella frigorifera" come se fossero manzi in fresco a stare lì dentro* Ehi, per chi mi hai preso, sono un medico e un professionista! *ride insieme a lei, avvicinandosi all'amica con un gran sorriso sul suo viso* Melissa Ophelia Kane «Ne ho visto uno.. Pochi secondi prima era vivo poi non più» Ammise con uno sguardo dispiaciuto mentre sta seduta sul tavolo e spacchetta il suo cibo. Aveva visto Fredrick uccidere qualcuno dinnanzi a lei ed in parte era colpa sua. Ma non aggiunse altro. Non voleva essere pesante, era qualcosa che doveva gestire con sé stessa e il suo terapeuta ma dirlo ad alta voce era già qualcosa. «Scusa non.. Fa finta che non abbia mai parlato» Shoto Ryuck *prende il suo pranzo e si siede accanto a lei. Lo poggia momentaneamente alla sua destra per poi sporgersi nella direzione opposta per abbracciarla. Sa bene cosa vuol dire quando qualcuno ti muore davanti. A lui è successo, con sua madre. È stato il cancro a prendersela, non qualcun'altro... Ma è stato comunque un trauma per il piccolo Shoto, trauma che si porta ancora dietro da adulto* Non scusarti.... Sai che con me puoi parlare, come ma soprattutto quando vuoi. Quando ti senti pronta. Sappi però che puoi dirmi tutto. Melissa Ophelia Kane Senza esitare si sporse verso di lui lasciandosi andare, aprendo le braccia e ricambiando quel momento dolce di cui aveva tanto bisogno. « Io.. Io alcune volte sto coi dood perché mi aiutano ad affrontare le mie paure. Gli permetto di usare i poteri su di me. So che è strano, ma rivivevo sempre gli stessi problemi negli incubi, invece quando sono indotte dai dood sono più coscente a rispondere e reagire. Così sono diventata consapevole di cosa mi fa paura e come stare meglio, con me ha funzionato» Lo raccontava mentre il capo stava poggiato al suo petto. Sapeva il trauma che aveva provato lui, ma quella volta non era colpa sua. «E io vorrei continuare.. Ma dopo mi odierai..» Shoto Ryuck Allora partiamo da una cosa, che è la più importante di tutte e non devi dimenticare mai. Io non potrei mai odiarti. Mai. Sei la mia migliore amica, la più sincera che ho. L'unica persona all'infuori della mia famiglia di cui mi fido, ok? L'unica che conosce la mia storia, il mio passato, perché piuttosto allontano le persone anziché aprirmi. Sei una sorella per me e non mi perderai mai *le prende il volto fra le mani ricoperte dai guanti solo per dire queste cose con aria convinta, anche dura, mentre la guarda negli occhi perché si imprima a fuoco le sue parole. Dopodiché riprende a stringersela forte* Per quanto riguarda quello che stai facendo, ci sono poche cose che mi interessa sapere. Ti metterà nei guai o in pericolo? Sia dal punto di vista legale che pericolo fisico. Da quello legale, se riguarda l'aria di mia competenza, posso aiutarti. Seconda cosa, sei sicura che siano persone affidabili? Non per razzismo, ma sei sicura che vogliano aiutarti e non approfittare di te? Ultima cosa, provi sollievo e ti senti meglio facendolo? Se è così allora continua, però tienimi aggiornato ok? O mi preoccuperò per te, sai come sono Melissa Ophelia Kane E a quel tocco lei lo guardò dai suoi profondi occhi celesti, persi in cerca di una bussula che in quel momento sembrava lui. «Ma vedermi come un mostro si... E.. È una cosa che succede da un po'. Un dood non è mai affidabile al 100%, c'è sempre il fattore di rischio. Ma si mi sento me stessa facendolo, è un modo per buttare tutto fuori e condividerlo, meglio di quando vado in terapia. Io ho bisogno di stare col mio dolore a volte e di stare vicino a quello degli altri, non lo so perché. Il mio terapista dice che è semplicemente perché sono stata cresciuta così» Stampò un bacio sulla fronte di Shoto a quelle parole dolci però e rimase accanto a lui per poi prendere fiato e continuare il racconto che aveva interrotto. «Io.. Ogni tanto collaboro con un dood, gli porto delle persone per usare i poteri su di loro. Non è niente che non serva a forticarli e poi loro come creature hanno bisogno di sfogare ogni tanto i loro poteri. Poco alla volta non crea grossi danni.. O così pensavo. Quella volta era diverso, era arrabbiato e.. Ed è andato oltre e la persona è divenuta una vittima, fino a... Hai capito.» Shoto Ryuck Un mostro? Tu? Ti ricordo che siamo uguali Pheli. Veniamo dallo stesso schifo e siamo risorti come fenici, ma la violenza e la morte sono comunque le uniche cose che conosciamo... E si, i terapisti hanno ripetuto queste cose mille volte anche a me mentre tentavano di farmi togliere i guanti. Il primo a mettermeli è stato mio padre e ancora li porto, perché mi aiutano. Potrà essere sbagliato, sembrare malato, ma mi aiuta.. Vale lo stesso per te. Quello che fai può sembrare sbagliato e malato ma se ti aiuta va bene. Solamente tienimi aggiornato, perché se ti fanno del male intenzionalmente, non importa quanto io sia scarso come veggente di terzo livello.... Ma se ne pentiranno perché sei mia sorella. E questo non vale solo per i dood, ma per tutti in questa città. *le sorride, soprattutto a quel bacio, accarezzandole con dolcezza i capelli e la schiena, quasi la stesse cullando mentre le racconta quelle cose* Innanzitutto non è colpa tua. Come noi non controlliamo i nostri poteri, loro non controllano i loro...solo che noi danneggiamo noi stessi ma loro gli altri, non è volontaria la cosa, sono solo i poteri che funzionano così. Se lavora un po' di più sul controllo delle sue emozioni forse può funzionare meglio? Spero... Ora passiamo a qualcosa di più importante. Il cadavere? Che ne avete fatto? Ci sono le vostre impronte? Le tue? Melissa Ophelia Kane «Posso sposarti e adorarti anche se ci faremo le corne a vicenda per il resto dei nostri giorni?» Chiese completamente ammalata dal suo discorso. Era difficile che ella non si perdesse nei suoi pensieri mentre qualcuno parlava. Ma Shoto...era come se riuscisse a dare voce a pensieri che aveva in testa ma non comprendeva. Si sentiva così leggera ora. «Ma perché devo pagare un terapista quando ho te? Se tutti quei soldi fossero andati a te... Ora tu avresti.. Una Mercedes come minimo si» Pensò ad alta voce un po'per alleggerire la domanda dopo. «Io non l'ho toccato minimamente e il responsabile è esperto, purtroppo troppo, non hai idea di quanto. Ma sulle emozioni ho provato a dirglielo, come risposta ho ricevuto un semplice "i dood fanno così, noi agiamo senza pensare alle conseguenze", cioè parlo col muro» Shoto Ryuck Beh dipende, se rimorchi ragazzi carini possiamo anche giocarci entrambi, visto che sono relazioni extra coniugali di cui siamo consapevoli *ride anche lui contento di averle sollevato il morale e lasciandole un bacio su capo, fra i capelli profumati* Perché il terapista ti "guarisce". Ti insegna a vedere il mondo non più con gli occhi di chi ha subito violenza ma come una persona nuova. Solo che è un processo lungo e doloroso, ma soprattutto non possibile per tutti. L'importante è che non sei un pericolo per te stessa, che non ti fai del male da sola e non hai pensieri suicida e autolesionisti. Dopodiché se sei felice anche nel tuo bozzolo di mondo, è rischioso in realtà turbarti per rigirarti come un calzino il cervello... C'è il rischio che dopo tu sviluppi malessere. Si, so queste cose perché la psicologa ha voluto che provassi a togliere il guanto e le prendessi la mano una volta e ho avuto una visione di lei che parlava ai miei zii. Per questo ho continuato ad andarci sapevo che alla fine sarebbe andata così e mi avrebbero detto che sto bene e lasciato così *scrolla le spalle, ridendo perché non si immagina proprio con una Mercedes. Ma dopo si fa serio, nel sentire che quel dood è tanto testardo* Beh allora digli che anche tu hai i tuoi contatti. Se trovo un solo cadavere le cui indagini riconducono a te, non importa quanto e dove dovrò palpeggiarlo, ma lo frego... E si... Ho i miei conoscenti in polizia a cui poter riferire cosa ho visto. Tu sei al sicuro comunque, ma lui se rischia di esporti, affonda. Quindi meglio che pensi alle conseguenze, mia sorella non è un gioco Melissa Ophelia Kane Le parole di Shoto furono come una nuova linfa che scorreva dentro di sé e di cui lei aveva tanto bisogno. Rimase accanto a lui, a mangiare e chiacchierare. Sembrava che le ansie fossero passate. Infondo era facile confortare Ophelia, bastava rassicurarla e dimostrarle di esserci per lei. Lei non doveva sentirsi da sola, se si evitava questo la si aiutava tantissimo. Ma non tutti lo capivano. Shoto l'aveva intuito eccome, per quanto avesse difficoltà nel contatto altrui si sforzava con lei. Ophelia lo notava, notava tutto, soprattutto la sua sincerità. //fine role ❤️
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I SETTE SPECCHI ESSENI
Ancora sulla situazione attuale fatta di "pandemia", distanziamento sociale, "vaccini" a terapia genica che hanno generato dubbi, interrogativi e perplessità sulle fasce più consapevoli della popolazione che si sono costituite in gruppi, associazioni e movimenti che stanno ristabilendo una verità, scomoda per il "maistream" mediatico, e fastidiosa per le masse ingenue e incoscienti.
