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#Mannaioni
jacopocioni · 1 year
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La Guardia del Fuoco
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Guardia del Fuoco 1416 - Bozzetto Alfredo Lensi Come Firenze seppe dotarsi di una struttura simile a quella dei Vigili del Fuoco. Il primo nucleo di vigili del fuoco venne creato a Roma dall’Imperatore Ottaviano Augusto, con il nome di “Militia Vigilis”, organizzati come fossero militari. Un embrione dei vigili del fuoco esisteva già in Firenze da molti anni, ma non aveva una regolare struttura. Nelle città medievali gli incendi divampavano frequentemente trovando facile esca nelle parti di legno, con molti danni alle abitazioni, chiese, magazzini, palazzi pubblici e privati. Gli incendi più dannosi che colpirono la città furono: nel 1177, nel 1232 in cui ci furono 22 morti, uno nel 1284 nei pressi della chiesa di Orsanmichele, un altro nel 1287 fra il Corso e la via del Proconsolo, un incendio doloso avvenne nel giugno del 1304 da parte di Ser Neri degli Abati per vendetta contro gli avversari politici. Nell’occasione, vennero distrutte botteghe, fondachi, 1900 case con quelle dei suoi familiari e dei Caponsacchi loro avversari politici, fra Calimala, Mercato Vecchio e Orsanmichele. Questo accadimento disastroso costò l’esilio a molti appartenenti alla sua famiglia con esclusione degli appartenenti al ramo Guelfo di Montelfi di Rustico degli Abati.
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Nel 1415 a Firenze, la Repubblica e l’Arte dei Maestri di Pietra e Legname misero mano alla riforma della Guardia del Fuoco. Venne compilato uno statuto con i diversi provvedimenti contro gli incendi deliberati in tempi passati. La rubrica aveva il nome “De modo et forma tenendi circa extinguendum ignem in civitate Fiorentinae”. I Gonfalonieri delle sedici Compagnie presenti in città eleggevano quattro uomini da ognuno dei quattro Quartieri in cui era divisa la città di Firenze. Ognuno di loro aveva sotto di sé altri nove uomini sempre scelti nei Quartieri. Di questi, quattro avevano il titolo di maestri, i rimanenti cinque erano manovali. Fra i quaranta componenti la Guardia, vi erano obbligatoriamente cinque, fra legnaioli, scalpellini, e venti porti, due “rassegne” chiamati “lanternari”, provenienti cinque da ogni Quartiere. Vi era un Notaio, che li seguiva sul luogo dove si era sviluppato l’incendio. Aveva il compito di segnalare ai Gonfalonieri, chi fosse mancato all’intervento di spegnimento, e dar modo a loro di comminargli la giusta punizione. Nello Statuto era stabilito che ogni Quartiere doveva tenere aperta una bottega giorno e notte, con abitazione delle Guardie del Fuoco. Essi dovevano restare svegli nella loro sede con lumi accesi pronti per ogni evenienza. L’attrezzatura di ogni bottega consisteva in: - 6 scale e scaloni; - 8 bigoncioli con gli “orecchi” per infilarvi il bastone e portargli a due a due; - 2 uncini di ferro (ramponi) uno più grande e uno più piccolo, infilati in pertiche lunghe con più campanelle per infilarvi le funi e