#basta fare il primo passo recensione
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traduttrice-errante · 2 years ago
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Basta fare il primo passo di Andrea Giuffrida, recensione
Nuovo articolo, nuovo interessantissimo consiglio di lettura! Non perdertelo! E a te piace viaggiare? #bastafareilprimopasso #tripnroll #andreagiuffrida #letture #libri #traduttriceerrante
Emozionante, commovente, un insegnamento continuo, mi ha fatto sognare tantissimo! Basta fare il primo passo è il primo romanzo scritto da Andrea Giuffrida, dei Trip ‘n’ roll, ovvero una coppia, Andrea appunto e Federica, che nel 2017 ha deciso di mollare tutto e fare il giro del mondo con un budget di 15€ al giorno. Se non è un’avventura questa da scriverci un libro! Basta fare il primo passo,…
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enkeynetwork · 2 months ago
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pangeanews · 4 years ago
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L’autobiografia di Woody Allen è brutta, indifendibile, nulla. Il modo in cui parla delle sue relazioni, poi, è imbarazzante. La rivolta di una fan pentita
Ragazzi, che delusione. Che batosta, sto a pezzi. Ho letto A proposito di niente, l’autobiografia di Woody Allen. Che miseria. La descrizione di un niente. Appunto. Da quando ho chiuso il libro, non faccio che chiedermi cosa dannato caz*o vi hanno di elevato trovato, i recensori, nell’auto-narrazione di tale star di uomo. Scialbo, noioso, lento. Vecchio, ma vecchio di indole, non all’anagrafe. E usare ognuno di questi aggettivi è per me, alleniana di ferro, una coltellata autoinflitta. Scopro subito le carte: seguo Woody Allen stile groupie da quando ero una ragazzina e lui già maturo signore maritato a Soon-Yi. Non ricordo il primo film che ho visto, ne ho visti tanti, tutti, alla rinfusa, combinando l’Allen degli esordi con quello miafarrowiano, e l’Allen dei flop degli anni ’10 del Duemila con quello degli Oscar degli anni ’70. E ho amato alla follia l’Allen scrittore, e di lui ho divorato libri, sceneggiature, e le tre biografie di Eric Lax. Ed è su queste ultime che punto a consiglio il più spassionato per chiunque voglia conoscerne il genio. Genio che c’è stato e c’è. Io mi rifiuto di credere che il vero Allen sia il borghese piccolo piccolo incensatosi in queste pagine.
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Che mi sia sempre sbagliata, in tutti questi anni di amore incondizionato verso tale ingegno? Davvero Allen non ha cultura come non fa che ripetere in A proposito di niente? Davvero ha letto così poco, davvero la sua erudizione è frutto di mere citazioni, davvero è questa ‘robetta’ qui? Non posso crederlo, non voglio crederlo. Eppure, è scritto. Ripetuto più volte, con un compiacimento che a definire irritante è niente. Signori critici, scusate, ma dove le avete lette le pagine che da fine marzo non fate che osannare? Dove caz*o stanno, in quale edizione, di certo non la mia: se avete ragione voi alla copia in mio possesso mancano dei pezzi. Le pagine che vi stanno e che ho letto sono piene di ripetizioni, e sono leziose, peggio, sono modeste. Scritte da uno che sulla pagina scritta per tutta la vita vi è stato e mai vi si è rivelato nella mediocrità qui riportata. Grigiore, battute scontate, sinceramente a me ha fatto ridere solo quella sul Lupo della steppa a pagina 59. Su 398. E poi, ve lo dico, non è tanto la banale esposizione di una vita oggettivamente non banale ad avermi deluso. No. È l’indifendibile immaturità sentimentale di Woody Allen. Fuori luogo, colpevole, non accettabile in un uomo di 84 anni. Preciso che non mi riferisco alle pagine – queste sì, più che notevoli – dedicate da Allen alla sua sacrosanta difesa e versione dei fatti sull’affaire Mia Farrow/Soon-Yi/molestie alla figlia Dylan. Anzi. Sono queste pagine necessarie, dopo 30 anni in cui Allen ha scelto il silenzio a protezione delle due figlie cresciute con Soon-Yi. No. L’immaturità sentimentale di Mister Allen è indigeribile quando riferita alle sue storie con Diane Keaton, la prima moglie Harlene, la seconda Louise, l’attuale Soon-Yi. Passo a processarle una per una.
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Abbassate quei ditini ammonitori, non ditemi che la vita privata altrui non è affar mio quando è liberamente svelata in un libro pubblicato dietro lauto compenso. Allora, Diane Keaton: Allen spreme due righe di elogi per un’attrice a me nei suoi ultimi film insopportabile, però grandiosa a inizio carriera e fino agli anni ’90 almeno. Ma: sfido chiunque a non ritenere offensiva e da galera la presa in giro che Allen fa della serissima bulimia che ha afflitto la signora Keaton. Lui la schernisce, elencando tutti i cibi che la ragazza davanti a lui ingurgitava per ogni volta vomitarli. Allen canzona una persona malata, malattia narrata per filo e per segno dalla Keaton nella sua autobiografia Oggi come allora. Diane Keaton e Woody Allen hanno convissuto anni, e lui ha la faccia tosta di scrivere di avere scoperto e appreso dei disturbi alimentari della sua ex compagna soltanto alla pubblicazione del di lei libro. E nel suo, di libro, ne ride! E la deride, e in più punti. Basta leggerli. Non ho finito: per anni hanno bollato Allen quale pervertito, malato sessuale perché ha sposato una 22enne mai stata sua figlia (Soon-Yi è figlia adottiva di Mia Farrow e del musicista André Previn), ma neanche figliastra in quanto Allen e Farrow non solo mai hanno vissuto insieme, ma Allen ha cresciuto esclusivamente i tre figli – uno biologico (forse) Ronan, due adottati, Moses e Dylan – avuti con Mia. Per anni lo hanno condannato in un processo mai svolto contro accuse di molestie su Dylan, accuse smontate in più indagini accurate e separate. All’opposto non hanno niente da dire sull’Allen che si è fidanzato e sc*pato una dopo l’altra tutte e tre le sorelle Keaton? Ciò vi pare normale o non un tantino… che so… pruriginoso, se non egocentrico? Per caso, oltre che in Beautiful, conoscete qualcuno che s’è portato a letto tutta una progenie? È scritto nel libro, e io non l’ho scorto, nemmeno a mo’ di battuta, in alcuna sua recensione.
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Sorvolo sul primo matrimonio di Allen, con la 18enne Harlene, ovvio che erano troppo giovani per far funzionare alcunché, e passo al suo secondo matrimonio con Louise Lasser: come si possa prendere alla leggera la personalità di una bipolare, segnata da una madre maniaco-depressiva suicida, una persona che usa e abusa di ogni tipo di droga pesante, è fuori dalla mia portata. Qualcuno me lo spieghi perché io qui non ce la posso fare. Allen descrive e si descrive in questo rapporto con una superficialità desolante. Si schermisce come davanti ai problemi della Keaton: io non conoscevo la bulimia, che potevo fare? Io non conoscevo il disturbo bipolare, che potevo fare? Ma una caz*o di minima responsabilità, Mister Allen, se la vuole prendere, sì o no? Chi di voi davanti alla persona che ama e che vede in difficoltà ha l’ignavia di girarsi dall’altra parte? Chi? E ora salto la telenovela con la Farrow, perché voglio urlare contro l’unione sentimentale la più insulsa, stupida, stagnante finora sentita: quella tra Allen e Soon-Yi. A parte le righe trite e ritrite “ci amiamo come il primo giorno… non ci annoiamo mai… lei è la migliore delle mogli…” ripetute fino alla nausea, Soon-Yi è in queste pagine descritta quale donna la più involuta della Storia contemporanea. Persino mia nonna, nata negli anni ’20 in un paesino ciociaro, era mille anni più avanti di lei. In un passo Soon-Yi vi è delineata “carina e intelligente”. Roba che se l’uomo che amo mi dicesse una frase simile, io lo ghigliottino. Carina e intelligente?!? Un marito ti deve s-t-i-m-a-r-e oltre ogni criterio possibile. E come stimi una donna che, testuale nel libro, non ha una professione, un interesse, tranne lo shopping? Soon-Yi non fa un caz*o da mane a sera (pagine 327-328): non si occupa della casa dacché il marito è ricco e ha la servitù, non si occupa delle figlie dacché le figlie sono all’università, così passa ogni giornata nell’ozio totale, e a leggere dalla prima all’ultima riga il New York Times. Ma lo sconcerto è che, avendo sposato una 22enne oggi 50enne tu, Woody Allen, sbrodoli su una donna dallo sviluppo sessuale nullo. E infatti, cari lettori, non si può barare: sono le nostre fantasie, e bisogni, e appetiti sessuali gli stessi che avevamo a 20 anni, a 30, e via sc*pando? Logico che il nostro personalissimo libro sessuale lo scriviamo vivendo. E come te lo vivi andando a letto con lo stesso uomo da 3 decenni, uomo che ti ha “aperto al mondo e guidato” (così nel libro) quando lui di anni ne aveva già 56 e aveva “fatto quattro salti tra le lenzuola” (dio mio, Mister Allen, che metafora povera e volgare nel riferirsi al sesso!) con chiunque la fama gli aveva fatto cadere tra le braccia?
Barbara Costa
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immersinelmondodeilibri · 4 years ago
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Scusate tantissimo per quest'assenza, purtroppo abbiamo avuto dei problemi di internet che, siamo riuscite a risolvere solo oggi e così abbiamo deciso di recuperare le recensioni in arretrato. Buongiorno lettori, eccoci di nuovo qui per presentarvi un libro che ho scoperto quasi per caso, ma che adesso che l’ho finito di leggere non posso più dimenticare. Molto probabilmente molti di voi lo conoscono per via del film che hanno tratto ma basta tenervi sulle spine, il libro di cui vi parlo oggi è Sul più bello di Eleonora Gaggero edito da Fabbri Editore. Ma che ne dite di andare ad approfondire un pò questo libro? Siete pronti a tuffarvi in questa ennesima storia? EDITORE: Fabbri Editore GENERE: romance/ teen romance SERIE: No PAGINE: 208 DATA DI PUBBLICAZIONE: 23 giugno 2020 TRAMA Marta ha diciannove anni, vive a Torino e si definisce un brutto anatroccolo senza possibilità di redenzione. In effetti, diciamocelo, non è per niente bella. E anche la fortuna non è dalla sua parte. Orfana dall’età di tre anni, è affetta da una malattia con un nome che è tutto un programma: mucoviscidosi. Le speranze che possa vivere una vita normale sono poche, pochissime. Però Marta ha spirito, ironia, forza di carattere. Tutte cose che si è conquistata con i denti, e che nessuno le può togliere. Ma soprattutto Marta non ha niente da perdere e ama le sfide. È così che decide di lanciarsi in un’impresa impossibile: vivere l’amore, viverlo sul serio, e non con un ragazzo qualsiasi, bensì con il più bello del pianeta, Arturo. Irresistibile, atletico, fidanzato. Una partita persa, una specie di suicidio dell’autostima. Eppure si sa, la vita si mette in moto quando noi decidiamo di fare un primo passo, ed è proprio questo miracolo che sfugge ai piani di Marta. Da un giorno all’altro si ritrova a vivere non solo una storia inaspettata e inimmaginabile, ma anche una vita nuova, intensa, ricca. Una vita che non si è mai concessa e che ha sempre desiderato. Una vita che potrebbe però finire da un momento all’altro, e mandare i frantumi tutti i sogni. Sul più bello. Età di lettura: da 12 anni. RECENSIONE COMPLETA SUL BLOG immersinelmondodeilibri.home.blog https://www.instagram.com/p/CKuaKIlHL04/?igshid=k6iqosihcpfb
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cristianesimocattolico · 4 years ago
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Divorzio, 50 anni (di disperazione) portati male
I 50 anni della legge Fortuna, altro che civilità: per la "conquista" del divorzio abbiamo già pagato un prezzo molto alto. Dalla fabbrica divorzista continuano a sgorgare immensi oceani di sofferenza, malesseri collettivi, disagio sociale, tragedie familiari, vite spezzate, episodi di violenza e pure impoverimento collettivo. Oggi persino nel mondo cattolico è palpabile la riluttanza nel proporre la questione. Il risultato è che mentre il numero delle separazioni si è stabilizzato, negli ultimi anni è letteralmente crollato il tasso di nuzialità.
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Cinquant’anni portati malissimo. Ma come accade per certe signore di mezza età, vista la loro ottima posizione sociale, non ci può azzardare a dirlo se non di nascosto e tra pochi intimi.
Stiamo parlando del divorzio, del quale abbiamo appena celebrato la ricorrenza del mezzo secolo dalla sua introduzione in Italia. I commentatori che ne hanno trattato hanno seguito quasi tutti la suddetta regola, rimanendo sulla falsariga della “conquista di libertà”, soprattutto per il genere femminile. Sono infatti pochi gli impertinenti che, come il sottoscritto, quando parlano dell’argomento si ostinano a voler guardare in faccia la realtà tutta intera.
Quando pubblicai il mio primo saggio sul divorzio eravamo nel 2008, e già c’era chi guardava all’imminente ricorrenza del quarantennale come a un traguardo di progresso e di civiltà da celebrare. All’epoca il mio intento non fu quello di contrapporre alla ideologia divorzista una difesa delle ragioni del matrimonio. Anzi, il mio desiderio era di compiere un’operazione di laicità. La “Fabbrica dei Divorzi” (ed. San Paolo) volle essere un tentativo di guardare all’esperienza del libero divorzio giudicandola dai frutti. Non si metteva in discussione il dogma per cui si fosse trattato di una “conquista di civiltà” partendo da una petizione di principio. Al contrario, si voleva dimostrare, dati alla mano, quello di cui nessuno parlava, e cioè che per la pretesa conquista del divorzio in poco meno di quarant’anni già avevamo pagato un prezzo molto alto, in termini di malesseri collettivi, disagio sociale, tragedie familiari, vite spezzate, episodi di violenza, e pure di impoverimento collettivo.
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La prima recensione la ricevetti su Famiglia Cristiana. Nulla di strano, visto che l’editore era lo stesso. Tre pagine intere con il titolo del libro – La Fabbrica dei Divorzi – citato persino in copertina. L'articolo iniziava così: “Un libro che farà discutere molto”. Quando lo lessi, benché sinceramente grato alle Edizioni Paoline, rimasi alquanto scettico, perché ero sicuro che non avrei trovato attenzione al di fuori di un ristretto circuito culturale. I fatti mi hanno dato ragione, perché ancor oggi che siamo arrivati al fatidico cinquantennale di cosa sia diventato il divorzio la società non ha affatto voglia di discutere.
Oggi persino nel mondo cattolico è palpabile una certa riluttanza nel riproporre la questione. Certo, sussiste ancora l’eroica fermezza di alcuni vescovi e parroci. Ma in molte altre diocesi e parrocchie – probabilmente la maggioranza – gli ecclesiastici sembrano persino compiaciuti del fatto di “essersi attestati su nuove posizioni”, come recitavano i bollettini di guerra ai tempi dell'Eiar, per non fare capire che le nostre truppe erano state sopraffatte.
