Tumgik
#diciotto anni
i-am-a-polpetta · 2 months
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raga come sapete io ho sempre avuto difficoltà a dormire quindi prendo farmaci anche per questo eh ok sono letteralmente 4 giorni che ogni notte sogno il concerto di Taylor Swift.
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rosaleona · 1 year
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Omicidio Chiavari, Mahmoud alla finanza prima di morire: “Sfruttato e pagato in nero”
Omicidio Chiavari, Mahmoud alla finanza prima di morire: “Sfruttato e pagato in nero” https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/08/02/omicidio-chiavari-mahmoud-aveva-denunciato-le-sue-condizioni-di-lavoro-alla-guardia-di-finanza-si-cerca-la-sua-testa/7249626/
Decapitato dai suoi datori di lavoro perché li aveva denunciati alla finanza dato che lo pagavano a nero.
Decapitato.
Non picchiato (che sarebbe comunque ingiusto) ma addirittura ucciso e decapitato.
Immagino che nei secoli passati fosse questa la pena che si infliggeva agli schiavi rei di ribellarsi.
Ecco, questo ragazzo di diciotto anni era il loro schiavo.
Sono attonita.
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myriamsaviniart · 5 months
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*looks through the DP tag* *stops a literal second to read the blog bio* UE CUMPAISA' E CURRELIGIONA' PURE!
UEEEEE VIVA LA PASTA LA PIZZA E I REGAZZINI NONMORTI
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deathshallbenomore · 2 years
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to the prof who’s approximately in her forties and is probably a little fruity but also very shy and insecure: 🏳️‍🌈mwah🏳️‍🌈 ;)
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cosedimya-blog · 6 months
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Palloncini in ceramica artigianale
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officialpenisenvy · 9 months
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questi giovani d'oggi con le loro milf e i loro daddy. ai miei tempi ci si scopava le tardone e i padri di famiglia
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tettine · 28 days
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O il mondo era più sicuro quando io avevo diciotto anni o mi è andata di culo tipo quella volta in cui a Lucca ho accettato un passaggio da uno sconosciuto perché avevo sbagliato bus e dovevo fare la prova di ammissione all'università e non sarei mai arrivata in tempo. Io pazza pazzissima
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schizografia · 1 month
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Mi sembrava infinitamente assurdo cominciare a entrare in quel mondo che avevo sempre ignorato: lavoro carriera posizione pace benessere democrazia famiglia figli avvenire. Avevo diciotto anni e credevo indispensabile morire subito. Adesso sono entrato nel mondo. In una città qualunque, uscirò da un ufficio e per via qualunque me ne tornerò alla camera d’affitto, invecchiando pazientemente. Nessuno penserà a me, e io non penserò a nessuno, tanto sarò vuoto. Penso con Pascoli: “Io devo dirti cosa da molti anni chiusa dentro. E non piangere. La vita che tu mi desti - o madre, tu! - non l’amo”.
O, con meno romanticismo, mi torna alla memoria quello che racconta talvolta mia madre: di quel sarto che finito alcolizzato in mezzo a una strada diceva nel suo dialetto piemontese: “Ma non era meglio che mia madre invece di fabbricare me avesse fabbricato un gioco di bocce?”. Ancora per molti anni potrei continuare a camminare per le vie del mondo, insaccato e assente. Vedo già, come mi succedeva da bambino, i funerali dei miei vecchi: se li porteranno via i becchini con la parrucca sbadigliando ed io cambierò casa, affitterò una stanza. Serve a qualcosa tutto questo? Che cosa è quello che verrà dopo: avvenire?
Su queste debolezze, standone fuori, è facile ridere di scherno.
Sergio Quinzio
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libero-de-mente · 10 months
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Questa è una storia vera.
Credo che fosse una notte estiva di circa diciassette, o forse diciotto, anni fa.
Avevo finito di lavorare abbastanza presto per gli standard a cui ero abituato in quel periodo. A mezzanotte chiusi il ristorante e a bordo della mia auto feci la strada per tornare a casa.