E però...C'è sempre un però nell'impegno sociale di un nucleo non così tanto ristretto di persone che a volte per arrivismo, a volte per protagonismo, spesso per una gloria effimera, non di rado per calcoli personali o per un tornaconto che permetta loro di "cavalcare" l'onda contraria alla narrazione ufficiale e che li ponga su un piano di risolutori e di propositori agli occhi di chi vuole davvero battersi per la giustizia e per la libertà, ma non avendo mezzi a sufficienza, se non l' "arma" della riflessione e della coscienza critica, prende fiducia in chi racconta e ribalta dogmi, convenzioni, stereotipi con parole e pensieri di alti valori, e nei fatti invece dimostra un arroccamento sulle classiche posizioni "a-sociali" indirizzando a proprio vantaggio progetti e programmi personali che lo pongono al centro del mondo.
E si torna punto e a capo, cercando a fatica di costruire una società alternativa e parallela a quella alla quale viviamo, e verso la quale assistiamo impotenti alla sua disgregazione e al suo fallimento.
E qui ci vengono in aiuto le teorie dei "sette specchi esseni" che ci aiutano a comprendere le dinamiche insite nelle persone che conosciamo e che abbiamo di fronte, specialmente in un periodo come quello che viviamo, e che da mesi ci sta facendo mettere a contatto con persone che solo sino a poche settimane fa nemmeno immaginavamo esistessero! Eccole le difficoltà relazionali e interpersonali che generano equivoci, gelosie latenti, ripicche e vendette "trasversali" che in situazioni normali vivremmo senza enfasi e pronti a "girare pagina".
Soprattutto per chi sta compiendo un percorso spirituale che non sia fatto solo di yoga, reiki, meditazione: ma anche di conoscenza vera di sè stessi e attraverso la comprensione e la conoscenza riflesse nell' "altro".
Tali teorie ci aiutano anche a comprendere le dinamiche insite nell' "altro" qualsiasi che sta di fronte a noi, e attraverso lo "specchio riflesso" della sua personalità e del suo carattere ci aiuta a sua volta a ripercorrere quella che è stata la nostra vita e a riprendere un "filo" ideale dei nostri comportamenti per i quali abbiamo commesso sbagli ed errori e relativi cambiamenti non del tutto completati e che ci portano sovente a ripetere gli stessi errori (esempio: conflitto mai risolto con un genitore che ci portiamo dietro sino a che una persona "terza" non entra nella nostra vita sostituendosi a quel genitore).
Tratto dal link:
https://www.visioneolistica.it/7-specchi-esseni/
ecco una breve spiegazione della teoria dei sette specchi esseni.
I 7 specchi esseni: come gli altri ci parlano di noi
(di Simone Coglitore)
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Per scoprire noi stessi possiamo guardare la relazione che abbiamo con gli eventi e le persone della nostra vita. Gli specchi esseni ci aiutano a capire il significato interiore delle nostre relazioni.
Gli Esseni è il popolo da cui discende Gesù, un’antica comunità spirituale la cui conoscenza mistica fu tramandata nel corso degli anni dalle varie popolazioni. Gli Esseni avevano una profonda conoscenza esoterica e nei 7 specchi esseni si racchiude il significato profondo delle relazioni umane. Comprendere i 7 specchi esseni, infatti, ci permette di capire meglio le relazioni con le persone della nostra vita e con noi stessi.
Il primo specchio
Il primo specchio esseno riguarda la nostra presenza nel momento presente. Ci mostra attraverso gli altri ciò che siamo noi, se qualcosa che vediamo in un altro ci infastidisce significa che quella cosa ce l’abbiamo dentro di noi.
Quindi capiamo che non c’è separazione tra noi e gli altri e che abbiamo sempre un’occasione per domandarci: perché questa cosa mi infastidisce? Vedrai che non è l’altro che ti infastidisce ma qualcosa che hai dentro di te.
Il secondo specchio
Ci mostra ciò che noi pensiamo della vita e delle persone in quel momento. E’ simile al primo ma non riguarda ciò che siamo ma ciò che pensiamo. Il giudizio che abbiamo dentro ci viene mostrato nelle relazioni con gli altri. Questo specchio, a differenza del primo, non ci mostra ciò che siamo ma i pregiudizi che abbiamo nei confronti degli altri.
Se in qualche situazione gli altri ti mostrano atteggiamenti che non ti piacciono, domandati se questo non rifletta il tuo giudizio nel momento presente.
Il terzo specchio
Il terzo specchio riguarda la relazione con una persona che abbiamo vicino e rappresenta qualcosa che desideriamo, che ci manca, che abbiamo perso e stiamo tentando di ritrovare. In genere questo specchio si manifesta in una persona, quando la guardiamo negli occhi, e in quel momento accade qualcosa di magico. Alla presenza di questa persona, che forse non conosciamo nemmeno, sentiamo come una scossa elettrica, forse anche la pelle d’oca sulla nuca o sulle braccia.
Il terzo specchio ci invita a domandarci: perché sento il bisogno di stare con quella persona? Quali sono le caratteristiche che mi piacciono e che mancano in me? Cosa sto cercando in lei/lui?
Il quarto specchio
Questo specchio ci fa vedere negli altri le nostre convinzioni interiori, lo specchio ci mostra che viviamo in base a quello che crediamo interiormente. Lo specchio ci mostra come la realtà riflette le nostre credenze, le relazioni con le cose, le situazioni e le persone della nostra vita sono la conseguenza di ciò che abbiamo dentro.
Il quarto specchio, per me, è quello che ci fa comprendere la stretta relazione tra ciò che pensiamo (o meglio ciò che siamo) e la nostra vita.
Il quinto specchio
Il quinto specchio ci mostra il nostro rapporto con il Divino. Questo specchio ci mostra come nei nostri genitori o nelle persone con cui siamo cresciuti, noi vediamo il nostro rapporto con la nostra parte divina. Il rapporto con le persone che ci hanno cresciuti è un rapporto speciale, diverso dagli altri, a cui gli Esseni hanno dedicato uno studio approfondito. Tutto ciò che vedi nei tuoi genitori rappresenta il rapporto che hai con Dio o con ciò che per te rappresenta il Divino.
Lo specchio ci dice che se ti trovi in difficili rapporti con i tuoi genitori, significa che hai difficoltà nel rapporto con Dio e se vuoi trasformare il rapporto con loro devi trasformare il tuo rapporto con il Divino.
Il sesto specchio
Questo specchio ci permette di vedere la nostra grandezza attraverso tutte le situazioni della nostra vita. Tutte le difficoltà che incontriamo ci sono inviate perché abbiamo la capacità di affrontarle, ed essere testimoni della grandezza che c’è in noi. L’Universo non ti invia mai nulla che non puoi superare, non avrai mai una difficoltà che non sei in grado di gestire. Tutte le cose che ti capitano sono “prove” e nel superarle puoi constatare la tua evoluzione, la tua crescita, il tuo potere.