Il primo esempio moderno di no-fault divorce, divorzio senza colpa, venne introdotto in California dal primo gennaio del medesimo anno 1970, sotto il governatorato di Ronald Reagan. Fu la prima volta in assoluto che, in uno Stato moderno, divorziare diventò un diritto soggettivo insindacabile di ciascuno dei coniugi. È innegabile che, secondo lo spirito del tempo, avrebbe dovuto trattarsi in particolare di un diritto femminile. Nel mondo nuovo che si era avviato con la grande contestazione del sessantotto, la donna avrebbe dovuto vedersi garantiti gli strumenti legali per liberarsi dalla dipendenza dal maschio. L’aborto fu solo il passo successivo, tanto che la famosa sentenza Roe Vs. Wade è del 1973, e la nostra legge sull’aborto seguì nel 1978, con il presupposto di voler autorizzare come “rimedio” ciò che anche in Italia sarebbe subito diventato un insindacabile diritto. Basta uno sguardo alle date per capire quanto fosse falsa la vulgata laicista sul “ritardo civile” che il nostro Paese avrebbe attraversato in quegli anni, a causa della presenza del Vaticano. Da allora, le cose si sono evolute in un senso univoco, in modo da rendere il divorzio sempre più facile e incondizionato, fino alla recente introduzione, nel 2015, del cosiddetto “divorzio breve”, e successivamente di quello che, in certi casi più semplici, si può ottenere senza nemmeno dover passare dal giudice o dagli avvocati.
Il millenario istituto del matrimonio è così divenuto nel giro di pochi decenni un negozio giuridico senza più alcun reale valore né privato né pubblico. Un vero e proprio caso unico del diritto civile, che per il resto si regge ancora sull'elementare principio per cui pacta sunt servanda. In realtà, le promesse del giorno delle nozze – coabitazione, fedeltà, impegno a crescere i figli insieme – al giorno d’oggi non hanno più alcun valore, perché i coniugi non hanno più strumenti per chiederne conto all'altro.
La gente comune ha iniziato a percepirlo, e a regolarsi di conseguenza. Infatti, il numero delle separazioni e dei divorzi in Italia è sempre sostenuto, ma ormai da un decennio a questa parte si sta stabilizzando. Negli ultimi anni, invece, è letteralmente crollato il tasso di nuzialità – cioè dei nuovi matrimoni –, mentre l’indice di natalità continua a essere tra i più bassi del mondo. Oggi, piuttosto che esporsi al rischio del divorzio, le coppie preferiscono non sposarsi nemmeno più e limitarsi al figlio unico. Tant’è che ogni anno i telegiornali ci confermano che le nuove nascite sono ormai stabilmente al di sotto della soglia psicologica delle cinquecentomila all’anno, e presto verranno surclassate dal numero delle morti.
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Le ragioni di questo fenomeno epocale sono, a mio avviso, riconducibili a una sola: il matrimonio non è più percepito e praticato, né tanto meno tutelato dalla legge, come un’istituzione fondamentale della società. Esso non è più vissuto dalle persone come un’alleanza tra uomo e donna per uno scopo comune, stipulata non solo nell’interesse degli sposi e dei loro figli, bensì di tutta la società. Al contrario, il matrimonio oggi sembra essersi trasformato in una cerimonia facoltativa che prelude a un rapporto liberamente risolvibile, al quale si accede soltanto in vista della tutela dei propri interessi individuali, sia affettivi che economici. Senza alcun riguardo per le ragioni dei figli, le quali, rispetto alla volontà di separarsi dei genitori, passeranno regolarmente in secondo piano.
E allora, che senso ha attardarsi ancora oggi a parlar male del divorzio, invece di attendere che esso finisca per esaurirsi demograficamente, così come sembra che avverrà per il matrimonio? Il motivo è che, per quanto nessuno lo dica apertamente, a cinquant’anni dalla legge Fortuna-Baslini la questione del conflitto tra i sessi che si esprime nella rottura dei nuclei familiari non è stata per nulla metabolizzata. Nella realtà quotidiana, dalla fabbrica divorzista continuano a sgorgare immensi oceani di sofferenza, disagio psicologico, malessere economico. Ogni anno, solo in Italia, i fatti di sangue direttamente connessi alle separazioni genitoriali continuano inesorabilmente a essere migliaia. I morti sono stabilmente sopra il centinaio, e vengono ricordati solo in quanto si tratti di “femminicidi”, senza considerare che spesso anche l’autore di certi fatti finisce per suicidarsi, talvolta dopo avere ucciso anche i figli. Inoltre, se andassimo a indagare anche sui semplici suicidi, i numeri salirebbero vertiginosamente.
La crisi dell'istituto matrimoniale sta generando depressione, malesseri, disagio sociale e povertà collettiva, in maniera molto più ampia di quanto il mondo del diritto e della comunicazione siano disposti ad ammettere. Gli operatori di questi settori, infatti, lavorano tuttora sulla base delle coordinate culturali di cinquant'anni fa. Vedono ancora, cioè, il divorzio come strumento di liberazione da contrapporre alla struttura irrimediabilmente autoritaria della famiglia patriarcale. Tant'è che, quando certi eccessi si impongono alle cronache, l'unico abbozzo di spiegazione che i media riescono a proporre è quello della ancestrale violenza del maschio che non riesce a tollerare le nuove libertà femminili.
Cinquant’anni di disperazione, dunque. Altro che “conquista di civiltà”, come invece ebbe a dire ancora nel 2017 la parlamentare Alessia Morani, riguardo alla riforma del divorzio breve della quale era stata relatrice. Eppure, il giudizio corrente che abbiamo visto passare sui media, in questi giorni di ricorrenza del cinquantennale, ha continuato a essere tra il celebrativo e il trionfalistico. Ancora non si riesce a porre la questione della crisi del matrimonio nei termini di una vera emergenza sociale, e nemmeno si riesce ad avviare un serio dibattito sul significato che, ancora oggi, potrebbe avere l’istituzione nuziale.
E allora, che fare? Da parte mia – forte della mia ulteriore esperienza di avvocato – sto continuando a scrivere sul tema, non più soffermandomi sul divorzio in sé, quanto piuttosto su ciò che si potrebbe ancora fare per salvare il matrimonio. Nel 2018 è uscito un mio saggio sulla conciliazione familiare, intitolato “L’amore non si arrende”, e tra un paio di settimane uscirà un nuovo testo, intitolato al rapporto tra “Il diritto e il desiderio”, sempre per i tipi delle edizioni Ares.
Ho dovuto cambiare editore perché anche molti cattolici, oggi, sono in difficoltà nel liberarsi dalla gabbia del politicamente corretto, o per meglio dire ci si trovano a loro agio come fino a soli pochi anni fa era impensabile. Al contrario, però, per la società nel suo insieme sarebbe un bel passo avanti se cominciassimo a liberarci dei luoghi comuni sui quali si reggono le separazioni facili e le famiglie allargate. Come quello per cui i figli minori sarebbero meno pregiudicati da un divorzio rapido “tra persone civili”, piuttosto che dal crescere assieme a genitori conflittuali, o non più innamorati. Sarebbe, insomma, già un traguardo se gli operatori coinvolti – a partire dagli avvocati, ma anche i magistrati, gli psicologi e persino gli stessi mediatori familiari – si informassero di più sulle reali dinamiche delle crisi familiari, e alle persone interessate ogni tanto sapessero dire la verità. E magari anche qualche no.
MASSIMILIANO FIORIN
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saggiosguardo · 5 years ago
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Recensione Roidmi NEX Storm: l'aspirapolvere top di Xiaomi ora lava anche i pavimenti
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Di solito noi maschietti non siamo esattamente i primi ad imbracciare gli strumenti di pulizia in casa. Eppure da quando gli aspirapolvere sono diventati più "smart", avvicinandosi al mondo tech, sono diventati improvvisamente interessanti anche per noi. Me ne accorgo nelle chiacchierate con amici ma anche dai numerosi feedback e richieste che ci arrivano nei canali di offerte. Qualche anno fa sembrava che i robottini automatici fossero la soluzione definitiva, ma il loro impiego dipende dalle abitudini della famiglia oltre che dalla forma e dell'arredamento dell'abitazione, in quanto da me tra i due bimbi, la tata, io e mia moglie, alla fine c'è sempre qualcuno in casa e quindi si sporca e si passa l'aspirapolvere normale costantemente. Per cui il robot non ha essenzialmente nulla da fare, salvo innescare una lotta coi bimbi o disturbargli il sonno. Ci è sembrata molto più utile l'idea dell'aspirapolvere senza fili, in quanto i due Dyson a traino che abbiamo usato negli ultimi 12 anni erano efficaci ma piuttosto ingombranti. E non mi riferisco solo all'occupazione da spenti ma proprio alla scomodità di portarseli in giro per casa, sbattendo alle porte o incastrandosi nei cavi. Tuttavia non ho mai avuto una buona opinione degli aspirapolvere a batteria e quello che avevo provato quando si è rotto il primo Dyson era così scarso che l'ho regalato dopo 1 settimana, finendo per comprare un secondo Dyson tradizionale (il modello DC37 Allergy Parquet). Nel trasloco del 2018 si è rotto anche quello in un paio di punti (mi riferisco solo alla carcassa) e anche se si poteva aggiustare ho deciso di sperimentare di nuovo un senza fili.
La scelta naturale era orientarsi ancora su Dyson poiché sono loro ad aver brevettato la tecnologia ciclonica e sono sempre loro ad aver sostanzialmente reinventato la categoria di quelli senza filo con la serie V. Tuttavia al tempo c'era il V9 che aveva appena sostituito il V8 e costava oltre 400€. Questo non lo avevo provato ma il V8 sì, a casa di amici, e mi era piaciuto molto. Nel frattempo ho provato tanti altri modelli "clonati" e dopo alcune delusioni sono approdato sul Roidmi F8 che mi ha davvero stupito. Lo usiamo ancora oggi in famiglia e anche se magari è meno potente di quelli a traino, si è rivelato assolutamente perfetto nell'utilizzo di tutti i giorni, anche sui tappeti. Nel corso del 2019 ne ho provati altri sei ma nessuno si è avvicinato alla qualità del Roidmi. Anche l'aspirapolvere Xiaomi Mi mi ha deluso, perché è silenzioso ma aspira poco ed ha una spazzola rotante che nel mio esemplare si bloccava ogni 2 minuti. E non vi elenco i modelli Bissel, Rowenta, ecc.. che ho provato, alcuni anche da 400€ che però erano sempre inferiori al Roidmi F8. Posto che l'opzione dei Dyson V è sempre ottima, mi sono trovato così bene con questo prodotto che ho voluto provare anche il successivo, ovvero il Roidmi NEX.
Design elegantissimo: il Roidmi NEX si riconosce per i dettagli neri
Mi scuso per questa lunga introduzione ma la ritengo necessaria affinché si capiscano due cose: la prima è che ho maturato una discreta esperienza su questi prodotti, la seconda è che non sconsiglio assolutamente Dyson, semplicemente mi sono trovato in condizione di provare un prodotto che costava meno e non me l'ha fatto rimpiangere. E come si dice: cavallo che vince non si cambia.
Utilissima la luce LED frontale che si attiva automaticamente
Il Roidmi NEX è molto simile esteticamente al modello F8, così come lo è anche F8 Lite che costa meno e costringe a poche rinunce: 80.000rpm vs 100.000, meno opzioni sulla potenza, batteria leggermente inferiore, non c'è l'app di controllo e la luce frontale.
Una cosa che mi piace davvero molto è che risulta discreto per via delle dimensioni compatte ed il design davvero pulito. Ottima la costruzione, robusta e con plastiche di qualità che danno subito la sensazione di un prodotto premium. È più piccolo rispetto la maggior parte dei concorrenti e si distingue per questa estetica elegante con priorità di plastiche bianche opache, che io preferisco nettamente a quelle lucide e colorate che si vedono altrove. Rispetto ad F8 ci sono degli accenti di nero, sia nel manico che nella spazzola.
Comoda la presa doppia per cambiare angolazione
Design ed ergonomia
Motore e serbatoio si trovano nella parte alta del manico, portando qui praticamente tutto il peso. Per questo si maneggia con grande facilità, aiutati anche dalla perfetta mobilità dello snodo presente sulla spazzola. Il suo formato compatto ci dona anche un ulteriore vantaggio rispetto la concorrenza, che è quello di poterlo praticamente appoggiare a terra arrivando quasi paralleli al pavimento, infilandosi così anche sotto i letti.
Come gli altri Roidmi il NEX si appiattisce quasi completamente
E in questi casi il Roidmi tira fuori un altro asso nella manica, poiché accende le luci LED frontali automaticamente per farci vedere dove si trova lo sporco. Una funzione che, vi assicuro, fa la differenza. Una piccola novità degna di nota è la presenza di un gommino antiscivolo sul retro del manico, cosa che consente di appoggiare l'aspirapolvere in sicurezza senza dover cercare l'equilibrio per non farlo cadere.
Una dotazione davvero completa!
I vari elementi si attaccano l'uno all'altro con un sistema pratico e robusto, che è identico e compatibile con gli altri modelli Roidmi. Si può dunque collegare solo la spazzola senza il tubo di prolunga, oppure uno dei tantissimi accessori in dotazione, come la spazzola piccola, il tubo flessibile (utilissimo!), il beccuccio stretto e quello con setole.
Potenza di aspirazione
Il motore del NEX è di 435W con 145 Air Watts, mentre quello di F8 è di 415W con 114 Air Watts. La differenza c'è ma si nota relativamente poco, in quando già con il precedente si riesce ad aspirare benissimo su qualsiasi tipo di superficie.
Una delle tante combinazioni possibili con la spazzola stretta e senza tubo
Tuttavia è interessante notare che nel NEX la rumorosità non è aumentata, anzi a massima velocità è anche leggermente inferiore. In più grazie alla potenza superiore ed al formato più ampio della spazzola, riesce ad aspirare anche particolato di dimensione maggiore. Ulteriore vantaggio che ho notato è che si può passare tra le tre potenze di aspirazione direttamente con i tasti sul corpo, mentre con F8 se ne alternavano solo due (minima e massima) dovendo utilizzare l'app remota per attivare anche quella intermedia.
Non c'è da aggiungere altro!
Serbatoio e pulizia
Il serbatoio da 0.4L non è il più ampio della categoria, ma è più che sufficiente per diversi giorni su una casa di 160mq. Questo si rimuove completamente dall'aspirapolvere con la pressione di un pulsante alla base e poi si svita per svuotarlo. Nel modello precedente c'era l'apertura dal basso, che consentiva uno svuotamento più rapido, mentre in questo caso si deve procedere manualmente.
Di primo acchito ho pensato ad un passo indietro in termini di praticità ma è più che altro un passo di lato, nel senso che si è cambiato approccio avendo sia pro che contro. Non è altrettanto veloce ma l'apertura completa del serbatoio consente di pulirlo molto meglio.
Autonomia e ricarica
Cresce anche la batteria, con un'unità da 8 celle agli ioni di litio che garantisce oltre 60 minuti di pulizia alla velocità base. Si passa poi a circa 30 min con la velocità intermedia e circa 15 minuti con quella turbo. Nella mia esperienza già quella base è sufficiente per polvere e piccolo particolato e con quella media si va ancora più a fondo sui tappeti. Difficilmente serve utilizzare la velocità massima. L'autonomia residua è indicata tramite 4 LED bianchi frontali, ognuno dei quali rappresenta il 25% del totale.
Un ulteriore vantaggio rispetto al modello F8 è che il manico consente una ricarica per contatto con la sua basetta d'appoggio. Quest'ultima è simile alla precedente e contiene dei magneti per far stare l'aspirapolvere in posizione, ma è piccolissima e non ha alcun incastro, dunque va considerato proprio come un appoggio e non può sorreggere l'intero peso dell'aspirapolvere sollevato.
Il NEX ha la basetta d'appoggio con ricarica per contatto: comodissimo
Nel quotidiano è un sistema molto utile, poiché il disco che si attacca al muro è molto discreto e basta appoggiare l'aspirapolvere per metterlo in carica. Ovviamente per sfruttare questa funzionalità si deve collegare l'alimentatore alla basetta, ma è anche possibile attaccarlo direttamente nella parte alta del manico se non si vuole utilizzarla. Da notare che arriva con la spina internazionale già dotata di adattatore per la presa italiana.
