#Tenere La Casa In Ordine Anche Quando La Tua Vita È In Disordine
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Tenere La Casa In Ordine Anche Quando La Tua Vita È In Disordine di KC Davis
Tenere La Casa In Ordine Anche Quando La Tua Vita È In Disordine di KC Davis
Tenere La Casa In Ordine Anche Quando La Tua Vita È In Disordine non è un libro su come riordinare la casa, ma qualcosa di più. È un volume in cui l’autrice, e terapeuta, ci racconta quando, come e perché, si è messa in discussione nella vita per arrivare a darci elementi che ci fanno sentire meglio. Decisamente meglio. Possono esserci molteplici motivi per cui le pulizie e lo stato della casa…
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LA FISSAZIONE PER LA PULIZIA E L'ORDINE: COME AFFRONTARLA E GESTIRLA
Quando il Desiderio di Pulizia e Ordine Diventa un Disturbo Ossessivo-Compulsivo.
Molte persone amano mantenere la propria casa pulita e organizzata, ma per alcune, questo desiderio può trasformarsi in un'ossessione. Ci sono individui che si dedicano in modo quasi maniacale all'ordine e alla pulizia, trasformando compiti comuni in vere ossessioni.
Cos'è esattamente questa ossessione❓
Le persone ossessionate da ordine e pulizia spesso puliscono la casa ogni giorno, organizzano gli oggetti sempre nello stesso modo e si infastidiscono enormemente se notano anche solo un piccolo granello di polvere. Tendono a controllare costantemente se gli altri stanno svolgendo le loro attività in modo impeccabile, il che può rendere la loro vita e quella degli altri estremamente difficile.
Questa mania, sebbene possa sembrare positiva, può evolvere in un disturbo ossessivo-compulsivo. Il Disturbo ossessivo-compulsivo, noto come DOC, è caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni che interferiscono con la vita quotidiana. Si tratta di pensieri, immagini o impulsi avvertiti come incontrollabili, che si manifestano improvvisamente e provocano ansia e paura. Ma quando possiamo considerare questa ossessione come un disturbo ossessivo-compulsivo❓
Bisogna valutare vari fattori, tra cui il grado di disagio dell'individuo e l'effetto sul comportamento e sulle relazioni sociali. Nei casi patologici, il desiderio di ordine non è piacevole o volontario, ma intrusivo e indesiderato, causando ansia e disagio significativo.
Le compulsioni, come mettere in ordine, diventano una risposta all'ossessione. In altre parole, si tratta di un disturbo quando questa ossessione interfere con la vita quotidiana, impedendo di svolgere normali attività e costringendo a rispondere in modo compulsivo alle ossessioni per alleviare l'ansia. Le compulsioni sono azioni messe in atto in risposta a un'ossessione e devono soddisfare due criteri principali:
Richiedono tempo significativo (ad esempio, più di un'ora al giorno).
Causano un disagio clinicamente significativo.
Questo tipo di ossessione per l'ordine e la pulizia di solito si manifesta intorno ai 19 anni, anche se negli uomini può apparire prima dei 10 anni in circa il 25% dei casi. Nonostante queste persone possano sembrare responsabili, il disturbo nasconde spesso un'ansia profonda e il bisogno di controllo, piuttosto che una semplice responsabilità.
Per coloro che soffrono di questa ossessione, l'ordine diventa l'unico modo per tenere sotto controllo la loro vita, le emozioni e gli altri. Tutto viene organizzato secondo uno schema rigido e personale, e qualsiasi segno di disordine scatena un'ansia così intensa da costringere chi ne è affetto a rimettere tutto in ordine. L'obiettivo di queste azioni è mantenere un senso di equilibrio interiore.
Questa ossessione nasconde una difficoltà nel lasciarsi andare alla vita e spesso comporta la repressione dei propri sentimenti.
Per aiutare chi soffre di queste ossessioni, è importante che la persona prenda consapevolezza del problema senza giudicarla. È altresì fondamentale cercare il supporto di un professionista per liberarsi da questa condizione e migliorare la qualità della vita, non solo per la persona affetta ma anche per chi le sta intorno.
La terapia breve sembra essere uno dei trattamenti più efficaci per affrontare queste ossessioni, insegnando ai pazienti a gestire le proprie paure in modi alternativi, senza ricorrere ai rituali.
Se anche tu o qualcuno che conosci sta lottando contro l'ossessione per l'ordine e la pulizia, non esitare a chiedere aiuto. La tua salute mentale è importante. Contattami oggi stesso per iniziare il tuo percorso verso una vita più equilibrata e serena.
