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Quazzo 2.0 - Rebirth
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Quazzo 2.0 - Rebirth Il blog non ufficiale delle cose che piacciono a me About the author: Enzo (Jesus) Santilli, attempting linguist. Worldwide leading expert on Overabundance in Italian Comparative Structures. Subber for ITASA - Italian Subs Addicted, Translator for Game of Thrones - Italian fans and Admin at Subtitaly. Beloved fan of Saint Seiya, How I Met Your Mother, Game of Thrones, Star Wars, Green Day and Lara Croft. Good Reads - Good Music - VERY Good Music - Le mie poesie, i miei racconti Where can I find Jesus? <img src="http://imageshack.us/a/img60...
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quazzorebirth · 10 years ago
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La necessaria strafottenza di Guglielmo IX d'Aquitania. Volume 1.
Preambolo.
Voi vi dovete mettere in testa che la filologia romanza è importante. Ci aiuta a capire quando, come e dove hanno avuto inizio le letterature e le lingue delle varietà neolatine (e spesso la risposta è "non lo sappiamo"), aiuta i laureati in lettere ad aggiungere inutili CFU alla loro già di per se inutile laurea, aiuta i cinquantenni novelli leoni da tastiera a gravare di maggiore imbarazzo le vite della propria prole sui vari social network, grazie ai loro mai richiesti vaneggiamenti sull'esatto uso dell'apostrofo in forme come qual è. La filologia, inoltre, dà lavoro a tutti quelli troppo pigri per studiare letteratura tutta la vita, troppo pigri per studiare linguistica tutta la vita, e troppo pigri per svegliarsi al mattino prima delle 11. Perché la filologia non ti fa dormire.
In molti corsi di filologia romanza tenuti nelle italiche università, può capitare di parlare dei trovatori. Che sono stati l'unica cosa bella della filologia. I trovatori, nome deverbale derivante dal latino TROBAR ('comporre') < tropus, sono stati fichi per una serie di ragioni, di seguito elencate:
Attorno all'anno 1100, furono i primi a produrre letteratura di un certo livello in una lingua volgare diretta discendente del latino, l'occitano (o provenzale). Ovviamente la cosa ai maledetti francesi non andava bene, e quindi oltre a copiare in senso letterario i cugini del sud decisero, con la consueta attitudine al dialogo di cui hanno sempre disposto, di inventarsi una crociata contro gli Albigesi e ridurre l'occitano al rango di dialetto.
Furono i primi ad usare la rima come metodo sistematico di comporre liriche, raggiungendo livelli tecnici ed estetici elevatissimi per una lingua con così breve tradizione storica attestata. Attenzione: rima, non assonanza, non consonanza, non ehvabbèsuonaquasiuguale. Rima. Cioè che se non ci mettevi la rima fatta come Cristo comanda gli altri ti prendevano per culo a vita.
Furono i primi a parlare dell'ambiente cortese e dell'amor cortese, ovvero di tutte quelle onorabili qualità che una donna deve avere (non darla) per aumentare il desiderio che si ha di ella, e quindi le di lei virtù. Ecco, diciamo che furono i primi a rendere mainstream quell'odiosa frase fatta che il vero piacere non è il piacere in quanto tale, ma l'attesa stessa del piacere. Campari ringrazia.
Furono i primi dei quali si produsse un fottìo di letteratura, fra bibliografie generalmente inventate e raccolte di opere (per gli addetti ai lavori: canzonieri), che generalmente pesano più di chi le legge, sono prive degli orpelli d'oro di cui erano provviste appena vergate, sono scritte in piiiiiiiiiiiiiiiiiiiiccolo piccolo per le leggi sulla spending review dell'epoca e riportano poesie uguali completamente diverse fra loro. Sennò i filologi su che lavorerebbero.
Furono i primi a produrre una letteratura, se si esclude la latina, talmente affascinante da far sì che l'occitano diventasse una vera e propria lingua letteraria pancontinentale. Attorno al 1100 chiunque voleva entrare nel mondo dello spettacolo doveva scrivere in occitano. Ora prendiamoci un minuto di silenzio per riflettere su cosa bisogna fare dopo mille anni di progresso per entrare nel mondo dello spettacolo.
Furono i primi a inserire con una certa sistematicità porcate inenarrabili nelle loro opere, e le porcate più porcose furono descritte da clerici incazzatissimi coi nobiluomini che scrivevano porcate.
Visto il grande contributo che questi grand'uomini hanno dato alla società occidentale, e visto che il beota l'italiano medio ne è generalmente del tutto ignorante, due parole sui trovatori ve le dico io. Lo farò soprattutto per la gioia dei filologi, che non sono mai d'accordo fra loro quando devono decidere qual è la versione con le virgole giuste, figuriamoci leggere un pezzo come questo, pieno di roba liberamente interpretata. In barba alla pubblica gogna che mi aspetta, tuttavia, qui vi parlerò del più gajjardo di tutti: Guglielmo IX. In questo primo capitolo vi dirò perché è stato fico come uomo, nel successivo scopriremo perché è stato ancora più fico come scrittore.