Funzioni smart
Anche se non è assolutamente essenziale, il NEX include il Bluetooth come l'F8. Non consuma praticamente nulla in quanto usa quello LE per stabilire la connessione e solo quando si sta utilizzando l'app si vedrà attivare il BT normale con l'accensione di un piccolo LED azzurro sul davanti. L'app in questione è quella Mi Home, che però va impostata su Cina come regione, come sanno tutti quelli che utilizzano gli efficienti dispositivi di Xiaomi per la domotica. L'interfaccia è comunque in italiano, anche se può capitare qualche traduzione approssimativa. Tramite l'accesso remoto da smartphone si esegue l'aggiornamento firmware e può essere interessante anche verificare la percentuale di carica o le statistiche sulla pulizia. Tuttavia la cosa più importante è che ci notifica quando il filtro va pulito e/o sostituito.
Il serbatoio d'acqua si attacca con un gesto, magneticamente
Lava anche il pavimento!
I più attenti forse avranno notato nella foto con la dotazione uno strano parallelepipedo nero, che non era presente su F8. Si tratta in sostanza di un piccolo serbatoio (circa 160ml) con un panno alla base, che si attacca a strappo (ce ne sono due in dotazione).
Per 160mq serve circa un serbatoio e mezzo
Attraverso un sistema meccanico questo consente di far gocciolare l'acqua sul pavimento e si attacca dietro la spazzola, quindi con una passata si aspira e si lava. Il funzionamento è semplicissimo, non c'è davvero nulla da fare, anche perché non è regolabile elettronicamente per decidere la quantità d'acqua che viene emessa. Tuttavia il sistema si blocca da solo quando si sta fermi.
Bagna il giusto per le mattonelle, forse un po' troppo per il parquet
L'ho provato sulle mattonelle nei bagni e nello studio/garage, dove funziona piuttosto bene. Tuttavia sul parquet di casa la quantità di acqua che rilascia è forse un po' eccessiva, in particolare dopo i primi minuti di uso in cui il panno si "inzuppa". Non è un grosso problema ma con alcuni tipi di legni e trattamenti può non essere indicato. Quindi questo aspetto va valutato caso per caso, o meglio, casa per casa. Rimane comunque un po' di acqua buttata lì, non sostituisce un vero lavaggio dedicato con detersivo e risciacquo.
Conclusione
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Il Roidmi NEX Storm è a mio avviso uno dei migliori aspirapolvere senza filo in commercio. È compatto, comodo da usare, con ottima dotazione, grande potenza di aspirazione ed un bel design. Ha anche funzioni smart utili, una buona autonomia ed un supporto costante del produttore, che facendo parte dell'ecosistema Xiaomi lo segue benissimo anche in termini di aggiornamenti del firmware. Avendo utilizzato per un anno il precedente F8 posso testimoniare anche la durabilità del prodotto, sia in termini fisici che elettronici (sopra vedete anche il precedente è sembra ancora nuovo).
Questa edizione migliora sotto tanti aspetti, con maggior potenza, minore rumorosità, autonomia superiore e ricarica per contatto, tutte cose che si notano nell'uso quotidiano e già bastano a fare la differenza. Mi sento invece più tiepido circa l'aggiunta del lavaggio, che non è sempre utile. Per fortuna ci sono tutte le altre migliorie che vanno comunque a posizionare questo modello su un gradino più alto rispetto al precedente F8. Il contro altare è l'incremento di prezzo, che sale a circa 400€: iniziano ad essere importanti dato che con questa cifra si acquistano spesso in offerta i modelli Dyson. Considerando solo l'efficienza direi che siamo più o meno a livello del V10 (che ha solo 6 Air Watt in più), ma ci sono pro e contro in entrambe le soluzioni se si vanno a guardare dimensione del serbatoio, maneggevolezza, design, accessori, controllo remoto, ecc.. Di certo è più facile indirizzarsi su un Dyson quando i prezzi sono così vicini, infatti F8 ha una "vita commerciale" più facile dato il listino più basso a fronte di una qualità altissima. Con il NEX la situazione si complica: per chi non conosce già F8 e la linea Xiaomi Roidmi deve essere difficile dargli la propria fiducia per un modello di fascia medio-alta. Infatti anche io l'anno scorso quando ho recensito il precedente avevo messo un punto interrogativo sulla questione, mentre oggi posso testimoniarne l'ottima qualità, robustezza e durata. Non vi sto dicendo che sia meglio o peggio di un Dyson, ma che ad oggi io scelgo e consiglio le Roidmi con massima tranquillità dopo una lunga esperienza d'uso che mi ha permesso di accertarmi del fatto che oltre alle ottime qualità immediatamente visibili ci fossero anche sostanza e sicurezza garantite nel tempo.
SCONTO IMPORTANTE: il prezzo di listino è di 399€ ma per il Black Friday l'affidabile sito GeekMall lo propone a soli 359€ e ci ha dato anche il codice sconto
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SAGGIAMENTENEX che fa ottenere un ulteriore riduzione di 8€ (promo valida fino al 15 dicembre 2019).
PRO
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 Piccola e ben costruita
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 Ottimo design: sobrio e robusto
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 Ottima potenza di aspirazione
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 Dotazione molto completa di accessori
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 Il filtro dura parecchio e il ricambio costa poco
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 Silenziosa
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 Facile da smontare e pulire
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 Connessione via Bluetooth per monitoraggio attività, batteria, filtro
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 Maneggevole e sottile, si infila dappertutto
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 Luce LED che si attiva in automatico nelle zone buie
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 Già efficace alla potenza minima
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 Autonomia fino a 60 minuti
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 Più veloce delle concorrenti nel ricaricarsi
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 La base d'appoggio ora funziona anche da ricarica
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 Lava anche il pavimento
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 Qualità garantita Roidmi: robuste e durature
CONTRO
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 Non proprio economica
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 Non si chiama Dyson
DA CONSIDERARE
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 Il lavaggio ha un'utilità limitata in base agli scenari d'uso
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from Recensione Roidmi NEX Storm: l'aspirapolvere top di Xiaomi ora lava anche i pavimenti
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weirdesplinder · 5 years ago
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Archangel’s war, Nalini Singh
Ed eccoci qui con la mia recensione di Archangel's war di Nalini Singh. Il libro numero dodici della serie Guild Hunter pubblicata anche in Italia ma poi interrotta. Alcune premesse prima di darvi la mia opinione su questo libro sono d'obbligo:
1- non è un gran bel periodo per me, ho qualche problema di salute al momento, perciò questo potrebbe avere avuto un peso sul mio giudizio; 2- non mi è ancora passata l'arrabbiatura per Archangel prophecy il libro precedente che era solo un preambolo, inutilmente lungo a mio parere, di questo libro e che per di più finiva con un cliffhanger, e questo ha certamente vauto un peso sul mio giudizio di quetso romanzo; 3- adoro Nalini Singh, ha scritto libri fantastici e questo pure ha pesato sul mio giudizio, altrimenti questo volume non avrebbe avuto tre stelle. Fatto questo breve preambolo giusto per chiarire come stanno le cose passo a dirvi cosa penso di Archangel war che ho faticato un sacco a finire. La prima cosa che penso è che è fin troppo lungo per quello che alla fine deve raccontare che non è altro che l'ennesima rinascita di Elena (e Raphael), l'ennesimo risveglio di altri antichi e l'ennesima battaglia contro l'Archangel cinese creatore di zombie. La seconda cosa che penso è che è un libro lievemente fotocopia (lievemente, differenze ce ne sono) di Archangel Legion, la battaglia con Lijuan è ancora una volta a New York, ancora una volta archangeli, angeli e antichi si uniscono contro di lei...bla bla bla... La terza cosa è che io avrei fatto finire la serie col libro 6 o 7 e basta, anche perchè la famosa Legione alla fine non si è capito bene cos'era, sì, è servita a vincere...ma... boh io non ho mai capito a cosa servisse, la stessa funzione poteva averla pure qualcun altro...boh Come non ho mai capito Naasir ma lasciamo stare questo punto. In questo libro si risvegliano un sacco di archangeli antichi che dormivano, ma certi non abbiamo nemmeno modo di conoscerli vedi Qin (se ho sbagliato a scrivere il nome scusate ma compare talmente poco che già l'ho scordato...), servono giusto da contorno. Ad un certo punto riappare Favashi che io mi ricordavo morta, così all'improvviso senza spiegazioni, e ho dovuto tornare indietro a leggere per capire da dove cavolo arrivava.... Boh tanti personaggi magari pure interessanti ma buttati lì senza molto senso se non come pile per Rahael e Elena. E' dal primo libro che Lijuan è la cattiva da sconfiggere, con Charismonn, ed è dal primo libro che Elena muore e rinasce....Pur con tutto il bene che voglio a Nalini anche basta. Io Lijuan l'avrei fatta morire prima e almeno avrei creato un nuovo cattivo....tutto sapeva già di già sentito e già letto. E poi il finale, santo cielo il finale..... SPOILER Le foglie? Davvero? La cattiva indistruttibile la signora della morte tramutata in foglie? sconfitta dalla vita che viene simboleggiata da un albero???? No, anche no... soprattutto perchè fare di Elena miss pollice verde proprio stona col suo personaggio. Lei è una cacciatrice. Non so è come se la Hamilton tramutasse Anita Blake in miss pasticcera...no, non ci sta. Piuttosto avrei apprezzato molto più un angolo di redenzione maggiore per il personaggio di Michaela, che diventa mamma viene cambiata dalla maternità e la maternità la traforma nel donatore di vita che alla fine sconfigge Lijuan con l'aiuto di Raphael e Elena. Questo si sarebbe stato un finale degno. Non delle foglie!!! La parte più interessante del libro è stata la riapparizione del padre di Ilium e la ripresa di sua madre. Basta.
Se volete saperne di più su Nalini Singh e i suoi libri andate a questo link: https://weirdesplinder.tumblr.com/tagged/nalini-singh
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lovelybooksproject · 7 years ago
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Recensione: Glitterland di Alexis Hall
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Glitterland è stata l'ennesima scoperta, il libro giusto al momento giusto. Un volume destinato, fino a qualche giorno fa, a rimanere per sempre nascosto nei meandri del mio Kobo. Non avevo molte aspettative quando l'ho iniziato, era l'ennesimo libro che mi veniva consigliato da Goodreads in base alle mie preferenze, alla mia ricerca di M/M con temi forti su disabilità, disturbi mentali ecc L'ho iniziato a scatola chiusa, senza neanche curarmi della trama, incuriosita soltanto dall'argomento trattato e dopo ore posso abbracciare e ringraziare di cuore quello che ormai è diventato il mio social preferito perché senza il suo aiuto non avrei trovato questo romanzo, così bello e struggente, tanto da costringermi a rimanere sveglia fino alle 5 del mattino per finirlo. Glitterland è fin da subito un libro che colpisce come un pugno nello stomaco, che ci confonde, ci porta nella mente frantumata di Ash, uno scrittore bipolare che soffre di ansia e depressione. Ash è un uomo distrutto che non riesce a dare un senso alla sua vita, che evita la felicità perché consapevole di quanto questa sia effimera e destinata a scomparire lasciando dietro di se solo  dolore e rimpianti, è questa convinzione ossessiva e distruttiva che lo porta a cercare consolazione in storie di una notte, perché è solo in quella stanza buia, avvolto dal corpo di un uomo sconosciuto, che si sente vivo, che la sua mente traditrice si zittisce e tra i gemiti e il calore sente il suo cuore battere, si sente un uomo normale. Ash è alla ricerca di sensazioni che lo tengano in vita e gli facciano provare sentimenti oltre il dolore, ed è così che una sera come un'altra incontra Essex, lo scrittore lo nota subito, quel ragazzo è così esuberante, vestito in modo ridicolo, da pirata sexy, pieno di glitter, un giovane con il quale non potrebbe mai nascere qualcosa, un ragazzo però abbastanza bello da poter essere un piacevole passatempo, per poter scaldare il suo corpo e la sua anima almeno per una sera. È con questa consapevolezza che non esita a lanciarsi tra le sue braccia, nonostante sia uno sconosciuto di cui neanche conosce il nome. Ash pensa che sarà solo per una notte, può permettersi il lusso di farsi toccare, di pregarlo per un po' di contatto, di farsi baciare con amore e passione, tanto non lo rivedrà più o almeno... così crede... perchè Essex ben presto, non è più solo Essex, non è più solo una sveltina ma diventa Darian. Proprio Ash che desiderava evitare i contatti umani il più possibile, continuando a contare solo sul migliore amico ed ex fidanzato Niall, si lega sempre di più al nuovo amante, desiderando per la prima volta qualcosa in più, qualcosa che forse va oltre tutto quello a cui la sua malattia, la sua gabbia, lo ha abituato. È infatti tra le braccia di Darian che lo scrittore ritrova la pace, che desidera la vita. Ash e Darian non potrebbero essere più diversi eppure si completano a vicenda. Ash è un uomo che soffre da anni, nel romanzo veniamo spinti dentro e fuori dalla sua mente, sentiamo i suoi pensieri e capiamo quello che deve subire arrivando a provare rabbia, pena e dolore per lui. Cerca di sparire, di nascondersi agli occhi del mondo ed è solo in serate occasionali con sconosciuti tra i fumi dell'alcool che ritorna ad essere se stesso, l'Ash di un tempo, sano, normale. Lui è disperazione, morte, rimpianto, dolore. Darian invece è il suo opposto, ci viene presentato fin da subito come un ragazzo sempliciotto, parla come un americano medio, è superficiale tanto da aver fatto del suo corpo un culto, desidera usare la sua bellezza per diventare un modello, si veste in modo eccentrico senza quasi provare vergogna ad apparire, non gli importa di essere al centro dell'attenzione perchè si sente sicuro di sé e bello e questo gli basta. È un personaggio che inizialmente non mi piaceva, lo trovavo troppo stupido e irritante per poter tenere il passo, passare da un uomo come Ash, profondo quanto l'oceano,a un ragazzo tutto glitter e piume, superficiale come una pozzanghera mi sembrava troppo azzardato, eppure... è proprio questo suo modo di essere che lo porta a diventare l'ancora di salvezza di Ash. Perchè ad Ash alla fine serve una persona come Darian, una persona che lo spinga a superare i propri limiti e a lottare contro la malattia che lo sta uccidendo nella mente e nel corpo. Lo scrittore è sempre stato circondato da persone come Niall che lo hanno visto più come paziente che come essere umano, che hanno sempre dato più importanza alla malattia. Niall è l'amico di sempre, l'ex fidanzato che dimostra al lettore come non sempre l'amore possa salvare le nostre vite, Niall è l'uomo pieno di buone intenzioni che si lascia schiacciare da qualcosa più forte e grande di lui, è stato per molto tempo la salvezza di Ash, non solo perchè gli ha salvato la vita impedendone il suicidio e facendolo ricoverare ma anche intervenendo per ogni singola cosa, è quello che viene svegliato alle 2 del mattino per andarlo a prenderlo in una stradina dopo che questo ha passato una notte nel letto di uno sconosciuto, che gli toglie dalle mani pasticche di droga, che gli ricorda di prendere le medicine, Niall è un uomo normale che convive con il desiderio di aiutare l'ex e amico e che si lascia annientare e schiacciare, è vittima di Ash e nonostante mi sia sembrato un personaggio antipatico e crudele, nel corso della lettura l'ho capito, compreso, ho guardato oltre vedendo l'essere umano fragile che si nasconde dentro di lui, i gesti di cattiveria sono solo dettati dalla disperazione e dalla consapevolezza di quanto sia stato impotente ad aiutare l'unica persona che in qualche modo ancora ama. Niall è quindi una vittima e sembra vedere solo il lato malato di Ash, basandosi solo sulle sue esperienze negative, ricordandosi solo i momenti brutti della relazione trasformando questi ricordi in artigli pronti a trascinare l'ex compagno nella parte