Tito Bisson
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Menzogne - Ep. 07
Archie Hubbs non era un uomo cattivo, severo forse, ma non cattivo. Era rimasto vedovo qualche anno prima e la perdita della moglie lo aveva profondamente segnato. Angela era la sua ancora, il suo radicamento in quel mondo che pareva sempre troppo in disordine per un uomo rigido come lui. Il solo pensiero che un Marlow potesse avvicinarsi a sua figlia lo mandava fuori di testa, non poteva permetterlo. Era un buon padre, forse più assente di quanto non avrebbe voluto, ma era comunque una figura di riferimento per sua figlia. Celia era la sua principessina, avevano penato così tanto per averla, dopo tre gravidanze andate male sua moglie Angela era ormai sul punto di mettere da parte la speranza e accettare il fatto che non avrebbero mai avuto figli, Archie però non era un uomo che si arrendeva facilmente e così le propose di fare un ultimo tentativo che, per quanto fosse disperato, poteva essere la loro ultima speranza, un’occasione da non perdere. Fu così che arrivò la piccola Celia, dopo una gravidanza all’inizio difficile tutto parve migliorare col passare del tempo, madre e figlia stavano bene, ma gli Hubbs non avrebbero mai pensato che la loro creatura avesse tanta voglia di nascere, così tanta che Celia nacque prematura di alcune settimane. Non fu nulla di preoccupante, tuttavia si può dire che la sua nascita fu davvero inaspettata sotto tutti i punti di vista.
Archie voleva solo il meglio per la sua piccola luce, era tutto ciò che gli restava, l’ultimo ricordo tangibile della donna che tanto aveva amato.
- Avevi ragione Eloise! Il piccolo Marlow è venuto qui con la pretesa di conoscere la mia Celia!! Si è definito un ragazzo per bene, figurarsi! Quella gente può anche aver conquistato San Myshuno, aver fatto i soldi ed essersi inserita nella schiera di coloro che contano in città, ma sono e resteranno per sempre dei delinquenti! Il padre forse era una persona come si deve, ma quel Finley... E questo Ethan?? Vuol fare il fotografo! Ci puoi credere? - disse l’uomo infuriato. - Avanti ora rilassati! Vorrei tanto dirti che te lo avevo detto, e in effetti è così, ma ti vedo fin troppo agitato. - rispose la sorella. Eloise era una donna arida e snob, non era sempre stata così, ma la vita era stata particolarmente dura per lei e ora il suo unico scopo era quello di intromettersi nelle vite altrui e sostenere il fratello dopo che la moglie era morta. Come zia si rivelò sempre comprensiva e affettuosa con Celia, ma la dolcezza e la bontà di Angela Hubbs non erano neanche lontanamente paragonabili alle attenzioni di Eloise. - E’ stato carino però a venire fin qui per parlare con te! Proprio come si dice in giro: ingenuo e sognatore. Non combinerà mai nulla di buono nella vita. - - Sì, proprio così! Ma chi si crede di essere? E Finley lo ha lasciato venire qui impunemente! Quei due... spero che lascino la città, qualcuno vocifera che il grande abbia grosse mire sul mercato nascente di New Vegas, forse andrà laggiù. Ad ogni modo devi tener d’occhio Celia! Ho già dato ordine alla servitù di non fare avvicinare quel ragazzo, ma la prudenza non è mai troppa! -
- Non preoccuparti Archie, ci penso io! Dirò a Celia chi sono davvero i Marlow, le racconterò che quello vuole vederla e sappiamo tutti qual’è il suo obiettivo. La tua bambina è una ragazza sveglia, non cederebbe mai alle lusinghe di un simile pervertito, ma meglio non rischiare! Vedrai, dopo che le avrò detto la verità sarà lei stessa ad evitarlo. Se poi il piccolo Marlow dovesse continuare a ronzarle attorno, potremo sempre richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Questo sì sarebbe un bel colpo alla loro immagine o almeno a ciò che ne resta. - Eloise era anche una donna astuta, sapeva usare bene la dialettica e sarebbe stata un’ottima donna d’affari se solo non avesse preferito rovinare socialmente coloro che non reputava alla sua altezza. - Ti ringrazio Eloise, senza di te sarei perduto! - l’uomo si sbilanciò in un fraterno abbraccio. Era un evento raro, dopo la morte della moglie i suoi gesti affettuosi si erano sempre e solo limitati alla figlia, sua unica ragione di vita, oltre ovviamente alla sua florente attività.
Più tardi, quella stessa sera Eloise pianificò il suo provvidenziale intervento. Celia stava studiando, come sempre, nel grande salone della villa, era una ragazza seria a cui piaceva studiare. Anche lei aveva tanti sogni, ma a 17 anni è una cosa più che normale. Aveva ereditato la gioia di vivere dalla madre, così come la dolcezza e la bontà d’animo. Non era una ragazza ingenua, ma cercava sempre di vedere il meglio in cosa poichè era certa che tutti meritassero una possibilità.