La necessaria strafottenza di Guglielmo IX d'Aquitania. Volume 1.
Guglielmo, VII conte di Poitiers e IX conte d'Aquitania, nasce il 22 ottobre 1071, figlio di due nobili che erano consanguinei. Tant'è che suo papà dovette spostarsi dalla Provenza (che è dove la nostra avventura ha luogo, che è la parte più a sud della Francia, che è dove stanno Montpellier e Nizza, che è da dove vengono il Olimpique di Lione e il sapone di Marsiglia, CAPRA) a Roma per chiedere la legittimazione di matrimonio e prole, ricevendo come risposte due cristianissime "cor cazzo!" alla prima richiesta e "dunque c'hai un pacco di soldi? Vabbè va" alla seconda. Insomma, visto che all'epoca non esisteva ancora Forum, cercarono di mettersi d'accordo un po' alla buona onde evitare di scontentare gli antenati della Dalla Chiesa, già abbastanza umiliati dalla consapevolezza della futura esistenza di quest'ultima.
Ma torniamo a noi.
Guglielmo IX, in una foto HD dell'epoca
Insomma, Guglielmo nasce e cresce in un ambiente privilegiato, e giovanissimo si sposa con una, tale Ermengarda d'Angiò, che però risulta già risposata nel 1902. Primo divorzio, la Chiesa s'incazza. Nel 1904 Guglielmo (d'ora in avanti G.IX, vezzeggiato in Gixie (leggi "gixi")) si sposa con un altra tizia, Felipa, ereditiera del regno di Tolosa, per ovvi motivi d'interesse. Va in Terra Santa ad ammazzar saladini, di ritorno da Gerusalemme cade in un'imboscata - perché aveva fatto incazzare anche i musulmani - ed è uno dei pochi a salvarsi, riuscendo a tornare a casa per miracolo. Appena tornato, nel 1908, unisce il suo esercito a quello del re d'Inghilterra. Perché? Direte voi. Ma per rompere le palle a quei schifosi mangiaranocchie dei francesi! Perché all'epoca la Provenza era una cosa, la Francia un'altra, e già all'epoca i francesi erano i più infami e antipatici d'Europa. E la Francia s'incazza.
A casa, visto che mo era disoccupato, combatte un po' con i tolosani (che aveva fatto incazzare perché voleva ciulargli le terre), un po' con i francesi, un po' coi provenzali e un po' con la Chiesa, giusto per mantenersi in forma. La Chiesa era un po' il suo avversario preferito, e infatti dopo averci provato e riprovato riesce, finalmente, a farsi scomunicare nel 1114. Prima scomunica, le Chiesa s'incazza un altro po'. Vi direi quanto fosse grave all'epoca per un nobile del suo calibro ricevere una scomunica, ma se lo sapete lo sapete, se non lo sapete non è che vi posso spiegare tutto io. Datevi una letta sull'argomento sul noto sito della morte della cultura, qualcosa ci capirete. Forse.
Insomma, a soli 43 anni c'aveva già una crociata alle spalle, due mogli, una scomunica, un sacco di terre, più potere del re di Francia e ancora tanto da dire.
Perché mica è finita qua.
La prima scomunica gli fu inferta poiché pare che per finanziare le sue campagne tolosane si fosse ripreso un po' di roba dalla Chiesa. Siamo nel 1114, e giusto perché la Chiesa non l'aveva ancora fatta incazzare abbastanza, durante la dichiarazione solenne Guglielmo minaccia di morte il vescovo Pedro spada alla mano, urlando davanti a tutti i prelati presenti che non lo faceva fuori solo perché non lo riteneva degno di andare in paradiso grazie alla sua mano. Qui la Chiesa effettivamente s'era abbastanza incazzata, e visto che com'era andata la prima scomunica non era stato carino, si decise di scomunicarlo nuovamente.  Motivo della seconda fatwā risiede nel fatto che pare che il nostro eroe si intrallazzasse con la bella Aénor, viscontessa (impegnata) di Châtellerault che si faceva chiamare Dangerosa (Dangerosa! Si faceva chiamare Dangerosa!), e che doveva essere pure abbastanza gnocca visto che il nostro decise di farne ritrarre il volto sul suo scudo di battaglia, sostenendo che fosse degna di stare al suo lato nella lotta solo chi stava al suo lato fra le lenzuola. Anche qui ci sarebbe tutto il discorso sull'onore della sua famiglia e su quella della moglie, ma vale come per quello della scomunica. Sappiatelo o imparatevelo. Stavolta l'alto compito tocca a Girard, vescovo di Anguelma, cui Guglielmo, con profonda devozione fa osservare che: "Tu riuscirai a pettinarti prima che io a rinneghi la viscontessa". Inutile dire che il vescovo fosse completamente calvo.
Gixie, che non era uno che si legava le cose al dito, decise di chiudere la querelle, accettando la scomunica. Ah, e si riprese tutte le terre che i suoi antenati avevano donato alla Chiesa.