più oscura, rendendolo sempre più malato, sempre più dipendente. Darian è l'opposto, lui non è preparato sulla malattia come lo è Niall, tutto quello che sa già solo sul disturbo bipolare lo conosce per sentito dire, per averlo visto in un documentario in tv, come molti americani, potrebbe sembrare l'ultima persona a potersi occupare di Ash, non sa minimamente cosa lo aspetta da lì a poco, eppure non se ne preoccupa, vuole far sentire bene il compagno e lo fa senza rendersene conto, dona ad Ash umanità e fiducia. E sono proprio queste due cose che sono sempre mancate allo scrittore, quest'ultimo è sempre stato intrappolato dalle voci nella sua testa, in primis quella di Niall, voci che gli ricordano che la felicità non durerà, che lui ucciderà Darian togliendogli la gioia di vivere, gli dicono che deve lasciarlo volare via, libero dalla gabbia della sua malattia, Ash non ha mai cercato di vivere la sua vita perché nessuno ha cercato di aiutarlo nel modo giusto, di spingerlo anche con la forza, Darian invece lo fa ed è ironicamente proprio questa sua ignoranza a fare la differenza, lui non sa cosa stia provando Ash e gli da compiti semplici per un essere umano, esci a comprare la spesa, prepara un'insalata, prova a camminare su una passerella, parla al telefono con la nonna... compiti semplici eppure così preziosi per qualcuno che cerca disperatamente anche solo di respirare, di alzarsi dal letto ogni mattina. Il modello tonto e goffo con il suo modo di fare così esuberante e dolce dona umanità, fiducia, rispetto e si contrappone alla malattia e soprattutto alla società malata in cui vive il partner. Questo lo possiamo vedere perfettamente nel confronto di Ash al ricevimento per il matrimonio di Max, tutti gli uomini che lo circondano sono così perfetti e intelligenti agli occhi del mondo, con belle carriere, belle auto, tanti soldi,  eppure sono più malati del "pazzo", vittime della loro ignoranza, invidia e rabbia, disposti a sputare veleno su un ragazzo sconosciuto che ha l'unica colpa di essersi vestito in modo eccentrico e sembrare ai loro occhi felice, troppo felice per essere intelligente e quindi uno stupido, un essere inferiore da annientare. La società in cui vive Ash è fredda, chiusa e distante e si contrappone ad Essex e al suo mondo, un mondo colorato, fatto di persone gentili che nonostante non siano così intelligenti riescono a vedere oltre le malattie e gli stereotipi, è stato bello vedere le reazioni di Darian e i suoi amici alle fredde parole di Niall, vedere come le parole bipolare o depressione non erano riuscite a distruggere l'affetto per Ash né il rispetto che questi provavano per lui. In un mondo in cui le etichette sono tutto, per loro non erano così importanti. Darian e Ash sono quindi perfetti insieme, un mix esplosivo, fatto di passione, amore, dolore e rinascita. Il modello riesce a far rinascere lo scrittore, dà fuoco al suo corpo, alle sue vene, alle sue ceneri facendolo risorgere come una fenice, lo fa con amore, dolcezza e fiducia. Questo libro è stupendo e intenso, non so se consigliarlo a tutti perché è davvero molto forte, non troveremo mai scene di violenza esplicita, atti di autolesionismo, tutto è accennato e delicato ma è comunque qualcosa che fa male, durante la lettura mi mancava il fiato a riconoscere la disperazione nella voce del protagonista, nella sua lotta alla vita, contro la vita, per la vita. È un libro da capire e amare piano piano... che ha bisogno di tempo per essere compreso fino in fondo, è strano perché lo stile è molto particolare, in linea con il protagonista, ci sono molti momenti di riflessione, frasi che ricreano quasi un mondo psichedelico, facendoci cadere nell'abisso in un primo momento e vedere la luce subito dopo. Una lettura difficile ma intensa e viva, con un messaggio di forza e speranza, ovviamente mi rendo conto che alcuni potrebbero storcere il naso dopo la lettura viste alcune dinamiche, di certo non sempre basta dare fiducia a una persona per salvarla da se stessa e Niall né è un esempio, Niall ha in un primo momento provato a salvare Ash con l'amore, quello dolce e puro per poi arrendersi e cercare di salvarlo con la forza, la prevaricazione, la paura, instillando nella mente del protagonista che solo seguendo certe regole si può essere felici, che la felicità è passeggera, che stare con una persona come lui equivale a perdere se stessi... quindi bisogna sempre considerare questo durante la lettura. Glitterland semplicemente vuole dimostrare uno dei modi in cui si può salvare una persona, un modo che non deve essere per forza universale ma che è perfetto per Ash, per il suo modo di fare ed essere. Mi sento di consigliarlo senza indugi nel caso siate interessati all'argomento e siate abbastanza aperti e sensibili, non vi mancheranno spunti di riflessione, momenti dolci in cui sorridere ed emozionarvi, momenti bui in cui piangere e disperarvi, arrabbiarvi con Ash e il suo mondo. Se siete abbastanza forti per poter reggere questo romanzo e il peso che porta dentro credo dovreste dargli una possibilità in caso contrario rischiate di rimanere confusi e delusi. Da iniziare insomma a vostro rischio e pericolo. Nel mio caso è stata una scoperta gradita e meravigliosa, un viaggio incantevole e commovente che mi ha donato emozioni e perché no, mi ha spinto a essere meno bacchettona, sentendomi non poco in colpa per aver giudicato male Darian solo per il suo aspetto fisico e per il modo di parlare. Un libro che porterò nel cuore, entrato nei miei preferiti e che sicuramente rileggerò nel tempo conservandolo gelosamente nel mio ebook reader.
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jazzluca · 6 years ago
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MEGATRON ( Ultra ) Robots in Disguise [2001]
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Quasi vent’ anni e non sentirli, il MEGATRON della serie Robots in Disguise del 2001 fu un classico istantaneo appena uscì, entrato di prepotenza fra i must del brand di tutte le linee. Unico "cattivo" con lo stampo inedito nella sua linea, il Gigatron di Car Robots è decisamente unico, pur non essendo il primo e l'ultimo Transformers a 6 trasformazioni.
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Già l'aspetto del ROBOT stesso è anticonvenzionale, infatti, dato che ci troviamo difronte ad una sorta di rappresentazione demonica di un Cybertroniano, con vere e proprie ali da pipistrello sulla schiena ma anche ai lati delle orecchie, ed un design dell'armatura quasi gotico/barocco, con spalline ricamate da orli dorati su un nero principale ben bilanciato dal viola di piedi, cosce e bicipiti, viola che si manifesta anche sulle membrane in plastica trasparente delle ali, così come c'è plastica trasparente ma rossa sulle ginocchia, gli scudi e artigli ripiegati sugli avambracci, e la cresta della fronte. Per finire, plastica metalizzata dorata sempre sui suddetti scudi, gli artigli delle ali mentre il petto è metalizzato argento che diventa azzurro, con al centro la Scintilla dei Predacon ereditata dai giocattoli Beast Wars.
La posabilità è altissima, con la sola mancanza della rotazione del bacino, mentre già i pugni ruotano così come sono snodatissime le caviglie su balljoint, anche se queste giocoforza rendono a volte instabile il robot, sebbene le altre articolazioni sono solide e pure a scatto.
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Viste le numerose TRASFORMAZIONI, ci sono parecchi avanzi sul robot, ma non danno troppo fastidio, come la coda dietro la schiena che si mimetizza fra le ali, o le zampine anteriori del drago che abbracciano l'addome, ma direi che solo gli artigli ripiegati sugli avambracci sono poco belli a vedersi.
Il robot è infine armato con due spade le cui else si uniscono in un'unica arma, e le lame possono essere sparate come missili schiacciando l'apposito pulsante.
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La prima trasformazione, più semplice da affrontare dal robot, è quella del PIPISTRELLO, dato che basta aprire il petto e far uscire il muso che copre la bocca del nostro Meggie, ripiegare le gambe dietro la schiena, e ruotando gli avambracci verso l'interno con i gomiti fermi, in modo da allungarli e nascondere i pugni.
Ok, il pipistrello è un po' pretestuoso e goffo, con le braccia spacciate per zampe posteriori ed il solo musetto a coprire parte della faccia del robot, ma l'idea è semplice ed efficace, e l'apertura delle ali assai ampia diminuendo la pesantezza del corpo centrale, gambe ripiegate dietro la schiena comprese.
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Di ben altra risma il DRAGO A DUE TESTE, ottenibile nascondendo il faccione di Gigatron dentro al petto, e rimpiazzandolo con la coda finora ripiegata, alzato e ruotato di 90° le braccia, ora zampe posteriori, posizionato le gambe, con i piedi che diventano le teste, fatto uscire le zampine anteriori e sopratutto ribaltato le ali dalle spalle al fu bacino del robot.
La bestia bicefala fa la sua dannata figura, ed è decisamente la modalità principale pensata per questo personaggio, dato che non ha praticamente alcun avanzo delle altre modalità. Magari si gioca facile, dato che è praticamente il robot a testa in giù, ma la resa è accettabilissima, con le teste del drago davvero belle a vedersi e con la trasformazione di queste semplicissima graze alle corna ribaltate. Magari il pannello delle ali è un po' posticcio, dato che è appoggiato ad un perno del bacino/schiena, ed a essere precisini le zampe anteriori sono forse troppo lunghe, ma volendo, se ben posizionato, resta in piedi grazie solo a queste, anche se la coda serve a fare da perno.
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Dal drago all'AEROPLANO il passo è breve, con le teste del drago che si ribaltano verso le ali, ripiegandosi con un ulteriore nodo nascosto nei polpacci/colli, mentre le zampe / braccia slittano verso il basso rispetto alla posizione delle spalle dopo aver aperto il pannello del petto.
Anche il jet potrebbe essere tacciato di pretestuosità, ma ha tutti gli elementi al punto giusto, come le grandi ali, i reattori sotto di essi e quelli sopra formati dagli arti, ed il muso formato dalla coda protesa, con una cabina di pilotaggio sulla punta formata da due occhi diabolici in plastica trasparente rossa, sempre per donare un tocco di organicità al velivolo.
Non è stato menzionato finora, ma le due spade in ogni modalità hanno la loro posizione definita, ovvero sulle ali delle due precedenti bestie menzionate, ma nel jet sono essenziali alla fisionomia del mezzo posizionate alla base del collo / coda.
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La modalità meno convincente di tutte è sicuramente l'AUTOMOBILE, ottenibile dal jet ribaltando in avanti le ali e piegandole a metà, mentre le braccia si agganciano alle gambe, che si posizionano all'indietro formando la parte posteriore del veicolo: per quanto ci siano anche qui parti dedicate, come le ruote e la cabina, anche questa con due occhioni come paraprezza, è davvero bizzarro come veicolo, nonostante delle intuizioni interessanti come appunto le ruote nascoste fra le ali, ma il design di questa sorta di Batmobile demoniaca è rovinato dai piedi troppo sporgenti e dal petto del robot subito dietro la cabina che rovina l'aerodinamicità del mezzo.
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Passiamo all'ultima modalità, quella più bizzarra, ovvero la MANO gigantesca, con le 4 dita formate dagli arti avvicinati e la coda come pollice, mentre le ali sono ripiegate ai lati del dorso. Forse solo questa trasformazione, anche per la mera ideazione, merita il prezzo di tutto il modello, grande poco più della mano media di un adulto, con le dita tutte dotate di tutte le falangi, ed il pollice spostato perchè sia una mano destra.
Ma non fa solo scena, questa manona, dato che il pannello del bacino si solleva e diventa una leva che alzata permette alle 4 dita di chiudersi nel palmo! Insomma, qualche modalità non è riuscitissima, ma complessivamente l'asticella è alzata non di poco dall'originalità del look e dalla peculiarità delle modalità stesse, senza contare che la versione occidentale ha le piccole modifiche che gli permettono di aumentare le trasformazioni a 10, come la sua versione avanzata di Galvatron, il bianco repaint Devil Gigatron giapponese che appunto ha 4 trasformazioni in più, le quali magari meritano una recensione a parte.
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Infine, questo Megatron, come accennato all’inizio, è davvero un classico imprenscindibile nella collezione di qualunque fan dei Transformers: in questo periodo di rivisitazioni dei personaggi del suo periodo magari potrebbe saltare fuori una sua versione moderna, ma difficilmente riuscirebbe ad arrivare alla completezza dell’originale, al massimo, se proprio ( giustamente ) vogliono celebrarlo, basterebbe solo una ristampa.  
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yesnaturaonline-blog · 6 years ago
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Krestina Pro + Lozione in Fiale: Blocca la Caduta dei Capelli? Funziona Davvero o è una truffa?
La caduta dei capelli è un problema che affligge moltissimi uomini, ma anche tante donne. Capelli radi o indeboliti non donano un bell’aspetto sano alla persona, inoltre possono essere causa di imbarazzo e disagio.
La scarsità o assenza di capelli, sono problemi fisici, ma possono portare come conseguenze difficoltà e disagi psicologici anche pesanti. L’idea che non si possa contrastare la caduta, o che sia impossibile rinfoltire i capelli e rafforzarli è molto generalizzata.
Di solito le persone cercano solamente di “farsene una ragione” e accettano la caduta come uno spiacevole cambiamento dovuto a invecchiamento, stress, squilibri ormonali o carenze vitaminiche. Sono davvero milioni gli individui che hanno questo genere di problemi.
Come prevenire la caduta dei capelli? ​
Con la lozione Krestina Formula Plus oggi è possibile e alla portata di tutti!​
Il capello ha una sua vita, una volta arrivato al termine cade, ma viene subito sostituito da un altro. Si tratta di un processo fisiologico che può far perdere dai quaranta ai sessanta capelli al giorno. 
Se però la ricrescita non si vede oppure la perdita di capelli è ben superiore è il caso di correre ai ripari.
La caduta dei capelli che colpisce una vasta percentuale della popolazione, con una propensione per il sesso maschile, può essere affrontata con prodotti appositi.
 Tra i rimedi proposti sul mercato c’è Krestina Nuova Formula + Fiale, un prodotto che permette di bloccare la caduta dei capelli e di ridare loro corpo e vigore. 
L’originale Krestina della linea Bioness infatti è appena stata migliorata e riformulata per soddisfare il bisogno di arrestare la caduta dei capelli e favorire la ricrescita sia per uomo che per donna.
Come Curare la calvizia con Krestina Plus + Fiale Omaggio – Passiamo alla recensione:
Si tratta di un rimedio del tutto naturale e made in Italy, una lozione sicura ed efficace che già dal dodicesimo giorno di utilizzo blocca la caduta dei capelli. Vediamo come funziona.
Krestina Pro Plus è una lozione spray che viene applicata ai capelli che possono essere rinfoltiti fino al 67%.
Utilizzando questo prodotto si stimolano le cellule staminali per far si che avvenga la ricrescita dei capelli in modo fisiologico.
Vengono anche rallentate le stempiature e la caduta del capello, in fase anagen, cioè quando sta ricrescendo, viene protetto per assicurarne appunto la crescita.
Ricrescita naturale
Noterai gradualmente la ricrescita dei capelli seguendo il giusto trattamento con Krestina Pro e la Lozione cadiuvante in fiale.
Capelli più forti
Il capello in ricrescita è il 37% più forte dell’originale grazie ai componenti stimolanti e nutrienti contenuti in Krestina Pro
No trapianto
Non hai la necessità di effettuare un costoso trapianto di capelli. Segui il giusto percorso con Krestina Pro e lozione in fiale per un risultato top.
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Quali sono gli Ingredienti di Krestina Plus + Fiale​
Tutti gli ingredienti contenuti in Krestina Pro e lozione in fiale sono naturali, anallergici e non producono effetti collaterali. Sono stati selezionati accuratamente da un team di sviluppo di farmacisti esperti e attenti alla cura della persona.
Olio di Tea Tree
Alga Condro
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Biotina
Estratto di Propoli
Eucalipto
Mentolo
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Il trattamento, appositamente studiato per la ricrescita dei capelli ed il suo mantenimento, ha la durata di 1 mese. Per ottimi risultati è consigliabile seguire le istruzioni riportate qui di seguito o sulle confezioni.
