#alle mie aspettative
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Vlahovic ha esultato esattamente come ha esultato Frattesi nella stessa identica condizione lmao
infatti anche l'esultanza di frattesi per aver fatto gol con l'hellas era esagerata al di la del siparietto divertente dove stava perdendo i pantaloni
#anche meno LMAO#aspettavo sti anon per aver parlato della juv3 come si aspettano i regali a natale giuro anzi siete arrivati in ritardo rispetto#alle mie aspettative
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per quanto io mi sforzi di fingermi insensibile, il mio cuore non smette di piangere un po', in silenzio, dove nessuno lo vede, davanti alle mie aspettative che si sgretolano, miseramente, ogni volta.
zoə
#stupida io#che mi aspetto qualcosa di diverso#e invece è sempre tutto uguale#frammentidicuore#frasi#frasi di vita#riflessioni#pensieri#frasi profonde#parole#amore#vita#cit#delusione#aspettative#insensibile#rabbia#schifo#solitudine#mi sento sola#frasi tumblr#frasi tristi#tristezza#dolore#ferite#scema io
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Le elezioni europee sono il mio appuntamento quinquennale con lo scorno politico. Non che io normalmente sia un entusiasta ma per qualche motivo, vuoi il letale mix di respiro internazionale e pochezze locali, vuoi un quorum incompatibile con le mie passioni di nicchia, vuoi per ricordi di ex parlamentari europei comportatisi quasi ineccepibilmente a Bruxelles per poi rovinare anche le aspettative più basse una volta usciti di lì, l'appuntamento con le europee mi mette addosso una mestizia Baudelairiana.
Oltre ad una già discussa impressione di peggioramento qualitativo, si sono uniti gli scambi umani con persone più o meno conosciute, ascrivibili a due macrocategorie:
i nichilisti in attesa di mordere, che sono quelli che buttano lì l'argomento europee come il pescatore da laghetto la pastura, e alla prima ipotesi sul voto anche vaga ti trasmettono con una certa delicatezza che loro non vanno a votare e che tu sei chiaramente un coglione se ci vai
gli indecisi tormentati che si chiedono a vicenda un parere sperando che qualcuno di stimato tiri fuori idee illuminanti e propongono una chat di gruppo fra amici fidati per trovare una strada sensata tergiversando fino alle 22:50 di domenica
Tendo a preferire (e ad appartenere) alla seconda categoria. Ieri l'altro un'amica diceva che sarebbe entrata in cabina guardando la scheda senza fare niente aspettando di essere richiamata dal presidente di seggio, e un po' la capisco.
Poi non è che voglia sovrastimare l'importanza delle europee, ma non è tanto per l'elezione in sé, è più per il suo ruolo di fotografia rappresentativa di un fallimento di ambizioni politico-sociali e di assenza di movimento in quel senso, che non è una novità per nessuno ma vederlo in 4k e in ogni singolo doloroso dettaglio è un passaggio un poco sofferente.
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Sono stato molto male quando ho scoperto che la donna che amavo, anni fa, si era sempre presa gioco dei miei sentimenti. Quando l’ho messa davanti all’evidenza, sentendosi alle strette e non potendo mentire come aveva sempre fatto, ha reagito aggredendomi, per poi sparire con freddezza. Senza pietà. Lasciandomi in frantumi. Mi è cascato il mondo addosso. La vita mi aveva già riservato “qualche” dispiacere, ma in quel momento, giuro, quel dolore, mi sembrava il più profondo di tutti. Non mi ero mai sentito tanto devastato, nemmeno dopo la morte di mio padre.
Mi sentivo vuoto. Abbandonato. Tradito. Immobile. Ingannato. Solo e perso. Mi sentivo sciocco, stupido. Avevo messo tutto ciò che avevo in quella storia, in quell’amore che credevo immenso. Avevo creduto a tutto.
Parlavamo di figli, matrimonio, di futuro, di tramonti da guardare insieme, mano nella mano, quando saremmo diventati vecchietti…
Non so per quanto tempo l’ho sognata. Fredda. Glaciale. Impassibile.
Non so quante volte mi sono svegliato di soprassalto con crisi di pianto. E di freddo. Freddo dentro.
Era un incubo dormire.
Era un incubo svegliarmi.
Non c’era un posto nel mondo dove mi sentissi bene.
E cercavo l’amore, come se l’amore si possa cercare. Lo cercavo negli altri. Proiettando il mio dolore e le mie aspettative su di loro, sulle le loro azioni, sui loro comportamenti, sulle parole che pretendevo mi dicessero. Sulle promesse che speravo mi facessero. Cercavo l’amore per riempire un vuoto.
Poi un giorno, guardando il mare, ho provato ancora quel senso di freddo e solitudine, ma subito dopo ho sentito nascere qualcosa dentro di me. Era una piccola luce. E ho capito, solo in quel momento, che lei non se lo meritava tutto quel dolore che provavo.
E ho capito che l’amore che cercavo era sempre stato lì, al suo posto, dentro di me.
Ero io la persona da amare.
Solo io potevo riempire quel vuoto.
Ero io, Roberto, la persona che veniva prima di tutto.
Ero io quello da abbracciare.
E poi sono rinato... ♠️🔥
Roberto Emanuelli
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Un nuovo razzismo
Questo è uno dei post più difficili che io abbia mai scritto su questa piattaforma. Molto probabilmente, nel momento in cui lo leggerete, lo avrò già letto 30 volte e rinnegato altrettante, come fece Pietro col suo capo, prima che quel maledetto gallo svegliasse tutto il vicinato e venisse colpito in pieno da una scarpa.
Essenzialmente per tre motivi: il primo, perché non era proprio nei miei pensieri una discussione simile, il secondo, perché è estremamente facile uscire dal seminato e iniziare a parlare d'altro, e il terzo, perché la probabilità che venga letto tutt'altro è abbastanza alta. Riguardo al primo motivo, sono strafelice che sia accaduto, anche se lontanissimo dalle mie intenzioni, perché sta aprendo il mio spazio mentale ad un universo di riflessioni sul tema, riguardo al secondo proverò a fare del mio meglio per evitare scivoloni, e riguardo al terzo 'sti grandi apparati maschili.
