#defencelessgliultimiromantici
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occhicerchiati · 2 years ago
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Esercizi di scrittura
4) Scrivi una scena in cui si senta il sole
Le prime ore del mattino riuscivano a far scorrere il tempo a modo tutto loro; sembrava lentissimo ogni minuto, tanto quanto flebili erano i raggi di un timido sole, fattosi spazio in un cielo ancora addormentato.
Ed anche la sua pelle si trovava in balia del venticello freddissimo di marzo, coprendosi di brividi invisibili.
William portò le maniche della sua felpa fin sopra le dita, chiudendo le mani in una stretta guidata da un grugnito ristoratore.
Le nubi della notte appena trascorsa si erano dileguate, lasciando all'orizzonte l'opportunità di dipingersi di un rosa pallidissimo.
Erano solamente le sette e lui era già sveglio da un'ora, di nuovo. Doveva ammettere che le lezioni alle otto del mattino iniziavano a non essere più così tanto indigeste, se alzarsi per primo dal loro letto poteva donargli quei momenti di pace assoluta.
Sospirò, lasciando lo sguardo a vagare lento sugli edifici attorno a lui. L'ultimo piano iniziava a piacergli, da quando Edoardo gli aveva mostrato l'alba per la prima volta, l'inverno passato. Avrebbe voluto andare a svegliarlo per mostrargli i giochi che il sole aveva deciso di portare nel cielo quella mattina, sempre diverso ma spettacolare in ogni sua apparizione.
Una punta di arancione in lontananza, immersa nell'azzurro ceruleo, gli increspò le labbra in un sorriso. Distolse l'attenzione da Apollo solo per un attimo, rincorrendo il fremere delle sue mani, ostaggio del freddo pungente d'inizio mese. Sentiva la pelle tirare attorno agli occhi e alle labbra, la punta del naso completamente gelata.
Prese un sorso dal suo tè caldissimo, scaldandosi anche le mani, appoggiato con gli avambracci sulla ringhiera ed il viso rivolto dritto verso il sole.
Il profumo di agrumi gli riempì le narici mentre riportava la tazza fra entrambe le mani e tornava a scrutare il giorno appena nato.
Si lasciò baciare dai raggi timidi, chiudendo gli occhi in un'espressione rilassata. Tornato a casa, quel pomeriggio, avrebbe potuto dedicarsi completamente alla lettura della traccia che Edoardo gli aveva chiesto di controllare. Il pensiero gli increspò la pelle in una rughetta al lato degli occhi.
William desiderò di nuovo di averlo affianco in quell'istante, con i capelli legati alla svelta e le mani infilate nella tasca della felpa che indossava, abbracciato a lui per proteggersi dal freddo.
E sentire sulla punta delle sue labbra lo stesso calore dei baci avidi che il sole gli stava lasciando sulle guance.
Forse, Edoardo sarebbe stato geloso di quei raggi, imbronciandosi solo per farsi baciare un secondo dopo. William arricciò la bocca in una risata accennata con se stesso, sorseggiando il suo tè.
«Amore?»
William lasciò le braccia del sole per voltarsi verso quel sussurro impastato dal sonno. Edoardo lo guardava con un occhio mezzo chiuso, affacciato alla porta del balcone, avvolto fra le proprie braccia come unico scudo dal freddo.
William sentì le guance già tiepide diventare ancora più calde. «Ehi. Torna a letto, è presto.» lo salutò, parlando piano.
Edoardo lo ascoltava senza guardarlo, rapito dal panorama dietro di lui. Uscì con una gamba soltanto, adagiandosi alla porta con una spalla. I ricci morbidi gli coprivano il collo e rimanevano incastrati nel colletto della felpa verde scura che aveva sopra il pigiama.
William mosse un passo verso di lui, studiando la meraviglia sul suo viso con un sorriso abbozzato.
Alle sue spalle, il sole si era indispettito e aveva deciso di sfoggiare i suoi vestiti più belli, inondando il cielo sopra di loro di nuvole dalle sfumature di rosa e di viola talmente varie da lasciare entrambi senza parole, con il naso rivolto all'insù.
Edoardo gli cinse la vita con le braccia, affondando le mani nella tasca della sua felpa, facendo sì che adagiasse la schiena al suo petto.
Gli lasciò un bacio sulla tempia, riposando il mento sulla sua spalla in una coccola guidata da un lieve rimasuglio di stanchezza.
William sorrise, inclinando la testa verso le sue labbra, adagiandosi alla guancia di lui. «Will?»
«Mhm?»
«Questa è la mia felpa?»