Fatto sta che quella poraccia della sua seconda moglie, la bella Felipa, disgustata dagli atteggiamenti del marito si ritira (diciamo pure che viene fatta ritirare) assieme alla figlia dei due nel convento di Fontervault. Qui chi ci trova? Zan zan zan zaaaaaan! Ermengalda, la prima moglie di Guglielmo, anche lei rinchiusa coattamente fatta ritirare ritiratasi a vita dinastica. A Fontervault non c'è una badessa, ma un badesso, Robert d'Arbrissel, il quale - si diceva - intrattenesse con le sue sottoposte (if you know what I mean) rapporti non propriamente dettati dalla purezza dello spirito santo. Guglielmo, che è uomo buono e di cuore, se ne risente, e propone pubblicamente di aprire un convento tutto suo, nel quale la badessa sarebbe stata la monaca più bella. Che gran burlone, il nostro Gixie!
Purtroppo le sue gran burle finiscono qui, perché Guglielmo muore nel 1126, a 55 anni, di ritorno da un'ennesima battaglia. Alla sua morte conta due mogli, due scomuniche ed un lascito che fa impallidire: sarà infatti nonno di quell'Eleonora d'Aquitania, una delle donne più intelligenti della storia, regina di Francia prima e d'Inghilterra poi, e madre di Riccardo cuor di leone.
Definito dai contemporanei il "nemico di tutto il pudore e la santità", era in realtà dotato di un temperamento scherzoso fuori dal comune, in grado di divertire chiunque gli fosse attorno. Fu questo suo carattere di sociale condivisione del divertimento che alimentò la sua vena artistica, che lascerà un'impronta fondamentale nella storia di questo continente, poiché Guglielmo fu il primo dei trovatori. Dotato di un potere in terra di cui pochi altri potevano godere all'epoca, il nostro conte visse la sua vita all'insegna dell'anarchia nei confronti delle istituzioni. Anzi, dell'Istituzione. Certo, non si può negare che fu agevolato dal suo stato sociale che gli permetteva una certa libertà di azione e parola, ma l'approccio del primo trovatore alle cose dei suoi tempi ha dell'incredibile, anche per uno del suo calibro. Rarissimi individui, per quanto se ne sappia, hanno osato tanto in termini di audacia, insofferenza alle conseguenze, lotta al potere costituito, sprezzo delle gerarchie. Guglielmo IX uomo è stato a suo modo un rivoluzionario, uno strafottente che ha aperto simbolicamente la strada ad un nuovo corso storico, quello del basso medioevo, che non era più proprio del latino e della Chiesa ma del volgare e dell'individuo. Strafottente, che è sinonimo di arrogante, sfacciato, insolente, una faccia da culo insomma. Tutti contrari di quel concetto di cui Guglielmo sarà, nei suoi scritti, il primo grandioso scrutatore: la cortesia.
Continua...
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quazzorebirth · 10 years ago
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#rage and #love in #laquila. In fondo anche certe forme di odio sono una velata prova d'amore. (presso L'Aquila)
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quazzorebirth · 10 years ago
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#Love in the Time of my #thesis 💚
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quazzorebirth · 10 years ago
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finding the one data point that turns my good morphology analysis into an awesome morphology analysis
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quazzorebirth · 10 years ago
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Le 8 regole per vivere l'università serenamente, non perdere tempo, e rimanere felicemente scemi.
Qualche giorno fa ho chiesto alla segreteria studenti se fosse possibile avere una copia di tutti gli esami da me esami sostenuti durante la mia carriera universitaria. Certo che è possibile, direte voi. E aspettate, perDianadea, vi rispondo io. Perché la mia carriera universitaria è stata un po' particolare, essendomi seduto da esaminando in tre atenei e con quattro ordinamenti diversi, sotto sei differenti ministri dell'istruzione facenti capo alle otto legislature che, dal 2005, anno della mia prima immatricolazione, si sono alternate al potere.
Ma andiamo al punto, che chi legge è gente pigra e vuole subito l'elenchino. Mo ve lo faccio l'elenchino, che mi è esploso in mente quando ho realizzato che a Novembre 2014, quando mi laureerò (se mai ho avuto gufi, gufate pure, non serve più), lo farò avendo sostenuto esami per 222 (duecentoventidue // 00) CFU rispetto ai 180 previsti, molti dei quali persi per strada, un po' per colpa mia, un po' per idiozia altrui.
Ma adesso quest'è, e questo mi tengo.
Però ora che è così, e dunque dall'alto dei miei futuri 42 crediti in più rispetto a quelli di qualsiasi laureato di triennale d'Italia, vi posso dire dove non dovete assolutamente sbagliare, cosa non dovete sbagliare, come non dovete sbagliare per prendervi la vostra bella lauretta in tre anni e terminare il percorso di studi con tutti i capelli in testa, un fegato ancora funzionante ed il numero di tentati suicidi ridotto al minimo sindacale.