In pratica, vi parlerò delle reazioni che ho ricevuto, in quattro giorni a questa parte, ogni volta che ho iniziato a parlare di possibilità di equivalenza tra pensiero naturale e pensiero artificiale e, volendo tirare un po' la corda, una possibile sostituzione dovuta ad un sorpasso facile del secondo rispetto al primo.
Premetto che all'inizio mi son lasciato un po' andare all'entusiasmo, ma come ho detto a @kon-igi nel mio ultimo vocale da ben 13 minuti esatti, credo di aver commesso un reato a responsabilità limitata (cit.), per via della mia naturale propensione a comportarmi come un bimbo col suo giocattolo nuovo verso tutto quello che suscita in me un interesse che va al di là delle aspettative. Ad ogni modo, questo reato è stato proprio funzionale a far esplodere (verbo azzeccatissimo) un dibattito sul tema, e non parlo solo di Tumblr, eh, io ne ho parlato con tutti, dovunque, in qualsiasi spazio e dimensione umana, e posso confessarvi che, trasversalmente all'educazione ricevuta, al percorso sociale e professionale, alle sensibilità verso la realtà circostante, tutti, a diverse sfumature, hanno esibito un qualcosa che io, con un titolo fotocopiato maldestramente da Star Wars IV, ho iniziato a semplificare brutalmente con razzismo verso la AI.
Prima che iniziate a lucidare la mazza da baseball per fracassarmela sul cranio, lasciate che vi premetta la mia definizione di razzismo. A mio parere, ne esistono di due tipi, uno dovuto alla mancanza di informazioni verso un qualcosa di sconosciuto, che implica una immotivata paura e un conseguente istinto di protezione verso sé stessi e la propria comunità (forse legato a scelte di sopravvivenza, boh, che ne so), e un secondo, una degenerazione del primo, ovvero la scelta consapevole di restare in questo stato di ignoranza per combattere un nemico inesistente. Io, ad esempio, mi dichiaro orgogliosamente razzista verso i tedeschi, perché ho optato per la scelta consapevole di ritenermi diverso e superiore a loro, e nun me scassat 'o cazz, come diceva il buon Pino. Nel caso invece di questo post siamo palesemente nella prima tipologia, che chiamo razzismo solo per brevità e perché non conosco una parola migliore, ma potrebbe essere un abuso di notazione, e che alla fine mi serve pure un po' per acchiappare like, come ho ben dedotto dal mio scambio con @aelfwin3.
Ognuna delle persone con le quali ho avuto il privilegio di confrontarmi ha avuto una reazione che oscilla dalla più morbida alla più reazionaria, ma hanno avuto tutte un filo conduttore comune. Ad esempio, Kon sta da tre giorni ad impazzire con me su questa roba, provando a menarmi dialetticamente da più punti di vista (cosa della quale non gli sarò mai grato abbastanza), mentre Elena, venerdì sera, avrebbe voluto che la mollassi in autostrada pur di non continuare più la serata con me, se non fosse che adora troppo quelle cagate asiatiche. Per farla breve (seeee vi piacerebbe ahahahahah!), tutti hanno avuto lo stesso tipo di approccio, che posso riassumere con la seguente frase
non osare provare a metterci sullo stesso piano
persino Yuri che, ieri a pranzo, davanti ad un panino di Burger King, cominciava a digerire male le patatine dopo le mie uscite, e ha provato a giustificare quella frase di sopra facendo riferimento ad un vecchio film russo, dove il secondo pilota di ogni aereo era una intelligenza artificiale pronta a continuare il combattimento al posto del pilota, qualora questo fosse stato nell'impossibilità di continuare il duello, e che mo' non mi ricordo tutta la trama, ma come al solito finiva di merda.
Piccola nota: Burger King ha tolto dal menù il Double Steakhouse, e, chi mi conosce bene lo sa, se c'è una cosa che mi fa incazzare è dovermi adattare ai cambiamenti della società. Mo' mi tocca mangiarmi tutti i panini possibili per riuscire a trovare quello che più somiglia al DS, porca vacca. Ma torniamo a noi (ve l'avevo detto che è difficile restare sul tema).
Prima di continuare (telefonate alle vostre mamme, perché stasera non si torna a casa), ribadisco ancora una volta la mia definizione di sentimenti nel mondo digitale, che nulla ha a che fare con quelli umani, e propongo ancora un altro esempio. Parliamo di Dante e Beatrice. Nessuno, e sottolineo nessuno, umano e non, è in grado di replicare, in ogni più piccolo dettaglio biologico e mentale, quello che Dante ha provato per la sua bella (diamo per buona tutta una serie di fatti storici, tanto a me non importa di Dante nel senso stretto della sua vita). Possiamo solo fare dei paragoni più o meno validi sulla base delle informazioni che abbiamo, e su quello che è la nostra esperienza riguardo all'amore, ma poi ognuno di noi ha il suo sentire riguardo a questo sentimento, potete provare a raccontarlo, ma già qui si perde, involontariamente, un contenuto informativo, per non parlare poi di quello che viene capito dal vostro interlocutore, insomma capire cosa possa provare un altro al 100% è un'impresa impossibile, ci possiamo arrivare solo tramite delle interpolazioni, che possono essere sufficienti per la stragrande maggioranza dei nostri scopi.
Ripeto: non fate riferimento ancora una volta all'essere umano in quanto essere biologico, altrimenti tutto questo post non ha alcun senso, né tanto meno tutta la discussione passata e futura sull'argomento. Io parlo unicamente del pensiero in quanto riflesso del nostro essere, il cogito ergo sum, per capirci, ma niente di più.