Non avevo cenato e i morsi della fame si facevano sentire, così decisi di fare sosta da Majd, un bravissimo e onesto kebabbaro che sapevo essere l'unico, in una città che chiude i propri locali sempre presto, che potesse darmi da mangiare. E poi il suo panino kebab "sensa salsa picante", come diceva lui, era buonissimo.
Una volta consegnatomi il "malloppo" caldo racchiuso con cura nella carta stagnola ci salutammo, uscii dal suo locale. Preferivo mangiarmelo a casa, non abitavo molto lontano da lui, con comodità e in relax. Mentre il resto della famiglia dormiva.
Appena uscito dal "Kebab di Aladino" sul marciapiede noto una ragazza, uno sguardo di sfuggita per non essere invadente ma che mi era bastato per notare il suo nei miei confronti.
La mia auto era a sette od otto metri da lei, appena oltre le linee gialle che delimitavano la fermala dell'autobus. Un autobus che lei stava aspettando.
Passandole vicino sento la sua voce chiedermi: - Disculpe, el autobús a Borgo Palazzo pasa por aquí?
- No - le risposi con il mio italspagnol - "Por aquí passa l'autobus por la Valle de Seriana Tu tienes la dirección al contrarios" (al contrarios, le dissi proprio così, vi rendete conto?)
Incredibile ma vero mi capì e mi guardò come se fosse terrorizzata per il suo errore.
- ¿Dónde está Via Borgo Palazzo? - mi chiese supplichevole.
Io con il dito le indicai la direzione. Puntando l'indice un po' in alto, visto che davanti a noi a un centinaio di metri passava un cavalcavia.
La ragazza rimase in silenzio e cominciò a guardarsi intorno stringendosi con le braccia incrociate davanti al petto. Avevo compreso che si era smarrita.
- Si quieres te porto io - le dissi.
Mi guardò con uno sguardo che sinceramente non saprei come definire ancora oggi, davanti a lei questo uomo buffo con un kebab fumante nella stagnola le stava proponendo un passaggio. Ed era quasi l'una di notte.
Le chiesi di getto - Come ti chiami? - al diavolo l'italspagnolo
- Maria - mi rispose
- Como mi madre - così d'istinto mi usci di dirle "come mia madre".
Credo che fu quella frase detta senza tanto pensarci, uscita con sincerità che la convinse ad accettare un passaggio da uno sconosciuto, vestito con un completo da uomo nero e una camicia grigia cangiante, con un kebab avvolto nella stagnola in mano.
In auto, mentre la portavo a destinazione, lei seduta al mio fianco stava con il suo corpo pigiata contro la portiera. Come per aumentare la distanza tra di noi.
Era bellissima, davvero. Mi raccontò che veniva dalla Bolivia e che era giunta in Italia da pochi giorni.
Non mi ricordo bene quali parole usai in auto per rassicurarla, per accennare una conversazione con lei. Il lavoro che faceva e perché aveva fatto tardi quella sera.
Mi ricordo bene invece quello che successe quando lei vide che l'avevo portata proprio sotto il palazzo dove abitava. I suoi occhi si illuminarono, si sentì sicura a quel punto. A quel punto, già proprio a quel punto, quello dove mi fermai lei evidentemente capì che l'uomo con la camicia cangiante non era cattivo.
Così prima di scendere e dopo avermi detto "Gracias", fece un gesto che mai mi sarei aspettato. Mai. Mi baciò sulla guancia destra. Un bacio rapido, come rapido fu il suo dileguarsi verso il portone. Però io nel momento del contatto con le sue labbra, allora non avevo la barba, sentii tanto calore e la sua paura che svaniva.
Ogni volta che sento di un femminicidio mi ricordo di questo mio aneddoto, perché mi diventa sempre più chiaro il rischio che Maria corse, la paura che Maria aveva e che io trovavo esagerata.