Che poi fondamentalmente si racchiude tutto in un banale "non siate come me". Ma perché essere banali. Perché pretendere che la gente sappia davvero come sono io. In fondo, che glie ne frega alla gente. E soprattutto: la gente vuole l'elenchino.
Ed elenchino sia.
1. Non andate all'estero.
Perché non ne siete capaci. Seriamente, non è tanto per il fatto che pensiate che l'Erasmus sia una vacanza pagata dall'università, non è tanto il fatto che avete la faccia tosta di fare domanda al vostro primo anno da matricole, quando non solo non conoscete l'organizzazione delle università del Paese che andrete a far sbellicare dalle ristate, ma non conoscete neanche quella dell'università del vostro Paese! Siete ancora dei maledettissimi liceali, Cristo!
Il punto vero è che prima di partire per l'Erasmus bisogna stampare moduli, frequentare uffici, incontrare responsabili, compilare carte, inviare e-mail di una certa forma e contenuto, e voi non lo sapete fare. Pensate che qualcuno sia moralmente (o, peggio, ufficialmente) obbligato ad aiutarvi, pensate che su quel sito non ci si capisce niente, che le università non comunicano fra loro. Ma la vostra proiezione a quel giorno in cui tornerete dall'Erasmus per dire "io ho visto il mondo" è troppo forte; e allora pensare di poter pontificare su un sacco di cose di cui non avete la benché minima esperienza non è un problema. Perché voi, menti aperte, gente di mondo, Tomb Raider del Vecchio Continente, maturi abbastanza da sapervi fare il caffè da soli, e sicuramente più fregni degli altri, troverete un modo per cavarvela, per partire comunque, perché tanto qualcuno che deve aiutarvi ci sarà per forza. E se non partirete non sarà mica colpa vostra, ma dell'universitàdimmerda che ha fatto di tutto per non farvi partire, a voi, che invece ve lo meritavate. In tutto ciò, pretendete pure che un'università estera vi accolga fra i propri studenti e si fregi di voi. Sì, in genere un'università qualsiasi si fregia degli studenti che ci vanno a studiare, residenti o incoming che siano, y' know. Prima di fare l'Erasmus, dunque, per piacere, prima di confermare tutti gli antichi stereotipi sugli italioti quali, probabilmente, siete, capite veramente quanto fa veramente schifo l'università italiana, prendetevi del tempo per farlo. Poi, solo allora, solo quando avrete una vera ragione per non stare più qui, andate ad innamorarvi di un'altra cultura. Una che, forse, per sei-nove mesi, riuscià anche ricambiare.
2. Non prendetevi un anno di pausa.
Perché ad un certo punto vi verrà lo schizzo di dire "beh, lascio l'università, che tanto la laurea al giorno d'oggi se non sei raccomandato non serve a niente, mi trovo un lavoretto e almeno mi tolgo i miei sfizi".
No.
Perché se fate un ragionamento del genere non siete certo voi i raccomandati e, sorpresa sorpresa, la gente non vi assume se avete una laurea e non vi assume a maggior ragione se non ce l'avete. Arriverà, un giorno, in cui qualcuno, qualche amico di un amico di famiglia (visto che voi siete solo indirettamente raccomandati) vi dirà: "guarda, io ti farei pure lavorare, ma mi serve che sei almeno laureato, basta qualsiasi laurea".
Basta qualsiasi laurea.
Posta l'assurdità di tutto ciò, argomento interessante ma che non affrontiamo per amor di brevità, quel giorno capirete che forse - forse - i tre anni che avete sprecato a fare i contadini, pittori, muratori, operatori di call center, promoter, camerieri, bagnini e baristi ora, ora che non avete lo stesso un soldo in tasca, li potevate impiegare a prendervi una laurea. E se vi foste laureati ora l'amico dell'amico di famiglia vi avrebbe fatto lavorare e, giusto per decoro, vi eravate anche fatti una cultura.
C'è poi l'ipotesi di svegliarvi un giorno, con le vostre belle cuffie già inforcate, circondato da una schiera di cinquantenni beote amiche di Maria de Filippi che impiegano le proprie pause sfogliando novella 2000, o anche di giovani come voi che come voi valgono di più di quel merdoso lavoro che state facendo, e vi direte: "io non sono questo". No che non lo siete. Non lasciate l'università per qualcosa che non vi farà sentire più felici né vi darà maggiori soddisfazioni di quelle che già ora vi mancano, abbiate pietà del vostro cervello, ma fatelo prima che anche lui si dimentichi come funziona.