Adesso prendiamo una macchina NLP che ha raggiunto il suo stadio ultimo della conoscenza artificiale, ovvero sa correlare tutto a tutto (stavo per scrivere sa tutto di tutto, ma avevo visto la mazza da baseball che faceva capolino dietro le vostre schiene). Badate bene: questa macchina non esiste ancora, ma quello che provo a dirvi da tre giorni e che continuerò a fare, ed è meglio che iniziate a farci il callo con questo concetto, è che ci stiamo avvicinando al momento in cui questa macchina esisterà. Questa è una macchina che, dal punto di vista dei sentimenti, è messa malissimo, nel senso che non ha la nostra esperienza biologica, non sa cosa sia l'amore e il poterlo sapere non fa parte del suo esistere e del suo scopo. Ma, e qui perdiamo in quanto presunti esseri superiori, sa parlare dell'amore che Dante provava per Beatrice meglio di noi, perché, sfruttando la sua capacità di correlare e calcolare, riesce a mettere insieme robe che manco a calci ci potremmo arrivare.
Se siete arrivati fin qui, vuol dire che non mi avete tolto il follow (il che vi vale come buono per una pizza e una birra offerti da me), e adesso arriviamo al razzismo verso la AI. Pur di mettere in discussione il punto espresso al paragrafo precedente, le persone, tutte, virtuali e non, hanno fatto l'unica mossa che potevano fare: invalidare la potenziale (ma non l'unica, occhio!!!) fonte della conoscenza che alimenta la AI, ovvero Internet, tra l'altro con un argomento, i social, che per me è fallace già dal punto di vista meramente tecnico, perché non tiene conto di quello che è il reale serbatoio informativo della rete, ma ne vede solo una parte, che poi è proprio quello che ci fa parlare male della rete in generale (anche se stiamo tutti qua a crogiolarci come i maiali nel pappone che mio nonno mollava loro a pranzo). Infatti tutta 'sta manfrina è nata proprio dal vocale di @kon-igi che ho potuto ascoltare ieri ahimè solo in serata, avendo passato la giornata con le scimmie (esseri favolosi), e ci ho ritrovato (parzialmente) le stesse parole che Elena, una sera prima, una persona che è agli opposti di Kon su tutto, aveva provato a inculcarmi a furia di schiaffi sul cruscotto (abbiamo rischiato l'air bag) all'altezza di Darmstadt. E sono estremamente convinto che il tutto sia stato fatto d'impulso, d'istinto, da qui il senso del mio post.
Altri, una minoranza che mi ha sorpreso meno in quanto a reazione ma che comunque fa numero, preferiscono affondare le mani nella letteratura/filmografia catastrofista da un lato (Terminator), senza cuore dall'altro (I-Robot), pur di provare che, hey, noi siamo meglio di 4 fili collegati, e attenzione, io non sto dicendo che non sia una possibilità, ma che queste affermazioni non hanno alcun supporto concreto, si basano solo su scenari presi dalla nostra voglia di immaginare quello che non esiste.
Spero che adesso sia chiaro il motivo per il quale io abbia iniziato a definire una sorta di razzismo verso la AI, che, fino a quando si tratta della prima forma di razzismo, ci sta, è una reazione naturale ad un processo nuovo, a maggior ragione quando tutta la letteratura ce l'ha sempre dipinta come la minaccia alla nostra esistenza. La mia speranza è che non degeneri verso un qualcosa di accendiamo i forconi, in nome di una caccia alle streghe elettroniche che non ha alcun senso (e badate che questa paura non nasce dalle reazioni delle persone con le quali ho parlato oppure delle quali ho letto i commenti qui sopra, e delle quali mi fido, ma degli altri 8-miliardi-meno-30).
Lasciatemi però postare l'unico commento violento contro la AI che per me ha senso di esistere ed è supportato da fatti concreti, tangibili ed incontrovertibili, ovvero quello di @gigiopix, al quale va tutta la mia solidarietà e vicinanza in questa sua fase (spero breve) di interazione con le intelligenze artificiali, e sul quale rapporto con l'AI io ci vedo molta assonanza riguardo al mio con i tedeschi:
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Non so cosa scrivere eppure mi sento l'anima nebulosa con tante cose dentro che nemmeno so decifrare.
Mi sento stanca e insoddisfatta. Non so cosa sto facendo e mi sento persa in un mezzo a un vuoto: non vedo una direzione, un'obiettivo, qualcosa. Vivo le giornate a comandi: questo mese fai il training, rispondi alle telefonate, fai i colloqui ecc ecc. Per il resto niente più.
Penso alla mia non-famiglia: non sento nessuno da quando sono partita. Va bene così, era quello che volevo ma non vuol dire che mi faccia stare bene. Mia madre e mio fratello sono a fare le vacanze che lei sognava di fare per festeggiare i suoi 50 anni. Mio padre non lo so né mi interessa.
Chiamo e sento solo i nonni - qualche giorno fa li ho videochiamati e mi sono teletrasportata nel mio paesello. Preparavano le cose per il ferragosto, mentre qui è stata una settimana lavorativa normale (e pure pesante per sto training a orari del cazzo).
Con la coppia indiana stiamo organizzando di scalare il monte Fuji il mese prossimo. Era una cosa che non ho potuto fare 5 anni fa, quando le mie conoscenti lo avevano fatto e che io ho proposto. Vediamo.
Mi sento molto a casa con loro. Mi meraviglio di come il sud sia sud in tutto il mondo: danno grande spazio al cibo, condividono sempre, mi chiamano sempre ma allo stesso tempo criticano tutti, sono pettegoli, sono talmente legati al loro cibo da non volerne sapere di nient'altro. Il risvolto della medaglia è che è un sud molto arretrato: ieri abbiamo visto un film e, a quanto pare, è ancora necessario che la donna sia vergine al matrimonio, il matrimonio combinato è ancora comune, le donne devono servire il marito e badare ai figli, sono devotissimi alla religione e mille altre cose che forse non si vedono più dai tempi dei miei nonni.
Penso a quante persone diverse io abbia incontrato da gennaio. In Erasmus ho fatto amicizia con una polacca, una greca e oggi me la rido con degli indiani, oltre a convivere con persone cinesi, messicane, ceche, francesi, americane, italiane e così via.