Il sesto specchio ci mostra come dentro di noi ci siano tutte le risorse per affrontare qualsiasi sfida nella nostra vita.
Il settimo specchio
Tutto è perfetto. Tutto ciò che ti capita, qualsiasi evento, qualunque persona che incontri è perfetto così com’è. E’ l’esperienza che deve fare la tua anima, senza aggiungere alcun giudizio. Non può essere diverso da così, semplice. Siamo invitati a vedere le cose così come sono, comprendendo che tutto è così come deve essere, un invito a comprendere la perfezione dell’Universo.
Il mistero del settimo specchio esseno è la comprensione suprema del Tutto, dove il tuo essere onda è assolutamente perfetto nell’oceano della vita.
Risorse utili
Ho preparato una selezione di libri che ti consiglio, sono stati utili nel mio percorso e spero possano esserlo anche per te.
Infine, un interrogativo di carattere personale si pone nel momento in cui una persona entra nella nostra vita e assorbe parte delle nostre energie, ed è:
"Che cosa c'è di me in te che non riesco ad accettare?"
Trovate le risposte e arriverete a conclusioni davvero importanti per orientare al meglio le vostre scelte.
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Articolo 21 Periodico d’informazione del Liceo Da Vinci Edizione speciale
Carissimi lettori del giornalino,
la redazione ha deciso di pubblicare un numero speciale del nostro periodico per dare la possibilità, a studenti e docenti, di esprimere le proprie sensazioni ed emozioni in un periodo così difficile della nostra esistenza, in cui siamo stati privati della LIBERTÀ di condurre una vita secondo i ritmi dettati da lavoro, studio, attività del tempo libero, hobby, passioni. In un’epoca globalizzata come la nostra, in cui è possibile programmare un volo fino a due giorni prima della partenza, può risultare altamente difficoltoso accettare di doversene stare chiusi in casa per un indeterminato periodo di tempo, privati, perfino, della possibilità di fare una passeggiata all’aria aperta solo per sgranchirsi le gambe da quella poltrona che ci tiene attaccati ad una scrivania per tante ore. Inutile dire che l’epidemia da Covid-19, trasformatasi nel giro di poco tempo in una vera e propria pandemia, ha stravolto la quotidianità di grandi e piccini, portandoci a trascorrere tanto tempo nelle nostre case accanto ai nostri famigliari, avendo la possibilità di riscoprire il significato della CONDIVISIONE del tempo in famiglia e di alcuni valori che la frenesia del nostro millennio ci aveva fatto dimenticare. Così, se la pandemia ci ha imposto delle restrizioni e ci ha permesso di rallentare fino, talvolta, a fermarci a riflettere sulla bellezza delle piccole cose, sull’interconnessione dell’umanità, sulla solidarietà e sull’importanza dell’affettività, “Articolo 21”, il nostro periodico, non si ferma e dà voce e spazio a chiunque, convinti che solo uniti #andràtuttobene e ne usciremo presto.
Buona lettura!
Venerdì 21 febbraio 2020, suona la campanella della sesta ora e ci si saluta augurandosi buone vacanze e magari lamentandosi pure che tre giorni sono troppo pochi per potersi rimettere in pari con lo studio o più semplicemente per riposarsi un po’.
Lunedì 9 marzo 2020, sono ben due settimane che piede a scuola ancora non abbiamo avuto modo di metterlo. Sono due settimane in cui ci si scambia messaggi con i compagni e ci si dice quanto ci si manca e arrivando addirittura ad ammettere che ci mancano anche i professori! Due settimane in cui ci si ingegna per collegarsi online e poter continuare a studiare, anche solo per passare il tempo o per non restare indietro con il programma o per fingere che tutto sia “normale”, nonostante nessuno si aspettasse che a scuola nessuno metterà il naso, forse, fino ad aprile. Due settimane in cui si continua a sentire ai notiziari, quanto la situazione sia degenerata e sia grave, ma che, nonostante questo, ci siano persone che non lo vogliano ammettere e facciano di testa propria. Due settimane in cui i ragazzi dopo aver esultato qualche giorno, perché la scuola non aveva riaperto, si ritrovano chiusi in casa e strappati dalla loro routine che, in fondo, li accontenta di più che non stare a casa a pensare a quanto il mondo sia in pericolo. Sono due settimane che nessuno di noi può tornare alla normalità, quella normalità che portava tutti noi ragazzi a sederci ogni mattina al banco, a sbuffare per la lezione noiosa, a preoccuparci per la verifica per cui avevamo studiato poco e a lamentarci per i troppi compiti o le troppe interrogazioni fissate nello stesso giorno. Sono passate due settimane in cui non sentiamo più la presenza di quelle persone che fanno parte della nostra normalità 6 giorni su 7 per nove mesi, i nostri professori. Due settimane in cui, sarà difficile ammetterlo per qualcuno, ma la nostra vita è cambiata, la nostra normalità è stata stravolta e il simbolo di essa chiuso dal decreto dello Stato. Due settimane in cui abbiamo, in fondo, sperato che prima o poi avremmo potuto rivedere i nostri compagni, avremmo potuto tornare a sederci nei nostri banchi, salutare i nostri bidelli preferiti, confrontarci con i nostri professori ed essere richiamati di continuo in segreteria, perché ogni volta ci si dimenticava di portare qualcosa. Insomma, sono passate due settimane che ci hanno fatto dimenticare per un istante cosa fosse la normalità per noi ragazzi, che anche se ci costerà sempre caro ammetterlo, fatichiamo a stare lontani da ciò che ogni volta ci ricorda chi siamo: la scuola. Dopo quest’esperienza credo che quando sarà ora di sottolineare, ai nostri figli o nipoti, quanto sia importante la scuola, riusciremo a farlo senza troppe difficoltà, raccontando loro quanto fosse difficile rendersi conto di trovarsi in una situazione così drammatica da non poter prendere parte alla normalità attraverso il gesto più genuino che qualunque ragazzo possa fare: sedersi in quel banco di scuola e vivere tutto ciò che essa può offrirgli.
Francesca Broccardo
Caro giornalino, in questi giorni di “vacanza forzata” a causa del Corona virus, ho avuto più tempo per riflettere…
All'inizio, lo ammetto, l’idea di essere a casa non mi dispiaceva affatto! Per esempio non mi sveglio più molto presto per raggiungere il pullman delle 6,25.
Con il passare dei giorni, ho capito, però, che mi manca qualcosa: la mia routine scolastica! Sento la mancanza della mia classe, degli insegnanti, degli amici della scuola, del dipartimento di sostegno e dei laboratori.
Un saluto a tutti e spero di rivedervi presto.
Stefano Elia sotto la supervisione degli insegnanti di sostegno
Come può nascere un messaggio di amore e condivisione, da una tragica situazione caratterizzata dalla morte di molte persone?
L’uomo in questi momenti deve allontanarsi dai suoi simili, evitando qualsiasi tipo di relazione o di contatto umano, poiché sa che le stesse persone ne sono portatrici. Ma questa non è altro che la conseguenza del desiderio del “Terribile Nemico” di vederci completamente disuniti, risultando così più fragili e vulnerabili.
Quello su cui vi spingo a riflettere è l'importanza dei valori umani, dal momento che le ragioni della vita devono sempre prevalere su quelle della morte. Fondamentale è non spezzare mai il cosiddetto “filo della vita” che ci tiene uniti, anche quando siamo materialmente separati e per mezzo del quale siamo in grado di fronteggiare qualsiasi situazione, per quanto buia e crudele possa essere.
La morte, pertanto, è sì onnipotente, funesta e crudele e allo stesso tempo "eterna", in grado di resistere sia alle armi sia al fuoco, tuttavia essa è anche portatrice di creatività poiché l'uomo dimostra proprio nelle peggiori circostanze di essere in grado di ricercare la forza di reagire e riscattarsi. Il desiderio di pace e fraternità di molti uomini può raggiungere sconfinate mete e la stessa morte diviene incapace di sconfiggere i sentimenti di amore e di condivisione.