William abbassò il naso fino ad incontrare il colletto della felpa che indossava, ridacchiando. «Può darsi.»
Il sole gli venne in soccorso, accarezzando le guance di Edoardo con il più dolce dei raggi. Questi chiuse gli occhi, lasciando andare quella risposta con un sorriso appena accennato. «Si sta proprio bene.»
William annuì, lo sguardo a passeggiare sulla pelle di Edoardo, osservandone i minimi dettagli per impararli di nuovo a memoria, come ogni mattina.
«Sì.»
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occhicerchiati · 2 years ago
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Esercizi di scrittura
1) Scrivi una scena che si svolge completamente in silenzio.
L'acqua era di nuovo troppo fredda. William si fece da parte, portandosi le braccia intrecciate sul petto nel vano tentativo di scaldarsi almeno un po'. Girò il rubinetto su 'caldo' e aspettò, confinato in un angolo della doccia.
Sentiva i muscoli delle cosce tremare, mentre spostava il peso da un piede all'altro per non essere sottoposto a quel getto freddo troppo a lungo. Contemplò per un attimo l'idea di uscire in quel modo, bagnato per metà e con i capelli tutti insaponati. Le sue preghiere vennero ascoltate ad un secondo dall'aprire la porta in vetro, concedendogli un rivolo di acqua tiepida sotto il quale William si portò immediatamente, chiudendo gli occhi in un sospiro sollevato.
Si avvolse nell'accappatoio, legando persino la cinta in vita mentre si asciugava le gambe e portava le mani davanti alla stufina che aveva appoggiato sul lavandino. Girò lo sguardo sul pavimento, dove un ammasso di vestiti era rimasto intoccato dalla sera prima. Se Edoardo fosse entrato in quel momento, lo avrebbe sicuramente ripreso, come faceva ogni volta. Il pensiero lo fece sorridere, mentre frizionava i capelli con l'asciugamano. Fuori dalla finestra il sole non si vedeva ancora, immergendo il cortile interno del loro palazzo in una strana atmosfera statica.
William incontrò il suo riflesso nel momento in cui richiuse lentamente il cassetto dove tenevano l'asciugacapelli, insieme ad un paio di spazzole e i prodotti di Edoardo. I segni della frenesia degli ultimi giorni si erano disegnati sotto i suoi occhi, lasciandogli dei solchi profondissimi quanto il sonno del quale avrebbe avuto bisogno. Fece per attaccare la spina nella presa, fermandosi solamente quando gli balenò nel cervello l'immagine di Edoardo che dormiva nell'altra stanza; non poteva fare tutto quel rumore, non alle sei del mattino.
Si passò una mano sul viso, cogliendosi in un ghigno tenero che gli era rimasto impigliato nell'espressione.
Era una sensazione alla quale faticava ad abituarsi: aversi. Non trattenersi o rincorrersi ma scegliersi, tenersi, aversi dal primo sbadiglio fino alle ultime ore del giorno. Sorrise di nuovo a se stesso, cercandosi in quelle iridi blu nelle quali sentiva finalmente di riconoscersi, e riprese a tamponare i capelli con l'asciugamano, studiando il proprio corpo in uno sguardo compiaciuto. Alcuni dei tatuaggi che gli animavano la pelle non ricordava neanche di averli, finché non arrivava il momento di guardarsi distrattamente mentre infilava le mutande e poi, uno a uno, gli altri indumenti.
Richiuse la porta del bagno dietro di sé accompagnandola fino allo stipite, attento a non fare rumore. Dalla camera alla sua destra, solamente il passare incostante delle auto in lontananza e il flebile rumore del respiro di Edoardo.
William entrò in cucina, recuperando il cellulare dal ripiano dove l'aveva abbandonato la notte prima, quando l'urgenza di tenersi stretti aveva vinto sul suo senso del dovere.
Sul tavolo, anche il portatile ancora in stand-by e una tazza con quello che rimaneva di un tè.
Passò oltre, incollando lo sguardo allo schermo solo per prendere nota del tempo. Le sei e quattro minuti.
Sbadigliò, come se il suo corpo si fosse appena reso conto del fatto di essere già in piedi da almeno quindici minuti senza aver ricevuto la sua dose di caffeina e stesse protestando contro di lui.
Una moka già sul fornello spento gli inarcò le sopracciglia. Sfilò dal manico un foglietto incastrato in una fessura e si adagiò al piano cottura con la schiena, sorridendo fra sé.
'Moka pronta, devi solo accendere il fornello.
Ti amo.'
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-giulia vola
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