Paradossalmente sono in Giappone ma il giapponese lo uso pochissimo. Tutti prima di partire mi hanno detto:"Chissà come migliorerai col giapponese adesso" e invece all'estero succede che entri in delle bolle per cui nel tuo quotidiano parli tutt'altra lingua. Parlo in inglese stentato perché noto che se non ho un interlocutore madrelingua non metto sforzo né in pronuncia né in grammatica e parlo come mangio.
Dicevo, ci sono persone di ogni tipo ed alcune si sono lanciate verso il vuoto in questo paese senza sapere niente della lingua. Mi sono ricordata che al primo anno di università rifiutai la borsa erasmus che avevo vinto perché non c'erano più paesi disponibili che parlassero in inglese e per me era impensabile buttarmi in un paese di cui non conoscessi la lingua. Ad oggi lo farei ma sono passati 7-8 anni di vita nel mezzo e sono ormai adulta. Qui ci sono ragazzini di 20 anni stentati e alla loro età non avrei avuto il coraggio.
Per molti, o forse per tutti, questo è un paese di passaggio. Vieni, prendi il visto studentesco di 1 anno e te ne vai a casa, con la possibilità di aver detto di aver vissuto dall'alta parte del globo. Nessuno rimane e a ben dire (anche perché i giapponesi fanno lo stesso). Questo è un posto unico al mondo dove le cose sono così diverse da tutto il resto della normalità che gli studiosi lo hanno definito "Galapagos syndrome": esistono cose solo per i giapponesi perché questa è una società tutta particolare con esigenze proprie. Se non sei abituato a questa vita non riesci a fartene un'abitudine e se ci sei nato non riesci a vivere altrove. È un posto difficile, ben oltre le aspettative della gente comune.
L'altra volta sentivo il podcast de Il Post sui libri giapponesi sempre più amati in Italia e mi fa sempre ridere quella patina di fascino che hanno tutti quando si parla di qui. Mi fa sempre sorridere e far incazzare questa cosa. Il prof Coci intervistato nel podcast ha detto cose storicamente vere ma per come le ha dette erano cagate per me. Eppure anche io ne sono stata vittima e vivo tuttora a mie spese le conseguenze di questa infatuazione.
Così come mi fanno ridere sia italiani e indiani che dicono:"A me interessa solo la lingua, la cultura non mi interessa". Come se le due cose si potessero separare così, all'acqua di rose.
Ripensandoci forse a Rovigo stavo meglio. Chissà se potrò trovare la serenità anche in questo paese.
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... e all'improvviso capisco che per vivere, per sopravvivere, per tenere bada a tutte le incombenze quotidiane, per non soccombere alle paure, alle aspettative, per non demoralizzarsi a causa di insuccessi o imprevisti, per armarsi contro tutte le delusioni che ancora arriveranno, pronte a spezzare la corazza che credevamo di esserci costruiti come vecchie tartarughe che si portano la casa addosso, l'essenziale, l'indispensabile... è fare pace con se stessi. Guardarsi e dirsi: io mi perdono per ogni volta che ci ho creduto, per i miei fallimenti, per le mie visioni troppo grandi sulla vita. Fare pace, e addormentarsi dicendo: io ce l'ho messa tutta.
Tatiana Andena
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Raccontatemi cosa vi passa per la mente
Spesso, nella vita, ci troviamo sommersi dai nostri pensieri, dalle nostre emozioni, da domande che ci tengono svegli la notte o da riflessioni che ci accompagnano nei momenti di quiete. In questo spazio, io cerco di dare forma ai miei pensieri, alle mie intuizioni e alle esperienze che vivo, condividendoli con voi.
Ma oggi, vorrei fare qualcosa di diverso.
Vorrei ascoltarvi.
Siamo tutti protagonisti di una storia, quella che scriviamo ogni giorno con le nostre scelte, i nostri errori, le gioie e i dolori. E credo che ognuno di noi, in fondo, abbia qualcosa di unico da dire, una prospettiva da offrire. Magari un tema che non ha ancora trovato voce, una domanda che vi frulla in testa da tempo, o anche solo un pensiero che vorreste vedere trasformato in parole.
Ed è qui che entri in gioco tu.
Mi piacerebbe che, in questo piccolo angolo di mondo digitale, anche voi poteste contribuire. Avete qualche argomento, idea o riflessione che vi sta a cuore? Qualcosa che vorreste che io esplorassi, una domanda alla quale cercare una risposta, o un tema che non avete ancora avuto modo di affrontare? Vi invito a lasciarmi i vostri pensieri, suggerimenti o provocazioni, in modo completamente anonimo.
Che si tratti di grandi questioni esistenziali o di piccoli interrogativi quotidiani, ogni tema è benvenuto. La vita, dopotutto, è fatta di dettagli, così come di grandi svolte. E proprio questi dettagli possono trasformarsi in qualcosa di significativo, se condivisi e rielaborati insieme.
Non abbiate paura di aprirvi. Questo spazio è per voi, per noi.
Potete essere completamente anonimi e liberi di esprimervi senza giudizi o aspettative. Io prenderò i vostri suggerimenti e proverò a dar loro voce, con il rispetto e l’onestà che questo spazio si merita.
Non vedo l’ora di scoprire cosa avete da raccontare. Grazie di cuore, per ogni piccolo pensiero che vorrete condividere.