Insomma, l'intera umanità teme il dolore e ha paura di farne esperienza, temendo che esso giunga sino alle viscere del nostro cuore e lo riduca in frantumi, ma dobbiamo essere consapevoli che i più grandi insegnamenti e le più belle esperienze sono state, spesso, anticipate da momenti di sconforto, due di queste esperienze significative, nate, spesso, dalla sofferenza sono l'arte e la poesia.
Lo strumento della poesia, in particolare, è in grado di “arrivare al cuore del cuore dell’uomo”, come direbbe il noto scrittore Alessandro D’Avenia, ma questo non deve terrorizzarci.
Conoscersi in modo profondo, riflettere su noi stessi, essere in grado di amarsi e amare gli altri non sono altro infatti che fattori di crescita, con i quali supereremo il grande dolore.
Monica Grillo
Il coronavirus ha messo tutti noi “che vivevamo tranquilli nelle nostre case”, ognuno di noi grande e piccolo, anziano e bambino di fronte alla paura, al dolore e alla morte.
La morte è certamente onnipotente, funesta, ma la cultura della morte può, tuttavia, essere sconfitta, grazie ad un sentimento di fraterna condivisione e comprensione reciproca.
A questo punto ci possiamo chiedere come si può creare una “solidal catena” tra tutti noi? Siamo tutti così spaventati da questa inevitabile minaccia!
In realtà, tutti noi siamo legati da un sentimento molto più forte della paura della morte: l'amore.
Il sentimento di amore verso il prossimo che si può manifestare proprio in estreme circostanze è ben più forte della morte, e quest'ultima non può spezzare legami che ci tengono legati gli uni agli altri.
È anche vero però che la morte è inevitabile, e dopo di essa l'amore muta in dolore.
È quindi, secondo il mio punto di vista, impossibile non soffrire a causa della morte, in quanto il legame che ci univa ad una determinata persona è stato apparentemente spezzato.
Solo in seguito ci accorgiamo che in realtà non è così: amiamo ancora quella persona e proprio per lei dobbiamo rialzarci, perché solo così la morte sarà sconfitta.
Chiara Calissano
FooDprint
L’Italia è il paese che in Europa acquista più cibo: ben 2428€ pro capite l’anno, 1/5 della spesa totale. Il ruolo del cibo nella nostra società ha evidentemente mantenuto la centralità assoluta, pur avendo perso il suo ruolo originario, ovvero garantire la sopravvivenza. In queste ultime settimane, però, qualcosa è cambiato.
La gente ha iniziato a puntare su prodotti semilavorati e materie prime come la farina, preoccupata di non poter agevolmente uscire ha iniziato a fare incetta di generi alimentari, prendendo d'assalto i supermercati, facendo salire il rischio del contagio.
Perché le scelte sono ricadute su alcuni prodotti come la farina che, improvvisamente, è sparita dagli scaffali per la razzia che se n'è fatta?
Impastare, produrre il pane da portare in tavola non è, in questi giorni, solo uno strumento che restituisce alle nostre famiglie una parvenza di normalità, ma anche un comportamento che permette di interrompere la noia delle infinite giornate trascorse in casa, soprattutto offrendo un diversivo ai più piccoli.
E così, sui social impazzano foto di ricette,
soprattutto dolciarie.
La preferenza per il gusto dolce è dovuta alla volontà del corpo di avere sempre a disposizione la maggior quantità possibile di zuccheri (fonte più accessibile e abbondante di calorie) e libera serotonina, che restituisce un po' di buonumore.
Questi e molti altri cambiamenti, rispetto alle nostre consuete abitudini, sono “effetti collaterali” della pandemia.
Lorena Bordino
S. Scardino ph.
STAND BY
Ormai tutti siamo informati di ciò che sta accadendo nel mondo: sto parlando del contagio da Corona Virus e, più specificamente, del COVID19, che in quest’ultimo periodo si sta diffondendo in diverse aree del mondo.
La rapida diffusione del virus e l’estrema facilità con cui si rischia di essere contagiati ci ha costretto a modificare le più elementari abitudini quotidiane, facendo sì che venissero addirittura regolamentate da una serie di decreti: è vietato abbracciarsi, stringersi la mano, bisogna mantenere una distanza di sicurezza di almeno 1 metro gli uni dagli altri, non è possibile organizzare alcun tipo di manifestazione ed è stata attuata la chiusura di cinema, scuole, università e tutti i luoghi che possono favorire l’assembramento di persone. Mi sono accorta della gravità della situazione anche dalla chiusura della Chiesa del mio paese.
Il mondo sembra essersi fermato e le nostre vite sembrano essere state messe in pausa: è come se io fossi in stand by. La mia quotidianità, dopo tutto ciò, è cambiata: non posso più fare le cose che facevo prima, perfino andare a scuola; ora le lezioni scolastiche si svolgono online tramite piattaforme digitali. All’inizio, poteva essere anche qualcosa di positivo, poi però mi sono resa conto che mi manca avere la vita di prima.
Intorno a tutti noi allarmismo, paura e brutte notizie. Vorrei vivere in una bolla, dove nessun virus possa entrare in modo da non venir colta da alcuna paura o angoscia. Ci troviamo in una situazione critica, al terzo posto dopo la Cina per il numero di contagiati!
Ormai siamo “in guerra”: dobbiamo combattere e uscirne vincitori perché davanti a noi c’è ancora un futuro!
P.S. per tutti: per favore rispettiamo le regole stabilite, restiamo in casa! Fatelo per il bene di tutti o anche solo egoisticamente per voi stessi e per i vostri cari… Prima o poi tutto questo finirà e potremo festeggiare una grande vittoria!
Sofia Drocco sotto la supervisione degli insegnanti di sostegno
Buongiorno a tutti, oggi è la prima volta che scrivo per il giornalino scolastico, anche perché prima non ne ho mai avuto il tempo, mentre ora sembra che ne avanzi a tutti.
Le vacanze forzate inizialmente imposte non mi sono dispiaciute, ma ora iniziano a mancarmi gli amici con cui tutti i giorni trascorrevo la mattinata in classe.
Non è facile accettare tutte le restrizioni a cui siamo sottoposti, sia riguardo all’istruzione che nell’ambito sportivo. Molti di noi praticano uno sport e ora ci è stato tolto.
Io, in prima persona, sono stata privata del calcio e senza quest’ultimo e la scuola le giornate stanno diventando veramente lunghe.
È anche vero che i compiti non mancano, però, fortunatamente, gli orari per il risveglio la mattina non sono poi così sgradevoli.
Dopo quello che ho appena detto potrebbe sembrare che io non abbia paura di questo virus e… è così, non sono preoccupata, anche se mi attengo alle indicazioni fornite.
Tornando, però, al discorso dello studio mi è capitata proprio una simpatica coincidenza in questi giorni: mentre studiavo la Guerra del Peloponneso, ho letto che Pericle è morto a causa di un’epidemia.
Chissà se qualcuno un giorno si ricorderà di noi: di quel famoso 2020, l’anno in cui è scoppiata l’epidemia di Corona virus, esattamente come è successo per la peste di Atene.
Isabella Bruno
Onda anomala
(Fenomeno marino di cui non si conoscono né le cause né l'origine)
Nuoto
e quasi
non mi accorgo di quello
che faccio.
Osservo
Intorno a me
tutto si muove
Cullato
costantemente
dall'Onda Madre.
Un pesce giunge
lontano
un altro.
Sempre più vicini
più stanchi
Son troppi
Veloce nuoto
Ma sono arrivati a banchi.
Respiro
Fuori ma
l'aria non basta.
Riaffondo
La mano in avanti
annaspa.
Avvolta
dal loro turbinio
Sprofondo
Sono sempre più stanchi
Son troppi.
Non riesco
Non posso più liberarmi
Occorre
sacrificare bolle d'aria
per poter
Fermarli.
Miriam Sacco
POLVERE INTORNO
Polvere intorno.
Stragi di parole al vento.
Chiusa tra mura bianche
Mi perdo nei corridoi neri
Della mia mente.
Ad altro non penso
Se non al cielo,
Alle nuvole fresche
Di sole, al profumo
Dell’erba fiorita.
Altro non vedo che
Mura malate, macchiate
Di azzurro e polvere.
Altro non odo che
Il suono assordante
Del silenzio che rimbalza,
Incollandosi alle pareti
Di polvere.