Krestina Pro + Lozione Anticaduta in fiale Funziona contro l’alopecia androgenetica?​
Ogni persona, prima di fare un acquisto, ha la tendenza a porsi questa domanda, ma Krestina Funziona o è una truffa? non tanto per i soldi che va a spendere, quanto perché è alla ricerca di quel preciso risultato che cambierà la sua vita. 
A volte non importa tanto il costo o il prezzo ma quanto l’ottenimento del risultato. Motivo per cui prima di acquistare al 97% vogliamo sapere cosa ne pensano gli altri, se lo hanno già provato e se ne hanno davvero tratto dei benefici.
Krestina funziona e lo dimostrano i tanti clienti soddisfatti. Rallenta la caduta dei capelli e favorisce la ricrescita, rinfoltendo la chioma. Per quanto riguarda gli uomini questo prodotto può essere utilizzato anche per rinvigorire e rinfoltire la barba.
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Per provare l’efficacia della lozione Krestina sono stati fatti test che ne hanno provato l’efficacia fin dal dodicesimo giorno di utilizzo. Le recensioni dei clienti sono tutte positive. Chi utilizza la lozione Krestina nuova formula in abbinata con le fiale seguendo i consigli per l’applicazione rallenta effettivamente la caduta dei capelli e li rende più forti, sani e folti.
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Krestina Pro è una lozione molto semplice da utilizzare. Qui di seguito 3 semplici passaggi da seguire per ottenere ottimi risultati in poco tempo.
VAPORIZZARE SULLA CUTE
Vaporizzare Krestina Pro sulla cute dopo aver effettuato un lavaggio e massaggiare leggermente.
NON RISCIACQUARE
Dopo aver vaporizzato e massaggiato non risciacquare in modo che la soluzione possa avere maggior effetto.
USARE GIORNALMENTE
Usare giornalmente, anche 2 volte al giorno, in relazione al livello di caduta dei capelli, per almeno 2 mesi consecutivi.
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Lozione per capelli diradati Krestina – Opinioni dei clienti:​
Armando C. Milano Da molti anni ho un problema di diradamento sulle tempie, una volta usavo prodotti di farmacia e poi sono passato a Krestina Pro. Lo uso 3 volte a settimana, si sente subito che riattiva la circolazione perché sulla pelle avverto un leggero formicolio; col tempo i risultati sono stati eccezionali, non perdo più i capelli come prima, ora sono più forti e robusti. Mara T.Isernia Dopo un parto ed un periodo di lavoro davvero stressante ho cominciato a perdere i capelli, in più sentivo la cute prudermi con un sacco di forfora. La mia parrucchiera Lucia è anche una cara amica e mi ha fatto provare Krestina Pro, sinceramente non ci credevo ma i risultati parlano da soli, capelli belli e sani, lucidi e finalmente posso farli ricrescere come piacciono a me. Stefano D.Roma E’ stata mia moglie a comprarmi Krestina Pro, era stufa delle mie continue lamentele sulla calvizie! Io uso sia lo shampoo che lo spray e mi trovo benissimo, a differenza di prima non vedo più i capelli caduti dappertutto. Non è una cura medica, lo spray si mette dopo il lavaggio, in poco tempo ho cominciato a sentire i capelli più forti!
Se per gli uomini il punto forte di Krestina Pro è la ricrescita dei capelli per le donne invece è il rinfoltimento e la massa dei capello.
Infatti le donne si lamentano spesso di avere capelli sottili e rovinati. A volte questo è causato dalla gravidanza, ma grazie all’aiuto di Krestina sarà possibile rimediare ai capelli rovinati, sottili e che si spezzano.
Krestina aiuta sia uomini che donne ad avere una capigliatura migliore, più ricca e folta. In fase di ordine potrai scegliere una delle tre opzioni per acquistare il prodotto.
IL PARERE DEL TRICOLOGO​
Riconoscere le cause della caduta dei capelli è il primo passo per arrivare alla soluzione più adatta per risolverla. Consiglio senza dubbio Krestina Pro, essendo un prodotto professionale, a chi necessita di un trattamento totale per migliorare la salute di capelli e cute, in quanto li fortifica riducendo la caduta e stimola allo stesso tempo la ricrescita. 
A differenza dei prodotti per capelli più venduti in commercio, i principi attivi contenuti nella formula di Krestina Pro sono sicuri e scientificamente testati, ma soprattutto naturali al 100%. Krestina Pro purifica la cute dalla forfora e dall’eccesso di sebo, rivitalizza il cuoio capelluto e idrata il capello.
Informazioni importanti
Il trattamento Krestina Pro con Lozione in fiale di mantenimento è un prodotto professionale venduto fino ad oggi solo nei centri tricologici professionali e centri specializzati. Diffidate da rimedi “miracolosi” di dubbia natura. 
Il nostro trattamento non promette miracoli ma una corretta soluzione alla caduta dei capelli. E’ un trattamento adottato sia da donne che uomini e contiene solo componenti naturali e benefici per il cuoio capelluto studiati appositamente da esperti tricologi.
Come si Ordina Krestina, il suo prezzo e Come Si Effettua il Pagamento
Ordinare Krestina Pro è semplicissimo. Basta compilare il modulo di ordine con il proprio nome e cognome, numero di telefono, selezionare appunto l’offerta e infine inserire il proprio indirizzo per la consegna che avverrà nel giro di tre o quattro giorni. 
Pagherai in contrassegno al corriere. krestina ha un costo contenuto e lo affermano anche i clienti che l’hanno acquistata.
IL TRATTAMENTO PROFESSIONALE KRESTINA PRO è IN VENDITA SOLO NEI CENTRI TRICOLOGICI PROFESSIONALI MA ADESSO è DISPONIBILE ANCHE QUI.
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Fonte: https://yesnaturaonline.com/krestina-pro-lozione-in-fiale/
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saggiosguardo · 5 years ago
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Recensione AirPods Pro, la cancellazione del rumore li ha resi ancora migliori
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I primi AirPods risalgono al 2016, quindi parliamo di un prodotto ancora abbastanza giovane ma che è già riuscito a lasciare il segno. Nel periodo del boom dell'iPod si vedevano ovunque persone che indossavano gli auricolari Apple, che spiccavano sugli altri per la loro colorazione bianca. Ed erano anche un elemento caratteristico della storica campagna pubblicitaria con le silhouette su sfondo colorato. Oggi viviamo una sorta di allergia ai cavi che storicamente caratterizzano i dispositivi hi-tech. Ne facciamo volentieri a meno, anche quando significa perdere qualcosa in termini di efficienza. Non è insolito che la praticità vinca sulla qualità, basti pensare agli MP3 che si sono imposti sui CD così come ora si preferisce l'ascolto wireless anche se riduce la fedeltà. La storia ha la curiosa attitudine a ripetersi, per cui quasi 20 anni dopo l'iPod con le sue Earbuds bianche – che in molti chiamavano "cuffiette" – oggi vediamo nuovamente moltissime persone con gli auricolari Apple, ma questa volta si chiamano AirPods ed hanno perso il filo.
Dopo il modello del 2016 è arrivato un aggiornamento a marzo del 2019, così leggero che non è stato neanche cambiato il nome del prodotto. Gli AirPods (di seconda generazione) sono virtualmente identici eppure migliori in tanti modi, in particolare grazie al nuovo chip H1 che ha sostituito il precedente W1 ed aggiunto la possibilità di richiamare sempre Ehi Siri oltre ad una migliore stabilità della connessione, il Bluetooth 5.0 e microfoni più performanti. La novità più evidente, però, è la ricarica wireless, che ci ha liberato da un altro cavo ma ha richiesto un esborso aggiuntivo di 50€ rispetto alla versione con custodia tradizionale (che costa 179€).
Dato il successo del prodotto – che insieme all'Apple Watch contribuisce a gonfiare i profitti per contrastare il lento declino di quelli derivanti dalle vendite di iPhone – Apple ha deciso di alzare l'asticella aggiungendo un nuovo modello più performante, denominato AirPods Pro. Questi auricolari non sostituiscono i precedenti ma vanno ad ampliare l'offerta coprendo una fascia più elevata, così come fanno tutti gli altri prodotti Apple con la parola "Pro" nel nome. Ed è solo una parola, niente di più. Mi sembra inutile polemizzare o sottolineare che non si tratta di auricolari per i professionisti dell'audio o gli amanti dell'alta fedeltà. Il goal di Apple con gli AirPods non è certo questo, quanto quello di offrire un'esperienza d'uso incredibilmente comoda e priva di inutili complicazioni. Questo è ciò che interessa alla "massa", molto di più che non una riproduzione particolarmente fedele del suono.
Gli AirPods Pro si distinguono principalmente per una funzionalità: la cancellazione attiva del rumore. Si può dire che tutti gli altri cambiamenti derivino essenzialmente da questo, a parte la comoda aggiunta della resistenza al sudore ed agli schizzi d'acqua con la certificazione IPX4. Affinché la soppressione del rumore sia efficace serve prima di tutto un valido isolamento meccanico, cosa che manca completamente ai precedenti AirPods. Tuttavia proprio questa caratteristica viene considerata da molti un vantaggio, perché non isolano dall'ambiente e si possono indossare anche mentre ci si sposta in città o si parla con qualcuno. Gli AirPods Pro sono invece auricolari in-ear, con gommini che servono proprio a sigillare il condotto uditivo e creare una prima barriera che evita al suono di entrare così come di uscire.
Prima di parlare di comodità, audio, microfoni, ecc.. facciamo un passo indietro a partire dalla confezione. La forma ed il design non sono cambiati, la scatola è solo un po' più alta. All'interno si trovano gli auricolari nel loro case, un set di 2 gommini di dimensioni diverse (S ed L, mentre gli M sono già montati) e infine il cavo di ricarica, che è di tipo Lightning a USB-C. Strana scelta quest'ultima, perché solo nell'iPhone 11 Pro c'è un alimentatore USB-C, quindi i possessori di modelli inferiori o precedenti dovranno utilizzare quello dell'iPhone da Lightning a USB-A, acquistarne uno a parte oppure utilizzare una basetta per la ricarica wireless.
Il case sembra quello degli AirPods ma in modalità landscape. Ha gli stessi materiali, la stessa forma e finitura, soltanto che si apre sul lato lungo. È leggermente più grande ma entra ancora nel taschino dei jeans ed è comodissimo da maneggiare e trasportare. Faccio solo presente che il coperchio più largo ha richiesto una revisione della cerniera per renderla più robusta. Si nota in particolare all'interno, per la maggiore quantità di alluminio, ma fa comunque un po' più di gioco rispetto alle custodie precedenti.
Negli ultimi anni ho provato qualche decina di auricolari true wireless e di case altrettanto compatti iniziano a vedersene anche altrove, però uno che abbia la medesima robustezza, comodità d'uso e possibilità di apertura e chiusura con una sola mano non l'ho ancora trovato. L'unico che mi piace altrettanto è quello dei Jaybird Vista perché è leggero, piccolo e curato, ma lo stile è molto diverso essendo auricolari per lo sport.
L'esperienza di abbinamento è quella che ormai tutti conoscono e che ha praticamente fatto scuola. Tuttavia ancora in pochi sono riusciti ed eguagliarla in circa 4 anni – giusto Samsung ha fatto qualcosa di simile con i Galaxy Buds usati con i suoi smartphone. È uno dei tanti vantaggi di un ecosistema sinergico di hardware e software, che Apple sa benissimo come mettere a frutto. Basterà aprire la custodia vicino ad un iPhone e si vedrà immediatamente il popup per la richiesta di attivazione. Dopo un paio di tap gli AirPods Pro saranno abbinati al nostro Apple ID e saranno anche utilizzabili da qualsiasi altro dispositivo Apple compatibile (la lista è piuttosto lunga, si trova in fondo a questa pagina).
Gli auricolari ricordano molto i precedenti ma hanno l'asta più corta e leggermente più grossa. Sia all'esterno che all'interno ci sono delle ampie griglie nere che nascondono i microfoni. L'altra differenza sostanziale è nella presenza di gommini, che non sono però quelli tipici degli auricolari in-ear. La prima caratteristica interessante è che questi non si attaccano al classico cilindro sporgente dei driver ma sono completamente vuoti all'interno. Questo fa sì che risultino molto più morbidi e meno fastidiosi nell'orecchio, poiché l'unica parte rigida è alla base e non si infila nel condotto uditivo.
Un secondo dettaglio degno di nota è che alla base dei gommini vi è un'ulteriore griglia che evita allo sporco di arrivare sui driver. Terza nota positiva è nel sistema di aggancio, realizzato in modo da essere semplicissimo ma al tempo stesso stabile: basta allineare il gommino all'auricolare (sono entrambi leggermente ovali, quindi si capisce subito l'angolazione giusta) e schiacciare un po'. Clack! e il gioco è fatto.
Per quanto riguarda l'effettiva comodità è sicuramente una questione soggettiva, posso solo dirvi come vanno per me. Inizio col precisare le mie abitudini e preferenze, così da fornire un quadro generale. Prima di tutto a me piacciono le cuffie e quando posso uso quelle invece degli auricolari. In merito a questi ultimi di solito preferivo in-ear, spesso con inserti in memory foam per massimizzare la resa. Gli EarPods non mi sono mai piaciuti, perché nelle mie orecchie stanno larghi e in particolare in quella sinistra l'auricolare ci naviga, per cui anche il solo peso del cavo tende a farlo cadere. Gli AirPods hanno praticamente la stessa struttura ma non c'è il cavo e a meno di fare movimenti rapidi o urtare da qualche parte (ad esempio correndo veloce o togliendo una maglietta) rimangono tranquillamente al loro posto. Pur non avendo una grandissima stabilità ho imparato in fretta ad apprezzarli perché sono così leggeri e poco invasivi che praticamente non li senti. In pochi anni mi sono abituato a questa sensazione ed ora fatico a tenere gli in-ear per più di 10 minuti... a meno che non siano davvero leggeri e con gommini di piccolo taglio.
Il primo impatto con gli AirPods Pro non è stato come speravo. Appena li ho indossati sembravano comodi ma quando ho eseguito il test di aderenza all'interno delle impostazioni mi ha suggerito di cambiare i cuscinetti perché le prestazioni dell'isolamento acustico non erano ottimali. Per cui sono passato a quelli più grandi e anche con questi il risultato è stato "aggiusta il copriauricolare o provane uno diverso". Per superare la "dura prova" non ho dovuto solo montare quelli L ma anche schiacciarli tanto nelle orecchie, e usandoli in questo modo li ho trovati un po' fastidiosi. Il giorno dopo li ho indossati più leggeri, senza pensarci troppo o rieseguire il test, ho solo fatto attenzione a ruotarli leggermente affinché il gommino aderisse su tutti i lati del condotto uditivo. In questo modo l'esperienza è cambiata notevolmente e li ho usati per oltre 1h senza particolare affaticamento. Mentirei se dicessi che sono comodi come gli AirPods, ma con quel formato l'isolamento sarebbe impossibile. Un aspetto positivo è che con il passare dei minuti i gommini si sentono sempre meno. Peccato comunque che Apple non fornisca anche dei copriauricolari in memory foam perché l'aggancio proprietario non consente di adoperarne di terze parti (a meno che qualche azienda in futuro non ne realizzi di compatibili). Sul fronte stabilità, invece, è tutta un'altra musica: non sono arpionati come quelli ad archetto, ma si può tranquillamente correre e fare attività senza avvertire quella sensazione di precarietà tipica degli AirPods.