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[✎ TESTO ♫ ITA] Neva Play (feat. RM of BTS) di Megan Thee Stallion⠸ 06.09.24
[✎ TESTO ♫ ITA]
🌟☄ NEVA PLAY💥💫
(feat. RM of BTS) - Megan Thee Stallion
~Non Scherziamo Mai / Facciamo Sempre sul Serio~
youtube
Uno, due, tre, quattro (uno, due, tre, quattro)
Cinque, sei, sette, otto (cinque, sei, sette, otto)
Facciamo sentire che stiamo arrivando
Contiamo zeri¹ ogni giorno
Perché sapete, noi facciamo sempre sul serio
Uno, due, tre, quattro (uno, due, tre, quattro)
Cinque, sei, sette, otto (cinque, sei, sette, otto)
Facciamo sentire che stiamo arrivando
Contiamo zeri ogni giorno
Perché sapete, noi facciamo sempre sul serio
A proposito dell'essere una con cui è meglio non scherzare
Denaro canta, i soldi sono la mia lingua madre
Io e RM insieme, facciamo squadra
Noi al livello più alto, voi neppure in classifica
Tutti vogliono sentire quel che questo schianto sta preparando
Restano tutti di sasso quando mi vedono ad un evento
Aspettate solo che io mi prenda la mia rivincita, allora sarete tutti finiti
Capelli azzurri come Bulma e Kiki²
Centoni, un migliaio di dollari, diamanti incommensurabili
In giro per il mondo, ovunque vado, vengono tutti a sentirmi
Non ho tatuaggi, ma il mio passaporto è pieno di timbri
Sono un pezzo grosso, arrivata dal Texas
Veramente tanta roba, quasi il caso di farmi fare un test antidoping
Andate a vedere i riconoscimenti, è chiaro chi è l'autrice
quando il flow è così tosto, fitto, [fareste meglio a munirvi di] kotex³
Mmh, cosa posso farci se sono quel tipo di ragazza
Sparlate pure, non mi interessa
È da soli che state litigando perchè nel mio mondo non esistete manco
Con tre cose, in particolare, non scherzo: me stessa, i miei soldi ed il mio uomo
Provate anche solo a menzionarle e, statene pur certi, vi salto al collo
Uno, due, tre, quattro (uno, due, tre, quattro) Cinque, sei, sette, otto (cinque, sei, sette, otto) Facciamo sentire che stiamo arrivando Contiamo zeri ogni giorno Perché sapete, noi non scherziamo mai Uno, due, tre, quattro (uno, due, tre, quattro) Cinque, sei, sette, otto (cinque, sei, sette, otto) Facciamo sentire che stiamo arrivando Contiamo zeri ogni giorno Perché sapete, noi non scherziamo mai
apete che facciamo sul serio
Già, non smetteremo mai di essere dei grandi
Io e Megan stiamo arrivando
Per l'Asia, diamine se abbiamo aperto la via
Con una fluidità quasi criminale, passiamo al digitale
Mi fate quasi pena, ma per voi è finita (che peccato)
Piagnistei chilometrici, [per le troppe lacrime vi servirebbe]
altro che un acquedotto
Mmh, non da solo, ma insieme alle mie schiere, yeah
Noi che siamo della stessa falange di PSY, yeah
Con una 9 millimetri vi mettiamo a tacere, yeah
Quanti soldati che provano rancore, diamine
La legge, me ne sbatto
Non siete che una favoletta
In fin dei conti, ha proprio ragione lei [Megan]
Siamo noi i responsabili di tutti i vostri incubi (Okay)
È roba che fa male, invece di agitarvi tanto, voi e i vostri,
in mezzo al pogo venitemi a cercare
Già, siamo semplicemente dei tosti, tiriam fuori i nostri assi
alla faccia dei pezzi grossi
Chiamatemi pure narcisista, come un tifone [vi prendo alla sprovvista],
sono un artista e che artista (già)
Tirate pure fuori i portafogli
Se dovessimo mai fermarci, sarebbero le vostre orecchie a rimetterci
Uno, due, tre, quattro (uno, due, tre, quattro)
Cinque, sei, sette, otto (cinque, sei, sette, otto)
Facciamo sentire che stiamo arrivando
Contiamo zeri ogni giorno
Perché sapete, noi non scherziamo mai
Uno, due, tre, quattro (uno, due, tre, quattro)
Cinque, sei, sette, otto (cinque, sei, sette, otto)
Facciamo sentire che stiamo arrivando
Contiamo zeri ogni giorno
Perché sapete, noi non scherziamo mai
Note:
¹ zeri: migliaia/milioni in incassi,
² Bulma e Kiki: personaggi della serie anime 'Dragon Ball', rispettivamente mogli dei protagonisti Goku e Vegeta. Bulma, in particolare, ha i capelli azzurri come Megan sulla copertina di 'Neva Play' e nel MV,
³ Gioco di parole: in risposta alla frequenti critiche riguardo la maternità dei suoi testi e beat ("Andate a vedere i riconoscimenti), Megan paragona i suoi versi rap ("il flow") al ciclo mestruale femminile, suggerendo di munirsi di assorbenti kotex (nome del brand) per arginare un flusso (musicale e mestruale) così tosto e abbondante, n.d.t.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ Twitter
#Seoul_ItalyBTS#TradITA#ITA#Traduzione#Testo#BTS#방탄소년단#RM#KimNamjoon#김남준#MeganTheeStallion#MEGANxRM#MEGJOON#NevaPlay#Collaborazione#060924#Youtube
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Allora, riuniamo qualche pensiero su "Rinascita" ("Il nemico del ragno" non è ancora nelle mie mani).
Iniziamo dai testi. Miglior Faraci pikappico dai tempi di "Fuoco Incrociato" (di cui condivide un po' di mood, IMHO; assieme all'altra storia verso la quale i riferimenti sono evidenti, tanto che nominarla sarebbe un po' spoiler). Con grande abilità giostra fra ironia, azione ed introspezione. A dispetto della sua consuetudine di impegnarsi in episodi "continuity-light" (a parte, forse, per "Zero Assoluto", che all'epoca nascondeva snodi di trame xerbiane rilevanti), qui ci oropone uno stand-alone che, però, non teme di confrontarsi con le trame recenti e si cala con scioltezza nelle situazioni che Pkne aveva generato. Certo, io sono della chiesa che ritiene le comparsate di un certo personaggio, dopo la sua introduzione, siano state sempre ridondanti, ma qui il revival si difende meglio che altrove. Un appunto che mi trovo a fare è il finale, un po' anticlimatico.
