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PRIMA PAGINA Corriere Della Sera di Oggi martedì, 03 settembre 2024
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toscanoirriverente · 1 year
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"I provvedimenti dei tribunali di Catania e di Firenze non sono persuasivi", dice Francesco Munari, docente di Diritto dell’Unione europea all’Università di Genova. "I tempi di trattenimento previsti per i richiedenti asilo appaiono compatibili con quelli delle norme europee"
"Il diritto d’asilo non equivale al diritto di entrare nel territorio di un altro stato e di circolare. Tale diritto comporta un obbligo per gli stati di valutare richieste di protezione internazionale, ma l’ampiezza di questo obbligo è grandemente ridotta quando i richiedenti provengono da un paese terzo sicuro. E tale accertamento spetta al governo, secondo quanto previsto (anche) dal diritto Ue”. Con queste parole Francesco Munari, professore ordinario di Diritto dell’Unione europea all’Università di Genova, partner di Deloitte Legal, commenta con il Foglio le polemiche nate in seguito alle decisioni dei tribunali di Catania e di Firenze di non convalidare il trattenimento di diversi migranti giunti dalla Tunisia, ritenendo le disposizioni del decreto Cutro incompatibili con il diritto europeo e spingendosi a definire la Tunisia “paese non sicuro”.
“Quando un paese è ritenuto sicuro – spiega Munari – le stesse norme europee consentono di dichiarare inammissibile una richiesta di asilo. Chiaro che, ove si adducano fatti straordinari, essi devono essere valutati, innanzitutto dalle autorità competenti, come il questore; se ciò non avviene è doveroso che il provvedimento sia sindacato dal giudice. Ma la valutazione se la Tunisia sia paese terzo sicuro è fatta esclusivamente dal governo sulla base di elementi conoscitivi che, con tutto il rispetto, nessuna persona singola può avere, perché riguardano la condizione complessiva del paese, la sua situazione politica interna, insomma informazioni qualificate che sono precisamente indicate anche nelle direttive europee e presuppongono livelli di conoscenza non necessariamente di dominio pubblico o suscettibili di interpretazioni soggettive”. 
“Premesso che dividersi in fazioni su un tema complesso come le migrazioni fa solo molto male a tutti, all’Italia in particolare, sul piano tecnico-giuridico ritengo che i provvedimenti dei tribunali di Catania e di Firenze non siano persuasivi”, afferma Munari. “Innanzitutto, i tempi del trattenimento previsti dall’attuale normativa per i richiedenti asilo appaiono compatibili con quelli delle stesse norme europee che si pretendono di applicare disapplicando il diritto interno. Periodi di diverse settimane sono la prassi generalizzata degli stati Ue. Non è neppure in discussione il fatto che nessuno stato europeo, incluso quello italiano, è contento di incidere senza motivo sulla libertà personale di qualunque individuo. Detto questo, da mesi vi è un flusso di migranti molto consistente, ed è necessario comprendere che, pur con tutti gli sforzi messi in campo, ci sono tempi tecnici per valutare le richieste d’asilo. Non credo si possa pretendere che le richieste, ove non evase nel giro di pochi giorni, impediscano allo stato di trattenere un migrante richiedente asilo. Principi di leale collaborazione tra i diversi poteri dello stato dovrebbero suggerire maggiore cautela prima di frustrare la pretesa dello stato di controllare i propri confini”.
“Una cosa è disapplicare il provvedimento del questore ritenendolo carente di motivazioni, altra cosa è spingersi a valutare complessivamente se le norme del decreto Cutro siano compatibili con quelle europee, giungendo alla loro disapplicazione. Valutazioni di così ampia portata potenziale devono avvenire nel contesto di una leale collaborazione, questa volta tra Unione e stato italiano in tutte le sue articolazioni: i giudici degli stati sono tenuti a garantire l’applicazione del diritto europeo; se un giudice ritiene che l’Italia abbia mal recepito le direttive, può richiedere un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Sarà la Corte a pronunciarsi in poche settimane e in questo modo si avrà una valutazione erga omnes, applicabile in tutti i casi”.
“Insomma, i giudici possono (e anzi debbono) utilizzare strumenti che possano essere davvero utili a tutti nella risoluzione di questioni complesse. Diversamente, il loro lavoro rischia di essere interpretato come una contrapposizione interna ai poteri dello stato. Così si crea soltanto un pasticcio, che non fa bene all’Italia, specie nei rapporti con gli altri paesi europei. La politica italiana sull’immigrazione non può dipendere, caso per caso, dalle sensibilità individuali di chi si occupa di una richiesta di trattenimento o di rimpatrio”, conclude Munari.