Perché Maria ha avuto buona sorte quella volta con uno sconosciuto, mentre Giulia ha avuto sfortuna con uno che conosceva molto bene. O pensava di conoscere bene. Ma che, come spesso è accaduto a tante altre sventurate come lei, non si conosce mai bene fino a quando non esce la bestia che vive in quella persona.
Per via di un "no" o di un "è finita".
Quello che posso fare io da uomo, da padre, è educare i miei due figli maschi a essere come quell'uomo goffo e impacciato, con un kebab in mano, che voleva essere d'aiuto verso una ragazza. Non lasciandola sola nel buio in una notte d'estate di diciassette, o forse diciotto, anni fa.
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intotheclash · 3 months
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Trovi una vecchia foto e ti ricordi immediatamente il momento e il posto. E ancora ti ci ritrovi dentro a quello che eri. Sai che, a volte, hai ancora lo sguardo sul mondo dei tuoi cazzo di diciotto anni. Lo sguardo di chi non riesce a vivere di sopravvivenza.
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Si chiama Phillis, perché questo era il nome della nave che l'ha portata dell'Africa a l'Occidente strappata di notte ai suoi familiari. Wheatley invece era il nome del mercante che l'ha comprata,nata in Senegal, a Boston invece i mercanti di schiavi l'hanno messa in vendita.
A sette anni sentiva dire sarà una buona cavalla,a tredici anni scriveva poesie con una lingua che non era la sua,nessuno credeva che fosse lei l'autrice.
All'età di venti anni, Phillis fu interrogata da una corte di diciotto uomini illuminati in vestiti sontuosi e parrucche.
Ha dovuto recitare SMS di Virgil e Milton e anche alcuni passaggi della bibbia.
Ha anche dovuto giurare sulla bibbia che le poesie scritte da lei non erano plagiate da qualche cattedra.
Ha dato un lungo esame,ore e ore di interrogatorio e recitazione fino a quando il tribunale gli ha dato ragione e ha accettato le sue poesie.
Era donna.
Era nera.
Era schiava.
Era africana
Ma era anche una grande poetessa.
Phillis Wheatley è stata la prima scrittrice afroamericana a pubblicare un libro negli Stati Uniti d'America .
Karim Nasir, ambasciatore di pace. ❤
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anchesetuttinoino · 3 months
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Additivi
La protesi al seno come regalo per i 18 anni, la mastectomia come «opera d’arte», la neomamma più anziana d’Italia
Piccole donne crescono, e si rifanno il seno. Di recente Emanuele Bartoletti, presidente della Società italiana di Medicina estetica, ha rilasciato delle dichiarazioni pubbliche per richiamare l’attenzione su un dato preoccupante, l’aumento di richieste di ritocchi al seno da parte di giovanissime. E visto che fin dal 2012 il ministero della Salute ha vietato gli interventi di mastoplastica estetica per le minorenni, la moda attuale si assesta sul confine: aumenta il trend di chi riceve un intervento di mastoplastica additiva come regalo di compleanno per i diciotto anni. Due taglie in più per la maggiore età.
Bartoletti osserva che molte neo-diciottenni sono spinte dalle madri più che dai fidanzati. E tanti saluti all’indottrinamento sulla femminilità libera da ceppi estetici stereotipati. C’è tentazione additiva come la mastoplastica. Il di più è un tocco artificiale e correttivo che riveda l’essere al rialzo dell’apparire, più somigliante a un’ipotesi di “io” autocostruito, quindi autodeterminato. In questo senso è, paradossalmente, additivo anche il bisturi che taglia.
Negli Stati Uniti ha sollevato un po’ di turbamento la sfilata del trans Gottmik, ospite della trasmissione Drag Race condotta da RuPaul. Gottmik ha ostentato un’impalcatura d’abito che metteva letteralmente in scena – con tanto di mani e sangue finti – una doppia mastectomia. Ha esibito la fierezza di aver aggiunto al suo corpo il tocco della sua scelta libera, decurtarsi della femminilità per poi essere un maschio che fa la drag queen.