Per quanto riguarda Pastrovicchio, la sua evoluzione, nel corso degli anni, lo ha reso il disegnatore per eccellenza per quanto riguarda l'azione Disney. Ad ogni prova supera le aspettative.
Terzo nome che devo fare è quello di Stracchi, che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. La sua opera sugella un comparto grafico spaziale. In questa storia si lascia un po' alle spalle i virtuosismi di alcune occasioni precedenti, per produrre quella che definirei come la sua prova più matura. I disegni di Pastrovicchio risplendono grazie ad una colorazione che coadiuva la narrazione, contribuendo a distribuire l'attenzione del lettore.
Insomma, la storia ha superato le mie aspettative. Ora aspetto di sapere come troveranno una conclusione le trame di sisti sul fuoriserie (forse per rivederlo sul Topo, se questa storia va bene, a dare una closure alla sua figlia fumettistica?).
#disney#comics#disney comics#duck avenger#pk#fumetti#donald duck#pkna#paperinik#paperino#topolino#rinascita#tito faraci#lorenzo pastrovicchio
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The Job Interview
Aveva impostato la sveglia di buon mattino e l'aveva disattivata al primo trillo, essendo già più che cosciente. Era riuscita a dormire discretamente rispetto alle proprie (pessime) aspettative, sicuramente aiutata dalla serata in compagnia e dalla conversazione spensierata e non troppo concentrata sul colloquio che avrebbe avuto da lì a poche ore. Si era sollevata dal letto e, camminando con passo felpato per non disturbare il ragazzo o Pooka che ancora dormiva nella cuccetta, si era diretta verso la cucina. In verità il rimescolio all'altezza dello stomaco era ben diverso da quello che solitamente precedeva la colazione, ma aveva già optato per qualcosa di leggero che le desse energia ma non rischiasse di appesantirla o, peggio ancora, comportasse effetti collaterali ben poco gradevoli con la prospettiva di un incontro così importante. Aveva quindi sorseggiato una tazza di the e si era costretta a mangiare almeno tre biscotti. All'arrivo di un Pooka scodinzolante e allegro, si era affrettata a versargli acqua e croccantini nelle sue ciotole ed era tornata in camera, chiudendosi l'uscio alle spalle.
Quindi (dopo aver controllato l'orologio e aver constatato che sì, era perfettamente in orario con il programma pre-colloquio), aveva steso il tappetino e indossato un completino elasticizzato che le consentisse agevolmente di seguire la sedicente playlist rilassante di un'insegnante di yoga. Dopo circa un quarto d'ora, dovette arrendersi e ammettere che era difficile stabilire se la donna avesse sopravvalutato il proprio talento, o se avrebbe dovuto rassegnarsi al fatto che il proprio corpo fosse letteralmente incapace di rilassarsi. Non restava che cominciare a prepararsi con calma e con serenità. Aveva già estratto dall'armadio il completo confezionato da Quinn e nella valigetta aveva già inserito tutta la documentazione necessaria, gli spartiti e il MacBook.
Dopo la doccia si era spalmata la crema per il corpo e, attenta a non sgualcirlo, aveva indossato il tailleur: una camicetta di un rosa antico, sotto una giacca di una sfumatura più accentuata e abbinata ai pantaloni che ne fasciavano perfettamente le gambe. Aveva indossato le scarpe eleganti ma assai scomode il cui tacco avrebbe dovuto slanciarla (se non si fosse presa una storta prima, mandando all'aria il colloquio stesso) e si era applicata un trucco leggero, prima di dedicarsi ai capelli che erano modellati in una lieve ondulatura. Aveva quindi indossato orecchini abbinati, un orologio da polso più elegante di quello quotidiano e un bracciale. Studiò il proprio riflesso un'ultima volta, lisciando la camicia da pieghe invisibili e traendo un profondo respiro, prima di accennare a un sorriso. “Buongiorno,” cinguettò a voce bassa, “mi chiamo Stella St. James, ho sempre sognato di incidere le mie canzoni e...” si interruppe, scuotendo la testa e dovendo resistere dall'impulso di passarsi le mani tra i capelli. Inspirò ed espirò profondamente, prima di schiudere gli occhi e ricominciare. “Mi chiamo Stella St. James e... credo che darò di stomaco da un momento all'altro,” gemette con voce più stridula, accomodandosi sul bordo della vasca da bagno.
Si interruppe al suono del cellulare la cui suoneria personalizzata le segnalò che si trattava della madre, come prevedibile. Seppur avesse il timore che avrebbe rischiato di vomitare se avesse parlato a lungo e prima del colloquio stesso, si costrinse a ritornare nella camera da letto per rispondere. Ma, dopotutto, la madre aveva la straordinaria capacità di condurre quasi da sola un'intera conversazione, ragion per cui dovette limitarsi a dei mormorii che le dessero prova che stesse ascoltando e fosse d'accordo. Riuscì persino a ridere della minaccia non troppo velata di sporgere denuncia contro la casa discografica nel caso in cui le avessero fatto intraprendere a vuoto quel viaggio. Le promise che le avrebbe telefonato nell'esatto momento successivo all'esito del colloquio e sospese la chiamata. Solo allora lesse i messaggi di incoraggiamento e di auguri degli amici e delle amiche, quelli di Rebecca e di Karen e l'ansia, per brevi secondi, cedette il passo alla tenerezza e a un pizzico di commozione. Scosse il capo e le parve quasi di sentire la voce di Quinn che le intimava: “Non pensarci neppure! Non è un mascara waterproof!”
Si rimise in piedi e controllò la propria agenda e l'orologio: aveva spuntato tutte le voci della lista, aveva tutto il necessario addosso e nella valigetta. Quindi, in teoria, era pronta. Devo solo smetterla di tremare e uscire da questa stanza, si disse con un ultimo sospiro. Socchiuse gli occhi, appoggiò la mano sulla maniglia, rilasciò il respiro e infine uscì dalla propria camera.
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Vorrei scaricare tutti i pesi inutili, per tenere solo ciò che ho di leggero, utile e importante, per lasciare tanto spazio alle cose nuove che sicuramente verranno.