- Uhmm vediamo... sì, dovrebbe essere giusto! - mormorò tra sè e sè la giovane.
La zia la osservava da lontano rimuginando su ciò che le avrebbe detto. Eloise aveva un discreto ascendente su Celia, non avrebbe mai sostituito la madre, ma era comunque una figura importante della sua vita.
- Allora mia cara, come procedono i compiti? Ormai la scuola sta per finire, spero manterrai la media degli altri anni. - disse Eloise facendo il suo ingresso nella stanza. - Oh zia, non ti avevo sentita arrivare. - disse presa alla sprovvista Celia. - Non preoccuparti zia, lo sai che i miei voti sono sempre alti. - rispose sorridendo. - Molto bene, molto bene! Sai quanto tuo padre ci tenga e poi è in gioco il tuo futuro. - disse Eloise avvicinandosi al tavolo e prendendo posto accanto alla nipote. - E a proposito di questo vorrei parlarti di una cosa quando hai finito. - - Certo zia Eloise, dimmi pure, qui ormai ho finito, ripasserò domani mattina presto. - e con questo mise via il libro di testo.
- Volevo parlarti di quel giovane con cui parlavi alla festa di tuo padre, il giovane Marlow... - iniziò Eloise - Ethan?? - chiese confusa Celia. - Gli è successo qualcosa? - chiese preoccupata. - No! Almeno per il momento... Sai Celia i Marlow sono i discenti di briganti e delinquenti della peggior specie, è un miracolo che siano riusciti a farsi strada nella società da bene della città, e certo in molti tra i più anziani ricordano come questo sia stato possibile. - - Oh zia, ma queste sono solo vecchie dicerie, e poi si parla del passato! Oggi non siamo più ai tempi del far west. - disse Celia per nulla colpita dalle parole della zia. - Sì, forse. Lo sai che il fratello di quel ragazzo, Finley Marlow è andato a letto con quasi tutte le figlie delle famiglie più influenti della città? Persone come si deve, brave ragazze che si sono fatte prendere in giro da quel balordo, credevano nella genuinità dei suoi corteggiamenti e poi? Lui le ha sedotte, usate e poi abbandonate. Non voglio certo spaventarti, ma una di loro è anche rimasta incinta. - disse cruda e tagliente la donna, era chiaro che, nonostante si dimostrasse comprensiva con le giovani di cui parlava, ne deprecava il comportamento. - Ovviamente è stata costretta ad abortire o la sua vita sarebbe stata rovinata per sempre e già così non potrà mai più ambire ad un buon matrimonio. - sospirò la donna. - Ovviamente nessun ragazzo per bene vorrà stare con lei dopo quanto accaduto. Quel Finley è un donnaiolo, poco di buono. La sua casa è un continuo via vai di donne e la maggior parte lo fa per i soldi, se capisci cosa intendo. - - Sì zia, immagino di sì. - disse perplessa Celia. - Però non capisco perchè mi stai dicendo queste cose, nemmeno lo conosco questo Finley. - - Per fortuna no bambina mia, per fortuna no. Però hai incontrato suo fratello! - disse Eloise arrivando al punto.
- Già, ma Ethan non ha fatto nulla di male. Mi sembra un bravo ragazzo sai? Abbiamo tante cose in comune. - disse sorridendo Celia. Alla giovane non era mai importato più di tanto uscire con i ragazzi o trovarsi un fidanzato, aveva deciso di investire il suo tempo nello studio, voleva fare un lavoro che le avrebbe permesso di aiutare la gente e far trionfare la giustizia. Certo suo padre non credeva in quel genere di cose, ma Celia aveva deciso di studiare legge, questo avrebbe rassicurato suo padre e un giorno, col tempo, gli avrebbe dimostrato di potersi rendere utile e indipendente allo stesso tempo aiutando chi non poteva permettersi la difesa dei grandi studi. Nonostante questo Celia dovette ammettere con sè stessa che Ethan le era piaciuto, le aveva fatto una buona impressione e aveva visto in lui lo stesso animo gentile e voglia di cambiare il mondo che sentiva dentro di sè. - Celia non essere ingenua! La mela non cade mai troppo lontana dall’albero. Credi che quelle donnacce che frequentano quella casa, siano lì solo per Finley? Quel Ethan con cui parlavi è fatto della stessa pasta del fratello! Vuole solo portarti a letto per poi sbarazzarsi di te come un fazzoletto usato! Tuo padre è molto preoccupato per te, ma io l’ho rassicurato, sappiamo che sei una ragazza intelligente. - - Grazie zia! Forse non ho molta esperienza in merito, ma nessuno può convincermi a fare qualcosa che non voglio. - disse Celia sicura di sè. - E poi a me non ha dato quell’impressione, anzi sembrava così timido... - ma non potè nemmeno finire di dire quanta tenerezza gli aveva fatto quel ragazzo così timido e goffo che subito la zia la interruppè. - I Marlow sono scaltri bambina mia, sanno come raggirare la brava gente, lo hanno sempre saputo! Il mio più grande timore è che quello possa riempirti la testa di sciocchezze. Potrebbe perfino farti credere di essere innamorato di te, di volerti sposare e stupidaggini del genere, ma è solo un marpione arrivista. - disse la donna rincarando la dose.