L'isolamento acustico meccanico è abbastanza buono e impatta positivamente sull'ascolto, soprattutto per le frequenze basse che sono più corpose rispetto a quelle degli AirPods (ma anche un pelino caciarone a mio avviso). La qualità comunque è molto simile, così come il timbro. Direi ampiamente sopra gli auricolari Bluetooth economici, ma niente di speciale. Le cose cambiano quando si attiva il noise cancelling, perché il volume diventa più forte e l'audio sembra anche più preciso. Dico sembra perché una parte della magia è sicuramente da attribuire all'effetto della cancellazione del rumore che esalta la musica riducendo un po' il resto. Ma questo "resto" non è poi così ampio.
Ciò che effettivamente riescono a fare gli AirPods Pro è eliminare quel rumore di fondo che solitamente tendiamo ad ignorare, perché il cervello si abitua e lo filtra per noi. Tuttavia c'è e può causare stress, stanchezza, persino mal di testa. Inoltre ci porta a dover alzare di più il volume della musica per superarlo. Con gli AirPods questo non è sempre possibile, infatti negli ambienti particolarmente affollati capita che anche il volume massimo sia insufficiente per un buon ascolto. Mi succede in aeroporto, dove non è tanto la singola chiamata ad infastidire ma tutto quell'insieme di suoni che si fondono in un tappeto di rumore caotico contro cui le piccole AirPods non possono fare molto. Nelle stesse identiche condizioni gli AirPods Pro offrono un'esperienza decisamente superiore.
Se ci troviamo in un ristorante e li indossiamo, iniziamo a sentire un primo filtro leggero, simile a quello che offrono tutti gli auricolari in-ear. Quando attiviamo la cancellazione del rumore l'impatto è notevole, perché di colpo sparisce una gran parte di quel brusio di sottofondo, anche senza musica in esecuzione. Subito dopo però ci si accorge che si sente benissimo il rumore delle posate che urtano i piatti, della macchina che passa fuori dalla finestra, della bimba che piange e anche la voce del cameriere che illustra il menu due tavoli più avanti. Qualcuno mi ha chiesto se la cancellazione del rumore degli AirPods Pro fosse paragonabile a quella di buone cuffie over-ear e la risposta chiara, secca ed inconfutabile è: no. Non lo dico a sensazione (anche se onestamente era così palese che neanche avrei dovuto provarlo), ma siccome sono in tanti a dirmi di aver sentito dire questo e quell'altro da tizio e caio, allora ho fatto una comparazione diretta.
Come sapete sono un grande appassionato di cuffie e credo di avere la maggior parte dei modelli Bluetooth più rilevanti del mercato. Parlo delle top di gamma di Sennheiser, Bose, Sony, Bang & Olufsen, Bower & Wilkins, Master & Dynamic (c'è un'abbondanza di & nel settore..), Pioneer, Jabra, Beats e altri. Sono tutte cuffie over-ear con driver importanti ed elettronica evoluta, con una struttura fisica che offre tutto un'altro tipo di isolamento e favorisce anche l'attività dell'ANC. Oggi pomeriggio ho fatto un confronto con le Bose QC35 II (ho anche le nuove 700 ma ho preferito usare come metro un modello che conoscono in molti). Le ho indossate alternativamente ad AirPods Pro, dieci minuti a testa, ovviamente con cancellazione del rumore attiva. Ho mantenuto in riproduzione dei podcast a volume medio, così da avere del suono ma senza coprire del tutto l'ambiente circostante. Risultato: indossando le cuffie Bose non ho sentito le campane della chiesa, non ho sentito l'asciugacapelli e neanche tutte le aperture del cancello scorrevole del condominio. Le stesse cose con gli AirPods Pro le ho avvertite, alcune più chiaramente di altre. Comunque la differenza è piuttosto evidente e infatti il confronto non andrebbe fatto con cuffie over-ear ma con altri auricolari in-ear. Per l'occasione ho scelto i Sony WF-1000xM3, che sono sicuramente i migliori che possiedo per qualità audio e riduzione del rumore. Se per il suono sento un vantaggio abbastanza chiaro rispetto agli AirPods Pro (che a confronto sono più pasticciati), sul fronte ANC sono molto simili. Anzi, forse gli auricolari Apple fanno un miglior lavoro sui rumori ripetuti a bassa frequenza (ad esempio in auto, treno, aereo, ecc..). Nessuno dei due equipara i modelli over-ear per le ragioni che ho detto, ma di sicuro aiutano ad ascoltare meglio la musica.
Quanto detto finora riguarda l'ascolto a basso volume, ma se invece saliamo verso il 70/80% con la cancellazione del rumore attiva, allora l'effetto di separazione diventa molto evidente e i suoni che riescono a disturbarci sono pochi, principalmente quelli davvero forti oppure ad alta frequenza, come un clacson o una sirena. Quindi sì, la qualità audio è sostanzialmente quella dei precedenti AirPods e l'efficacia dell'ANC tutt'altro che stupefacente, ma non bisogna dimenticare l'apporto complessivo offerto della struttura in-ear e quello di un volume leggermente più forte, tutte cose che ci portano ad avere un'esperienza d'ascolto completamente diversa rispetto agli AirPods. Non tanto al chiuso o in ambienti tranquilli, dove si apprezza giusto qualcosa in più sulle basse frequenze, ma proprio dove le precedenti peccano di più, ovvero in aree rumorose ed affollate.
Nelle stesse condizioni è evidente anche lo scarto migliorativo dei microfoni, perché l'interlocutore riesce a sentirci ancor meglio che in passato, cosa non affatto trascurabile considerando che la resa in chiamata dei precedenti AirPods era già tra le migliori della categoria. E la qualità è superiore anche in ambienti tranquilli, al punto che nelle telefonate effettuate con gli AirPods Pro dal mio studio l'interlocutore non ha minimamente intuito che stessi utilizzando degli auricolari finché non gliel'ho detto.
Un'altra cosa che cambia negli AirPods Pro è il sistema di controllo, poiché non c'è più l'accelerometro che ci consentiva di attivare la funzionalità con un doppio tocco. Ci sono in effetti più comandi impartibili grazie al nuovo sistema a pressione, ma non sono ancora del tutto completi. È importante sottolineare che Apple è riuscita comunque ad evitare anche questa volta il rischio di attivazioni involontarie, poiché si deve premere lo stelo tra le due dita. Il feedback che si ottiene è sonoro ma è un clic secco e non fastidioso che causa una leggera vibrazione che riesce quasi a simulare l'effetto di un clic fisico sotto le dita (in modo vagamente simile a quello del trackpad dei MacBook).
Su entrambi gli auricolari c'è il sensore che consente di mettere in pausa quando li rimuoviamo e riprendere la riproduzione indossandoli, esattamente come i precedenti AirPods, ma si ha anche un controllo diretto sulla riproduzione tramite i clic. E questo vale sia per il sinistro che per il destro. Le funzioni (non sono personalizzabili) sono le seguenti:
pressione singola: play/pausa
due pressioni: avanti di una traccia (o di alcuni secondi in alcune app)
tre pressioni: indietro di una traccia (o di alcuni secondi in alcune app)
In più ci sono due comandi separati (e configurabili) per la pressione prolungata su entrambi gli auricolari. Tuttavia le opzioni disponibili sono soltanto due: Siri e Controllo rumore. Dunque continua a mancare il volume, che si gestisce dal dispositivo sorgente o al limite con Siri (cosa che io non amo affatto). È un peccato perché sarebbe bastato offrire la possibilità di utilizzare i clic di uno dei due auricolari per il volume invece che per la riproduzione e si sarebbe risolto il problema senza modificare nulla, soltanto a livello software.
SCRENSHOT opzioni
Il controllo del rumore è inizialmente configurato sulla pressione prolungata su tutti e due auricolari, immagino perché Siri si può richiamare vocalmente come negli AirPods di seconda generazione. Tuttavia io trovo scomodo dire "Ehi Siri" in molte situazioni, dunque l'ho abbinato alla lunga pressione sullo stelo dell'auricolare sinistro. Ho lasciato solo sul destro le opzioni della cancellazione rumore e dalle impostazioni si può anche scegliere di rimuovere una delle tre voci su cui ciclare in modo da alternare più velocemente solo sulle due più importanti:
Cancellazione rumore
Ambiente
Non attivo
Io ho rimosso la spunta sulla terza voce perché non mi interessa molto e perché così passo da massimo isolamento a minimo in un attimo. Ognuna delle modalità ha un suo specifico suono di attivazione, che non è forte e dura pochi istanti, così da non disturbare durante la riproduzione. La modalità Ambiente è il ponte di collegamento tra gli AirPods Pro e gli AirPods in quanto utilizza i microfoni per catturare il suono che viene bloccato dagli auricolari in-ear e ce lo fa ascoltare. In pratica fa l'esatto opposto della cancellazione del rumore e questo ci consente di parlare con qualcuno o semplicemente di sentire i suoni dell'esterno o la nostra stessa voce, un po' come succede con i tradizionali AirPods. Solo che con quelli è una causa naturale del formato mentre nei Pro il tutto viene simulato digitalmente. Un effetto analogo è presente in quasi tutti i modelli di cuffie o auricolari con cancellazione del rumore, ma devo dire che Apple ha fatto un lavoro eccellente nel renderlo molto naturale. Anzi, probabilmente è il sistema migliore attualmente sul mercato, considerando pure quelli delle cuffie over-ear. Su alcune di queste ci sono mille opzioni in più, ma alla fine non si raggiunge la stessa trasparenza.
Oltre ai controlli fisici possiamo agire sulla riduzione del rumore anche dalle impostazioni degli AirPods Pro – che ricordo si trovano dalle informazioni del dispositivo dall'area Bluetooth – oppure dal Control Center con una pressione prolungata sullo slider del volume). Questo ovviamente su iOS, ma gli auricolari si possono usare anche su Android mantenendo quasi tutte le funzionalità principali (a parte quelle di condivisione e personalizzazione).
Sul fronte autonomia non ci sono sorprese e i dati dichiarati da Apple sono assolutamente veritieri. Durano leggermente di meno degli AirPods di seconda generazione quando la cancellazione del rumore è attiva, ma si fanno comunque oltre 4 ore di riproduzione continua e la custodia ricarica gli auricolari fino ad un totale di circa 20 ore di ascolto. Inoltre bastano solo 5 minuti nella custodia per ottenere 1 ora di autonomia ed è molto comodo il supporto alla ricarica wireless, perché basterà poggiarli ogni tanto su una basetta per non avere mai la batteria scarica.
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Conclusione
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Prima di trarre le ultime conclusioni sugli AirPods Pro ci tengo a chiarire un aspetto in particolare relativo all'attuale offerta di prodotti analoghi. Trovo invece del tutto inutile fare confronti con auricolari con filo o cuffie on/over-ear, perché sono prodotti che rispondono ad esigenze completamente diverse ed hanno vantaggi e limiti non comparabili. Mi vorrei invece soffermare un attimo sugli auricolari true wireless e in particolare sui Sony WF-1000XM3 di cui ho già parlato, in quanto sono tecnicamente i più simili che possiedo. In termini di qualità audio i Sony vincono e se fosse solo quello l'elemento in base al quale scegliere, allora li consiglierei senza riserve. Il punto è che non è così, nel senso che questo tipo di prodotto nasce per rispondere a dalle specifiche esigenze e la qualità audio è solo uno degli aspetti da considerare. Non a caso anche io che ho le Sony in questione le uso molto di rado, perché: il case è assurdamente gigante e scomodo da trasportare; gli auricolari hanno tanti gommini ma sono pesanti e se ne deve usare uno stringente per farli rimanere stabili; il Bluetooth non è molto stabile e la sincronizzazione più lenta ad avviarsi; la riduzione del rumore ha molte più opzioni ma l'efficacia è discutibile; il sistema di controllo a tocchi è più scomodo e si attiva involontariamente anche poggiando un auricolare sulla scrivania nel verso sbagliato o sfiorando un cuscino; si può abbinare un unico dispositivo per volta; non hanno ricarica wireless; in chiamata non brillano. In tutte queste cose (e per la verità anche in altre) l'esperienza d'uso e l'ergonomia degli AirPods Pro è nettamente superiore e a mio avviso lo è anche un po' la cancellazione del rumore. Dunque anche se per l'audio sento un vantaggio abbastanza chiaro nelle Sony in termini di definizione, spazialità e qualità generale, non mi verrebbe mai in mente di uscire di casa con quelle e non con le AirPods Pro.
Il punto è che si devono giudicare i prodotti per quello che sono e non per quello che vorremmo che fossero. Certo mi piacerebbe che Apple si impegnasse di più per ottenere un suono di livello superiore, ma quello che c'è è sufficiente per lo scopo di auricolari che nascono per essere prima di tutto comodi. E in questo si trova la magia degli AirPods. È l'esperienza d'uso che li ha fatti uscire dalla cerchia ristretta degli appassionati e diventare un vero e proprio fenomeno di mercato e costume. Per quanto riguarda il confronto tra i normali e i Pro, a parte le varie differenze che ci possono essere nei controlli o nelle personali preferenze per l'ergonomia, secondo me ci si deve concentrare su un singolo aspetto: chi usa spesso gli auricolari in ambienti rumorosi avrà un giovamento notevole con i nuovi AirPods Pro, mentre per gli altri il cambio di passo sarà meno evidente. A mio avviso non sufficiente per passare dagli AirPods 2 ai Pro, per intenderci. Se però state meditando di acquistarne un paio per la prima volta oppure se avete quelli di prima generazione con batteria ormai poco performante (perché questo è un aspetto da considerare ma che è inutile discutere dato che è comune all'intera categoria ed a tutti i prodotti simili di ogni marchio) allora i 50€ in più del modello Pro sono più che giustificati.
Insomma, ancora una volta l'obiettivo è stato centrato. Trovo tuttavia corretto ribadire una ovvietà: se potete tenere delle cuffie over-ear sulla testa in tutte le condizioni in cui pensare di adoperare gli AirPods Pro, non abbiate dubbi ed investite la stessa cifra per comprare altro, come ad esempio le Sony WH-1000XM3 che offrono tutta un'altra esperienza di ascolto e maggiore isolamento acustico. Ma non prendiamoci in giro, gli AirPods si usano per motivi diversi e in condizioni differenti: se ne prende uno al volo per rispondere al telefono mentre si cucina, si può andare al lavoro indossandoli senza sentirli (e vederli), si tengono in tasca pronti ad essere presi al bisogno e ora si può anche andare a correrci grazie alla certificazione IPX4 ed alla maggiore stabilità. Ad ognuno il suo, e questi AirPods Pro (prezzo migliore su Amazon) confermano tutte le buone qualità del prodotto iniziale andando ad aggiungere una comoda funzionalità che ne espande i campi di applicazione senza perdere la leggendaria trasparenza, sempre ad un clic di distanza grazie all'ottima modalità Ambiente.
PRO
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 Leggere e stabili
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 Molto meno fastidiose come altre in-ear
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 Gommini morbidissimi che rimangono vuoti all'interno
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 Griglia di protezione al di sotto dei gommini
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 Certificazione IPX4
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 Possibilità di utilizzo di entrambi gli auricolari singolarmente e con microfono
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 Qualità della chiamata migliorata grazie alla riduzione del rumore
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 Buon livello di riduzione del rumore (per auricolari in-ear)
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 Ottima naturalezza della modalità "Ambiente"
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 Abbinamento sull'Apple ID per utilizzarli con tutti i nostri device
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 Ottima portata grazie al Bluetooth 5.0
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 Assenza totale di lag e fuori sync tra i due auricolari
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 Abbinamento, accensione e spegnimento vicini alla perfezione
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 Ottima durata della batteria
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 Richiamo dell'assistente vocale con Ehi Siri
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 Praticissima la ricarica Qi
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 Volume più forte rispetto gli AirPods (con ANC attiva)
CONTRO
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 Prezzo elevato
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 Peccato non si possa controllare il volume
DA CONSIDERARE
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 Si spende tanto per la comodità, non per la qualità audio che rimane simile a quella degli AirPods
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saggiosguardo · 6 years ago
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Recensione NiSi V6: Holder per Filtri a Lastra
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Era il lontano 2015 quando per la prima volta recensii l'holder NiSi V3, una novità molto interessante nel panorama della fotografia di paesaggio e dei filtri a lastra in generale. Ancora oggi, però, l'utilizzo di filtri a lastra e porta filtri rientra in una nicchia e molti fotografi non sanno bene di cosa si tratta. Per capire l'utilizzo (e l'utilità) di questi porta filtri facciamo un piccolo passo indietro e vediamo quando entrano in gioco. Sarò breve, ma per approfondire trovere un link in fondo all'articolo, o qui, dove potete iscrivervi a un videocorso completo sui filtri, gratuito.