3. Non intrattenete rapporti extra-accademici con i prof.
Perché sarete considerati dei lecchini. Anche se non lo siete. Andare in giro con un prof., parlargli di ricerca ma anche del più e del meno, bersi (venti)due birre come farebbe qualsiasi coppia, trio, o quartetto di uomini al bar, se tutto ciò include un professore questo vuol dire leccargli inoppugnabilmente il culo. Anche se manco vi insegna, anche se l'esame con lui già l'avete dato. Perché la maggiorparte dei vostri colleghi vorrebbe essere al vostro posto in quei momenti, ma è troppo limitato mentalmente per riuscirci. Gli altri, i lecchini mancati, non capiranno; vivranno costantemente nel paradosso di voler davvero leccare il culo senza poterci riuscire mentre vedranno in voi la realizzazione di quello che loro non saranno mai in grado di essere. Se proprio volete dare un senso al buon vecchio "a me non me ne frega niente di quello che gli altri pensano", dovete abituarvi ad accettare l'idea che all'università ci sono due tipi di studenti che fanno amicizia coi prof: i J.D. (evidence 1 - evidence 2) e i Brunetta. Se dopo il secondo anno iniziate a provare un certo fastidio per i vostri colleghi più spigliati e dovete candidamente ammettere di azzeccarci poco o niente con J.D., allora le scelte rimanenti non sono molte.
E lì dovrete rivalutare la vostra concezione dell'uso della lingua.
Metaforicamente parlando.
4. Non fate rappresentanza.
Perché non sarete voi, in quanto singoli, a risolvere alcun problema. Se sarete abbastanza fortunati da scegliere una lista che ha solide basi, solidi ideali, solida storia, solidi componenti e solida organizzazione, vi ritroverete in men che non si dica carichi di passione e carichi di impegni. E salvare il culo alla maggiorparte dei vostri compagni di studio, ricevendo un grazie all'anno, sarà magra consolazione rispetto a tutto il tempo e le risorse che ci avrete speso.
Senza considerare che le elezioni studentesche sono sporche come quelle politiche, con un tasso di marciume superiore del 200%: perché i politici fanno porcate per essere pagati, i vostri avversari le faranno per pura passione o perché vogliono entrare in politica. E voi, che forse ci credevate davvero nel fare qualcosa di buono, vi ritroverete perennemente fra l'incudine dei vostri buoni propositi ed il martello della più becera demagogia.
5. Non passate da un piano all'altro.
Perché se è vero che solo gli stupidi non cambiano mai idea, è anche vero che il mondo universitario - con le sue leggi assurde, contraddittorie e mutevoli - non farà nulla per venirvi in contro. A meno che non siate al vostro secondo mese del primo anno, passare da un ateneo all'altro, da una facoltà all'altra, da un ordinamento all'altro e anche da un curriculum all'altro vuol dire senza remissione di peccati perdere tempo. E CFU. Un po' come quando cambi un attimo canale e fanno gol nella partita che stavi guardando, un po' come quando fai tanti traslochi, e alla fine ti rendi conto che eri partito con due furgoni ed ora t'è rimasto solo un carrello appendice.
Un po' come quando perdi 42 CFU, l'equivalenza di un quasi fottuto anno accademico, senza manco rendertene conto.
6. Non puntate ai voti alti.
Perché nella maggior parte dei casi avere voti alti vuol dire studiare. E a voi non vi va. E se puta caso dovesse andarvi, dovrete elaborare un metodo di studio talmente perverso da dover rinunciare o alla vita sociale o ai bisogni fisiologici. E col cazzo che voi non uscite almeno una sera a settimana. Per di più ci sarà sempre chi, studiando la metà di voi e sui vostri stessi appunti, prenderà un voto pari o superiore al vostro. Il vostro metodo, per quanto accurato, è irrilevante. Alla fine dei tre anni saprete più cose del 90% dei vostri colleghi, avrete una mente acuta e illuminata, saprete intrattenere le più varie conversazioni e tener testa a chiunque, sarete quel personaggio di ogni serie Tv che avevate sempre definito "fico ma inarrivabile", sarà bellissimo, e non servirà a nulla. Servirà solo a rendervi conto di essere diventati parte di quella schiera di intellettualoidi che patisce la fame, e la patirà per sempre, nei secoli dei secoli, ad imperitura memoria e monito per chi volesse un dì, spinto da cotanto foco, calcare le lande del sapere, avendo scelto deliberatamente di ignorare quell'immenso cartellone posto all'inizio del percorso, troppo esplicativo per essere preso in considerazione, ma che vi chiedeva semplicemente di lasciare ogni speranza, oh voi ch'entravate.
7. Non fate una tesi d'interesse accademico.
Perché non la sapete fare, non sapete cosa sia un bibliografia, non sapete come si fanno le note, non sapete come si impagina un paragrafo e non sapete cosa voglia dire avere uno sguardo analitico. Nessuno ve l'ha mai insegnato e voi non avete mai avuto alcuna voglia di impararlo. Se invece saprete come muovervi, allora vedi punto 6): sarete circondati comunque da una banda di liceali troppo cresciuti che, col loro temino di 60 pagine a carattere Times New Roman 12, appositamente spaziato 1.7 anziché 1.5 così "esce più lunga ah ah ah", con il loro infimo lavoro compilativo finito in tre mesi e straconvinti che "si tratta di 'na cosa interessante, perché fino ad oggi non ne ha mai parlato nessuno", residuati bellici della maturità, apostoli dell'approssimazione e validissimi candidati ad una qualunque futura posizione da ministro (o da tronista, poco cambia), loro avranno alla fine i vostri stessi punti e la vostra stessa gloria. Forse anche di più, poiché voi stupidi illusi non solo avrete scelto di fare un lavoro che vada ben oltre gli squallidi 6 CFU che vi toccano, ma avrete scelto anche il relatore più preparato (e stronzo) dell'intero Dipartimento, che non vi darà mai quei fottuti 6 punti se prima non avrà prima da voi il corrispettivo in litri di lacrime, sudore e sangue.
