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Lia Laterza, pittrice
Amo questa foto di Lia, talentuosa pittrice e donna di gran cuore, perchè posando nel soggiorno del suo appartamento torinese esprime tutto l’orgoglio e l’amore che prova per la sua arte, della quale è circondata.
Ho amato il modo in cui mi ha condotto di quadro in quadro lungo le pareti di casa sua, raccontandomi aneddoti legati alla realizzazione di un acquerello, o il motivo per cui amava dipingere con la spatola, lasciando quella crosticina, fa il segno dello spessore con la mano, che dava volume e vigore alle figure. Ho amato il suo sorriso dolce mentre ricordava quando faceva posare la sorella, le figlie e tutt’oggi le nipoti per i suoi innumerevoli e raffinati soggetti femminili. Sempre mi rimarrà impressa la luce nei suoi occhi al ricordo delle sue prime esperienze di pittura, in un’estate lontana della sua infanzia, insieme a una suora esperta ceramista.
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Atelier di Lia Laterza, Torino
Lia mi ha raccontato di aver scelto e modellato la casa dove vive come si cucirebbe un vestito di sartoria, misurandoselo addosso e modificandolo fino a che non calza alla perfezione. Ha voluto fortemente la mansarda proprio per potervi creare il suo atelier.
Osservando la sua pittura e girovagando per il suo studio, capisco quanto strettamente interconnesse siano le due cose. La sua pittura vive perfettamente integrata nello spazio casalingo e gli oggetti, le memorie conservate nello studio respirano nuova vita all’interno delle sue opere. Sono un tutt’uno con lei, Lia, meravigliosa protagonista di questa casa.
Lei stessa non ne fa un mistero, per lei la casa è un nido, un porto sicuro dove è libera di creare, di affidarsi alla memoria che le è tanto cara e che la ispira o alla fantasia più onirica che talvolte emerge sorprendente nei suoi quadri. Mi ha raccontato che ama dipingere dal vero, anche immersa nella natura, ma che spesso poi, per terminare il lavoro torna proprio qui, nel suo nido, che esiste in simbiosi con l’artista.
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Mario Molinari, opere nella sua casa a Torino
Guardate queste due opere. Sono tanto lontane l’una dall’altra che sembrerebbero proprio essere state realizzate da due persone diverse. Invece non è così, è la mano dello stesso artista, solo in momenti diversi della sua vita.
Per Mario Molinari un cambiamento nello stile dell’espressione artistica corrispondeva a una metamorfosi del pensiero. Cambiava i materiali, cambiava la tecnica, cambiava stile e soggetti, rivedeva tutto con occhi nuovi. Quanto vorrei riuscire a farlo anch’io, vedermi con occhi nuovi e con un rinnovato entusiasmo.
Quello che ho compreso visitando la sua casa e ammirando la sua arte, è che Mario Molinari era un artista vulcanico, estremamente prolifico, ma soprattutto che era un uomo che sapeva riflettere, sapeva guardarsi dentro e tirar fuori quanto di più sincero aveva da dare cotto forma di arte, che era in grado di andare e vedere oltre, di non fossilizzarsi su sé stesso, ma di andare avanti ogni volta, di supersarsi e scoprire nuove frontiere, nuove terre inesplorate all’interno di sé stesso. Vorrei imparare a fare lo stesso, come artista e come uomo.
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Jacopo Molinari
Lui è Jacopo, figlio dello scultore Mario Molinari. Dopo la morte del padre, Jacopo insieme alla madre Pia si è occupato assiduamente di casa Molinari in San Salvario a Torino, dandole la connotazione museale che ha adesso per tutti gli appassionati e i curiosi. Ma per me è stato soprattutto un ospitale padrone di casa, una persona piacevolissima con cui conversare e colui che mi ha aperto le porte sull’arte di Molinari, raccontandomi la casa e le sue opere con grande competenza, rispetto e affetto per il lavoro di suo padre.
Forse l’avrò annoiato a morte con il mio mare di domande, ma se così è stato, Jacopo è stato tanto gentile da non farmelo notare. Come ci si può d’altronde trattenere quando ci si trova in un posto tanto incredibile quanto casa Molinari? Se non sei curioso lì, penso che tu non possa esserlo in nessun posto al mondo.
Jacopo di sé dice di non essere un artista, sebbene il padre gli abbia insegnato la tecnica fin da bambino. Al contrario invece, si dedica amorevolmente al restauro, alla conservazione e alla promozione delle opere di Mario Molinari, sia di quelle presenti in casa che non. I suoi occhi si illuminano quando mi racconta gli aneddoti dietro la realizzazione di una scultura, oppure del fatto che gli altri inquilini del palazzo si lamentavano del rumore che il padre faceva quando lavorava fino a notte fonda con gli attrezzi, quando ricorda che la porta di casa rimaneva sempre aperta per gli amici e gli artisti che gli facevano visita, quando in generale ricorda suo padre e la sua vita in quella casa, che per lui è stata nido materiale sin dall’infanzia e lo rimane tutt’oggi.
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Mario Molinari, dettagli sculture
Varcare la soglia di casa Molinari è come entrare in un altro mondo. Sono stato catapultato in una dimansione di sogno. E quei sogni erano giochi, erano sberleffi, erano colori tanto brillanti da sembrari vivi. La vastità della collezione nella casa dello scultore è straordinaria. Quando entri lì dentro sei letteralmente circondato da arte pura, vibrante. La personalità di Molinari emerge forte, una presenza prepotente e allo stesso tempo accogliente. Sono le sue opere che ti avvolgono e ti trasportano in alto, ti fanno volare via e ritornare un po’ bambino allo stesso tempo.