In fotografia ci troviamo a lavorare con la famosa triade dell'esposizione: tempo di scatto, diaframma e ISO (sensibilità). Per quanto riguarda la fotografia di paesaggio è molto probabile che tutti e tre questi valori siano in qualche modo "fissi": l'ISO che utilizzeremo è quello base del sensore (ISO 50, ISO 100 o ISO 200 di solito), perchè a questo valore possiamo ottenere la più alta gamma dinamica e il minore rumore. Il diaframma è spesso tra f/8 e f/11, perchè vogliamo molta profondità di campo e un'ottima nitidezza. Rimane il tempo di scatto ma fissando gli altri valori abbiamo molta poca possibilità di scelta per poter ottenere l'esposizione corretta. Però, a mio avviso, il tempo influisce molto sulla foto e dunque voglio poter decidere di scattare a 1/2" per catturare un leggero movimento delle onde che si infrangono, oppure per 3" perchè il movimento delle foglie al vento sia visibile. Infine, se voglio ottenere una lunga esposizione di svariate decine di secondi oppure di 1 minuto devo poterlo fare. Per questo motivo c'è bisogno di una quarta variabile per controllare la luce: i filtri.
Grazie ai filtri ND possiamo regolare l'ammontare di luce che entra nel sistema obiettivo-sensore, mentre i GND ci aiutano a bilanciare il cielo e il primo piano (di fatto regalandoci degli stop di gamma dinamica in più). Il polarizzatore ci permette di controllare la luce riflessa, nella pratica possiamo rendere l'acqua del mare trasparente, oppure catturare un più intenso colore del foliage. Usare ND, GND e Polarizzatore insieme è sicuramente la situazione migliore, per farlo al meglio è consigliabile utilizzare filtri a lastra e un Holder, come il NiSi V6 che recensirò oggi.
Contenuto
Quella che sto recensendo è una versione beta dell'holder NiSi V6 Kit Landscape, se notate qualche differenza sul vostro kit è dovuta solo al fatto che quando l'ho ricevuto il packaging non era ancora definitivo. Il contenuto è molto ricco, troviamo:
3 anelli: i più piccoli, che servono per adattatore il porta filtri ad obiettivi con filettatura da 77, 72 e 67mm. Anelli fino a 49mm sono disponibili separatamente, e anche se vi servono dimensioni diverse basta usare un anello adattatore qualsiasi.
l'anello principale da 82mm: qui è dove verrà avvitato il polarizzatore ed ha una filettatura per lenti da 82mm. Quindi se il vostro obiettivo ha una filettatura di diametro 82mm potete usarlo direttamente senza usare gli adattatori. Attenzione, non vuol dire che potete montare qualsiasi polarizzatore da 82mm, infatti il CPL è da ben 86mm e soprattutto è fatto ah-hoc, come vedremo subito qui sotto.
Un polarizzatore Landscape: si tratta di un CPL costruito appositamente per il NiSi V6. Se volete usarlo da solo basta montarlo sull'anello principale da 82mm, perchè è grazie a questo pezzo che si può ruotare.
Troviamo anche un lens cap: grigio e giallo, che si può applicare a pressione sull'anello principale con il polarizzatore montato. In questo modo potete lasciarli avvitati sull'obiettivo.
L'holder vero e proprio: di forma ottagonale, con 3 slot per inserire altrettanti filtri a lastra di larghezza 100mm e spessore 2mm.
Una pratica borsa: per contenere tutto quello elencato sopra.
Qualità costruttiva
Non si intravede l'uso di plastica, anche le guide sembrano essere fatte di metallo e poi ricoperte di gomma (e gli slot sono teflonati per lo scorrimento). Le viti sono state sostituite con altre più resistenti agli agenti atmosferici, rispetto al V5 PRO. In generale la sensazione è di altissima qualità, solidità e design azzeccato. Il porta filtro è molto leggero, nonostante solido, e decisamente compatto. Compreso l'anello adattatore da 77mm e il polarizzatore si arrivano a soli 150gr.
Il lens cap, che è stato modificato rispetto al V5/V5 PRO (non c'è intercompatibilità tra di loro), è di facile utilizzo e protegge bene il polarizzatore pur essendo facilmente rimovibile. I meccanismi funzionano bene ma consiglio vivamente di non stringere troppo quando si avvita l'holder. Non ce n'è assolutamente bisogno e si rischierebbe di bloccare le precise filettature in alluminio. Con questo piccolo accorgimento le operazioni di montaggio e smontaggio saranno molto naturali e semplici, con il vantaggio che la solidità di avere un holder avvitato è sicuramente un plus nelle poco stabili condizioni di scatto a cui siamo abituati. Il polarizzatore si può ruotare tramite due piccole rotelle, ne vediamo una sulla foto sotto, che permettono di regolarlo anche con tutti i filtri montati.
Utilizzo sul campo
Quando si utilizza il NiSi V6 le scelte costruttive danno il loro contributo egregiamente. La leggerezza lo rende facilmente trasportabile e non crea assolutamente problemi una volta montato. Le slitte permettono un inserimento preciso e sicuro, è possibile anche regolare la pressione delle stesse grazie alle viti frontali (non allentiamo troppo però!). Inoltre trovo molto utile l'aggiunta di una ulteriore vite che permette di bloccare la rotazione del porta filtri: aggiunge stabilità e sicurezza al sistema. Inoltre permette di mantenere l'eventuale rotazione di allineamento del GND, anche se smontiamo l'ND.
La forma ottagonale, con gli angoli tagliati, permette di accedere all'ND (che si monta come primo elemento vicino all'obiettivo). Spingendolo da sotto verso l'alto possiamo anche rimuoverlo senza toccare il GND. Non è l'operazione più semplice del mondo, ma è fattibile e permette di evitare di rimuovere il GND. L'operazione di rotazione del polarizzatore rimane sempre la stessa (ottima) delle precedenti versioni. Abbiamo a disposizione due rotelline che fanno girare il polarizzatore, molto semplice e immediato. La compatibilità con gli obiettivi è molto elevata, praticamente qualsiasi obiettivo fino a 82mm di filettatura e focale 16mm su Full Frame. Sul Nikon 16-35 f/4 è perfetto, ma anche su Sony 16-35, Canon 16-35 (tutti i modelli) oppure obiettivi per APS-C (Sigma 10-20 e altri). L'unica accortezza è con il Tokina 11-20 f/2.8, dove è semplicemente necessario acquistare un anello apposito per adattarlo. Invece con il Tokina 17-35 f/4 l'uso è sconsigliato per la forma particolare della filettatura (molta vignettatura usando l'anello per il Tokina 11-20).
Il polarizzatore
Nel vecchio NiSi V3 avevo identificato il polarizzatore come una pecca: non era molto performante. Con il V5/V5 PRO la situazione è migliorata moltissimo e il V6 conferma la scelta di NiSi di avere due diversi Kit in vendita: uno con il Polarizzatore Standard (PRO) e uno con il Polarizzatore Landscape. La differenza non è solo nel polarizzatore, ma anche nella presenza del lens cap nel kit Landscape. Essendo gli stessi polarizzatori presenti nel kit V5 Pro non li ho testati di nuovo, ecco qui un riassunto delle mie impressioni:
Il Polarizzatore Standard (PRO) è buono, molto neutro, di alta qualità e di gran lunga migliore di quelli che troviamo in kit di altre marche.
Il Polarizzatore Landscape offre una polarizzazione accentuata rispetto allo Standard, ha anche il trattamento Nano Coating per rendere la pulizia più facile. La maggiore polarizzazione è evidente e lo rende probabilmente il miglior polarizzatore sul mercato. Questo comporta un leggero effetto saturazione sui blu che rende il polarizzatore leggermente freddo.
Il polarizzatore Landscape dà probabilmente il meglio di sè sull'acqua, ecco un breve video che mostra l'effetto.
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Videocorso gratuito sull'utilizzo dei filtri: Insieme a Francesco Gola, The Accurate Landscape, abbiamo deciso di creare un videocorso gratuito che spiega l'utilizzo dei filtri. Ci concentriamo su teoria e pratica dei filtri ND, GND e Polarizzatore. Un'ottima occasione per approfondire l'uso dei filtri, è sufficiente iscriversi qui per ottenere accesso al videocorso gratuito.
Conclusione
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Il Kit NiSi V6 con polarizzatore Landscape è un ottimo upgrade dalla versione precedente, sono state introdotte diverse migliorie al progetto originale senza stravolgere il concetto e senza puntare su inutili orpelli. Il kit Landscape rimane la nostra scelta principale, ma se volete risparmiare qualcosa pur avendo un buon polarizzatore, il Kit Standard è una buona scelta. Vi ricordo di iscrivervi qui per ottenere accesso al videocorso gratuito sui filtri di The Accurate Landscape.
PRO
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Ottima qualità costruttiva
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Miglioramenti negli slot, blocco della rotazione tramite vite laterale
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 Permette di inserire 3 filtri insieme al polarizzatore
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 Non vignetta a 16mm su full-frame (10/11mm su APS-C)
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Polarizzatore di ottima qualità
DA CONSIDERARE
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Il kit con polarizzatore Standard è da tenere in considerazione per chi vuole risparmiare
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saggiosguardo · 5 years ago
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Samsung 860 QVO 4TB: SSD capiente ed economico (relativamente...)
Alcuni di voi sicuramente ricorderanno quanti anni fa ho iniziato a pressare tutti consigliando l'uso di dischi allo stato solido. Al tempo erano costosissimi, infatti si utilizzavano quasi esclusivamente per il boot con il sistema operativo, le app e i documenti più leggeri. Per fortuna oggi le cose sono molto diverse e seppure gli SSD continuino (e continueranno) ad essere più costosi degli HDD a parità di capienza, si possono finalmente acquistare nei tagli da 500GB o 1TB a prezzi modici. Fino al 2015 ho tuttavia mantenuto il mio lavoro principale solo su HDD tradizionali via USB in RAID 0. Questo perché mi serviva tanta capienza e la velocità in stripe era sufficiente da consentirmi il montaggio video direttamente da lì (ovviamente con materiale dal bitrate relativamente contenuto).
Gli SSD esterni li adoperavo già da tempo, ma ho aspettato un bel pò prima di introdurli nel flusso di lavoro. Nel 2016 i prezzi sono diventati favorevoli e mi sono deciso ad adottarli anche per il video, aggiungendo un gradino a monte del mio precedente metodo. In sostanza tenevo (anzi tengo...) solo i progetti in corso su unità allo stato solido, così da avere silenziosità e velocità, per poi spostarli sugli HDD e fare spazio ai nuovi. L'unico problema è la capienza degli SSD, almeno rispetto all'incremento di peso dei file da archiviare. In campo foto alla fine non è cambiato moltissimo negli ultimi 5 anni, mentre in quello video sono passato da materiale a 28Mbps a 400Mbps, quando non addirittura in ProRes o RAW con la Blackmagic Pocket Cinema Camera 4K.
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La #BMPCC4K si può teoricamente usare così com’è, ma per migliori risultati e maggiore praticità d’uso va accessoriata. Questo è il mio primo #camerarig, ancora in fase di completamento. Alla fine ve lo descriverò sul canale YouTube di SaggiaMente se siete interessati. E voi, cosa usate per girare? Quali strumenti di stabilizzazione preferite?
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Quindi ho iniziato con un SSD da 500GB, poi ne ho preso un altro, successivamente sono passato ad uno da 1TB per maggiore comodità e infine ne ho aggiunto un secondo per liberarmi anche del peso delle foto recenti. Anche così, però, ho iniziato ad avere problemi. Mi capita infatti di dover tenere in sospeso anche dei progetti su cui ho iniziato ad archiviare materiale ma che non posso ancora concludere. E considerando anche la cache per i file proxy lo spazio si consuma in fretta. Ho iniziato a guardare le unità da 2TB, che oggi sono relativamente abbordabili, come il Crucial MX500 che costa 250€. Poi però ho pensato che avrei solo rimandato di qualche mese l'inevitabile riempimento, anche a causa dell'intensificazione dei video sul nostro canale YouTube. Mi sono quindi ricordato di avere da qualche parte un case di Inateck per due SSD configurabili in RAID 0/1 (recensione), dunque ho solleticato l'idea di prendere due MX500 da 2TB, spendendo 500€ (più il costo del case che però avevo già). L'idea non era male ma lavorare in backup non mi avrebbe portato effettivi vantaggi e avrei speso di più per avere una copia dei dati che in realtà già ho su HDD e in modo decisamente più economico. C'era la possibilità di lavorare in stripe, ma la velocità in più non l'avrei praticamente notata e con due dischi in parallelo si sarebbe raddoppiata la probabilmente di incorrere in un problema (perché con RAID 0 basta che uno dei due non funzioni per perdere i dati di entrambi). Ormai avevo però abbracciato l'idea dei 4TB, che mi avrebbero consentito di prendere respiro per un bel po' e rendere il flusso di lavoro più snello, senza dover continuamente svuotare gli SSD.
I dischi da 4TB che ho trovato sono leggermente più costosi di 500€. Tutti tranne uno: il Samsung 860 QVO. Il prezzo attuale di questa unità da 4TB è di 489€, quindi meno della somma di due da 2TB. È sempre una cifra importante, però, e il disco memorizza più informazioni per cella per aumentare la capienza, cosa che in prospettiva ne dovrebbe ridurre la longevità. In realtà il lungo periodo di uso con le MLC ha dimostrato che i problemi dovuti proprio alle NAND sono davvero rari, è più facile che i malfunzionamenti dipendano dai controller che non dalle memorie. Il problema semmai è che nel QVO le prestazioni delle QLC non sono entusiasmanti, limitandosi a circa 160MB/s in scrittura (mentre in lettura i 550MB/s vanno benissimo andando a saturare il limite del collegamento SATA3.
Ad essere del tutto sinceri mi è sembrato un problema marginale, infatti a me interessa principalmente la lettura per la stabilità e le performance nel lavoro di montaggio. Tuttavia anche i dati in scrittura sono effettivamente migliori di quelli, poiché il disco integra la tecnologia Intelligent TurboDrive ed ha la possibilità di utilizzare una cache fino a 78GB in SLC con scrittura a 520MB/s. Quindi pur consapevole che non si tratta del migliore SSD del mercato ho deciso di prenderlo, associandolo ad un case di Icy Box USB-C in metallo.
Il montaggio è semplicissimo, c'è anche in dotazione un piccolo cacciavite, e alla fine si possono mettere dei gommini alla base per rendere il case completamente pulito sia sopra che sotto. Collegato al computer l'ho formattato in ExFAT per avere la comodità di poterlo collegare al PC per alcuni montaggi più impegnativi (dove le GPU NVIDIA sono ancora una spanna sopra alle AMD dei Mac).
Le prestazioni reali che sto riscontrando sono valide e sembrano mantenersi anche durante le copie lunghe. Mi rimane il dubbio che scegliendo ad esempio il Samsung 860 EVO con 110€ avrei avuto migliori prestazioni e sicurezza, ma si trattava di aggiungere altri 120€ circa... non so se ne valeva la pena. Mentre la soluzione a singolo disco rispetto a quella con due da 2TB mi sembra la scelta migliore per la robustezza del sistema, visto che si ha solo un punto di criticità invece che due. Ovviamente però il tutto viene continuamente backuppato sera dopo sera, dunque non rischio certamente di rimanere a piedi. Non essendo proprio una recensione tradizionale evito le conclusioni, ma sono curioso di sapere cosa ne pensate e se secondo voi l'investimento ha un senso per chi effettivamente ha bisogno di avere accesso veloce ad una grossa mole di dati.