Elisa Siccardi
In questo periodo tutti noi stiamo assistendo alla diffusione di una pericolosissima pandemia che sta colpendo persone in tutto il mondo, causata da un terribile virus: il Covid-19. Partita a inizio anno dalla Cina, è poi approdata in Europa e da fine febbraio sta mietendo numerose vittime anche nel nostro Paese, l’Italia. Le norme introdotte dal Governo per contenere la diffusione del virus, su consiglio anche dei ricercatori e dei medici, limitano le libertà di ciascuno di noi, proibendoci addirittura di uscire di casa, se non per importanti necessità. Essendo consapevoli dei rischi e dei pericoli a cui tutti siamo sottoposti, dobbiamo rispettarle con convinzione. La sempre più alta percentuale di persone malate o addirittura morte a causa di quest’epidemia, mi fa pensare a una specie di guerra, ma non una “classica” guerra, una guerra contro un nemico invisibile e insidioso. E contro un nemico fino al mese scorso sconosciuto, che a volte sembra invincibile.
Come possiamo vincere questa “guerra”? La vittoria dipende proprio da ciascuno di noi. Dobbiamo dimostrare senso di responsabilità, mettendo in pratica i comportamenti corretti e consigliati. La cosa più grande che ci è stata vietata è quella dell’uscire di casa: non si può nemmeno andare fuori a fare una passeggiata. Di conseguenza ci è stato proibito anche di andare a scuola e di relazionarci con le altre persone, e se questo avviene per necessità abbiamo l’obbligo di stare a un metro di distanza l’uno dall’altro. Secondo me, prima di questa grande emergenza, noi alunni non ci rendevamo conto della grandissima importanza dell’andare a scuola. La scuola fa parte della nostra quotidianità e in questi giorni ci stiamo accorgendo che ci manca qualcosa, qualcosa che ora non abbiamo più. Il fatto di non andare a scuola comporta anche il non poterci relazionare con compagni e amici, cioè con tutte quelle persone che, fino a qualche settimana fa, erano parte integrante di noi, del nostro essere. Mi manca svegliarmi al mattino per andare a prendere il bus, mi manca percorrere a piedi quel tratto di strada per poter raggiungere la scuola, mi manca abbracciare i miei amici e le mie amiche e confidarmi con loro, mi manca stare con i miei compagni durante l’intervallo e le lezioni, mi manca quella tensione di quando il professore estraeva a sorte la persona da interrogare, mi manca stare seduta nei banchi, insomma: mi manca la SCUOLA.
È la prima volta che mi trovo a vivere questa esperienza e non potevo nemmeno immaginarla.
Fino a poco tempo fa non sarei riuscita a comprendere quanto fosse difficile stare senza tutte quelle piccole cose che, in qualche modo, mi facevano vivere e crescere.
Insomma, ho capito quanto siano importanti le nostre abitudini e quanto sia difficile rinunciarvi ma dobbiamo farlo; e sono sicura che, con l’impegno di tutti, riusciremo a superare questo momento di grande difficoltà e a ritornare alla nostra tanto amata “normalità”.
Marina Lettieri
RIFLESSIONE
Io sento nostalgia della “normalità”, della normalità in tutte le sue forme. Potermi svegliare presto al mattino, uscire di casa per fare delle passeggiate da soli o con amici, come mi manca anche andare a scuola e aspettare con ansia che suoni la campanella per fare l’intervallo, vedere gli amici e le persone che ti fanno star bene.
Sento nostalgia di fare tutte le cose delle quali solitamente ci lamentiamo, ma che in realtà abbiamo capito essere indispensabili per noi e per la nostra vita quotidiana.
Tamara Atanasovska
Ulisse, durante il suo viaggio, avverte moltissimo la nostalgia della sua patria, di sua moglie, di suo figlio e della sua gente, è disposto a tutto pur di tornare alla normalità. La parola nostalgia deriva dal greco “nostos” ritorno e “algia” dolore. Questi del 2020 sono giorni duri per tutti, la popolazione si sta impegnando per effettuare una quarantena per evitare la diffusione del coronavirus. Personalmente provo mancanza verso la normalità, in qualche modo anche della ferrea organizzazione quotidiana: pare che ormai il tempo non esista più, le lancette scorrono dinanzi agli occhi, il sole tramonta e risorge più vivo che mai, ma nella testa si ha impressa l’immagine di una linea del tempo infinita, la notte e il giorno sono ormai indistinguibili. Il sole, la luna le stelle appaiono come figlie dello stesso padre: oramai le mura domestiche non permettono più di avvertire i cambiamenti climatici. Molte vite umane sono state strappate dai loro corpi, mentre altre sono riuscite a combattere e a vincere la battaglia. Tuttavia è necessario mantenere viva la propria lucidità e ai miei occhi, occhi di una giovane e ignara studentessa, il modo di vedere la vita sta mutando completamente. L’era digitale e la tecnologia hanno preso il sopravvento negli ultimi anni e, soprattutto in questo momento, risultano utili più che mai, ci si rende conto di quanto le videochiamate e i messaggi siano preziosi, ma si realizza anche che un’emoji non è paragonabile a degli occhi, gli occhi splendenti, pieni di vita che, con i loro piccoli movimenti, sono in grado di scatenare tempeste. Sono convinta che dopo questa esperienza le persone sorrideranno di più, si avvicineranno, si capirà quanto un semplice ciao possa risollevare l’umore, di quanto una risata possa essere sincera e di come una litigata possa risultare fruttifera. Forse questa catastrofe è avvenuta proprio per questo: l’uomo è diventato sempre più egoista e forse dopo l’isolamento capirà che è necessario guardarsi meglio dentro prima di giudicare gli altri. Provo mancanza verso gli spintoni degli studenti sui pullman, delle urla e delle litigate, delle risate e dei pianti, della sveglia fastidiosa e delle uscite serali: sono una ragazza molto attiva e che non riesce a stare ferma, deve avere sempre la mente impegnata e che si ripete la lezione di scienze umane sulla percezione senza stimoli nel momento stesso in cui sogna. Questa tragedia mi ha portata a sedermi e ad ascoltarmi, cosa che prima non avevo modo di fare. La quarantena sta risultando terapeutica: ho la possibilità di confrontarmi con le mie guide interiori, sto trovando il coraggio di levare gli auricolari per un confronto faccia a faccia con me stessa. La reclusione fisica corrisponde ad una reclusione mentale, perciò è necessario distrarsi, ma io ritengo che a tutti sia necessaria un’introspezione, o anche chiamata autoesame, necessaria per conoscersi meglio, per affermare ciò che si è. Come insegna la psicologia è proprio dalle situazioni disagianti che si sviluppa la resilienza, elemento necessario per riuscire a cogliere i sorrisi che annegano nelle lacrime.
Kristel Canuto
Tu non speri?
Io spero.
Io spero in una speranza che non è illusione.
Io spero in noi, come affrontiamo le disgrazie?
Io spero nel tempo, che non sia troppo, poco ne è sufficiente, ha già fatto succedere tanto.
Io spero nel luogo, che resista, che la gente torni.
Io spero negli anziani e nella conoscenza del male.
Io spero nell’aria, continua a vorticare!
Io spero nelle porte, serrate, come da imposizione.
Io spero nella famiglia, la riconciliazione e lo sfruttare queste giornate.
Io spero in quella normalità, monotonia, nella tranquillità delle strade affollate.
Io spero nella musica, concerti e ancora balconi affacciati.
Io spero torneremo sotto il cielo, noi.
Io ci spero, Italia.
Esci, rinasci: forte, unita, cresciuta.