Questa casa vive, respira, si muove in una dimensione tutta sua. Sono circondato da dettagli, mille occhi di sculture giocose mi guardano, mi osservano mentre vago qua e là esplorando ogni angolo segreto alla scoperta di un nuovo tesoro. Mi sono sentito rinnovato.
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“Valgo + di almeno una scopata?”
“Vedremo domani.”
Le pareti in legno diventano memorie di vita nella cucina di casa Molinari. Frasi secche, gettate lì d’impulso eppure granitiche nella loro forza e nella loro verità.
Mario Molinari - Torino
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Title:
Spring Equinox, by Jeanette Lamb
Mixed Media on Canvas
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Il Nido dell’artista
Ieri sera sono andato a cena da un amico. Non volevo accettare il suo invito all’inizio, avrei preferito starmene a casa mia, solo, un telefilm spazzatura anni ‘80, una coperta infeltrita, qualche sigaretta, e una pasta al tonno prbabilmente. Sì, le mie serate ultimamente fanno proprio schifo. In ogni caso, mi sono fatto trascinare. E’ una di quelle rare persone in grado di trascinarti, il mio amico, a volte lo posso trovare davvero insopportabile, ma devo essere sincero, dopo quello che è successo ieri sera considererò molto di più la sua fastidiosa opinione, e soprattutto gli sarò per sempre grato di quesll’invito invadente.
La serata si preannunciava regolarmente noiosa e prevedibile, fino a quando non sono stato mandato alla porta a ritirare la pizza che avevamo ordinato con consegna a domicilio. Oltre la spalla della ragazza delle consegne, aldilà del pianerottolo, si apre la porta di un appartamento, e al suo interno riesco a sbirciare, come in una visione, un’esplosione di colori del tutto inaspettata. Pago la ragazza, che se ne va, ed io rimango fermo lì, con le nostre pizza in mano, a guardare oltre il pianerottolo. Una giovane coppia esce da quell’appartamento, il sorriso in volto mentre salutano il padrone di casa, un ragazzo sottile, alto, con gli occhiali e un maglione spesso, che si affaccia sull’uscio per salutarli.
Non so cosa mi trattenga, è come se fossi attratto dall’atmosfera che emana quella casa. Il mio amico mi raggiunge, chiedendomi perchè me ne stia lì imbambolato. Poi vede l’uomo aldilà del pianerottolo. Lo saluta amichevole.
“Oh Jacopo, dovresti conoscere il mio amico Alessandro, sai anche lui è un artista.” Gli dice prendendomi completamente alla sprovvista.
Mi spiega che Jacopo è il figlio di un famoso scultore torinese, e che quella casa è proprio quella in cui suo padre ha lavorato per moltissimi anni e ospita molte delle sue opere più personali. Jacopo stesso dice che oggi sono tanti i curiosi e gli appassionati d’arte che lo contattano per visitare la casa, e che quelli che se n’erano appena andati erano proprio due visitatori.
Non esito, non rifletto neanche, il cuore mi batte forte nel petto, come se avessi avuto una rivelazione. Mi sento un po’ come Jake in quella famosa scena di Blues Brother con la messa gospel e James Brown.
“Posso?” Gli chiedo. Ho visitato la casa aldilà del pianerottolo.
Sono entrato nel nido di un artista.
Ho finalmente compreso dove cercare la mia ispirazione.
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Forse è l’inizio di un viaggio inaspettato.
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Ecco che in mezzo al caos della città, inaspettato e silezioso accade un miracolo come questo, nascosto agli occhi dei più.
Una farfalla si posa su un fiore urbano improvvisato, ed è una piccola esplosione di vita.
Tutto me stesso vive per momenti come questo. Ispirazione, sei una farfalla. Ma ancora non hai fatto ritorno a me dopo essere volata via in questo labirinto di strade e palazzi.
Ancora ti cerco.
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Oggi sono uscito a cercare la mia ispirazione. Non ne potevo più della città, delle sue strade affollate, delle infintie persone, ognuna con le proprie preoccupazioni, le fronti corrucciate e gli sguardi bassi. Sono salito in macchina e ho guidato fuori Torino. Ho guidato a lungo.
Ho trovato un lago. Mi sono seduto sulla riva, un blocco da disegno sulle gambe e un carboncino in mano. La bellezza del paesaggio mi ha bloccato completamente. Troppo perfetto nella sua interezza, i colori troppo belli per essere resi sulla carta. Mi sono sentito immensamente solo e immensamente impotente. Non ho potuto tracciare nemmeno una linea.
Non ho trovato la mia ispirazione, ma forse la bellezza di questo luogo potrà aiutare qualcun altro a trovare la propria.
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Ho deciso.
Sei là fuori da qualche parte. Perciò verrò a cercarti. Non so quanto ci metterò o dove mi porteranno i miei piedi. Non importa. Non so mai quando aspettarti, ormai è passato troppo tempo, e io non resisto.
Ti amo, più di ogni altra parte di me stesso, e insieme ti temo sopra tutte, col tuo cuore volubile e ribelle, ma una cosa so, senza di te non posso stare.
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