- Tu credi che arriverebbe a tanto? - chiese delusa Celia. - E anche peggio! Ho sentito che ha fatto la stessa cosa con altre ragazze, a quanto pare sta seguendo le orme del fratello in tutto e per tutto! Devi stare lontana da lui, quel ragazzo è pericoloso. Persino la gente che frequenta è poco raccomandabile: artisti dediti alla droga, all’alcool e alle donne. - ovviamente era una menzogna, come tutto ciò che avete detto su Ethan, ma Eloise era certa che questo avrebbe tenuto Celia lontana da quel ragazzo che lei e suo fratello avevano ritenuto non all’altezza della loro famiglia.
- Altre ragazze?- chieste stupita, ma non solo, all’improvviso sentì un pizzico di gelosia e si sentì così stupida per aver sprecato tempo a pensare a quel giovane.
La discussione andò avanti ancora un po’ e quando Eloise fu certa di aver raggiunto il suo scopo lasciò Celia da sola con i suoi pensieri.
“Come ho potuto essere così ingenua? Eppure sembrava un così bravo ragazzo, uno per bene. Sembrava così diverso da tutti gli altri.”
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Ogni anno, quando arriva la primavera viene voglia di semplificare - per iniziare la nuova stagione fresca, pulita e ordinata. Questo non significa sbarazzarsi di tutto (io sono lontanissima dall'essere minimalista), solo per liberarsi delle cose che si appesantiscono. Quindi, ecco la guida non ufficiale a semplificare l’esistenza pratica.
l'ingombro fisico
Qual è l'area nella tua stanza che ti stressa quando la vedi? Comincia da lì. Alcuni suggerimenti rapidi su come ripulire aree specifiche:
armadio: -Prendi tutti i vestiti dell’armadio o cassettiera, tira fuori tutto e comincia a selezionare. -Metti da parte i tuoi vestiti preferiti, quelli di cui sai già di non poter fare a meno. -Poi metti in un sacco tutti quei vestiti che non sopporti più, che non ti piace come ti stanno, o che non metti mai. -Quindi, inizia a provare tutto il rimanente, stabilisci cosa ti sta ancora e cosa no, cosa ti piace come sta su di te e cosa invece ha fatto il suo corso. -Ricordati di tenere da parte una selezione di abiti comodi, magari vecchi e logori oppure sformati ma carichi di valore affettivo, come guardaroba da casa.
scrivania + scaffali: Anche in questo caso, inizia svuotando del tutto la scrivania/area di studio e gli scaffali. -Innanzi tutto il materiale scolastico o lavorativo, passa in rassegna libri quaderni raccoglitori appunti e fogli voltanti di ogni genere assicurandoti che sia tutto al proprio posto. -Metti via in scatoloni o cassetti secondari tutto il materiale degli anni passati che non serve più (dividi quello che puoi rivendere dalle cose da buttare) e tieni solo quaderni o libri che ti possono ancora tornare utili. Sfrutta anche il sito/la bacheca della scuola per sapere se i tuoi libri possono ancora servire a qualcuno! -Assicurati che tutto abbia un proprio posto (le matite/penne devono essere in un astuccio o una tazza apposita, i documenti in cartellette, e i quaderni ordinatamente impilati). -Elimina anche ipotetici mobili o suppellettili che non ti servono. Se non li hai usati nell’ultimo anno, probabilmente sono inutili.
Anche per quanto riguarda la libreria, elimina tutto quello che si è accumulato negli scaffali per quanto riguarda gadget e oggettini, poi passa in rassegna i libri: mai buttare o bruciare un libro, ma donare alle biblioteche o ad altri i libri che non ti sono piaciuti o che non hai intenzione di leggere è un’ottima cosa.
sotto il letto Cerchiamo di essere realistici: la maggior parte degli oggetti dispersi finisce qui. Tutto il resto, tutta la spazzatura che si ritrova sotto al letto può tranquillamente essere buttata. Anche per chi ha già i cassettoni sotto al materasso, lì spesso finiscono gli oggetti dimenticati e quindi inutili. In mancanza di cassettoni, per chi volesse sfruttare lo spazio sotto al letto ed evitare che ci finisca una colonia di calzini spaiati o cose del genere, si può provvedere a mettere degli organizzatori o degli scatoloni.