Marta Caffa, Yasmine Hijji
Restare in casa e non andare a scuola come di consueto non è cosa da tutti i giorni e sta mettendo a dura prova la vita di noi ragazzi, abituati ad uscire molto frequentemente e a non fermarci mai. Durante questi giorni a casa ho avuto modo di pensare molto e ho riflettuto sul fatto che per noi ragazzi è tutto sempre scontato e spesso non ci rendiamo conto di quanto sia preziosa la normalità. A scuola passiamo tutto il tempo a lamentarci, a guardare l’ora che non passa mai, ad aspettare impazientemente quei venti minuti d’intervallo che ci fanno sentire liberi e ci fanno prendere “una boccata d’aria”. Eppure, adesso, costretti a partecipare a video lezioni in pigiama e nella nostra cucina, sentiamo la mancanza della normalità della classe, dei nostri compagni di banco e persino dei professori! Inutile elencare tutti i problemi che sta affrontando l’Italia in questo ultimo periodo, ma credo anche che tutto ciò possa insegnarci qualcosa di nuovo ed estremamente importante a tutti noi. Personalmente posso dire che niente sarà più come prima, niente ci apparirà più scontato, ovvio o superficiale. Capiremo quanto sia significativo fare una passeggiata all’aria aperta o recarsi al bar con una persona cara a prendere un caffè. Vivremo tutto tramite gli occhi di un bambino che vede tutto per la prima volta, con emozione, ma anche con un po’ di paura e ci renderemo conto di quanto la normalità sia il dono più prezioso. Io non vedo davvero l’ora di iniziare a vivere questa diversa quotidianità e di riabbracciare tutte le persone a cui voglio bene perché niente, ora che siamo obbligati a stare a un metro di distanza l’uno dall’altro, avrà più valore di un abbraccio.
Francesca Barale
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Il perdono
Il perdono… maledizione, cos'è il perdono? Perché non riesco? Devo porgere l'altra guancia? Ma vale lo stesso se, nel frattempo, ho voglia di dargli una testata? No, perché secondo me vale come lo fai, non se riesci a farlo o meno. Umanamente e fisicamente posso anche riuscirci, mi trattengo, stringo i denti e porgo l'altra guancia, ma siamo sicuri, caro Gesù, che vale lo stesso? Perché io ho voglia di spaccargli i denti a questo qui. In effetti l'ho fatto tante volte, ho porto l'altra guancia, ma dopo non mi sono sentita meglio. Proprio per niente. I Maestri sono difficili da capire, perché ci parlano da un altro piano. Non perché siano dispettosi, semplicemente ci aspettano lì. Sono pazienti, Loro. Sanno che abbiamo i mezzi per raggiungerli. Noi tentenniamo, Loro lo sanno con certezza. Per questo Buddha ride. Ride dei limiti che ci auto-imponiamo, perché Lui sa Chi sei. E sa che di limiti, hai solo quelli che ti sei scelto, che ti sei costruito, mattone dopo mattone, vita dopo vita, e non si sognerebbe mai di intervenire, perché ha un riverente rispetto per le tue creazioni. Lo so come ti senti, fratello. Credimi, lo so. Se sei arrivato a cercare informazioni on line sul perdono, significa che sei a un bivio. Stai decidendo se preferisci morire o impazzire. Io ero arrivata alla conclusione che sarei potuta morire pazza, così risolvevo il problema del bivio. Lo so cosa senti, è descritto a pagina 612 del libro: “Un corso in miracoli”. “… le urla dei moribondi e il silenzio dei morti”. Questo senti. Ma il perdono non è un traguardo! No no no no no no no! Il perdono è un portale, difficilissimo da oltrepassare, perché difficilissimo da individuare, dal momento che ci sono tanti falsi portali che sembrano quello giusto. Il portale più orribile, quello che più spesso viene confuso col perdono, è lo stesso che ti fa dire: “ok, ti perdono, ma da questo momento sei in debito con me”. Non c'è niente, niente di più lontano dal perdono di un atteggiamento come questo. E’ esattamente l'opposto del perdono. Il debito lega, il perdono libera. Quindi possiamo dire che ci sono due grandi difficoltà nella ricerca di questo passaggio. La prima difficoltà sta nel fatto che il concetto di perdono è completamente travisato e ribaltato, quindi vai alla ricerca del portale sbagliato. La seconda difficoltà sta nel fatto che lo si immagina come un traguardo, un punto di arrivo: quando riuscirò a perdonare senza riserve, sarò in pace con me stesso! Perché l'essere in pace con se stessi non è un traguardo? Perché è un portale anche quello: quando sarai in pace con te stesso, potrai finalmente cominciare a… lavorare sul serio. Altro che traguardo, è un inizio! Torniamo al perdono che, in quanto portale, al di là di quel passaggio, deve contenere qualcos'altro. Cosa c'è di là? Cosa ci può essere oltre il perdono? Qui cominciano i guai per me, perché non è spiegabile. E’ una di quelle cose che capisci cos'è, nel momento esatto in cui capisci cosa non è. Allora forse potremmo cominciare col dire cosa non è: non è qualcosa che lega, non è qualcosa che prevede un credito con relativo debito, non è qualcosa che “il peccatore” dovrà impegnarsi a non rifare. Niente di tutto questo. Può farlo e rifarlo per tutta questa vita e anche per la prossima, mentre il nostro perdono per il peccato commesso dovrà restare invariato. Il nostro perdono per il peccato, non per il peccatore. Lui, non è affar nostro. Se ti sforzi di perdonare il peccatore, sei sulla ruota di un criceto. Morirai lì, certamente. Detto questo, siamo ancora lontanissimi dal perdono, quindi continuiamo. Non è una cosa che ti rende migliore del peccato o del peccatore che credi di aver perdonato. Se pensi questo, sei ancora sulla ruota del criceto e stai prendendo velocità. Ti vuoi schiantare contro la gabbietta? Fai pure. Io continuo. Il perdono, non ha alcun secondo fine. Tu perdona, ma sappi che nulla ti deve tornare indietro, perché il perdono si da in regalo. E’ gratis, per intenderci. Il perdonato, non ti deve nulla. Potrei andare avanti a dire cosa non è, ma penso sia sufficiente. Laddove c'è la parola “gratis”, il concetto si chiarisce sempre da sé, in ogni ambito della vita. Sembra che ci siano così poche cose gratis nella vita. Non è vero, ovviamente. Se solo potessimo vedere per un secondo, per un attimo, tutte le cose gratuite che abbiamo in abbondanza. Come sempre, nel momento in cui viene stabilito un prezzo, ci accorgiamo di cosa stavamo usufruendo liberamente. Raramente ce ne accorgiamo prima. Ma questa è solo una digressione romantica, quindi torniamo al nostro problema. Il perdono è gratis perché l'amore è gratis. E’ un atto d'amore, è l'espressione dell'amore. E’ l'amore. Quindi ora provo a dirti cosa c'è oltre il portale. Ora, in questo momento, pensa alla persona che odi. Dai, dai che la trovi. Eccola. Se sei diventato paonazzo, se ti si sta ribaltando lo stomaco, se senti un attacco di colite in arrivo o semplicemente se provi un senso di schifo, di disagio o di paura, ti prego, non trattenere. Non vergognarti, non trattenere e non reprimere. Lascia che sia quello che è, non c'è nessun problema. Quando te la senti andiamo avanti, se non te la senti aspetta un pò di tempo prima di continuare. Hai mai visto questa persona relazionarsi con qualcuno a cui vuole bene o a qualcuno per cui prova stima? Spero di sì, in caso contrario dovrai provare a immaginare come sarebbe. Hai mai visto questa persona sciogliersi in un sorriso guardando la persona che ama? L'hai mai visto essere preoccupato per la persona che ama? L'hai mai visto essere premuroso nei confronti della persona che stima? A me è successo più di una volta, per fortuna o per caso non lo so, ma è successo. Se nel momento in cui succede, riesci a restare onesto e coraggioso verso te stesso, come solo un bambino sa fare, potrai osservare cosa sale dentro di te. Quali emozioni? Quali sensazioni? Quali sentimenti? E’ uno shock quando te ne accorgi, è veramente un trauma. Provi invidia e dolore. Invidia per la persona amata dal tuo nemico, dolore perché, a quanto pare, lui, l'odiato, è capacissimo di amare. Ma non te. E’ un trauma, perché questa improvvisa consapevolezza capovolge tutto. Capovolge tutto il