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saggiosguardo · 5 years ago
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MacBook Pro 13" 2019 base: chiamatelo best buy e non confrontatelo con l'Air
L'aggiornamento 2019 dei MacBook Pro ha portato delle piccole riduzioni di prezzo e due nuovi modelli base gamma da 13". Non si è dunque trattato di un upgrade del prodotto ma dell'introduzione di un paio di varianti più economiche per coprire lo spazio lasciato vacante con l'uscita di scena del vecchio MacBook Pro 13" senza Touch Bar (fermo al 2017). Contestualmente è stato aggiornato anche il MacBook Air, portandolo alla versione 2019 con due uniche piccole modifiche: schermo con funzione True Tone e tastiera di ultima generazione (ma sempre a farfalla). Sono ormai diversi anni che nella lineup di Apple non si trova un vero best buy, direi più o meno dal 2012/2013, periodo in cui sia i MacBook Air vecchio tipo che i MacBook Pro erano molto allettanti. Alla base della gamma c'era una leggera sovrapposizione tra Air e Pro, ma è sparita per la mancanza di aggiornamenti del primo, che si è trovato ad avere schermo e tecnologie non al passo coi tempi. Sostituito solo concettualmente nel 2015 del MacBook Retina – che però era più piccolo e meno performante – ha trovato un nuovo erede solo nel 2018.
non ci si deve fidare delle apparenze
Il confronto superficiale sembrerebbe a vantaggio dell'Air
A livello di prezzo il MacBook Air 2019 rimane più economico di 270€ (a listino) rispetto al Pro 2019 base gamma e un confronto superficiale delle specifiche può sembrare a vantaggio del primo. Guardate l'immagine sopra e chiedetevi: quante persone spenderebbero di più per il Pro che ha 200MHz in meno di velocità sul suo i5 e la Touch Bar che non tutti apprezzano? In fin dei conti le specifiche sintetiche sembrano uguali per il resto e l'Air fa pensare a qualcosa di molto più leggero e portatile. Ma il fatto è che non ci si deve fidare più di tanto delle apparenze e conviene andare un po' più in profondità nell'analisi per fare l'acquisto giusto e consapevole.
le CPU del MacBook Air sono di classe differente rispetto a quelle del Pro
La prima cosa da mettere subito in chiaro – perché molti evidentemente non lo sanno a giudicare da quel che leggo in giro – è che le CPU del MacBook Air sono di una famiglia differente rispetto a quelle del Pro. Nello specifico l'i5 1,6GHz dell'Air è l'i5-8210Y dual-core con TDP di 7W e GPU integrata Intel UHD Graphics 617, mentre l'i5 1,4GHz del nuovo Pro base gamma è l'i5-8257U quad-core con TDP di 15W e GPU integrata Intel Iris Plus Graphics 645. La serie Y è a basso voltaggio (basta vedere il consumo minimo) ed è necessaria su un computer come il MacBook Air che è sostanzialmente fanless visto che c'è solo una piccola ventolina laterale che si occupa di dissipare il calore dell'intero sistema. Nel Pro, invece, ci sono due ventole collegate direttamente al nucleo di calcolo centrale, cosa che consente sia l'installazione di CPU/GPU leggermente più "calde" (oltre il doppio di TDP) che la possibilità di spingere le stesse ben più in alto e per più tmpo quando necessario. Non a caso la frequenza base del Pro è più bassa ma quella in Turbo è più elevata (e per quanto siano valori nominali la differenza concreta c'è anche all'atto pratico).
Mettendoli sotto la lente d'ingrandimento il Pro stravince... e alla grande!
Il confronto qui sopra è quello reale che ogni persona interessata ad acquistare un portatile Apple (o che dà consigli agli altri) dovrebbe stamparsi nella mente. Il MacBook Air è solo 100 grammi più leggero del Pro, ha un 20% di autonomia in più (trascurabile quasi sempre) e non è effettivamente più piccolo se non si considera il formato a cuneo che stringe sul davanti (perché nel punto più spesso è addirittura più alto del Pro). Nella mia recensione del MacBook Air 2018 (che a livello hardware è invariato da quello 2019) ho già chiarito che è una macchina davvero poco potente, che soffre tanto quando la si utilizza per qualcosa di più della semplice navigazione web (e con poche tab).
Prestazioni al 240%!
I benchmark sintetici come quello di Geekbench 4 sono poco indicativi delle effettive prestazioni sotto stress, in quanto non portano la CPU a massimo carico e, dunque, non tengono conto dei limiti termici che sopraggiungono quando la temperatura sale. Quindi non solo il Pro supera di gran lunga l'Air sulla carta (e parliamo del 240% di prestazioni in multi-core!) ma la differenza si accentua ancora di più quando lo si stressa un minimo. Ma proprio un minimo, perché basta avere Dropbox che sincronizza una ventina di file in background e qualche tab aperta su Safari per vedere rallentamenti e la rotella colorata sull'Air (posto che questo è di base un demerito di Dropbox, ma serve a rendere l'idea con un esempio concreto).
Rivedendo tutto in quest'ottica, i 270€ in più richiesti dal MacBook Pro 13" 2019 base sono ben pochi rispetto le reali differenze delle due macchine. L'Air va bene per esigenze davvero basiche e per ridurre un po' la spesa, ma il Pro gioca in un altro campionato a mio giudizio. Ora non voglio estendere il discorso a tutto il mercato, perché sappiamo bene che per le specifiche tecniche nude è facile trovare portatili Windows che costano meno e si presentano con numeri superiori, ma qui entra in gioco tutto un discorso su sistema operativo, qualità degli schermi e del trackpad, presenza del chip T2 (sicurezza e codifica video di un altro pianeta) e via discorrendo. Evitando di partire per la tangente con una digressione in stile Mac vs PC, il confronto in casa tra Air e Pro è nettamente a favore di quest'ultimo. Personalmente non vedo una singola ragione per preferire l'Air in nessun contesto, perché la differenza di prezzo viene bruciata via in un attimo considerando già solo le prestazioni.
il MacBook Pro 13" base 2019 è il nuovo best-buy
Ovviamente io ho considerato i prezzi di listino Apple, ma da quando lo store è presente pure su Amazon le cose sono cambiate. Ci è infatti capitato di segnalare il MacBook Air base a 900€ e, per quanto sia ora il modello "vecchio" questo è sostanzialmente identico a quello attuale. Però anche il Pro è stato scontato più e più volte e lo sarà a breve anche questo nuovo base gamma 2019 (seguite i canali Telegram delle SaggeOfferte a proposito). Dunque le valutazioni vanno fatte minuto per minuto considerando lo street price, perché è chiaro che risparmiando 500€ l'Air si può decisamente prendere in considerazione, ma ci sono alcune conclusioni a cui volevo arrivare:
il Pro è completamente un altro computer nell'esperienza d'uso: non dico che sia capace di miracoli ma straccia letteralmente e indiscutibilmente il MacBook Air su ogni fronte al di là di "apro Safari con un paio di tab"
l'Air non ha vantaggi rilevanti in termini di peso, ingombro e batteria
il Pro stravale il prezzo superiore in base al listino e presto sarà scontato su Amazon come lo sono tutti i modelli di MacBook, dunque aspettate la prima offerta e lo pagherete tranquillamente 200€ in meno
il MacBook Pro 13" base 2019 è il nuovo best-buy in casa Apple
Ricordate che da domenica a mezzanotte parte il Prime Day 2019!
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saggiosguardo · 6 years ago
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Cos'è Logitech Crayon, la "matita" alternativa alla Apple Pencil per iPad ed iPad Pro
A marzo del 2018 Apple ha presentato l'iPad di sesta generazione, aggiungendo una caratteristica inattesa: il supporto alla Apple Pencil. Fino ad allora questa era un'esclusiva dei modelli Pro, mentre da quel momento in poi è stata estesa a tutti i nuovi iPad, compresi i recenti Air e mini 2019. Quel modello di iPad, così economico e al tempo stesso completo, è stato molto apprezzato dal mercato ed è probabilmente uno dei prodotti Apple più convenienti mai realizzati. Di sicuro negli ultimi anni.
È nata per la scuola
Il target era l'utente comune, quello che non aveva bisogno di un modello con caratteristiche Pro ma gradiva comunque acquistare un prodotto nuovo, completo ed appena aggiornato. Apple puntava però anche ad un altro settore in cui il supporto per la Pencil poteva fare la differenza: quello education. Per sostenere lo sviluppo in tal senso, venne introdotta anche una "matita" alternativa e più economica di quella Apple, realizzata in collaborazione con Logitech e compatibile esclusivamente con l'iPad base del 2018. La Logitech Crayon aveva un prezzo scontato per la scuola di soli $49, dunque circa la metà dell'Apple Pencil, ma inizialmente non si poteva acquistare al di fuori di quello specifico canale. Le vendite al pubblico sono iniziate a settembre del 2018, con un prezzo di $69 negli US e di circa 75€ in Italia, ma ormai l'attenzione era sfumata. Pochi si ricordavano ancora di quella matita che non era la Apple Pencil ma funzionava sugli iPad e ancora di meno si erano interessati a verificarne le caratteristiche.
Ora è per tutti
La Logitech Crayon ritorna attuale oggi per diverse ragioni, la prima delle quali è l'estensione di compatibilità. I nuovi iPad Air e iPad mini già la supportano e sarà così anche per gli iPad Pro precedenti al 2018 da iOS 12.2 in poi. Va detto che la Apple Pencil di seconda generazione è stato un importante passo avanti per le funzionalità e l'ergonomia, ed è difficile pensare a qualcosa di migliore in abbinamento ai recenti iPad Pro 2018 (recensione), ma tutti gli altri – compresi i modelli di iPad 2019 – si devono accontentare del primo esemplare, che presenta evidenti limiti per il metodo di carica, le dimensioni, il trasporto ed il rotolamento. Ecco perché avere una alternativa alla Apple Pencil di prima generazione è così importante, soprattutto ora che il potenziale bacino di utilizzatori si è così ampliato.
Logitech Crayon vs Apple Pencil
Il "pastello" realizzato da Logitech utilizza la stessa tecnologia di base della Apple Pencil, ma ci sono alcune importanti differenze tra i due prodotti e la maggior parte sono a vantaggio del Crayon. Provo a sintetizzarle tutte in questa tabella (in grassetto i Pro):
Caratteristica Logitech Crayon Apple Pencil (1a gen) Sezione Piatta con angoli morbidi Rotonda Dimensioni 162 x 12 x 8 mm 176 x 8,9 x 8,9  mm Peso 20 g. 20,7 g. Materiale Alluminio con inserti di gomma Plastica Autonomia 7,5 h (senza indicatore) 12 h (indicatore su iOS) Ricarica Lightning (porta femmina) Lighting (porta maschio) Tasto di spegnimento Sì No Spegnimento automatico Sì (dopo 30 min) Sì Lag in scrittura Nessuno Riconoscimento pressione No Sì Riconoscimento inclinazione Sì Riconoscimento del palmo Sì Punta Leggermente ruvida Completamente liscia Punte di ricambio Sì Abbinamento Onde radio (senza pairing) Bluetooth Supporto software Uguale Supporto hardware iPad 2018, iPad Air 2019, iPad mini 2019, iPad Pro precedenti al 2018 con iOS 12.2 o superiore Prezzo ~65€ su Amazon 99€ Apple Store
La Apple Pencil ha una maggiore autonomia ma la Logitech Crayon ottiene 30 minuti con soli 90 secondi di carica, dunque il suo unico svantaggio è l'assenza di riconoscimento della pressione. Questa caratteristica la rende sicuramente meno adatta all'utilizzo avanzato dei disegnatori professionali, i quali oggi hanno comunque una migliore alternativa nell'accoppiata iPad Pro 2018 ed Apple Pencil di seconda generazione.
I tratti più sottili e quelli più spessi per l'ombreggiatura si possono realizzare ugualmente grazie al riconoscimento dell'inclinazione, che funziona come nella matita Apple visto che la tecnologia di base è la stessa. Senza la variabilità della pressione c'è minor controllo ma in alcuni casi questo può essere un vantaggio, poiché si garantisce un tratto più costante per chi non possiede skill di disegno avanzate. In parole povere è più facile ottenere una resa costante sia per i bambini che per quanti la utilizzino per note e schizzi più che per il disegno artistico.
La Logitech Crayon è piatta e non rotola, inoltre ha un corpo in alluminio con inserti in gomma che la rendono più pratica e robusta. È più corta e più comoda in mano rispetto la Apple Pencil, ricordando molto le matite da carpentiere. Si può usare nelle stesse app che accettano la matita Apple e da iOS 12.2 è pareggiato anche il supporto hardware da parte degli stessi modelli di iPad ed iPad Pro.
La Apple Pencil funziona via Bluetooth e richiede il pairing mentre la Logitech Crayon utilizza onde radio a bassa emissione e si abbina automaticamente all'iPad più vicino, anche se questo ha il Bluetooth ed il Wi-Fi spenti. L'assenza di pairing rende l'uso ancora più immediato e non bisogna accedere ai menu neanche per passare da un iPad all'altro: basta accenderla in sua prossimità. Un altro vantaggio importante sta nel metodo di ricarica, visto che aprendo lo sportellino di gomma in cima (che rimane attaccato e non si rischia di perderlo) si trova una porta Lightning femmina, dunque si può usare un cavetto standard.
L'esperienza di scrittura è molto simile (ribadisco che usano la medesima tecnologia) ma la Apple Pencil ha una punta completamente liscia, mentre quella della Logitech Crayon è leggermente ruvida. Crea un leggerissimo attrito sullo schermo che può non piacere (inferiore a quello della Surface Pen), ma contribuisce a dare una sensazione più concreta nella scrittura. Infine la matita Logitech costa mediamente 35€ in meno della Apple Pencil di prima generazione, cosa che la rende ancor più appetibile. Considerando il possibile target di riferimento e l'uso più comune di questo strumento, sembra un prodotto complessivamente più riuscito ed è probabilmente per questo che Apple ne sta estendendo la compatibilità, avendo nel tempo la possibilità di dismettere la produzione e la vendita della Pencil di prima generazione pur mantenendo a listino diversi modelli di iPad (anche nuovi) che non supportano quella nuova.
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saggiosguardo · 6 years ago
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Nuovo cavo magnetico USB-C per la ricarica di Apple Watch
Già da qualche tempo gli iPhone supportano una ricarica più veloce di quella possibile con il cavo e l'alimentatore di serie da 5W. Basta, per così dire, comprare l'alimentatore USB-C ed il cavo Lightning / USB-C, per un totale di "soli" 84€. Nel prossimo evento del 30 ottobre si prevede che l'iPad Pro presentato sarà il primo dispositivo mobile di Apple a fare lo switch proprio verso USB-C, che a livello tecnologico offre maggiori vantaggi oltre che una più ampia diffusione. Aspettiamo a dare per spacciata la Lightning, ma avrebbe senso allineare tutto allo stesso connettore. E se proprio non si volesse usare la USB-C sui device, per lo meno si dovrebbe evitare di continuare a venderli con cavi che dall'altro capo presentano la vecchia Type-A ed alimentatori abbinati. Un ulteriore passo verso l'uniformazione arriva oggi, visto che dopo l'aggiornamento dello store per l'avvio dei preordini di iPhone XR, è stato localizzato un nuovo cavo di ricarica magnetico per Apple Watch che termina proprio con la USB-C. Costa 35€ e non sappiamo ancora se garantirà maggiore velocità di ricarica per lo smartwatch, ma si inserisce in questo progressivo (anche se lento) allineamento a favore della nuova connessione.
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