ingombro mentale Questo è quello grande. Il disordine mentale deriva da tutto quanto sopracitato, più semplicemente dal vivere la vita. Alcuni consigli per sgomberare la mente: -Libera la testa ogni sera. Prima di andare a letto, scrivi in un quaderno o taccuino tutto quello che ti passa per la mente così da poterlo depositare su carta senza dover portare quel peso durante la notte. E’ un modo per liberarsene, almeno fino al mattino seguente. -Trova le tue abitudini giornaliere di relax, è importante avere uno sport o comunque delle routine di calma: yoga, bagno caldo, andare a correre, ora del thè, ecc -Praticare la meditazione aiuta a calmarsi e ad entrare maggiormente in contatto con il proprio corpo. -Tenere un planner o una agenda o bullet journal (per mantenere ordine e organizzazione negli impegni quotidiani)
semplificare la pianificazione: -Impara a dire ‘no’ di più - se non vuoi andare al saggio di danza del figlio dell’amica di tua madre, non andarci. -Cerca di eliminare tutte quelle abitudini che non ti portano a niente ma ti fanno perdere tempo. -Trova un modo per prepararti più velocemente, ad esempio separando gli elementi del tuo make up quotidiano da quelli che usi quando vuoi farti un trucco più sofisticato, stessa cosa per la cura dei capelli e del corpo. (elimina anche tutte quelle creme che non usi) -Segnati quale maglietta sta particolarmente bene con quali pantaloni, e tutti i vari abbinamenti che ti piacciono e riscontrano successo, così da poterli ricomporre anche la mattina nel mezzo del sonno e uscirne sempre bene. -Cucina pasti semplici e facilmente conservabili quando devi mangiare da solo, soprattutto se devi affrontare in questo modo più pasti. -Quando devi viaggiare e preparare la valigia, una volta fatto riordina sempre la camera e dai una pulita, così lo sporco non si accumula e al ritorno rientrerai in un’atmosfera ordinata e accogliente. -Trova dei momenti da dedicare a te stesso ogni settimana.
Auguro a tutti una primavera più semplice e rilassante! 🌸✨🌿🌺 (ricordatevi di ripetere la pulizia ad ogni stagione o almeno due volte all’anno)
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Ti piace vivere li?...e come riassumerlo?
So che sui blog non si dovrebbe essere troppo prolissi ma come rispondere agli amici che ti chiedono com’é vivere ad Abidjan e come spiegare se ci stai bene oppure no. Neanche lo so...
Ad Abidjan ci sono stata la prima volta nove anni fa, prima dell’ultima crisi politica, ora ci vivo ed è una città diversa, ma vi voglio raccontare quello che vidi per la prima volta nel 2008. Le sensazioni del primo impatto che forse si mischieranno inevitabilmente al mio nuovo sguardo. Mi piace viaggiare e abbandonare la mia zona di confort, anzi, credo sia essenziale, per viaggiare bene, saper svuotare la testa, entrare in uno spazio nuovo e vivere il diverso… eppure atterrare ad Abidjan con una testa europea, non è semplice. Il clima, innanzitutto, mi ha domandato un grande sforzo di adattazione, certo se passi la tua vacanza in riva al mare, non ci sono problemi, ma stare in città, visitare un mercato popolare, salire sui taxi… richiede certo più impegno. All’uscita dell’aeroporto non ho avuto la sensazione di essere all'aperto, l’umidità rendeva l’aria davvero pesante e gli odori più forti, come in una serra tropicale del Parco delle Cornelle, le porte scorrevoli si sono chiuse alle mie spalle, l’aria condizionata è rimasta dentro, ed io fuori nel clima reale non in uno zoo, con dieci gradi in più. L'esatto opposto di quello che avevo vissuto negli ultimi mesi invernali. Qui non si esce per respirare una boccata d'aria fresca, fuori si boccheggia e ci si muove lenti, dovevo stabilire un nuovo programma nella mia testolina, altrimenti ogni volta che aprivo la porta, mi assaliva la spiacevole sorpresa del caldo opprimente. La sera questa sensazione è amplificata… nella mia testa europea, anche durante le giornate estive più afose le sere sono comunque fresche, mentre qui il termometro non scende, sale invece il tasso di umidità. Non c’è sollievo se non all’aria condizionata. Il mio consiglio numero uno va di conseguenza, se possibile, prevedere una vacanza lunga perché serve qualche giorno per adattarsi e vale il sistema dell’abbigliamento a cipolla ma all’inverso coprirsi dentro e spogliarsi fuori. Mi spiace insisto sul clima perché è stato davvero il mio scoglio e lo è tuttora, condiziona davvero la vita e i ritmi e lo trovo uno specchio della diversità di questo continente, fatto di toni caldi forti