tuo mondo. Ora prendi quello che ti ho appena detto e tienilo in caldo, conservalo dentro di te: tra un pò ti servirà… per non perdonare. Ma andiamo avanti. Se ancora mi stai leggendo, intanto, vorrei farti i complimenti per la tenacia. Resisti ancora un po’, e stai tranquillo perché la parte complicata deve ancora arrivare. Ora immagina… facciamo finta che tanto tempo fa, in un luogo in cui il tempo non aveva motivo di esistere, c'eravate tu e il tuo nemico. Solo che non eravate nemici, al contrario. Eravate complici, compagni di avventura, fratelli e amici, sorelle e amanti, eravate padri attenti e figli diletti, eravate madri dolcissime e figlie devote. Eravate tutto questo e altro ancora, contemporaneamente. Eravate così affini, da decidere di venire su questa terra per diventare grandi insieme. Facciamo finta che prima di arrivare qui, vi siate abbracciati, baciati e, guardandovi, abbiate espresso tacitamente una promessa: ci rivedremo qui, fratello. Ora riporta qui il film, in quella che ci piace chiamare realtà. Tuo fratello si è perso. Che facciamo? Lo abbandoniamo? Sicuro? Lo so, non pensavi potesse diventare così stronzo una volta qui, ma ricordati che tu non vedi il suo film. Vedi solo il tuo. Stai sicuro che nel suo film, dice esattamente la tua stessa frase. Non pensavo che potesse diventare così idiota, una volta qui! Già, il problema è sempre quel maledetto velo. Non è vero. Il velo puoi scostarlo tutte le volte che vuoi. Ma non è questo il punto, non distraiamoci proprio ora, e soprattutto non farti ingannare da quanto sarebbe bello ri-incontrarsi di là, perché diventerebbe il secondo fine del perdono e, come abbiamo detto, il perdono non ha secondi fini. E’ importante avere il quadro completo, per questo motivo dobbiamo tenere da conto i retroscena di cui raramente siamo consapevoli. Infatti, ti chiedo di prendere questa cosa e di conservarla accanto a quell'altra, per il momento. Ora sei pronto. Se sei riuscito ad arrivare fino qui restando aperto, senza il desiderio di reprimere tutte le contraddizioni che sono sorte, allora sei pronto. Sì, proprio ora. Allora, che fai? Lo vuoi oltrepassare questo portale? Fallo. Fai un passo e avanza. Stai di fronte a lui, e perdonalo. Ricordati Chi è, e amalo. Ricordati Chi è, e rendilo libero. Non è una cosa arrogante da parte tua, puoi farlo davvero, renderlo libero. Lascia andare, in un batter d'occhio pulisci, togli tutto, l'odio, la paura, il dolore, il rimorso, pulisci… pulisci… pulisci… cosa resta? Quando togli tutto, resta l'amore. Non c'è altro che quello. Ora, la prova del nove: sai di aver perdonato se ti è arrivata la consapevolezza, potente e inconfondibile, che non c'era nulla da perdonare. Non c'è mai stato niente da perdonare. Stai tranquillo, non c'è niente da perdonare. Infatti lui è scomparso, ci sei solo tu in quello spazio, oltre il portale. Ricordati Chi sei, e perdonati. Ricordati Chi sei, e amati. Ricordati Chi sei… ti senti libero? Riesci a sentirti innocente? Il perdono è il Grande Portale, quello che ti serve per capire che non c'è nulla da perdonare. Non c'è nessun peccato e non c'è nulla da perdonare. Il perdono non serve, ma per capirlo devi perdonare. Per questo i grandi Maestri insistono tanto. Il perdono toglie i peccati. Ma li toglie nel vero senso della parola. E dal momento che sono tolti, il perdono non serve più. O no? Quindi, da oggi, sei libero di non-perdonare, perché sei libero dal perdono. Da questo momento, sei libero di benedire ogni cosa. E ogni cosa, sarà libera. Chiunque voglia portare la luce, deve conoscere le tenebre che sta per rischiarare. (Lao Tze)
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Vorrei raccontare a mio figlio il derby di Roma. Ma vorrei farglielo ancor prima vivere. Mi piacerebbe trasmettergli quella smania, quelle parole mozzate dalla troppa agitazione e quella sensazione di adrenalina estrema quando la palla sta per entrare in rete e un settore intero ti sta per crollare addosso, ma anche quel lugubre senso di morte nel cuore quando a vincere sono gli altri. Per i ragazzi che verranno spero che tutto ciò non muoia. Spero che l’assunto “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” valga almeno per loro. Perché preservargli un futuro in cui potranno guardare al calcio, agli spalti e al tifo con gli stessi occhi incantati e pieni di suggestione con cui ho iniziato ad avvicinarmici io, valgono davvero tanto nella vita. E restano scolpiti nell’anima sempre.
Anche quando tutto ti sembra perso. Anche quando capisci che l’ultima parte di quell’assunto – “…tutto si trasforma” – si sta concretizzando.
Derby di Coppa Italia per me farà sempre e comunque rima con un momento specifico della mia esistenza: stagione 1997/1998. Quella del poker laziale nelle stracittadine. Le mie prime vissute con cognizione di causa. No, mi spiace, non posso rimandarvi a sensazioni curvaiole o di stadio, avevo dieci anni e solo con l’inizio del nuovo millennio avrei cominciato a frequentare assiduamente l’Olimpico. Ma fu comunque un battesimo. In quell’annata seppi cosa volesse dire “derby di Roma”.
Se non sei nato a Roma lo puoi ammirare, ti può far sorridere o infastidire per il suo sommo provincialismo (almeno ciò gli imputano). Puoi essere innamorato dei suoi colori, delle sue coreografie e dei suoi sfottò. Ma difficilmente riuscirai a comprenderlo fino in fondo.
Il derby non deve morire per questo. Il calcio e i tifosi di Roma meritano di più. Innanzitutto meritano di esser trattati con rispetto e dignità.
Questo non è un derby qualunque. Sebbene in campo le cose siano state parzialmente decise nella sfida di andata. Quando Milinkovic e Immobile hanno affossato i giallorossi, costringendoli a un improbabile miracolo nella sfida di ritorno. Improbabile non tanto per i valori tecnici delle due squadre, ma per la fame messa sul manto verde. Quella o ce l’hai o non ce l’hai. La Lazio è incazzata e determinata, la Roma flaccida e svogliata. Nel calcio questo equivale a una sola cosa: vittoria netta da un lato, sconfitta imbarazzante dall’altro. E così sarà.
Ma questo derby – volente o nolente – passerà agli annali anche per un altro motivo: il primo, dopo due anni, a disputarsi nuovamente con entrambe le curve al completo. Il divisorio che per mesi ha spaccato in due i settori popolari non c’è più, al suo posto gli steward. Ma andiamo con ordine.
L’abbattimento delle barriere arriva al termine di un dibattito che ha portato le istituzioni a far pressione su Questura e Prefettura, affinché le stesse venissero rimosse in maniera da far tornare una grossa fetta del pubblico capitolino allo stadio. È ovviamente una maniera semplicistica di descrivere le cose, bene o male tutti sappiamo che l’allontanamento di molti supporter capitolini non era legato soltanto a problemi “strutturali”, ma anche e soprattutto alle allucinanti conseguenze che essi comportavano: multe per cambio posto o sosta su balaustre e ballatoi con seguente Daspo in caso di recidiva, pesante schieramento di agenti all’interno della Curva e tutta una serie di divieti e – possiamo dirlo – repressioni gratuite che venivano perpetrate dentro e intorno all’impianto di Viale dei Gladiatori.
Ora – devo ammettere – sono un po’ come San Tommaso e di fondo vivo nel perenne scetticismo verso tutto e tutti. Figuriamoci verso istituzioni che hanno posto in essere tale situazione. Inoltre giro abbastanza gli stadi per sapere che in un solo colpo non si sarebbe tornati alla situazione precedente alle barriere. Così come penso un po’ tutti siano consapevoli che attualmente si è vinta una piccola battaglia, in un contesto molto più grande e contro degli interlocutori che possono usufruire di un potere inferiore solo alla loro incapacità e ottusità. Non bisogna quindi cantar vittoria, ma prendere la palla al balzo per continuare a rivendicare tutto quello che ai tifosi è stato malamente tolto in questi anni.
Ci vuole pazienza, lungimiranza e oculatezza per fare tutto ciò. Come in un’eterna partita a scacchi.