Così dovrei fare anche con la mia vita.
Scelgo quindi di portare con me la prudenza, ma non le paure. L'apertura mentale, non il pregiudizio. L'entusiasmo, ma non le illusioni. Il coraggio, non l'incoscienza.
Porto sicuramente i desideri, la passione e tutti i miei sogni, ma lascio i pesi del passato a casa.
Le mie convinzioni, le mie idee e i miei progetti, non le aspettative altrui. Il silenzio, non il rumore. L'amore, non la diffidenza.
Se la vita è un viaggio, allora è decisamente meglio viaggiare leggeri.
Francesco Grandis, da: "Sulla strada giusta"
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Potevo nascere normale.
Potevo nascere persona normale. Quanto sono grata che non sia successo. Quanto sono grata alla vita per avermi portata per mano in questo mondo pieno di arzigogoli. Quanto sono grata a me stessa per non aver piegato mai la testa alle aspettative sociali.
A volte penso che vorrei fare due chiacchiere con la Cloe piccolina, quella che a 8 anni pensava di essere un'anima sbagliata e fin troppo introversa. Cercavo il mondo tra le pagine di un libro, gli stessi libri che mi hanno inconsciamente insegnato come essere libera.
Ho preso il mondo a morsi e continuerò a farlo, affronto il futuro un passo alla volta, consapevole che qualsiasi cosa accada sarà per il meglio, pronta a fare le valigie e muovermi ovunque soffi il vento. Pronta a sfamare questa curiosità insistente che non mi lascia in pace e che smuove le mie giornate. Pronta ad apprezzare ogni mia conquista, ogni mia meraviglia. Perchè ho visto l'unicità di ciò che sono negli occhi di persone simili, quella bambina introversa si è trasformata in una (quasi) donna che sa riconoscere le sue persone.
Che bella questa vita, anche quando ti scombussola la mente e ti fa agire in modo irrazionale. C'è sempre una via d'uscita per chi vuole trovarla.
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Hi mootie! Nell' ultimo ask ti ho chiesto come stava procedendo la lettura di Fondazione e Terra e nella tua risposta mi hai dato una classifica personale dei libri. Mi piacerebbe molto avere una breve (o no) opinione per ognuno, se ti fa piacere 👀👉👈
Ciao, sempre un piacere trovarti nella mia askbox! Scusami se ho fatto aspettare tanto per la risposta, ma siccome prevedevo che sarei andata per le lunghe ho preferito scriverla da pc. Ecco qui le mie (non molto brevi) opinioni sui libri della Fondazione :)
Preludio alla Fondazione - il primo della mia classifica oltre a essere il primo prequel. Lo considero il mio preferito per due motivi principali: i personaggi e la trama. Per quanto riguarda il primo punto, penso che tu sia l'ultima a cui debba spiegare il fascino di Hari e Dors e del modo in cui la loro relazione si evolve; per il secondo, col senno di poi apprezzo ancora di più il colpo di scena finale in cui si rivela che Hummin e Demerzel sono la stessa persona (anzi, lo stesso robot), perché - come dirò anche più avanti - non sempre i colpi di scena finale degli altri libri mi hanno colpito in positivo, purtroppo. Inoltre, anche la caratterizzazione di Trantor, con i suoi vari settori, è al suo picco qui, secondo me: una cosa che non amo del poco di fantascienza che conosco è quando interi pianeti vengono caratterizzati come se fossero città, anche se nel caso della Fondazione la cosa ha anche abbastanza senso, quindi ho apprezzato che in questo romanzo si vedano aree anche molto diverse dello stesso pianeta capitale.
Fondazione Anno Zero - la mia relazione odi et amo con questa serie inizia qui. Da una parte, ho apprezzato la struttura con grandi salti temporali da una parte all'altra più di quanto mi aspettassi, e seguire Hari fino alla vecchiaia mi ha fatto affezionare ancora di più a lui e alla sua famiglia, al punto che mi sono davvero dispiaciuta alla fine, quando si ritrova anziano e solo; un'altra cosa in cui il romanzo è riuscito è stata farmi addentrare nella trilogia principale con grandi aspettative (molte delle quali sono state un po' deluse). Non posso dimenticare la parte terza, però; l'ho già menzionato altre volte, ma non mi è piaciuta per niente, e non solo perché è la parte in cui Dors ci lascia: avevo capito che Elar era sospetto dalla prima pagina in cui era uscito, e fino all'ultimo ho sperato che non fosse davvero un cattivo "a sorpresa" così ovvio, perché a dirla tutta mi stava anche piacendo il ruolo che stava assumendo nella storia, come sfidante all'autorità assoluta di Hari in fatto di psicostoria, prima che si rivelassero le sue vere intenzioni; avevo sperato che a questo punto l'elaborazione della psicostoria sarebbe diventato un lavoro più collettivo - cosa che poi è successa comunque, più in là - ma alla fine la storia ha preso la direzione che, secondo me, era più prevedibile e meno interessante, quindi quando Dors è morta ci sono rimasta doppiamente male.
Prima Fondazione - non so se è un'opinione impopolare, ma questo è stato il mio libro preferito della trilogia principale, ma allo stesso tempo non ho molto da dire sul perché. Come in Fondazione Anno Zero, ho apprezzato la struttura con grandi salti temporali, e in particolare, in questo caso, il fatto che si trattasse più di una serie di racconti che di un romanzo vero e proprio: dato lo status di eroi che Hardin e Mallow avrebbero ottenuto in futuro, ha senso che le loro storie siano raccontate già quasi come miti; ha giocato molto in suo favore anche la curiosità nel vedere i primi anni della Fondazione e la soddisfazione nel vedere la sua progressiva acquisizione di potere nella politica galattica attraverso diversi stratagemmi: in particolare, i capitoli di Hardin mi hanno tenuto con gli occhi incollati alle pagine. Devo dire, però, che mi ha divertito (derogatory) vedere che il genere femminile era completamente scomparso nel passaggio dai prequel alla serie principale: altri tempi, suppongo.