abbattere le muraglie; - 6 sacchi di pannolino, legati in cima a mazze lunghe perché, tuffati nell’acqua, si buttavano sul fuoco per spegnerlo; - Vari “mannaioni” lunghi da 8 a 20 braccia (da circa tre metri a 12); - 10 bigoncie grandi sempre piene d’acqua; 12 bigoncioli con manici; - 10 bigoncioli con manico lungo; - 40 secchie; - 2 secchioni grandi con cerchi e armatura di ferro per attingere l’acqua; - 10 graffi di ferro in asta; - 10 forchetti in ferro; - 12 scuri con manici; - 6 lumiere di ferro con aste di legno; - 50 pannelli. Una delle sedi della Guardia del Fuoco, quella del Quartiere di San Giovanni, era nell’antica torre de’ Brunelleschi in via dei Naccaioli, torre che venne poi demolita quando fu costruito il Ghetto. Il Quartiere di Santa Maria Novella aveva la sede della propria Guardia del Fuoco in via della Vigna Nuova, in un gruppo di case dei Sernigi situate in via del Purgatorio, fra piazzetta de’ Rucellai e la via dell’Inferno. Nel Catasto del 1498 si legge che Girolamo di Cipriano Sernigi denuncia di essere proprietario di una casa in via nella Vigna, popolo di Santa Trinìta, Guardia di Fuoco del Quartiere di Santa Maria Novella, a confine con altre dei Sernigi, aggiungendo coloritamente: “Si appigiona alla Guardia del Fuoco di Santa Maria Novella e a Francesco delle Tarsie loro Capodieci e però detta pigione si paga dal Comune di Firenze”. Sempre nel Quartiere di San Giovanni, in zona Mercato Vecchio, una sede delle Guardie fu in una torre che sorgeva presso l’angolo del Ghetto, di fronte alla chiesa di Santa Maria in Campidoglio.
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Infatti, le Guardie del Fuoco avevano le case pagate essendo chiamate a svolgere un lavoro di salvaguardia della città dagli incendi. Un Magistrato sovrintendeva alle Guardie del Fuoco di tutti e quattro i Quartieri; ogni Quartiere aveva una squadra di cinque maestri muratori e cinque manovali o “portatori”, i “lanternari”, tutti agli ordini di un “Capodieci” nominato dai Gonfalonieri di Compagnia. Il salario pagato alle Guardie era questo: Al Capodieci, per ogni notte soldi 5; Al Maestro, per ogni notte soldi 3; Al Portatore, per ogni notte soldi 2. Per ogni incendio a cui fossero chiamati, veniva loro corrisposto: Al Capodieci, soldi 15; Al Maestro, soldi 15; Al Portatore, soldi 10; Alle rassegne, 10 soldi. I maestri muratori e i legnaioli in servizio di Guardie del Fuoco si distinguevano per la particolare divisa, che aveva l’insegna della scure sul davanti e nella parte posteriore le seste con l’insegna del Quartiere; i portatori invece avevano dipinta una mezzina. Non appena i Gonfalonieri di Compagnia avevano passato lo stanziamento, il Camarlingo di Camera procedeva al pagamento del salario, senza effettuarvi alcuna ritenuta. Le Guardie del Fuoco avevano il diritto di camminare di notte, con o senza lume, per tutte le strade cittadine, anche in tempi poco tranquilli o di tumulti. Il segnale d’incendio veniva dato dalle campane della chiesa più vicina o con le trombe del Comune; di notte si aggiungevano le grida dei guardioli in vedetta sull’alto delle torri.