«È un’opera d’arte», ha dichiarato Gottmik. Ma che siano protesi o tagli, purtroppo non hanno niente a che fare con ciò ribolle sotto, l’anelito inteso da Giovanni Paolo II quando disse ai giovani: «Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro».
A proposito di aggiunte, c’è un traguardo da segnalare. A 63 anni Flavia Alvaro è la neomamma più anziana d’Italia. Ha da poco partorito il figlio concepito in vitro grazie ai servizi dell’ormai famosa clinica di Kiev, la Biotex Com. Per quanto suoni paradossale, c’è un’intercapedine di realtà per cui si può dire dell’Ucraina che sia una terra da sogno, anche di questi tempi. Ad esempio, permette la fecondazione assistita senza limiti di età e realizza desideri incredibili.
Non c’è dubbio che un bravo paroliere saprebbe fare l’acrobazia retorica di associare il lieto evento di mamma Flavia alla tragicità della guerra. Qualcosa tipo: dove sovrabbonda la morte, il progresso scientifico sparge a piene mani la speranza della vita. Con i dovuti compensi, sia chiaro. Resta il fatto che un bimbo è nato, la cronaca c’informa che il figlio di Flavia è venuto alla luce con un parto cesareo d’urgenza, in anticipo di sette settimane. Prematuro, o forse impaziente. Come se avesse fretta di conoscere la sua mamma, come se si rendesse conto di arrivare oltre un tempo massimo. È in ballo un rapporto in cui il tempo, evidentemente, è un fattore rilevante e non a scopo di record.
via tempi.it
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cosedimya-blog · 6 months
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gregor-samsung · 6 months
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“ Sono anni molto violenti a Firenze. La città è percorsa da bande di fascisti terribili, duri e fanatici, riuniti in squadracce dai nomi paurosi. Una su tutti, ‘La Disperata’, al cui soccorso arriva ogni tanto ‘La Disperatissima’, composta da squadristi di Perugia che si muovono anche fuori regione spingendosi a fare incursioni fin nelle Marche. Gentaccia pronta a usare bastone e olio di ricino senza alcuno scrupolo, teppisti, criminali come Amerigo Dumini, il capo degli squadristi che un paio di mesi dopo sequestrano e uccidono Matteotti (e che, ricorda Lussu ne La marcia su Roma, era solito presentarsi dicendo «Amerigo Dumini, nove omicidi»). Il professor Salvadori, per non mettere in pericolo la famiglia, obbedisce alla convocazione senza fare storie e va a piazza Mentana. Entra nel covo alle diciotto del primo aprile [1924] e ne esce a tarda sera, coperto di sangue e barcollante. Max, all’epoca sedicenne, che gli è andato appresso perché aveva delle lettere da impostare alla stazione e l’ha aspettato fuori, ha sentito tre brutti ceffi che ciondolano per la piazzetta dire alcune frasi inquietanti. «Occorre finirlo». «Già, ma chi l’ha comandato?» «L’ordine viene da Roma».