8. Non vi innamorate dei prof.
No, per l'amor di Dio, non lo fate. Perché se prenderete l'università in maniera seria vi capiterà, inevitabilmente, di innamorarvi accademicamente di qualche vostro docente. Che, se meritevoli, vi amerà a sua volta. E vi tradirà. È inevitabile: non sarete i primi per lui/lei, non sarete gli ultimi e non sarete neanche i migliori. Sarete un punto di passaggio, una bella storia, una bella persona e forse un buon studente, ma nulla di trascendentale, nulla di già visto, nulla di già fatto. Una tesi da conservare a casa, fra le altre, in attesa della pensione. E non tutti riescono a sopportare il peso dell'inesorabile trasformarsi in poco più che un ricordo. Forse piacevole, ma sempre ricordo.
Seriamente, se ci tenere a laurearvi bene, laurearvi sereni e soprattutto a laurearvi in tempo, NON siate curiosi, NON vi lanciate nel campo della ricerca, NON vi innamorate intellettualmente di nessun docente, NON pensate ai soldi indipendentemente dal fatto che ce li abbiate o meno, NON continuate a pensare che ogni problema si possa risolvere facendoci la denungia o lanciando petizioni, accettate ogni 18, studiate sui riassunti dei riassunti dei riassunti degli appunti degli altri, continuate a pensare che le segretarie vivano solo per complicarvi la vita, uscite, spottate, fate poesie in rima baciata e credete davvero che si tratti di qualcosa che abbia un qualche valore artistico, lasciate stare tutte quelle stronzate sulla pullulante e culturale vita accademica e puntate solo a quella pataccosa e pacchiana manifestazione della mediocrità italica altrimenti nota come corona d'alloro. Rimanete in modalità "liceo": lezioncina - in questa università non succede mai un cazzo - studio - serate con gli amici - Game of Thrones rigorosamente doppiato che sennò ti perdi tutto - esamino - il professore era brutto e cattivo - complimentidimammaepapà.
Siate quello che fa domande sceme su facebook, e fatene a più non posso tanto, qualcuno più scemo di voi, risponderà sempre.
E soprattutto, NON tentate mai, mai, mai e poi mai di far fruttare il vostro intelletto, ammesso che ne abbiate. Il rischio è elevatissimo: 9 anni di università (5 effettivi), in cui vi sarà rimasto solo un discutere con gli scozzesi su quale società abbia la lasciato la più grande impronta culturale sull'Europa contemporanea; lavorare in tutti i settori economico-produttivi, poter dire che la miglior sbornia della vostra vita ve la siete fatta con uno a cui dovete dare per forza del "lei" e che contina a pregarti di dargli del "tu", tante battaglie vinte per chi ti defenestrerebbe senza pensarci su due volte, media sempre e fino all'ultimo sul filo del per-il-centodieci-ce-la-puoi-ancora-fare, tanti nemici, almeno due mentori, un'attentatrice alla tua carriera accademica ed una tesi che pesa quattro volte i CFU che merita. 42 CFU bruciati, con la consapevolezza che una laurea ve la siete già bell'e meritata, e che invece state ancora giocando a fare gli universitari con compagni d'avventura troppo lontani da voi per poterli degnare (o, da loro, essere degnati) dell'epiteto di COLLEGA. Tutto questo è insano. Salvate le vostre anime, tenetevi la speranza, e lasciate entrare solo quei pochi che fan l'amore con la follia, nel nome di un q.i. a tre cifre, sotto il velo di un cielo squarciato da letali lampi di genio.
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quazzorebirth · 10 years ago
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A language was a dialect with an army
Linguists  (via rajarjun)
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quazzorebirth · 10 years ago
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#gangasta & #patate Welcome to Lucus Angitiae, bitch. (presso Luco Dei Marsi)
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quazzorebirth · 10 years ago
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quazzorebirth · 10 years ago
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Your sacrifice won't be in vain. I promise.
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quazzorebirth · 10 years ago
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Il Giuramento degli Studenti della Notte
 Cala la sessione d'esami, e così la mia veglia ha inizio.
Non si concluderà fino alla mia laurea.
Io non avrò sonno, non possiederò denaro, non studierò più del dovuto.
Non porterò alloro e non vorrò 30 e Lode.
Vivrò sula mia sedia, e sulla mia scrivania morirò.
Io sono l'abat-jour nell'oscurità. Io sono la sentinella che veglia sugli appunti. Io sono il fuoco che scalda il caffè fatto col caffè, la luce che porta l'alba, il ripetere ad alta voce che sveglia i coinquilini, lo scoglio per i compagni impreparati.