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La città devastata dal fuoco in una illustrazione della Nuova Cronica di Giovanni Villani (Bibl. Vaticana, Ms. Chigiano LVII 296, XIV sec.) All’avviso dell’incendio, sul luogo accorrevano le Guardie del Fuoco con capo protetto da una celata di ferro. Armate di coltello, sega, scure, palo di ferro e quant’altro poteva occorrere per domare le fiamme. Accorrevano pure i Consoli dell’Arte dei Maestri di Pietra e Legname, e uguale obbligo incombeva su tutti i sottoposti dell’Arte che dimoravano nel quartiere devastato dall’incendio, i quali erano tenuti a coadiuvare le guardie. A tutte le finestre delle case che portavano sul luogo del pericolo dovevano essere apposti lumi, per rischiarare la via e facilitare l’accorrere e il movimento dei soccorsi; ogni pozzo pubblico, ed erano numerosi, aveva vicino un trogolo che consentiva una presa d’acqua più rapida; infine, tutti i Gonfalonieri di Compagnia del Quartiere dovevano uscire col proprio gonfalone e i loro armati per mantenere l’ordine ed evitare possibili tumulti che in mezzo alla confusione del momento e al fumo incombente sulle strette vie, potevano nascere, specialmente nell’eventualità di incendio doloso. L’operato dei maestri muratori e dei Capodieci era amministrato da un Notaio che percepiva uno stipendio di 20 soldi ogni volta che si recava sul luogo dell’incendio; egli aveva la mansione di fare la rassegna degli uomini che intervenivano per domare le fiamme, informandone poi i Gonfalonieri di Compagnia. Questi ultimi erano autorizzati, per ogni “offizio”, una volta sola per la durata della elezione, a spendere fino a 50 lire per l’acquisto o la riparazione di attrezzi usati ed altri utensili d’uso antincendio. L’elezione ovvero la nomina per il servizio antincendio per il quale erano stati nominati, tutte le Guardie del Fuoco; le rassegne, i porti, il Notaro, durava quattro mesi, alla fine del servizio dovevano lasciare, dando modo ai Gonfalonieri delle Compagnie di provvedere ad una nuova elezione. Da Le Arti e i Mestieri di Firenze di Luciano Artusi.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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scienza-magia · 3 years
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Elettrostimolazione come cura per le dipendenze da cocaina
Dipendenza da cocaina si combatte con onde elettromagnetiche. Studio Careggi, terapia che stimola specifiche aree del cervello. Stimolare in modo elettromagnetico il cervello può aiutare a combattere la dipendenza da cocaina. A confermare l'efficacia della tecnica è uno studio condotto presso l'Azienda ospedaliero universitaria di Careggi a Firenze. La terapia con onde elettromagnetiche già in uso in vari centri, genera micro-scariche elettriche indolore che stimolano le aree del cervello dove si ritiene si trovino i centri della dipendenza, tendendo a ripristinare il fisiologico funzionamento cerebrale. La validità della metodica è stata studiata dai ricercatori della struttura fiorentina e accertata rispetto all'effetto placebo, arruolando un gruppo di pazienti che sono stati sottoposti a un periodo di osservazione di tre mesi.
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"I risultati della nostra ricerca pubblicati sulla rivista scientifica internazionale Plos One - spiega il professor Guido Mannaioni dell'Università di Firenze, fra gli autori dello studio e direttore della Tossicologia Medica di Careggi - sono a conferma, con metodo rigoroso, dell'efficacia della stimolazione cerebrale con onde elettromagnetiche per la cura della dipendenza da cocaina. La validità della terapia, già in uso in vari centri e in fase di attivazione anche a Careggi è stata studiata e accertata rispetto all'effetto placebo, nella capacità di ridurre nel breve periodo il bisogno di assumere la sostanza stupefacente". "La sperimentazione no profit realizzata con finanziamenti di Careggi - prosegue Mannaioni - è stata eseguita secondo il modello del doppio cieco con gruppo di controllo e ha previsto la somministrazione randomizzata della terapia ad alcuni pazienti con apparecchio attivo e ad altri con emissioni neutre, prive di effetti, senza che le persone e i sanitari coinvolti fossero a conoscenza della condizione di funzionamento dello strumento". Il gruppo di pazienti arruolati per lo studio era composto da 62 persone. "La verifica oggettiva dei risultati raccolti - conclude Mannaioni - senza suggestioni involontarie negli sperimentatori e nei pazienti, ignari rispetto all'effettiva somministrazione, ha consentito di verificare con rilevante validità statistica, nei soggetti realmente sottoposti alla terapia, un miglioramento della capacità di resistere alla dipendenza, essenzialmente psicologica, causata dall'uso di cocaina. I risultati sono stati confermati a seguito di un periodo di osservazione di tre mesi". Read the full article
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quickberater · 4 years
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