a tratti violenti, senza mezze stagioni, immutabile…se così si può riassumere. Disorientata all’arrivo con la sensazione immediata di appiccicaticcio sulla pelle, mi accolgono altre novità, sento odori pungenti e sconosciuti, tra tutti spicca quello proveniente della torrefazione del cacao. Vedo colori esplosivi, ma anche tanto grigio, sabbia e polvere, perché in fondo sono sbarcata in una metropoli di cinque milioni di abitanti. Case fatte di assi di legno tenute insieme con qualche chiodo e dipinte in tinte azzurro cielo, quello che manca in città, il cielo blu, baracche che ospitano commerci e attività di vario tipo, un pressing con la lavatrice sulla sabbia e lo sportello tenuto chiuso con una corda, meccanici di biciclette e la sabbia sporca d’olio di motore di macchine esanime che si cerca comunque di rimettere in moto. Abidjan è una delle città più grigie che abbia mai visto, ma il contorno è talmente variegato da renderla entusiasmante. Intravvedo giardini racchiusi dietro alte mura e filo spinato fanno capolino fiori d’ibisco, buganvillee, passiflore, caschi di bananier. Tanto cemento, neanche un giardino pubblico, nessuna traccia dell’erba europea, qui la poca erbetta bassa punge, il resto della vegetazione è alto spinoso rampicante, selvaggio, liane cadono dagli alberi più alti, radici aeree perché l’aria è carica d’acqua e tutto cresce ovunque senza cure, più difficile contenere questa vegetazione infestante. Niente è delicato qui, la frutta ha un sapore deciso e la buccia dura, i sughi sono piccanti, il sole picchia, la terra è rossa, battuta da un esercito d’infradito e qualche grosso lucertolone dalla gola arancione, in cielo volano pappagalli e rapaci, persino in città! Vedono subito, i tuoi occhi europei: la spazzatura, il disordine, convivere con l’estetica dei gesti, dei sorrisi; la disposizione perfetta della frutta al mercato, le donne nei bellissimi pagne colorati, sempre al lavoro. Le donne curve a lavare, a pilare il miglio con i bimbi legati dietro la schiena, icona di un’Africa immortale, che sopravvive anche in città, ben lontano dal villaggio di Kirikou, in una città che vorrebbe essere moderna, ma ne è ancora lontana finché dovrai fare attenzione alla famiglia bipede che attraversa la strada, pecore, chioccia e il suo seguito di pulcini. Contraddizioni ancora…svettano palazzoni con gigantesche pubblicità sopra la scena domestica di una mamma che lava il suo bimbo in una tinozza con poca acqua e tanta schiuma ai bordi della strada, nudità pubbliche. Appena fuori dalla città orizzonti fitti di palme, camion stracarichi di merce di ogni tipo, di tronchi di alberi secolari, giganti, uccisi, pick-up stipati d’ignam e polli vivi; passeggieri abusivi in sovraccarico pure loro, a volte aggrappati alle portiere aperte. Campi bruciati per fare agricoltura come nel medioevo, poi…spiagge bellissime, ambrate o bianche, immense, fracassate da onde minacciose. A destra l’oceano a sinistra la laguna e le sue mangrovie, si lascia Abidjan alle spalle e si tira un sospiro di sollievo. Finalmente vedo le immagini del dépliant turistico, mi rilasso. Respiro. Ho abbandonato presto tante certezze (il bello del viaggio d’altronde!) come la certezza che il Cairo fosse una città chiassosa e sporca, niente a confronto di Babi. Eppure la chiamano Dolce Babi, una città in cui è piacevole vivere, piacevole forse non è la parola giusta, di sicuro Abidjan è una città in cui si può fare la dolce vita, ci sono locali notturni per tutti i gusti e ristoranti con piscina ovunque, a cielo aperto, sempre affollati anche in settimana. C’è il tempio del Reggae live, il Parker Place, un buco simile a un centro sociale, ma dove si respira un’atmosfera davvero autentica, voglio dire, lì non fanno gli alternativi, li sono davvero così! Pregano Jah Ras Tafari e i loro dreadlocks non fanno pena. La musica è di qualità e provi imbarazzo per il tuo passato slancio esagerato ai concerti della Festa dell’Unità. Mi viene in mente Elio e le storie tese… “smettila con questi bonghi non siamo mica in Africa, li hanno tanti problemi ma non certo quello del ritmo”. Abidjan è una città che di notte, sotto certe angolature, ti fa pensare di non essere in Africa… quando passi sopra una grande sopraelevata a tre corsie con la tua macchina climatizzata, finestrini chiusi e gli odori non passano, restano le luci dei grattacieli riflesse nella laguna nera, le insegne luminose, i grandi centri commerciali, ma basta scendere dal ponte per incrociare qualche veicolo scassato abbandonato