Fondazione e Impero - non mentirò: la prima parte mi ha annoiato. L'unico personaggio di cui non ho dimenticato il nome appena l'ho finita è Bel Riose. La seconda parte ha recuperato il mio interesse, con l'inizio della storia dei Darell e del Mulo (e inoltre shout out al mio uomo Han Pritcher: ha fatto del suo meglio e gli voglio bene): l'idea di inserire finalmente una crepa nel piano Seldon ha reso le cose interessanti nel momento in cui rischiavano di farsi noiose, e anche stavolta il colpo di scena finale è stato ben fatto, secondo me.
Seconda Fondazione - ah, Seconda Fondazione: cosa devo fare con te? La prima parte non mi ha fatto davvero né caldo né freddo: l'unico elemento che ho trovato personalmente interessante è stata la prospettiva di Pritcher (my beloved), che ci mostra il modo in cui il controllo mentale funziona in questa serie; mi piace il fatto che qui le persone manipolate sono in un certo senso consapevoli di ciò che sta accadendo, anche se non sono in grado di cambiarlo: qui inizia, però, il trend degli infiltrati della Seconda Fondazione che spuntano come funghi, ossia l'elemento che meno mi è piaciuto di tutto il romanzo (e in parte anche dei successivi). Per quanto riguarda la seconda parte, ho amato Arcadia Darell: dopo una sfilza di eroi supermaschi supervirili nei romanzi precedenti (con l'esclusione di Bayta), avere una ragazzina quattordicenne, molto intelligente e molto immatura allo stesso tempo, tra i personaggi principali è stata per me una boccata d'aria fresca, e a dirla tutta non mi poteva fregare di meno degli altri. Non esagero quando dico che, con la caterva di plot twist tutti ficcati negli ultimi due capitoli, quando si scopre che la Seconda Fondazione in realtà è su Trantor e ha segretamente influenzato Arcadia da quando era piccola, avrei voluto buttare il libro dalla finestra: secondo me la spiegazione "un cerchio non ha estremi" era già più che sufficiente, e il plot twist sul plot twist non mi ha colpito positivamente.
L'orlo della Fondazione - questo libro aveva l'arduo compito di partire dalla conclusione di Seconda Fondazione, e se ancora non mi va a genio il fatto che la Seconda Fondazione sia su Trantor, tutto il resto è stato abbastanza per far tornare la serie nelle mie buone grazie: nessun gruppo di personaggi principali supera quelli dei prequel, per me, ma Trevize, Pelorat, Gendibal e la Branno ci si avvicinano abbastanza. Purtroppo, anche qui il finale è stata la cosa che ho apprezzato di meno, come ho accennato in un post che avevo scritto a caldo appena avevo finito il libro: agli infiltrati della Seconda Fondazione si sono aggiunti gli infiltrati di Gaia che spuntano come funghi (non so come avrebbe funzionato a livello di trama, ma a livello di caratterizzazione e tematico secondo me sarebbe stato più efficace se Novi fosse stata davvero una semplice hamiana, ma questa è più una preferenza mia che una vera e propria critica), e non mi piace il fatto che Trevize fa sempre le decisioni giuste perché sì. Allo stesso tempo, però, immagino che allora il trope del prescelto fosse visto con meno antipatia di oggi.
Fondazione e Terra - Ne ho già parlato molto rispondendo all'ultima ask che mi avevi mandato, e mantengo tutte le opinioni che ho espresso lì, ma aggiungo che quando si scopre che Bliss era stata condizionata da Daneel la mia reazione è stata dire ad alta voce "Dai, non di nuovo!", e che la rappresentazione dell'ermafroditismo dei solariani mi ha messo piuttosto a disagio, nonostante mi ritenga una lettrice abbastanza paziente da questo punto di vista..
Grazie per essere venuta alla mia TED Talk :D
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..e all'improvviso capisco che per vivere, per sopravvivere, per tenere bada a tutte le incombenze quotidiane, per non soccombere alle paure, alle aspettative, per non demoralizzarsi a causa di insuccessi o imprevisti, per armarsi contro tutte le delusioni che ancora arriveranno, pronte a spezzare la corazza che credevamo di esserci costruiti come vecchie tartarughe che si portano la casa addosso, l'essenziale, l'indispensabile..è fare pace con se stessi. Guardarsi e dirsi: io mi perdono per ogni volta che ci ho creduto, per i miei fallimenti, per le mie visioni troppo grandi sulla vita. Fare pace, e addormentarsi dicendo: io ce l'ho messa tutta.
Tatiana Andena
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Capita di sentirsi fragili e di desiderare ardentemente di essere rassicurati. Capita perché ognuno di noi ha le proprie “debolezze mascherate” che la vita ci obbliga a nascondere per non risultare vulnerabili, inferiori alle aspettative di chissà chi o perché spesso si ha paura di mostrarci per quello che semplicemente siamo.
“Mi amerà ancora, se racconto le mie paure, il mio dolore, le mie stupide paranoie? Mi guarderà con gli stessi occhi se mostro le mie ombre, le mie ossessioni, la mia incapacità a...?”... Prima o poi, ce lo siamo domandati tutti.
Allora dissimuliamo, conteniamo, celiamo, fingiamo e un po��� moriamo dentro, perché è complicata una vita a recitare copioni di cui non conosciamo i dialoghi per il semplice fatto che non sono la nostra storia.
Sentirsi fragili e aver voglia di piangere...
Forse si sa il perché o forse no, ma ciò che è certo è che, ogni tanto... capita! E fa bene poterlo dire senza vergognarsi. E fa bene poterlo gridare al mondo, senza dover per forza fare sempre la parte di un Supereroe che non esiste nemmeno nei film. Allora io lo faccio qui, a nome di tutti: messaggio in bottiglia gettato nel mare e sospinto dalle onde in cerca di un approdo. Magari qualcuno lo legge e pensa: “Anch’io sto così!” E si sente meno solo.
Già... Meno solo.
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