Io consacro la mia vita ed il mio senno agli Studenti della Notte, per questa notte e per tutte le notti a venire.
And so my watch begins.
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quazzorebirth · 10 years ago
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Barroco. Teatro. di Pedraza Jiménez e Rodríguez Caceres. Tradotto in italiano.
Traduzione in italiano e riassunto del volume Barroco. Teatro. di Pedraza Jiménez, Rodríguez Caceres. Il testo affronta la storia dei principali autori ed opere del teatro spagnolo del Siglo de Oro dalle origini agli autori tardi, con particolare attenzione al lavoro di Lope de Vega, Tirso de Molina e Pedro Calderón de la Barca.
Barroco. Teatro. Tradotto in italiano. by Enzo Jesus Santilli
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quazzorebirth · 10 years ago
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¡#fuenteovejuna lo hizo! #99to1
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quazzorebirth · 11 years ago
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Marsica, terra di lupi e orsi. L'Aquila, terra di elefanti e giraffe. #findthedifferences (presso L'Aquila, Italy)
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quazzorebirth · 11 years ago
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It all started with a post on Georgian consonant clusters by lolPhonology on Facebook. As a result, the first ‘yo mama so fat’-joke popped up.
Yo mama’s so fat, she makes Georgian consonant clusters look light.
Then, thanks to myself and my fellow students from Leiden, over a hundred more...
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quazzorebirth · 11 years ago
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L'#udu c'è #sempre, l'udu è #ovunque
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quazzorebirth · 11 years ago
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@newstown_aq #savethegenziana (presso Cansatessa L'Aquila)
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quazzorebirth · 11 years ago
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Lo studente medio di Lettere va al seggio
DISCLAIMER per le code di paglia, i leoni da tastiera, e i grillini: questo pezzo parla di me, di quelli come me e di quelli completamente diversi da me, ma parla soprattutto dello stereotipo dello studente di Lettere nel Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di L’Aquila. Nessuna persona realmente esistente corrisponde singolarmente alla descrizione che seguirà, ma ognuno di voi ha contribuito a modellarne meglio i contorni. Siatene orgogliosi, ma non troppo. Se invece studi Lettere e leggendo non ti identifichi nel soggetto in questione - COMPLIMENTI! - probabilmente hai gravi problemi sociali e forse un problema molto profondo da dover risolvere. In compenso potresti essere una persona normale.
   Lo studente medio di Lettere è quello che si lamenta sempre. E fa bene.
      Fa bene perché non ha una sede, non ha i trasporti, non ha le lavagne, non ha i proiettori, non ha la messa in sicurezza, non ha la mensa, non ha i libri né una biblioteca. Si lamenta prima di tutto sui social network, facendo saggiamente luce sull’assolutamente mai stato cliché “i rappresentanti non fanno un cazzo”, senza sapere né chi sono, né come operano, né tutte le limitazioni e le tempistiche alle quali devono sottostare, né che con una petizione non si è mai risolta un’emerita sega, né che i rappresentanti in realtà non fanno parte di una categoria di studenti che, fra una canna e l’altra, ha anche il sacrosanto dovere di rendere perfetta la vita studentesca dello studente medio di Lettere.
  Egli (o ella, per gender equality) però, di lamentarsi, ne ha ben donde, anche se va sull’abbraccio di cose di cui non capisce un cazzo. Può permettersi di lamentarsi senza cognizione di causa in quanto lui studia Lettere, quindi vede il mondo da un’altra prospettiva - una prospettiva più figa, sia chiaro. Essendo investito sin dalla nascita del carico ormonale di Kurt Cobain (o della disinvoltura sbarazzina di Nancy Spungen) si veste come gli pare ed ha necessariamente degli spessi occhiali con montatura nera. Tale combo di stile, chiara espressione solo materiale di un carisma ben più radicato, gli conferisce il divin potere, riservato solo agli studenti di Lettere, di essere meglio degli altri; immune ai continui rosicamenti degli ingegneri, attivo socialmente, frequentare posti indie, avere una subcultura su un freco di cose che con Lettere non c’entrano niente ma che da un punto di vista squisitamente estetico-concettuale riescono a lambire i più eterogenei aspetti del sapere, avere una cameretta, un salone, una cucina, un bagno e un’ala del Louvre piena di libri di letteratura tutti assolutamente letti, da qualche parte una macchinetta fotografica che fa splendide marco ai fiori d’estate con le api sopra, un account su qualche social artistico dove pubblica(va) racconti brevi, poesie o pensieri, una certa predilizione per le bevande della macchinetta diverse dal troppo mainstream caffè corto numero 11 da 38 /ˈjʊərəʊ sɛntsssssss/, e quell’aria un po’ così, non dissimile da quella di quelli che hanno visto Genova. Poi, una volta certificato il bagaglio intellettual(oid)e di cui sopra - ma non prima di aver superato i propedeudici “Storia delle seghe a mano” e “Fondamenti di pensiero filosofico a cavallo fra ‘300 e ‘400 nel contesto delle battaglie austrovesuviane in Indocina citeriore T/A” - può finalmente ottenere il diploma di hipster.