ai lati della strada, sporcizia, lamiere, vecchi copertoni e rottami, i resti di qualche fuoco ancora fumante. Gente ovunque a fiumi, migliaia di taxi rossi scassati dettano la legge al volante e rigettano fumate nere, veicoli che in Europa sarebbero rottamati da anni qui rinascono e si mescolano in un traffico caotico tra Hammer e fuoristrada di ultima generazione. I taxi di Abidjan sono la foto sicura che il turista porta a casa, i loro slogan mistici dipinti a grandi caratteri sui paraurti sono una tipicità. Sembrano rivolti all’automobilista che li segue, ce n’è per tutti i gusti: “Dieu est grand” “ La grace d’Allah”, “ God almighty”,“Meme si tu as la force cherche la raison”, “Jesus regne”… nel traffico congestionato ti distraggono dalla noia e stemperano lo stress queste perle di saggezza farcite di errori grammaticali. Abidjan non si assomiglia, non è omogenea, anche nella sua geografia, si sviluppa su una laguna, non ha un centro, Abidjan è grande, immensa e c’è di tutto, ma l’acqua corrente non è ovunque, ci sono maquis in cui le sole luci sono quelle dei fuochi della cucina, perché qui si può fare da mangiare anche senza elettricità e senza acqua corrente, i piatti si lavano in grandi catini d’acqua e neanche una goccia si spreca, non esistono regole ASL irragionevoli, ma non esistono nemmeno quelle ragionevoli! Si può mangiare ad ogni angolo, si cucina all’alba e a qualsiasi ora del giorno, anche quando la luce se ne va e noi europei ci sentiremmo persi senza una torcia tra le mani, qui si può tenere aperto un ristorante dignitoso. Abidjan è spigolosa ma anche rotonda, una donna magra qui non è considerata bella, ad Abidjan si mangia bene lo dice tutta l’Africa dell’Ovest. La mattina si mangia atieké ( un couscous ottenuto grattugiando la manioca) poi c’è il foutou che si ottiene pilando le banane, non quelle dolci, quelle grosse che si mangiano solo cotte, la consistenza assomiglia a quella degli gnocchi e si accompagna con una salsa molto oleosa e densa fatta con i semi dell’albero di palma. Ci sono piatti che vanno mangiati con le mani, davvero con la forchetta non sono altrettanto buoni! Attenzione alle banane fritte sono una droga deliziosa! Abidjan è fatta della povertà portata con estrema dignità, espressa nella sintesi elegante e fiera delle donne che trasportano grandi pesi sulla testa, dalle banane alle arachidi, dalla legna ai farmaci illegali, dignità che ritrovi nei loro sorrisi o nei capelli sempre in ordine con treccine, perline, acconciature di ogni tipo che accomunano le donne di ogni livello sociale, nessuno rinuncia alla sua coiffure… tra di loro io mi sento la più trasandata e penso quanto sono piccola e debole di fronte a queste grandi donne. Mi chiedo perché la vita appaia molto più complicata a me che a loro, perché io debba fare yoga per ritrovare la calma e il loro sorriso, mentre loro, in tutto questo caos private di quello che per me è essenziale restano meravigliose! L’acqua non c’è o ce n’è troppa durante le alluvioni, l’elettricità viene a mancare spesso, nonostante le fatture a più zeri sulla bolletta; le termiti invadono anche la tua bella casa dai muri impregnati di baygon, le zanzare sopravvivono ad ogni sorta di insetticida, l’umidità distrugge le schede elettroniche. C’è sempre un problema, ma c’è sempre l’arte di arrangiarsi e la gente qui ti aiuta per davvero, col sorriso, ma poi ti chiede il cadeau. Vedi cose che ti sembrano assurde come qualcuno che cerca di pulire una strada ricoperta di sabbia chino sulla sua scopetta senza manico per farne un mucchietto che al primo colpo di vento volerà via, chi riempie un camion già instabile oltre il suo limite fino a farlo ribaltare, chi porta chili di manioca sul portapacchi di una bicicletta arrugginita, e la lista si fa davvero infinita. Anche al volate ci sono poche regole a parte quella di clacsonare sempre e comunque, si suona ai piedoni che vorrebbero gettarsi in attraversamenti azzardati, si suona a chi passa col rosso, a chi vuole parcheggiare sulla carreggiata, ognuno clacsona all’altro perché pensa di non avere torto, ma ha torto marcio, comunque se vuoi sopravvivere devi fare così anche tu, agli incroci non ci sono regole di precedenza, devi procedere con fermezza e diffidenza, anche se è verde per te, perché dall’altra parte passano col rosso. Ora non ho più paura ad attraversare il« Boulevard de la mort » come lo chiamava Alpha Blondie in una sua canzone, ma quando arrivai nel 2008 mi sembrava la follia allo stato puro, eppure in