Il signor Mario Rossi potrebbe dire: “Bravi, ma perché non vi sbattete così tanto per i veri problemi dell’Italia?”. Quante volte lo abbiamo sentito in questi mesi? Eppure al signor Rossi, tutti – romanisti e laziali, chi ha deciso di rientrare e chi no – dovrebbero soltanto rispondere che la libertà e i propri diritti si difendono anche e soprattutto a partire da quella che – a molti – può sembrare una piccolezza come questa. Cosa hanno dimostrato fondamentalmente gli ultras di Roma al momento? Volendo essere realisti hanno sicuramente fatto fare un piccolo passo indietro all’arroganza e alle manie di onnipotenza di chi li ha ridotti ormai da anni a cavie da laboratorio. Hanno fatto vedere che quel “Se i ragazzi sono uniti non saranno mai sconfitti” poteva potenzialmente essere molto più che uno slogan qualche tempo fa.
Io non ci credo allo slogan “solo gli ultras vincono sempre”. Gli ultras, facciamocene una ragione, sono destinati quasi sempre a perdere. Come tanti altri movimenti d’aggregazione di questa nostra Italia. Con la differenza che loro hanno la scorza più dura di tanti altri. E Roma ne è l’esempio lampante. Pensate se nessuno avesse alzato la voce, nessuno avesse disertato lo stadio o nessuno avesse cercato in tutti i modi di sensibilizzare quanto stava succedendo all’Olimpico? Oggi le barriere sarebbero ancora là e nessuno – ma davvero nessuno – potrebbe pensare minimamente di rivendicare “il resto del bottino”.
In un Paese dove ormai chi tenta di difendere un proprio diritto viene spesso schernito e definito “rompicoglioni” da una narcotizzata opinione pubblica, anche la rimozione di una barriera a mio avviso assume un contorno significativo. Ripeto, non da celebrare, ma da usare come trampolino di lancio per riprendersi spazi e strumenti ormai ingiustamente inibiti da anni.
Scomparsi i divisori ovviamente non scompaiono tutti i problemi. E c’è da far fronte a tutta una serie di limitazioni che continuano a rendere difficile la vita del tifoso romano e non solo. Tempo fa dicevo che finché a scomparire non saranno le barriere mentali che hanno portato ad erigere quelle in plexiglass, difficilmente si uscirà da questo pericoloso circolo vizioso.
Tutti pensiamo che prendere una multa allo stadio perché si cambia posto sia un’assurdità, giusto? Tutti concordiamo sul fatto che continuare a dividere un settore con un cordone di steward sia comunque da ottusi, oltre che inutile, giusto? E allora la battaglia non si arresti qua. Altrimenti finiremo con l’accettare un altro parziale “furto” della libertà travestito da concessione. Peraltro, anche se fosse, ripristinando una situazione antecedente non avrebbero concesso proprio nulla. Anche perché in quella situazione antecedente c’erano già delle grandi falle che avevano trasformato gli stadi in bunker.
Sarebbe bello, ad esempio, se i tanti media che in questo anno e mezzo hanno perorato la causa, continuassero a farlo per le altre magagne che opprimono i tifosi: dal caroprezzi selvaggio ai divieti per megafoni, tamburi e striscioni, alle trasferte vietate anche ai possessori di tessera del tifoso.
Del resto quest’oggi, se si vuol continuare a frequentare lo stadio, c’è da fare un discorso fondamentale: tentare di farlo in maniera vivibile ma accettando forzatamente dei compromessi (già il comprare un biglietto e sottostare all’articolo 9 lo è) per conquistare pian piano qualche centimetro verso la normalità. Oppure allontanarsi per sempre dalle gradinate e abbandonare un mondo che ormai si crede troppo distante dal proprio modo d’essere. Chiaramente ambo le scelte sono meritevoli di rispetto.
I ragazzi non saranno mai sconfitti – o almeno lo saranno a lungo andare – solo se ci credono e riescono a capire quanto importante sia l’appoggio popolare. Del resto il calcio questo è: sport al servizio dei cittadini. E allora basta coinvolgere questi ultimi e marciare tutti uniti sullo stesso fronte. Nessuno dimentichi che gli stadi sono laboratori dove testare nuovi metodi di controllo sociale da esportare poi nella società civili. Magari se si provasse ad arrestare il tutto, da subito, si riuscirebbe anche a rallentare il secondo passaggio.
Ad esempio l’Olimpico di questa serata d’inizio Aprile è senz’altro più bello e acceso degli ultimi tempi. C’è il colore e il calore delle curve, e non posso negare che finalmente sia un bel colpo al cuore. Ma è desolatamente semivuoto. 45.000 spettatori sono stati dipinti come un successo. Questo è uno degli aspetti più tristi della faccenda. Perché non si punta il dito contro le vergognose modalità di vendita della Tribuna Tevere, ad esempio? Alcuni soloni della carta stampata, che in settimana hanno provato in tutti i modi a fare terrorismo psicologico sul ritorno degli ultras giallorossi, sanno che per acquistare un tagliando di Tevere occorre per forza essere titolari di una Tessera del Tifoso? Oppure sanno che il biglietto meno caro dell’evento (salvo per gli abbonati per cui una curva costava 20 Euro in prelazione) costava 30 Euro? Senza contare la trafila burocratica per venirne in possesso: tra documenti in originale, ricevitorie spesso inceppate e titoli non emessi.
E quando si parla di ritorno alla normalità mi sia concesso dire che va inclusa anche una certa elasticità mentale nell’affrontare gli eventi. Nessuno chiaramente giustifica episodi violenti, ma sanzionare chi ha avuto l’idea di percorrere 2-300 metri in corteo per accedere allo stadio è alquanto grottesco. È un reato? Sì. All’atto pratico è stato bloccato il traffico (anche se momentaneamente e parzialmente, considerato che alle macchine era “concesso” di transitare in una delle due corsie del Lungotevere) e sono stati accesi gli artifizi pirotecnici (vietati in prossimità dello stadio). In una città disordinata come Roma, dove le infrazioni stradali e gli scempi nella gestione della viabilità si consumano ogni giorno, questa ferreo bisogno di far rispettare le regole sarebbe bello altrove o sempre. Ma l’applicazione ottusa e speciosa delle stesse finisce invece per sembrare quasi pregiudiziale e vessatoria. Anche perché questo genere di cortei, negli ultimi anni, si sono spesso svolti da una parte e dall’altra senza che nessuno ne evidenziasse mai le criticità.
Ultima nota, la più “leggera”. Non si poteva pretendere un ambiente da vecchi derby, questo mi pare ovvio. La Tevere quasi vuota (fatta eccezione per il gruppo di romanisti che l’ha popolata) e la lunga lontananza dalla Curva, per molti ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale. La Sud ha chiaramente bisogno di rodaggio, sebbene quest’oggi abbia fatto vedere alcuni begli sprazzi di tifo e una sbandierata iniziale vecchio stampo. Credo che anche il risultato sfavorevole abbia influito. In sintesi: si poteva far meglio? Sicuramente. Ci sono attenuanti? Assolutamente. In questo rodaggio ovviamente tutti sperano che non siano comprese sanzioni pecuniarie o altre amenità simili. Quello dev’essere un triste capitolo chiuso per sempre e andato in scena ai danni di tutta la città di Roma.
Giusto dire che anche la Nord ha perso un po’ del suo smalto, ma pure qua saremmo dei folli a non tenere in considerazione tutte le attenuanti del caso. Comunque molto bella la coreografia e le diverse sbandierate effettuate durante l’incontro. Romantico rivedere accesi alcuni fumogeni ai gol e le esultanze “a caduta”. Così come “salutare” è l’immagine della squadra sotto il settore a festeggiare l’accesso in finale con i propri tifosi. Troveranno la Juventus, in un remake della finale di due anni fa.
Il primo tassello per il ritorno alla normalità è stato messo. Ora speriamo si possano puntellare le fondamenta e ricostruire un ambiente letteralmente squarciato a colpi di un’ottusa repressione.
Simone Meloni
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Si è vinta una battaglia, la “guerra” è ancora lunga: Roma-Lazio, Coppa Italia Vorrei raccontare a mio figlio il derby di Roma. Ma vorrei farglielo ancor prima vivere. Mi piacerebbe trasmettergli quella smania, quelle parole mozzate dalla troppa agitazione e quella sensazione di adrenalina estrema quando la palla sta per entrare in rete e un settore intero ti sta per crollare addosso, ma anche quel lugubre senso di morte nel cuore quando a vincere sono gli altri.
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