  Lo studente medio di Lettere poi, di base, è comunista. 
Ma comunista in senso moderno, ovvero nel senso che lui SA che può ribaltare il mondo, solo che per oggi non gli va. Però lo sa, è così, garantito. Gli sta sul cazzo l’Italia, il sistema universitario, vede l’estero come unico spiraglio di salvezza e giusta ricompensa per i duri anni di studio e l’indiscutibile acume sviluppato grazie a questi, si stecca i pranzi, le sigarette, l’acohol, i viaggi, i libri e pure le ore di studio che “tanto le cose da sape’ so quelle”, ed è con buona probabilità impegnato in qualche crociata social-filopolitichaggiante che lo aiuta a placare lo spirto guerrier ch’entro gli rugge. Nei casi di maggiore santità (rileggi: è sanTità, non sanità)  è anche vegetariano, se invece mira al Nobel non può esimersi dal veganesimo o dallo straightedgismo. Egli, per via del suo spiccato spirito d’osservazione copiaincollato dal carisma dei 45.000 personaggi letterari (fittizi) che ha dovuto studiare, ai quali si ispira e ai quali non somiglierà mai, è disincantato dal mondo, ha un’anima rivoluzionaria e pure una certa dose di sana saccenza, e ritiene intelligentemente che ad ogni tornata elettorale universitaria sia saggio votare la lista o le liste che sono nate da manco due settimane perché, ripete a se stesso e a chi lo circonda, integerrimo, “i rappresentanti non fanno un cazzo”. Se questa semplice frase che, ricordiamo, ha una valenza argomentale virtualmente illimitata, ma che il nostro ritiene opportuno limitare ad 1; se questa frase potesse essere una spilla di cui fregiarsi, lui la indosserebbe. Allora ritiene a furor di logica giusto votare chi pubblica il video più ridicolo o il vademecum più populista perché egli, lo studente medio di Lettere, sa che la sua vita fa schifo poiché i rappresentanti non fanno un cazzo, mentre quelli che verranno (e che, per la cronaca, non hanno mai tecnicamente fatto un cazzo) non potranno fare peggio. Almeno gli si dia un possibilità, che diamine. Tutto ciò è lecitissimo, e bellissimo, ed è la democrazia.
La sera prima delle elezioni ha un’originale illuminazione e comunica a spotted o a insulted che:
1) Gli sta sul cazzo l’UDU, oppure;
2) Gli sta cul cazzo una qualsiasi altra lista non-UDU, oppure;
3) I rappresentanti si fanno vedere solo sotto le elezioni e tutta la farsa della campagna lede alla dignità di costoro.
Meanwhile, mentre lui, alle 2 del mattino, scriveva la sua apologia, c’erano tre tipi di rappresentanti in tre luoghi diversi a fare tre cose diverse:
I primi, non stavano facendo un cazzo
I secondi, cercavano di capire come funziona photoshop
I terzi, litigavano col ministro dell’Istruzione, la Rettrice, il direttore regionale ai trasporti, i membri del Consiglio d’Amministrazione, del Diritto allo Studio; stilavano la carta dello studente, si leggevano le note ministeriali, cercavano sul codice penale i migliori cavilli legali per far partire azioni serie, PONDERATE e inoppugnabili al fine di raggiungere, con calma ma certezza, l’obiettivo comune di un equo diritto allo studio. Ogni giorno, di ogni mese, di ogni fottuto anno.
Nell’arco dei suoi tre (diciamo pure minimo quattro) anni di permanenza all’interno del dipartimento, lo studente medio di Lettere si sarà lamentato tantissimo, prima, dopo e durante le elezioni, avrà votato liste che, nate dal nulla, finiranno il loro corso naturale così come sono nate: nel nulla, per semplice decorso degli eventi, come gli uragani, come le carestie, come il Movimento 5 Stelle. Ma non si domanderà mai come mai tutto ciò sia potuto accadere! Un po’ come la scopata con quella bruttina quando sei completamente ubriaco: il giorno dopo hai vaghi ricordi di ciò che ti ha spinto a fare quello che hai fatto, forse hai pure fatto ‘na cazzata, ma oramai è andata, tanto il mondo farà schifo lo stesso. E mica lo devo salvare veramente io. Io studio Lettere, questo faccio.
E mica davvero davvero uno non può mai sbagliare.
Poi ricordiamoci sempre che i rappresentanti non fanno un cazzo, quindi peggio di loro non si può certo essere. Si sà, meglio non fare nulla e avere la coscienza apposto che farsi eleggere per il semplice gusto di farsi insultare.
In tutto ciò alla fine dei suoi tre-diciamo-pure-quattro anni di studio egli si ritroverà con un sacco di problemi risolti da chi non ha votato, senza manco essersene reso conto e pensando, pensando davvero, di avercela fatta da solo. Pace, criterio.
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