In quel momento Willy esce dal palazzo circondato da una dozzina di fascisti esagitati che brandiscono bastoni. Il padre, ammutolito, è coperto di sangue, e quando Max gli si fa incontro per sostenerlo e aiutarlo riceve la sua razione di botte: i picchiatori non hanno finito, la squadraccia li segue fin sul ponte Santa Trinita, vogliono buttare padre e figlio al fiume. I due si salvano solo grazie a una pattuglia di carabinieri che passa di lì per caso, e quando infine arrivano a casa a mezzanotte, malconci e umiliati, sebbene Cynthia mantenga calma e lucidità e Willy cerchi di minimizzare, lo shock è forte per tutti loro. Scrive Joyce in Portrait: “Tornarono tardi, e la scena è ancora nei miei occhi. Noi due donne (mia madre e io, mia sorella era in Svizzera), affacciate alla ringhiera del secondo piano, sulla scala a spirale da cui si vedeva l’atrio dell’entrata; e loro due che dall’atrio salivano i primi gradini, il viso rivolto in alto, verso di noi. Il viso di mio padre era irriconoscibile; sembrava allargato e appiattito, e in mezzo al sangue che gocciolava ancora sotto i capelli, si vedevano i tagli asimmetrici fatti con la punta dei pugnali: tre sulla fronte, due sulle guance, uno sul mento. Mio fratello aveva il viso tutto gonfio e un occhio che pareva una melanzana. «Non è niente, non è niente», diceva mio padre, cercando di sorridere con le labbra tumefatte. Capii in quel momento quanto ci volesse bene.” In quella sera drammatica che costituisce uno spartiacque nella storia della loro famiglia, Joyce fa tesoro dell’esempio dato dai genitori e dal fratello. Il padre che coraggiosamente cerca di sminuire la portata della violenza e il fratello che lo sostiene forniscono alla Joyce dodicenne «solidità, in quanto alle scelte da fare. Servì a pormi di fronte a ciò che è barbarie e a ciò che invece è civiltà». “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 13-14.
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canesenzafissadimora · 8 months
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Avrò diciotto anni fino alla morte.
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Haruki Murakami
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crazy-so-na-sega · 8 months
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Epilogo del "giallo" xylella.
Qualcuno si ricorderà che nel 2016 avevo studiato abbastanza in dettaglio i dati di xylella. Poiché si trattava di statistica elementare e di leggere qualche illeggibile rapporto, armato di santa pazienza l'avevo fatto. Ed avevo scritto qui quello che avevo capito cioè che non c'era nessuna evidenza di rapporto causale tra presenza del batterio della xylella e disseccamento e neppure nessuna evidenza di correlazione. I dati che avevo visto all'epoca che erano gli unici pubblici riguardavano qualche migliaio di ulivi. https://roars.it/xylella-dalla-scienza-piu-dubbi-che-certezze/… Dunque la mia conclusione era
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"Abbattere ulivi secolari è una decisione straordinaria che dovrebbe essere presa solo alla luce di evidenze scientifiche indiscutibili. Non è questo il caso della vicenda ulivi in Puglia."
Ora è uscito questo articolo che ha analizzato dati di centinaia di migliaia di ulivi per un periodo di tempo di dieci anni. La conclusione è semplice "Nella maggior parte degli alberi campionati con sintomi di disseccamento, il batterio (Xylella) non è stato rilevato." e dunque concludono "Sulla base di questi dati e ... proponiamo di eliminare la norma che impone l'estirpazione di tutte le piante ospiti che circondano un albero Xylella-positivo in un raggio di 50 metri.
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Ricordiamo il can can mediatico del "caso xylella" in cui chi sollevava dubbi era subito additato come negazionista e contro la scienza.
Addirittura
@paolomieli scrisse un editoriale dal titolo "Un Paese che odia la scienza"
"L’Italia sta diventando sempre più un Paese ostile al metodo scientifico e amante delle teorie del complotto. L’ennesima dimostrazione viene dal caso della «Xylella fastidiosa», batterio che produce grave nocumento all’ulivo, penetrato in Europa diciotto anni fa ...Prendendo in seria considerazione anche l’ipotesi di sradicare gli ulivi già colpiti per provare a sterminare gli insetti diffusori dell’infezione e creare un cordone sanitario che isoli le piante infette."
Questa assurda ed incredibile storia mi ha fatto capire l'assurdo ed incredibile livello della stampa italiana. Aspetto le scuse di Paolo Mieli (e varie altre persone).
L'ascienza fa come Goebbels con la cultura, mette mano alla pistola appena qualcuno osa a formulare un qualsiasi tipo di dubbio. il problema non è la scienza ma la strumentalizzazione della scienza...
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un caso tra tanti.
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