quest’assenza di regole tutti sono più prudenti perché non si fidano di chi gli guida accanto, la gente raramente perde la pazienza, più spesso qualcuno abbassa il finestrino e dice una battuta per stemperare la tensione e la gente sorride anche se arriverà in ritardo ad un meeting importante, lo stress si stempera con una facilità impensabile ai milanesi sulla tangenziale. C’è una sorta di calma, ora la vedo, in questa giungla d’asfalto, circondata da tante piccole stradine sterrate che nascondono piccoli quartieri, microcosmi familiari, perché Abidjan è anche accogliente, perché se incroci lo sguardo di uno sconosciuto per strada ti saluta come se fossi suo amico. Le stradine di quartiere polverose e piene di buche, sono ferme nel tempo, vicine e lontane dal brulichio cittadino, hanno quasi tutte un vecchio guardiano che solleva la sbarra per farti entrare con la macchina, retaggio delle recenti guerre civili, resta questo vecchietto dai gesti rallentati a garantire la sicurezza. Nel quartiere ci si conosce, il pazzo del quartiere, i bimbi che non vanno a scuola, immancabile la boutique gestita dai mauritaniani. Abidjan è una città di stranieri: burkinabé, ghaneani, maliani, nigeriani, liberiani, libanesi, francesi e anche qualche italiano, ma certamente dimentico tante altre nazionalità, ora inizio a riconoscerle tra i tratti somatici, prima era una moltitudine nera, ma la stessa Costa d’Avorio non esiste, dentro il confine tante etnie diverse rivaleggiano, Akan, Baoulé, Beté. La cosa più strana comunque per chi arriva da un paesino del nord Italia, in cui tutti sono rintanati nelle loro case, è che qui la vita è all’aperto, ai bordi delle strade, quasi nelle strade, direi, talmente i bimbi giocano pericolosamente vicino alle macchine. Un fiume umano nelle ore di punta, agli incroci, nel traffico, c’è chi vende frutta, chi sacchetti d’acqua fresca grandi come un pugno agli automobilisti assetati, chi ti aiuta a trovare parcheggio in cambio di una monetina, chi ti mette un pezzo di cartone sul vetro per non surriscaldare il cruscotto durante le soste e chi ti porta la spesa alla macchina, chi vende ricariche del cellulare e piscine gonfiabili al semaforo, chi cucina banane alla griglia, chi lucida le scarpe… perfino i malati di polio sulle carrozzine al semaforo vendono qualcosa, sono pochi quelli che mendicano soltanto. C’è il venditore ambulante di Nescafé e i suoi clienti che gettano a terra i bicchierini di plastica usati, c’è la polizia che non fa il suo dovere, ma ti ferma in continuazione perché sei bianca e può sicuramente estorcerti degli spiccioli. Abidjan è una città dalle tante religioni, senza segregazioni, cristiani, mussulmani, animisti, moschee, chiese e resti di riti ancestrali attaccati ai paletti degli incroci, in chiesa si balla. La leggerezza è ovunque volteggia e tu europea la chiami stupidità, ma forse questo fatalismo è anche un po’ saggio perché ci sono problemi molto più grandi nella vita e quando capitano a noi bianchi cadiamo in depressione ma qui si rialzano sempre. “Dieu merci et ça va aller” amano dire, ringraziando dio per quello che hanno già e la salute che è la cosa più importante. Che gran caos questo scritto… rileggendo vedo che rispecchia me e il flusso continuo e caotico di novità che a stento riuscivo ad afferrare. C’erano troppe cose assurdamente magnifiche da fotografare, mi sono chiusa in una dura anoressia fotografica, prima dovevo osservare e capire, forse non capirò mai, ho nel cuore tante immagini come se le avessi scattate. Una serata e solo perché mi è stato chiesto, ho messo la macchina al collo, ho fotografato una cameriera che regge un vassoio pieno di succhi di frutta ghiacciati… ad un certo punto qualcuno mi tende una mano con un bicchiere dal colore azzurro accattivante, disidratata com’ero ringrazio felicissima e ne bevo un gran sorso, all’istante scopro che è ghiacciato ma anche piccantissimo, la mia gola si trasforma in fuoco… che schiaffo! Ho scoperto così le jus de gingembre, zenzero. Una bella metafora dell’Africa che stavo scoprendo, troppo piena di contrasti che fanno male, che fanno pensare, rivedere certezze, amare i nostri lussi e le cose che diamo per scontato. Vivere in una città che tutti i giorni ti mette davanti agli occhi la povertà e il lusso sfrenato è dolceamaro. Non è facile ma se chiudi gli occhi è fin troppo facile vivere da privilegiati in questa Abidjan che ancora oggi dopo 4 anni non riesco a chiamare “la Mia Abidjan”.
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