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pccconsulting · 2 years
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[lwptoc skipHeadingLevel="h4"] Quasi 2/3 dei consumatori pensa che le imprese debbano agire sui cambiamenti climatici. Per farlo, ritengono che su debbano fare campagne di comunicazione (green advertising) pensate per spingere verso comportamenti 'green'. No al senso di colpa e sì a trasparenze e autenticità: ecco come parlare di sostenibilità nelle pubblicità. Green marketing e comunicazione: il green advertising Da quanto saremo bravi ad abbracciare la sostenibilità nel quotidiano dipenderà la sopravvivenza del Pianeta e il suo sano sviluppo negli anni a venire. Gli obiettivi definiti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sono arditi e cambiare le proprie abitudini non è certo facile, ma necessario, lo dicono i numeri e lo dice l’esperienza empirica personale. La buona notizia è che poco meno di uno su tre (29%) dei consumatori globali è già attivamente coinvolto nelle questioni climatiche e sociali quando si tratta del proprio comportamento di acquisto. A rivelarlo è il Sustainability Sector Index di Kantar, leader mondiale di consumer insight per il marketing e la comunicazione. La ricerca, realizzata su 35 mercati, punta a mappare gli atteggiamenti e i comportamenti di sostenibilità dei consumatori rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, e sottolinea come i consumatori più giovani (di età compresa tra 18 e 34 anni) sono più sensibili verso i temi della sostenibilità apportando attivamente modifiche al proprio stile di vita in risposta a problemi climatici, come evitare prodotti che utilizzano quantità eccessive di acqua nella loro produzione, acquistare beni di seconda mano o diventando vegano/vegetariano. Di contro, i consumatori più anziani (di età pari o superiore a 55 anni) sono meno sensibili al green advertising e mostrano più difficoltà nel modificare lo stile di vita esistente.     Dal green marketing un aiuto per le aziende ad essere sostenibili Lo studio rivela altresì che il 63% dei consumatori ritiene che le imprese abbiano la responsabilità di agire sui cambiamenti climatici. Uno strumento a disposizione delle aziende per contribuire attivamente a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità è il green marketing che, come dice il termine stesso, spinge a declinare in ottica verde le leve di marketing: packaging ottenuti da scarti, prodotti ad alta percentuale di riciclabilità, comunicazione ispiratrice, sono alcuni dei risultati generati dagli esperti di green marketing / green advertising. Green advertising, parola d’ordine: positività Studiando gli esempi disponibili di green advertising, Kantar - in partnership con Affectiva, pioniere dell’Emotion AI - ha realizzato un’analisi dei migliori e peggiori spot che comunicano su temi sociali o legati all’ambiene, con l’obiettivo di individuare le best practice utili ai marketer per poter trattare il tema della sostenibilità in comunicazione in modo efficace. Da questa analisi sono scaturite cinque semplici regole: catturare la giusta emozione, la speranza trionfa sul senso di colpa e sulla paura; lasciare un sentimento positivo, anche con messaggi seri; essere autentici, fedeli al proprio brand e non pretendere troppo; fare la differenza mostrando in modo tangibile come si può aiutare; agire senza limitarsi a parlare mantenendo le promesse. “La nostra analisi ha messo in luce come il tema della sostenibilità sprigioni forti sentimenti nei consumatori: la chiave del successo dei brand è sfruttare queste emozioni al servizio dei loro obiettivi”, hanno poi commentato al riguardo.     Green advertising: i consigli per i brand Approfondiamo ora i primi tre consigli, con alcuni esempi per una green advertising efficace. Catturare la giusta emozione: la speranza trionfa sul senso di colpa e sulla paura. Lo studio rivela che gli annunci contenenti messaggi sociali evocano generalmente forti emozioni positive negli spettatori che vanno dall’orgoglio (+26), all’ispirazione
(+21) all’affetto (+19), ma anche sentimenti negativi come senso di colpa (+18) e tristezza (+17). Secondo i ricercatori ciò che bisogna evitare è proprio di generare emozioni negative poiché, evidenziano, le migliori pubblicità pro-sostenibilità hanno spesso un tono più incoraggiante rispetto a tutte le altre e suscitano reazioni più positive come il sorriso e la gioia. I marketer responsabili della green advertising dovrebbero quindi prediligere un tono speranzoso e positivo per evitare che i consumatori si sentano rimproverati o rifiutino del tutto il messaggio, come realizzato nell’adv di Seventh Generation, un brand di carta igienica inglese, “Trees and Bs”. Lasciare un sentimento positivo, anche con messaggi seri. Secondo lo studio, evocare forti emozioni negative è quasi impossibile quando nella adv si tratta un tema in modo “serio”, il rischio di ciò è quello di generare senso di colpa registrando pessime performance nella comunicazione. Viceversa, lasciare agli spettatori emozioni positive come la fiducia, l’entusiasmo, l’ispirazione e l’orgoglio, nonostante il difficile tema trattato, assicura migliori risultati di green advertising. Un esempio in questa direzione è come Lurpak affronta il problema dello spreco alimentare nell’adv pensata per il canale televisivo “Where there are cooks“.  Essere autentici, fedeli al brand e non pretendere troppo. Ispirare ad un comportamento sostenibile senza riportare affermazioni commerciali di carattere ecologico, ma trasmettendo un messaggio sostenibile senza comunicarlo in maniera esplicita, è la strada giusta per creare green advertising efficace. Kantar riporta come esempio lo spot “First Day Out” di Co-op che evidenzia come gli acquirenti possano riciclare la plastica morbida in negozio, concentrandosi sui piccoli piaceri della natura durante il percorso fino allo store. Lo spot sollecita il nostro bisogno psicologico di un piano chiaro su come attuare le buone intenzioni, evitando di indurre sensi di colpa o di rivendicare eccessivamente le proprie caratteristiche green.
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toscanoirriverente · 5 years
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